Io che non piango mai sono arrabbiato con mia madre

IL VALORE DELLE LACRIME

Fin da quando veniamo al mondo, il principale mezzo che abbiamo per attirare l’attenzione della mamma è quello di piangere. Il pianto ci permette di farci sentire, o di mostrare un disagio attraverso le lacrime. Questo mette in allerta il genitore che provvederà immediatamente a prendersi cura di noi. E’ la manifestazione di un bisogno.

Se siamo abbastanza furbi, continueremo ad utilizzare questo metodo anche crescendo, almeno finché non veniamo scoperti, frignando in modo teatrale per ottenere quello che vogliamo. La nostra tristezza dovrebbe smuovere i cuori di compassione e, secondo i nostri calcoli, anche un solo – Cosa c’è? – dovremmo ottenerlo. Purtroppo però, a volte, non funziona proprio tutto così. Qualcosa non va come avremmo voluto e, senza rendercene conto, dobbiamo iniziare a pensare a qualche altra soluzione.

Ci sono adulti che non piangono mai e parlo di adulti perché occorre maturare all’interno alcune emozioni.

IO NON PIANGO MAI

Questa prerogativa appartiene soprattutto al sesso maschile ma anche molte donne evitano il pianto e la sua manifestazione. Il non piangere o il non riuscire a piangere, può essere provocato da un disturbo fisiologico come una stenosi o un’ostruzione parziale o completa ai dotti lacrimali, oppure per una scelta più o meno consapevole, a volte figlia di un’educazione ricevuta, a volte no. In entrambi i casi, secondo la Psicosomatica, alla base esiste un conflitto con la madre che ora proverò a spiegare.

Quando un bambino non si sente sufficientemente considerato dalla propria mamma, piano piano, crescendo, inizierà a smettere di piangere. Sembra quasi un evitare uno spreco di energie che risultano inutili. Nella parte più profonda, e qui c’è il dramma, risiede però una sorta di collera nei confronti di quel genitore, una collera non elaborata e non trasmutata in emozioni migliori. Infatti è un po’ come se, l’individuo, per pura difesa personale, dicesse: – Non vuoi ascoltarmi? Bene, allora io ti dimostrerò che posso tranquillamente farcela anche senza di te e senza il tuo aiuto. Me la cavo da solo. Come sarebbe? Prima mi metti al mondo e poi non mi consideri? E allora della tua considerazione non me ne faccio nulla -.

Le persone che durante l’infanzia sono state spesso sole o si sono dovute sbrigare a crescere velocemente, è perché hanno avuto madri che poche coccole gli hanno fatto. Non parlo solo di madri anaffettive ma di madri che, per qualche ragione, non avevano tempo. In base a questo occorre comprendere che non esistono colpe ne da parte del genitore, che probabilmente non l’ha fatto apposta e non si è accorto di nulla, preoccupandosi di cose forse per lui più importanti come il guadagnare per sfamare il proprio figlio, ne’ da parte del bambino che semplicemente pretendeva un diritto naturale che gli è stato negato e ha così creato una sorta di scudo per difendersi dal dolore che provava per quell’esclusione.

NESSUNA COLPA… SOLO QUALCHE CONSEGUENZA

Non ci sono colpe ma ci sono comunque rimedi per riuscire a vivere meglio. Quelli scoperti senza l’autosservazione sono però solitamente deleteri. Spesso accade che una madre si rende conto dei propri “errori” in tarda età e inizia a nutrire un senso di colpa che non porta a nulla di buono. Mentre il figlio, oltre a non piangere mai e trattenere, potrebbe (o desidererebbe) inconsciamente andare alla ricerca dell'”amore perduto”, passando attraverso duecentocinquanta donne (se è maschio) e vivendo soltanto tormenti o delusioni da molte relazioni, laddove la colpa non sarà mai la sua ma sempre della compagna-madre.

Avrà bisogno di un amore che non saprà ricambiare. Avrà bisogno di calore, di affetto sincero e sarà avido di unicità. Pretendera’, in cuor suo, di essere al centro dell’attenzione del partner pur ammettendo l’esatto contrario.

E pensare che con un bel pianto si risolverebbe tutto! Ok, no, non scherziamo. L’argomento è serio.

Piangere può far bene soprattutto quando, al proprio interno, esiste questa rabbia soffocata. L’acqua (lacrime) spegne il fuoco (ira) e, inoltre, in questo caso, appare come la manifestazione fisica del demone che, in parte, esce da noi, va via, ci abbandona perché siamo riusciti a trasmutarlo! Che bellezza!

Gli occhi secchi, di chi non piange mai, sono occhi senza vita. Sembra esagerato questo concetto ma serve a far capire quanta sofferenza c’è dentro ad una persona che nutre un conflitto (magari inconscio) nei confronti di chi lo ha messo al mondo e che avrebbe dovuto dargli l’amore più grande e più puro come fondamenta di quell’esistenza.

Un figlio è come una specie di prolungamento della madre, in particolar modo fino ad un certo periodo di vita, e quando questo stesso prolungamento non riesce a nutrirsi dalla pianta madre, immaginatevi come possa non sentirsi “morire”. Invece riesce a vivere, con tutte le sue forze. Si riempie di orgoglio, non vuole lasciarsi andare e se da grande apparirà un cinico orgoglioso, beh… com’è che dicevano gli Indiani d’America? – Non giudicare il tuo vicino finché non avrai camminato per due lune nei suoi mocassini -.

