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Giorno: 21 gennaio 2020

Il rifiuto che strazia

21 gennaio 202017 gennaio 2020 / Meg / 4 commenti

ESSERE RIFIUTATI FA MALE

Il rifiuto si differenzia dall’abbandono. Mentre nell’abbandono ci si sente lasciati (soli a se stessi), isolati, non accuditi… nel rifiuto, oltre a queste sensazioni, c’è anche quella dell’essere stati messi in secondo piano rispetto a qualcosa d’altro o qualcun altro. Almeno, solitamente, è così.

Ad esempio, una madre che abbandona un figlio, o un marito che abbandona la moglie, stanno abbandonando. Ma se questa madre diventa madre di un altro bambino, o quell’uomo lascia la moglie per un’altra donna, c’è anche il rifiuto (e tutto ciò che ne consegue: gelosia, invidia, vendetta, rabbia, autosvalutazione, tristezza, etc…). Oltre all’abbandono – quindi è come se fosse ancora più grave.

Il rifiuto reca con sé il messaggio: non ti voglio, non mi piaci, ti rifiuto perché ci sono cose che mi piacciono più di te.

Normalmente è così, sempre senza assolutismo, e quando questo avviene, per chi lo riceve è un vero strazio. Si sta parlando di una delle ferite emozionali più profondi per l’essere umano e più difficili da cicatrizzare.

Tempo fa una mia conoscente mi venne a confidare che tutti gli uomini che conosceva la rifiutavano. Dapprima erano carini, amorevoli, interessati a lei ma poi, dopo poco tempo, sparivano all’improvviso come se nulla fosse, senza nessun motivo preciso e, grazie ai social di oggi, lei poteva vedere che questi ragazzi non soffrivano minimamente nell’averla lasciata, anzi… la loro vita andava a gonfie vele! Nessuno scrupolo. Chi aveva una nuova compagna, chi si cimentava nella sua passione, chi riceveva gratificazioni per la sua professione e tutto questo rendeva quella ragazza molto triste.

Lei era cosciente di non aver mai fatto nulla di male a loro e quindi non capiva questa mancanza di rispetto nei suoi confronti; cosa che le causava, ovviamente, molto dolore.

Si stava chiudendo in se stessa, senza più volerne sapere di uomini, e la cosa grave era che stava iniziando a proiettare questa sensazione anche nei confronti degli amici, per paura che anche questi, un domani, avrebbero potuto comportarsi come i suoi ex.

QUANDO A PARLARE SONO GLI OCCHI

Mentre mi raccontava tutto questo, davanti ad una tazza di caffè divenuto ormai freddo, aveva gli occhi lucidi e anche se cerco sempre di distaccarmi dalle emozioni altrui, devo dire che il suo stato d’animo mi toccò nel profondo.

Non la coccolai più di tanto ma andai subito al sodo seppur usando un tono dolce.

– Mi rifiutano tutti Meg… – mi disse con la voce rotta in gola.

– Cosa rifiuti TU di te stessa? – le domandai.

La sua espressione si fece interrogativa. Non capiva ma io rimasi in silenzio lasciandole il tempo di pensare. Dopo un po’ aprì la bocca e mi disse – Beh… oddio… non amo moltissimo il mio corpo, mi piacerebbe essere più magra e mi piacerebbe avere un naso meno aquilino… ma loro mi dicevano che ero bella! – recitò velocemente le ultime parole, come a volermi suggerire che ero sulla strada sbagliata.

– Non importa cosa non ti piace di te in questi termini. Tutti abbiamo qualcosa di noi che vorremmo “più bello”, ma c’è qualcosa di te che rifiuti categoricamente. Che non accetti e non ami. Il fatto che loro ti trovassero bella non vuol dire che la tua presenza fisica combacia con quello che rifiuti. In qualche modo, e per qualche motivo, loro ti rifiutano e ti chiedo nuovamente “cosa tu rifiuti di te“? -.

Ci pensò un po’ su ma non le venne in mente nulla. La sua mente la ingannava facendole vedere solo quello che era in superficie, che era palese e non le permetteva di scendere in profondità.

– Non ho menomazioni fortunatamente, sono abbastanza intelligente, ho un diploma e… non sono ricca ma riesco a mantenermi… – continuava, annaspando nel vuoto, focalizzandosi solo sui punti salienti che normalmente la società richiede di primo acchito: estetica, soldi, lavoro…

Decisi allora di aiutarla.

IL – NON VOLERE – NASCOSTO

– E dimmi, sei contenta di avere un diploma da geometra e pulire le scale dei palazzi? -. Spalancò gli occhi all’improvviso. Continuai battendo il ferro caldo – Sei contenta di essere orfana di madre pur essendo giovane come l’acqua? Oltre all’immensa sofferenza, verso la perdita di tua madre, non ti senti anche un po’ “diversa” tra amici che hanno ancora tutti la mamma? -.

Gli occhi le si riempirono di lacrime.

– Rifiuti il tuo lavoro?

Rifiuti il tuo essere senza madre?

Rifiuti il riconoscere di non aver un uomo come tutte le tue amiche invece hanno? -.

Ora piangeva liberamente e finalmente.