LE LACRIME DEL PERDONO

Dentro ognuno di noi c’è una battaglia in corso, per questo ci vuole rispetto. Sempre.

Si può anche scegliere di non piangere ma occorre chiedersi se lo si fa solo per sembrare dei duri che non hanno bisogno di niente e non vogliono mostrarsi vulnerabili o deboli, oppure per altri motivi. L’ho detta in breve ma si dovrebbe capire cosa intendo.

Le persone che non piangono mai sono solitamente individui che vogliono avere sempre ragione, abbastanza orgogliosi, che odiano essere colti in fallo e sono pronti a negare l’evidenza. Per questo trovo importante osservarsi, perdonare e perdonarsi. Perché suppongo non sia sereno vivere così.

Una mamma può essere innocente o colpevole ma tu se puoi perdonala. Non per fare un piacere a lei, solo perché è tua madre, ma per donare a te stesso sollievo e armonia. Distaccati da questo rancore e, da qualche parte, troverai l’amore che da quando sei nato ti manca.

Prosit!

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Quella Tuta che chiamiamo Corpo

IO E IL CORPO – UNA COSA SOLA

Siamo abituati a pensare di essere un semplice corpo. Crediamo di essere un semplice corpo e viviamo come tale. Ci vediamo fisicamente, muoverci nel mondo, con i nostri limiti segnati dalla pelle che ci riveste e, oltre lei, inizia immediatamente la realtà esterna. Non ci siamo più noi, c’è “il fuori”. Siamo abituati e convinti di questo. Persino la mente la definiamo come una specie di parte del corpo.

Fin da quando eravamo piccoli siamo stati educati a dire – Sto male -, – Ho male -, – Mi fa male – ogni volta che provavamo un qualsiasi tipo di sofferenza fisica. Non abbiamo mai detto – Il mio corpo sta male – o – Il mio corpo si è fatto male – come se fosse un qualcosa di distaccato da noi. Questo avrebbe potuto aiutarci molto anche nei confronti delle angosce emotive che ci impiegano un secondo a diventare fisiche: respirazione affannata, pianto, attacchi di panico, senso di oppressione sul petto, mal di testa, nausea…

Questo non significa non essere sensibili al dolore, al caldo, al solletico, etc… siamo dotati di neuroni, di corpuscoli (Ruffini, Krause…) di cellule apposite atte a proteggerci, ad avvisarci, ma viviamo queste situazioni come se fossero nostre e non di un corpo che dovrebbe essere visto, semplicemente, come una tuta apposita che dobbiamo indossare per trascorrere questo tempo terrestre. Sulla luna abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Se andiamo sott’acqua abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Se andiamo sui ghiacciai abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Ebbene, non ci rendiamo conto che anche per vivere i nostri giorni su questo pianeta abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Il corpo.

Non ci osserviamo, come se fossimo (anche) un’entità esterna, guardandoci. Guardando quel corpo e dicendo – E’ mio ma non sono io. Io non sono lì -.

PALOMBARI TERRESTRI

Perché noi non siamo il corpo. Per la precisione il corpo è soltanto una parte di noi. Importantissima, ma è solo un equipaggiamento.

In effetti non è separato da noi, siamo un tutt’uno, e con esso compiamo la nostra trasmutazione ma quello che intendo dire è che, all’occorrenza, possiamo uscire da esso. Non mi riferisco a viaggi astrali o cose simili ma semplicemente che se riuscissimo di più ad identificarci con l’anima anziché con il nostro fisico e vivessimo come anima la nostra vita, comprese le emozioni subite, esse apparirebbero nettamente differenti. Innanzi tutto perché “subite” non lo sarebbero più. Saremo noi a governare loro e non loro a governare noi.

A farci soffrire è infatti l’attrito che la mente ci obbliga a compiere davanti agli avvenimenti che ci accadono. L’anima va oltre. Vede con altri occhi e soprattutto riconosce la bellezza dell’insegnamento. A lei, gli schemi mentali non interessano. Non sa nemmeno della loro esistenza.

Non avete occhi per vedere (avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?) – (Gesù)

Il problema sta nel fatto che ci riconosciamo come corpo ma nei confronti dell’anima pensiamo invece essere una parte in più che abbiamo. Come un accessorio. Il portafoglio. Chi non ha un portafoglio? Tutti ne abbiamo uno. Un qualcosa che un domani ci permette, in qualche modo, di giungere nel tanto ambito Paradiso visto che il corpo andrà sotto terra. Oh! Bene. Ora che sappiamo che un accessorio nostro andrà in cielo siamo molto più sereni. …E se tu sei cattivo e un’anima non ce l’hai, ti consiglio di andare a comprartene una altrimenti non ci vai, lassù, tra le nuvole...

Quello che si sente dire infatti non è – Sono anima – bensì – Ho un’anima – ed è sbagliato.

Pensiamo l’esatto contrario di quello che è, dando posizioni e meriti a cose che dovrebbero stare un passo indietro. Questo accade perché l’essere umano ha sempre e costantemente bisogno di vedere, di toccare, di constatare. La paura della quale è intriso non gli permette di abbandonarsi alla fede/all’amore. L’immagine che abbiamo di noi è quella di una testa, due braccia, due gambe e stop. Non consideriamo minimamente di essere luce, di essere energia, di essere in realtà una nuvola fluttuante e informe, molto grande, che si sposta per il mondo e agisce attraverso un continuo movimento vibrazionale delle molecole. E cos’è l’energia? L’energia è movimento.

Non consideriamo di essere grandi quanto la stanza nella quale siamo, e qui mi fermo per non essere mal compresa, ma… altro che stanza! Un passo alla volta però. Provate ad immaginare quindi come potrebbe essere una vita passata sotto a quest’ottica. Se solo potessimo vederci come l’Universo ci vede, una volta scoperto ciò che realmente siamo, ce ne daremo tante ma tante che Suor Nausicaa a confronto toglieva la polvere dai petali di rosa.

FATTO A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA

Il corpo è lo strumento principale che possediamo per trasmutarci, ossia per riconoscere che cosa realmente siamo e per mostrarci che, alla fine, ben poco abbiamo a che fare con lui. E’ proprio nel corpo, e attraverso il corpo, che modifichiamo le nostre vibrazioni fino a compiere una vera e propria trasformazione del movimento molecolare potendo così mandare frequenze diverse da quelle che emaniamo e in grado di agganciarsi o incontrarsi con quelle universali.

E’ grazie al corpo che passiamo da uno stato di “sonno permanente” ad un risveglio totale che ci permette una connessione completa con l’energia cosmica, in quanto già siamo energia cosmica ma non lo riconosciamo. E’ ottenere la potenza dell’Universo laddove, l’Universo, vedendo come invece ci comportiamo, si martella esso stesso i gioielli di famiglia gridando nell’atmosfera – Dove ho sbagliatooo???!!! -.

Serve percepire e non capire. La logica e la razionalità appartengono al Tutto ma non sono il Tutto. Serve mettere da parte la mente (che mente) schiava della nostra situazione terrestre e agire d’intenti. Serve non confondere, usare il nostro “sentire”. Comprendere (prendere con – prendere in sé) e quindi accogliere, sentire dentro.

Non finiamo là, dove il nostro strato corneo epiteliale smette d’esistere. Immaginatevi un alone ampio, grande, che ci avvolge e si muove attorno a noi. Immaginate di contenere al vostro interno le altre persone, gli alberi, i luoghi, le sensazioni, le gioie. Questo siete. Scintille luminose. Piccole parti di un’intelligenza senza fine che vi ha portato sin qui dotandovi di un corpo, cioè di qualche atomo, perché in questo particolare ambiente, la condizione obbliga ad averlo.

Prosit!

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Pelle Secca – sentirsi soli

DENTRO E FUORI

La pelle è uno strato di cellule e delimita il nostro interno dall’esterno che ci circonda. Delimita il nostro corpo ma non ci separa dal resto del mondo anzi… una delle sue più importanti caratteristiche è proprio la capacità di assorbire e, in ambito psicosomatico, non parliamo solo di creme e lozioni.

È in grado di assorbire le energie esterne e le emozioni che vibrano attorno a noi in una determinata situazione. Questo per farvi capire come, proprio grazie alla pelle, la nostra parte più intrinseca è collegata e addirittura connessa a ciò che accade al di fuori.

La pelle secca indica, fisiologicamente, mancanza di idratazione e mancanza di sebo. La pelle diventa arida e può, in casi gravi, arrivare a spaccarsi priva degli elementi che la rendono morbida, turgida ed elastica.

C’è mancanza di nutrimento, vale a dire, mancanza d’amore – unico e grande nutrimento generale per qualsiasi forma del creato.

LA SOLITA MANCANZA D’AMORE

In realtà, molto probabilmente, questa mancanza non esiste ma noi la percepiamo. Ossia, la mancanza d’amore non si manifesterebbe mai se sapessimo amarci da soli ma, non essendone capaci, abbiamo bisogno dell’amore degli altri.

Fin qui è già stato tutto detto e ridetto come anche nel mio post sulla pelle grassa https://prositvita.wordpress.com/2018/10/23/pelle-grassa-il-bisogno-di-piacere-al-mondo/ ovviamente strettamente collegato a questo ma, nel caso della pelle secca, si ha un’ulteriore percezione ben poco piacevole.

Quella della solitudine. Quella della mancanza, così come a mancare sono gli elementi principali del nostro più importante involucro. Un involucro che ci protegge, ci difende, ci pone in comunione con gli altri, ci nutre, ci manifesta sensazioni.

Quando questo involucro si impoverisce inizia a deteriorarsi, a screpolarsi, a seccarsi, a inaridirsi e mostra esattamente come noi stessi ci sentiamo: poveri. Poveri dell’amore degli altri. Ci manca qualcosa. La compagnia di qualcuno, il suo affetto, la gioia. Ci sentiamo soli, esclusi, non amati. Un pianto continuo, senza lacrime. Un pianto asciutto, aspro, arido, sofferente.

LA SOLITUDINE MI FA A VOLTE TROPPA COMPAGNIA…

La pelle secca può manifestarsi anche su gambe e braccia, e non solo sul viso, proprio per permetterci di tradurre messaggi come:

Mi sento solo nell’andare avanti. Il mio futuro lo vedo nella solitudine.

Mi sento solo nel fare le cose. Nessuno mi aiuta.

Questi messaggi, che vogliono essere solo esempi, possono essere inconsci e non riconosciuti. Per questo occorre una visita interiore, dentro se stessi, molto accurata e profonda.