È ovvio che questo discorso ho dovuto sintetizzarlo parecchio ma mi è servito per mostrare come spesso osserviamo solo quello che più si può vedere.

Se pensiamo a noi stessi senza mamma, ci facciamo tenerezza da soli. È impensabile pensare di rifiutarsi. Al massimo possiamo provare compassione. E invece no. Non è  così. In un caso tragico come questo c’è la NON ACCETTAZIONE. La non accettazione verso il fatto avvenuto e verso noi stessi che abbiamo subito quel fatto.

Perché io si e gli altri no? Io allora sono diverso, io sono – non degno -, io sono inferiore, io sono sfigato, io non sono meritevole… o, addirittura, io sono sbagliato, cattivo… 

Questa parte intrinseca di noi viene rifiutata. È normale.

È un istinto di sopravvivenza che viene attuato dal nostro cervello. Elimino il problema così non ci penso più e posso tornare a vivere.

Il fatto è che, quando elimini un problema, in realtà esso non si dissolve nel nulla ma semplicemente finisce in un bidone che le tue memorie considerano un cestino dell’immondizia. Ogni cervello è dotato di un bidone così. Si ma… quella determinata cosa sta sempre lì, dentro di te, anche se è in un cestino.

I MILLE FRAMMENTI DI UN UNICO GRANDE SPECCHIO

Mentre la maggior parte della gente ti ama e ti cerca, mostrandoti quello che apprezzi di te (il diploma, lo stipendio, l’essere carino, l’essere intelligente, l’avere un lavoro, etc…) gli uomini, nel caso di questa ragazza, ti fanno invece capire che qualcosa di te stai rifiutando.

Ogni persona è adatta a farti comprendere un determinato lato di te. È un tuo riflesso. Sei come uno specchio fatto di tantissimi frammenti e ognuno rispecchia un frammento di te. Hai presente un parabrezza rotto in mille pezzi ma che rimangono insieme?

Se tu, per ipotesi, rifiutassi tutto di te stesso ecco che chiunque ti rifiuterebbe. Cioè subiresti un rifiuto esagerato, sempre e da tutti. Nel caso di questa ragazza, invece, solo alcuni la rifiutavano perché essa stessa di lei rifiutava solo determinate cose.

Altri la amavano come lei amava di sé alcune parti. Ad esempio era molto fiera di come sapeva condurre il suo ruolo all’interno della famiglia e si considerava molto brava a dipingere, sua grande passione.

Per far finire questa storia del rifiuto, da parte di alcuni, doveva finirla di rifiutare quei segmenti che le appartenevano. Doveva accettarli prima di tutto, ma accettarli davvero.

Quando si parla di accettazione pura, ottenuta dal cuore, non si parla di rassegnazione o sopportazione ma di apertura e amore per questi tratti di noi. Come se fossero nostri figli.

Migliorarsi e cercare di rendere più belle quelle cose, che di noi non sopportiamo, è sicuramente giusto ma non servirà farlo con la rabbia e con la voglia di primeggiare.

Con calma e serenità accettiamo ogni cosa di noi, anche la più nascosta e recondita e dopo, una volta ottenuto questo miracolo (perché è davvero un miracolo) pensiamo a rendere più bella la nostra vita.

Nessuno ci rifiuterà più.

Non tutti sono vittime si questo problema del rifiuto ma questa sorta di Legge dello Specchio serve per ogni situazione; il lavoro da eseguire, intimo e profondo, è sempre lo stesso.

Quando pensi: “Tutti me la mettono sempre nel di dietro. Tutti mi sfruttano. Tutti mi abbandonano. Tutti mi prendono in giro. Nessuno mi rispetta. Nessuno mi capisce. Nessuno mi ama. Nessuno mi vuole. Nessuno riconosce la mia bontà. Nessuno mi considera. Nessuno mi dà retta. Nessuno mi difende. Nessuno mi aiuta. Non ho nessuno su cui poter contare. Sono tutti opportunisti. Sono tutti approfittatori. Nessuno ci tiene a me…” pensa a cosa significa tutto questo, oltre al velo appannato della materialità.

Cerca di riconoscere, nella melma più oscura dei tuoi inferi, cos’ha a che vedere tutto questo con te e cosa tu stai dando o non dando a te stesso.

Solo attraverso l’umile riconoscimento di questi anfratti, attraverso la ricerca minuziosa che devi fare, trasformandoti in speleologo di te stesso, potrai trovare “il verme che baca la mela” e trasmutarlo.

Buon duro, lungo, meraviglioso, appagante lavoro.

Eeeeh… A proposito, con tutto questo non ho inteso dire che gli altri possono rifiutarti come e quando vogliono, mancandoti di rispetto. A loro toccherà il riflesso del loro specchio e del loro comportamento (molti lo chiamano Karma, per capirci, anche se mi riferisco a un meccanismo più complesso che sarà tema di un altro articolo). Puoi fidarti che se ti hanno fatto del male avranno delle conseguenze da loro stessi cercate, ma tu non preoccuparti di loro, non deve interessarti questo. Pensa a te e cresci e rendi la tua vita sempre più bella.

Prosit!

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