A volte ci si sente soli anche vivendo in una grande famiglia o avendo tanti amici, o ci si sente soli soltanto perché non si ha un partner come tutti gli altri che conosciamo.

Sentirsi soli significa non bastare a se stessi ma anche non riconoscere che ci sono molte persone attorno a noi, però noi ci focalizziamo solo su un individuo e, senza di lui, è come se non ci fosse nessuno.

L’OSTICA SOLUZIONE

Spalmare cosmetici e unguenti risolve il problema solo in parte. A valle. Non si guarisce la fonte. Si contrasta il danno ma non si migliora la causa, pertanto, si dovrà continuare a fare uso di questi prodotti, spesso molto costosi, e purtroppo anche tossici a seconda delle marche.

Inoltre, quando ci si dimentica o non si ha il tempo di cospargere la nostra pelle con queste soluzioni, ci si ritrova immediatamente e di nuovo con uno strato epiteliale antiestetico, rovinato e in alcuni casi fastidioso provocando pruriti, irritazioni e/o dolori.

Provare a non sentirsi soli è difficilissimo. Imparare a stare sinceramente bene in propria compagnia è davvero ostico, ma si può tentare, anche solo iniziando a convincersi mentalmente. Cercare di sostituire il senso di “mancanza” con un senso di “appagamento”.

Ricorda: la realtà è uno specchio, più ti sentirai solo e più solo sarai davvero.

Ogni volta che qualcuno ti si avvicina, o sta assieme a te, prova a pensare: “Ecco, non sono solo!”. Può essere un buon esercizio.

Prosit!

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Pelle Grassa – il bisogno di piacere al mondo

DAI! DAI! LAVORIAMO!

Diverse persone hanno la pelle grassa sul viso. Le ghiandole sebacee secernono più sebo rispetto al normale e questo fenomeno rende la pelle lucida, unta e antiestetica. In realtà, anche se può sembrare strano, si parla di mancanza di idratazione. La nostra pelle è formata da acqua e grasso, due elementi che la compongono, la difendono e la nutrono. Quando l’acqua viene a mancare, capita, a volte, che le ghiandole del sebo iniziano a lavorare di più cercando di provvedere alla mancanza del prezioso liquido e quindi emettono più grasso rendendo il nostro viso più sgradevole al tatto e alla vista.

Tutto questo, in psicosomatica, significa avere il bisogno di piacere a più persone possibili. Significa desiderare di piacere al mondo intero e, per fare questo, si fa… si fa… si fa… di tutto. Oppure si impara… si impara… si impara… di tutto. O ancora si dice… si dice… si dice… di tutto. Si esagera in pratica. Esagerazione – proprio come esagerano le nostre ghiandole nel secernere.

ACCENDIAMO CHE CI VEDIAMO MEGLIO

Inoltre, la lucidità che si forma proprio sul viso, la parte che più esponiamo al mondo, che il mondo vede come prima cosa di noi, è come se ci rendesse più “luminescenti”. Vi ricordate Edi? La lampadina di Archimede? Ecco.

Il che significa tradurre il seguente messaggio – Ehi! Non mi vedi? Aspetta che mi illumino così puoi vedermi meglio! -.

Altri messaggi possono essere – Ti stupirò con la mia istruzione! -, – Ti stupirò con la mia generosità! -, – Ti stupirò con il mio umorismo! -. Ognuno sceglierà la sua – esagerazione -, tutte messe in atto per ricevere.

Questi individui, peraltro, hanno anche il grande desiderio di illuminare il mondo confermando così, a loro stessi, la certezza di brillare e quindi essere visti/essere amati.

Ovviamente è solo un desiderio. Non si può illuminare il mondo senza essere amore e bramando l’amore degli altri, significa che poco amore si ha dentro. È brutto da dire ma è la realtà, ed è la cosa di cui, con pelle grassa o altri tipi di manifestazioni, la maggior parte di noi mostra la sua estrema necessità.

NESSUNO MI VEDE

Si desidera la certezza di esistere. Non basta la nostra stessa conferma, abbiamo bisogno di quella degli altri e abbiamo bisogno di piacere ed essere ben accettati.

Passiamo ore e ore davanti allo specchio, o dall’estetista, facendo di tutto per “guarire” la nostra pelle grassa quando il trattamento migliore sarebbe quello di riconoscersi come persone speciali, uniche, meravigliose e pensare che dovrebbe essere il mondo ad inchinarsi al nostro cospetto e non noi dover mendicare l’essere riconosciuti. È però un passaggio molto difficile questo e che raramente si riesce ad oltrepassare e modificare.

TRASFORMA IL TUO BUIO IN LUCE

Osservati, guardati, riconosciti. Convinciti del fatto che basta la tua visione, che basta il tuo riconoscimento. Riempiti e trabocca d’amore senza bisogno di amore esterno e ulteriore. In questo modo migliorerà anche la tua pelle, imbibendosi di belle emozioni e sarà bellissima mostrando al di fuori la bellezza che c’è in te.

Non avrai bisogno di illuminare il tuo viso attraverso l’”untuosita’” (mi si passi il termine) ma attorno ad esso apparirà un alone luminoso che ti renderà un magnifico magnete per tutti quelli che incontrerai.

Ricorda inoltre che il fatto di – non essere visto – è una tua credenza. In realtà non è così. Gli altri ti vedono eccome, ma a te non basta perché ne hai bisogno come se fosse una dose di droga. Prova a guardarti dentro e potrai vivere decisamente meglio.

Prosit!

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Fai finta di essere un Gran Figo!

QUANDO L’AMORE VERSO SE STESSI E’ PARI ALLO ZERO

Sono tante le persone che si svalutano, che non si apprezzano, che trascorrono la loro vita a obbedire, senza la minima autorità, acconsentendo a tutto. Ci sono persone più forti e altre più deboli che, per mille motivi, come anche quello del famosissimo “quieto vivere”, lasciano che siano gli altri a dire, a fare, a gestire. Vanno avanti ingoiando situazioni che a loro non piacciono ma le sopportano. Non si osano a intervenire, a metterci del loro, non vogliono recare dispiacere, non pensano di essere degne, hanno poca autostima e sono convinte che – soffrire – equivalga a – essere brave persone -. Fanno molta fatica a sentirsi importanti, non riescono a percepirsi protagonisti della loro esistenza, e di quella degli altri, e non si piacciono.

Sappiamo bene tutti che amarsi è una delle cose più difficile da fare ma, senza retorica, posso affermare essere la più importante. Molti maestri hanno provato ad insegnare l’amore per se stessi, lo hanno spiegato, ne hanno decantato i risultati positivi ma, questo “sentire”, continua ad essere ostico per molti individui. Non ci si riesce. Ci si sente stupidi quando si prova qualche esercizio atto a nutrire l’amor proprio o non si sa da che parte iniziare. Molti maestri hanno dato i loro consigli e anch’io, oggi, pur non definendomi un maestro, non ancora per lo meno, vorrei dare il mio. Quello del RECITARE.

“CIAK! SI GIRA!”

La svalutazione ci accompagna ad ogni età, maschio o femmina che possiamo essere e a qualsiasi ceto sociale o religione possiamo appartenere. È dentro di noi e governa la nostra vita, ogni nostro gesto, ogni nostra parola. Tutto il nostro comportamento. Questo è quello che accade nella vita di tutti i giorni e nel come si affrontano le giornate ma, oggi, proviamo a fare una cosa nuova.

Supponiamo che, un bel giorno, un famoso regista che ammiriamo, ci incontri per strada e dica – Cavoli! Tu sei proprio il soggetto che fa per me! Ho un ruolo adatto a te per il mio prossimo film. Seguimi! -. Stiamo solo fantasticando ma, come spesso vi ho detto, l’immaginazione è lo strumento più potente (e inesauribile) che abbiamo per trasformare REALMENTE la nostra realtà.

Ebbene, quindi noi decidiamo di seguirlo nel suo bellissimo ufficio, arredato in stile moderno, e firmiamo il contratto che ci consente di mettere in tasca anche un bel po’ di quattrini. A questo punto, il regista, dopo averci fatto conoscere il suo team, parla con lo sceneggiatore e ci consegna in mano il copione. Un copione che dobbiamo studiare, imparare a memoria e soprattutto recitare. Non vogliamo certo deludere il regista e, inoltre, quella potrebbe essere la grande occasione della nostra vita. I soldi ci allettano e la fama pure, pertanto, dobbiamo svolgere al meglio quel ruolo cercando di entrare proprio bene nella parte, immedesimandoci nel personaggio il più possibile.

CHE FIGO!

Ma quale ruolo c’è stato dato? Quello del – FIGO -. Cioè quello di un soggetto che non è solo bello ma è anche capace, sicuro di sé, spigliato, non ha bisogno di chiedere nulla, se la tira senza cadere nell’arroganza e conosce il fatto suo. Parlerò al maschile per semplicità ma tu che sei donna sarai ovviamente una gran figa. Chiediti: come affronta le sue giornate Sharon Stone? Cosa prova dentro? Avrà anche lei paure e angosce ma cosa mostra? Lascia perdere i suoi soldi, la sua notorietà, il suo benessere, la sua bellezza… stai recitando, non dimenticarlo! Gli attori che recitano personaggi malati non sono malati realmente. Fingono. Devi fare la stessa cosa.

Maschio o femmina che tu sia ispirati ad un modello cazzuto di attore che stimi per la sua grinta, il suo fascino, la sua determinazione, l’energia che emana e prova a impersonificare ciò che mostra di essere. Quasi sicuramente non riuscirai a comportarti in quel modo in pubblico (in famiglia, al lavoro, a scuola…) ma quello che ti chiedo è di provare a recitare questa parte quando sei da solo in casa o mentre porti fuori il cane in una zona poco popolata (ad esempio). Che temperamento avrebbe Sharon Stone nel portare il suo cane a fare pipì, sapendo di essere una delle donne più belle e più ricche del mondo?

E Sean Connery? E Sylvester Stallone? E Charlize Theron? Come si comportano quando sono in casa?

Abbiamo deciso di prendere dei “fighi” quindi non stiamo parlando di persone famose che sappiamo essere in realtà depresse o psicopatiche tra le loro quattro mura. Questo limiterebbe la nostra immaginazione. Dobbiamo prendere qualcuno che ci appare tosto come ripeto.

Quello che importa è come tu lo vedi/credi e imiti.

SALI SUL PALCOSCENICO

Sali sul palcoscenico senza timori, è semplicemente il salotto di casa tua! O la tua auto mentre stai andando al lavoro.

Rimani nella parte il più possibile. Più che puoi, senza però provare sforzo. Dev’essere tutto equilibrato. Non devi forzare troppo ma nemmeno farlo alla carlona. All’inizio ti sentirai sciocco e imbarazzato ma continua, non mollare. Sei un attore!

Ricorda: non hai nemmeno bisogno di parlare più di tanto (o almeno in base a ciò che scegli di recitare) la cosa principale è come ti senti dentro, è il tuo stato d’animo che devi cercare di modificare.

Così facendo, dopo diversi giorni, inizierai a notare delle differenze dentro di te anche se minime le prime volte. Queste differenze diventeranno sempre più grandi finché inizieranno ad appartenerti. Diventeranno aspetti tuoi e saranno come dei tuoi figli e come delle tue qualità.

Devi credermi. Il cervello, come già ti ho detto più volte, recepisce e RENDE VERO ciò che tu decidi di fargli credere. Lui non ha nessuna voce in capitolo. In pratica, se tu fai credere al tuo cervello di essere un – gran figo – lui inizierà a muoversi come tale. Piano piano cancellerà le sinapsi del “non valgo niente, accetto tutto, non mi amo, sono sbagliato, non dico niente per il quieto vivere… etc” e le sostituirà con quelle del “Cavoli quanto sono bravo! Perbacco che gnocco che sono! Io posso! Mi va di dirlo e lo dico! Che sicurezza magnifica sento dentro!”.

Se tutto questo vi sembra un’assurda magia beh… mi duole dirvi che non conoscete bene il corpo umano, non conoscete nulla di scienza e non sapete minimamente come funzionano le strutture specializzate alla comunicazione delle cellule del nostro sistema nervoso. Questo ve lo dico non per darvi degli ignoranti ma per farvi capire che è scienza! Non sono bruscolini inventati da un illusionista. Il nostro corpo funziona così. Non c’è nulla di spirituale in tutto questo. E’ biologia, fisiologia. Capite?

Bene, non vi resta che provare. Il cast vi sta aspettando, tocca a voi!

Prosit!

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Cambia le Sinapsi – parte 2°

Dopo il precedente articolo, che dovreste leggere per capire questo, “Cambia le Sinapsi – parte 1°” che potete trovare qui https://prositvita.wordpress.com/2018/06/11/cambia-le-sinapsi-parte-1/ eccoci agli esercizi promessi i quali devono naturalmente essere accompagnati da una buona dose di: volontà, positività e fatica.

MEGLIO DI ROCKY BALBOA

La sentite? E’ “Gonna Fly Now” (Bill Conti), colonna sonora del film – Rocky Balboa -, tutta per voi. Forza, iniziamo, a muso duro, campioni!

Si parlava di abitudini e allenamento. Infatti è proprio l’allenamento ad aiutarci. Perché? Perché l’allenamento è una sorta di “abitudine” e, l’abitudine, è proprio quella situazione nella quale la nostra mente sguazza. Praticamente inganniamo la mente utilizzando le sue stesse armi. Il cervello eseguirà semplicemente, in silenzio, ciò che noi vogliamo fargli fare. Povero cervello, sembra un tontolone, ma in un certo senso… beh… diciamo che non ha autonomia ecco. Bando alle ciance ora. Qualche esercizio utile? Eccolo qui:

Trasformiamoci in Deficienti.

Ecco non fatelo spesso che impazzite davvero. Sapete che però è anche un ottimo allenamento per la famosa Presenza? Vabbè… poi ne parleremo.

Vi sembrero’ una fuori di testa ma funziona. Supponiamo ch’io stia prendendo un caffè e arriva il pensiero assillante. Mi devo concentrare sul caffè, su quel momento. Ma concentrarsi sul caffè risulta difficile quando l’ossessione fa capolino presuntuosa. Quindi ci aiuteremo con il descrivere, o a voce o dentro di noi, tutto quello che vediamo, sentiamo, percepiamo attraverso un monologo allucinante. Ad esempio: sto prendendo il caffè, ecco la tazzina, è bianca, è calda, è tonda, è quadrata, è grande, è piccola, è bianca, è nera…. etc… la descrivo come se parlassi ad un cieco che non può vederla. E il caffè? Brucia, è scuro, è amaro, è dolce, è tanto, è poco, è forte, è profumato… etc… il tavolo sul quale è appoggiata la tazza com’è? E avanti così. Ci sono biscotti nei paraggi? E allora, anche con i biscotti, stesso meccanismo. Noterete che non avrete potuto pensare al resto facendo bene questo esercizio.

Eliminiamo una parola.

Eliminiamo una parola dal nostro vocabolario. I modi di dire saranno più difficili da togliere ma se ci imponiamo di non dire, per qualche dì, ad esempio, la parola “Buongiorno” possiamo farcela. Utilizzeremo dei sinonimi come: buona giornata, salve, ciao, buona mattinata, saluti, etc…

Eliminiamo un piccolo gesto abitudinario.

Senza rendercene conto, durante la giornata, facciamo quasi tutti dei piccoli gesti, senza neanche rendercene conto. Non parlo dei tic, mi riferisco a quelle piccole abitudini gestuali che possono essere vissute come coccole o come rilassanti metodi contro la noia o di “sopravvivenza”. Possono essere anche altro. Tipo: toccarsi i capelli, grattarsi le pellicine delle dita, mordicchiarsi le labbra, battere il tempo con il piede, lisciarsi il mento, strofinarsi il naso…. Eliminiamone uno. Poniamo attenzione ad uno e togliamolo (non sarà semplice vedrete).

ANDIAMO A COMANDARE!

Questi esercizi servono per governare la mente e far capire a lei che siamo noi a gestire i nostri pensieri e siamo padroni di noi stessi. Non lei. Lei non potrà andare dove vuole, verso i suoi lidi. Non siamo dei dormienti, siamo svegli e sappiamo bene cosa stiamo dicendo o cosa stiamo facendo. Soprattutto… a cosa stiamo pensando! Allenandoci in questi, che appaiono come esercizi sciocchi e semplici, ci rendiamo intanto forti e capaci anche per gli altri, quelli più difficili e complessi, quelli inerenti al cambiamento del percorso delle sinapsi che vi dicevo prima. Prima di iniziare a correre, bisogna imparare a camminare ma è proprio imparando a camminare e a reggerci in piedi che potremmo diventare dei velocisti campioni del mondo.

Non sentitevi in colpa, mi raccomando, se non ci riuscite. Datevi del tempo. Ci vuole tempo. Sarebbe davvero inutile e deleterio incolparvi. Si cerca di migliorare non di addossarsi ulteriori colpe in collo. Tutto, con il tempo, diverrà più semplice e ognuno ha il SUO tempo. Il fatto di rendersi conto di “aver sbagliato” e di aver detto – Buongiorno! – quando non lo si doveva dire, è già un fantastico passo avanti.

Non fate questi esercizi tutti assieme. Fatene uno per volta, uno alla settimana ad esempio. Sembrano facili ma sono prove dure per il cervello. Non esagerate. Avete vissuto per tanti anni in un modo, ora non potete pretendere di riorganizzare il vostro essere in poche ore. Inoltre, più esagerate e più la mente si arrabbierà e scalpiterà. Se invece svolgete questo lavoro piano, lentamente, senza farvi accorgere proprio dalla mente, tutto si risolverà nel migliore dei modi.

Ora, potete fare la famosa associazione di pensiero che descrivevo nell’articolo 1°. Vi verrà molto più semplice.

Penso di aver detto tutto. Non mi resta che augurarvi una buona padronanza di voi stessi e di imparare a comandare! (Senza più essere schiavi della mente).

Prosit!

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Cambia le Sinapsi – parte 1°

Questo è un lungo argomento perciò lo dividerò in due articoli. In questo, il primo, avrete la spiegazione di come stanno le cose e nel secondo degli esercizi per riuscire a diventare padroni di se stessi e vivere decisamente meglio, senza essere vittime dei propri pensieri che, spesso, assillano. Educare la mente ad essere una nostra valida aiutante e un buon mezzo, e non all’incontrario, essere noi, suoi schiavi.

NUOVI PENSIERI

Ma si! Che ci vuole?

Il tuo ragazzo ti ha lasciata? Tua moglie ti ha tradito? Tua madre ti ha sgridato ingiustamente? Uno sconosciuto ti ha fatto fare una pessima figura davanti a tutto il paese? Questi episodi, quando diventano ricordi, assillano e rovinano la vita. Vorremmo dimenticarli, non pensarci più. A volte sono così presenti, tremendi e consueti che vorremmo addirittura staccarci la testa per non pensare. Staccarsi la testa però potrebbe essere pericoloso e allora torna comodo un altro metodo: quello di modificare le sinapsi del cervello. O meglio, modificarne il percorso. Non ci vuole nulla! È un gioco da ragazzi! È semplicissimo! È… è…. è una tragedia! Ecco cos’è! È una delle cose più difficili che un essere umano possa riuscire a fare. Ma, senza scherzare più, andiamo con ordine. Innanzi tutto cosa sono le sinapsi? E perché modificando loro possiamo vivere meglio? Lo spiegherò in modo semplicissimo spero che nessun neurochirurgo legga! Ma voglio sia comprensibile a chiunque.

Le sinapsi sono delle connessioni che permettono una comunicazione tra neurone e neurone o tra neurone e altre cellule. In pratica, il determinato messaggio, riesce a passare nel tessuto nervoso proprio grazie alle sinapsi. Esse sono dapprima elettriche e poi diventano chimiche come se il messaggio diventasse concreto e può così accedere, fisicamente, al luogo che lo sta aspettando. L’input quindi arriva e parte poi l’informazione. Nel cervello, come già vi avevo spiegato qui https://prositvita.wordpress.com/2018/04/20/erezione-maschile-e-cervello-in-vasca/ , la maggior parte dei messaggi prende dei percorsi chiamati “percorsi facilitati” (ossia già vissuti) in modo totalmente abitudinario. Stiamo parlando di informazioni che passano dal quel dato “sentiero neurale” milioni e milioni di volte nell’arco della nostra vita o di un solo periodo di essa. Il cervello non trasforma niente se non siamo noi a cambiare e nemmeno le sinapsi che condurranno quel messaggio sempre nella stessa direzione.

Questo, quando accade troppo spesso, diventa OSSESSIONE ma non è colpa di nessuno, semplicemente un procedimento normale che avviene chimicamente e, possiamo dire, “fisicamente” in noi. Così funziona anche la memorizzazione e quindi i ricordi. Hanno la loro tana, anch’essa facilitata, comoda, e di lì non si schiodano. E’ la nostra reazione ad essere sempre la stessa quando qualche avvenimento lo colleghiamo ad un avvenimento precedente (es. trauma). Avvenimento, o persona, o situazione, o cosa, etc… E’ comunque la nostra volontà, anche se non ce ne rendiamo conto e non lo facciamo apposta, a permettere tutto questo. Possiamo però fare anche qualcosa di diverso ma, ogni cosa a suo tempo, continuate a leggere. Ho affermato il tutto semplificando molto un procedimento in realtà parecchio complesso spero sia stato chiaro.

COME COZZE APPICCICATE ALLO SCOGLIO

Bene. Se ne deduce quindi che un pensiero (un ricordo) rimane lì e siamo noi stessi, nutrendolo, a dargli forza, sostanza e… onnipresenza. Avete presente le ossessioni che citavo prima? Sarà capitato a tutti di dire – Non riesco a non pensarci. Non riesco a togliermelo dalla testa! -.

I pensieri generano le emozioni. Cioè, se io ricordo una violenza subita, rivivro’ le emozioni di terrore, paura e angoscia di quel giorno. Il senso di nullità, la voglia di vendetta, etc… tutto questo ci fa vivere bene? Assolutamente no. Ma non solo. Diversi traumi, subiti da bambini, li riviviamo in eventi che noi consideriamo simili anche nell’età adulta nonostante non abbiano nulla a che vedere con l’evento subito. In qualche modo, per noi, e soprattutto per i nostri meccanismi di difesa, ci “assomigliano” e reagiamo alla stessa maniera. L’emozione madre si scatena sempre allo stesso modo e le pulsioni saranno dello stesso tipo.

Come dicevo, modificare un pensiero e quindi dimenticarlo, è superdifficile. Sta abbarbicato come un koala ad un eucalipto senza smuoversi neanche di un millimetro, ma noi non abbiamo più voglia di fare gli alberi da appoggio e quindi andiamo alla ricerca di soluzioni. Perché sì, ci sono le soluzioni. Finalmente una buona notizia. Il dramma è nel metterle in pratica ma ne parleremo.

Vedete, il nostro cervello è abitudinario a livello cronico, pertanto, se noi gli abbiamo sempre fatto pensare al verde ora sono cavoli amari convincerlo a focalizzarsi sul rosso, o comunque, al verde, non pensare più.

21 GIORNI… ALL’ALBA

I grandi esperti dicono che per modificare una sinapsi ci vogliono 21 giorni. Facciamo un esempio pratico. Se io guido una macchina normale e quindi sono abituata ad usare la frizione, nel momento in cui acquisto un’auto automatica, il mio piede sinistro impiegherà 21 giorni (circa) per disabituarsi dal premere il pedale della frizione. Quindi, se un brutto ricordo mi assilla, dovrei impiegare 21 giorni per eliminarlo, così come l’abitudine del piede sinistro. Ma dobbiamo dargli il nuovo “sistema” ossia dobbiamo dare al nostro cervello una “macchina automatica”. Creare il cambiamento nuovo al quale può aggrapparsi mollando il vecchio.

Se perciò mi viene alla mente quella determinata cosa che mi fa male, per mandarla via, mi dovro’ sforzare a pensarne un’altra. Il pensiero rivolto ad un ex compagno, ad esempio, diverrà il pensiero rivolto ad un blog, o ad un amico, o a una cosa che piace, o ad un lavoro. Dobbiamo cioè creare UN’ASSOCIAZIONE DI PENSIERO. Quella cosa nuova (che dovrà essere “bella”) verrà correlata all’ ex e, man mano che passano i giorni, ogni volta che il pensiero cadrà sul non più partner, automaticamente, si inizierà a pensare a quell’altra cosa. Via il pensiero via il dolore, o il fastidio, o altro. La nuova riflessione può essere dirottata ad un qualcosa di non ancora accaduto, fantasticando attimi magnifici, o a qualcosa di già successo che riporta a splendide emozioni. Praticamente stiamo creando una nuova sinapsi e, piano piano, quella piccola nuova comunicazione scaverà un nuovo percorso da intraprendere e seguire, poi lo inizierà, si abituerà a quello e passerà sempre di lì. Vi dimenticherete così l’ex compagno (certo non del tutto, la memoria l’avrete sempre, ma cambieranno gli stati emozionali correlati al percorso di prima). Non è questione di menefreghismo è un qualcosa di biologico. Il nostro cervello funziona così. So che non è buono essere rivolti al passato o al futuro ma, vivere il “Qui e Ora” e fare la Presenza, lo sospenderei un attimo, per il momento, come discorso. Un passo alla volta. Oggi parliamo di sinapsi, poi parleremo del vivere l'”Adesso”.

Torniamo a prima, insomma che, detta così, sembra semplice ma non lo è per niente. Ricordatevi che sono koala, anzi chewing gum, anzi cozze! E sappiate che, mentre il cervello sta ai vostri ordini, la mente invece cercherà sempre di remarvi contro. Cosa gli abbiamo fatto di male a sta mente poi, un giorno, qualcuno me lo deve spiegare eh?

Comunque, dicevo, non è facile. Bisogna quindi usare al meglio gli esercizi adatti.

ALLENARSI.

Bene, per il momento mi fermerei qui. Nel prossimo articolo leggerete degli esercizi che io personalmente ho trovato utili e interessanti. Funzionano e quindi ve li racconterò. Intanto provate a pensare se avete anche voi pensieri che, troppo spesso, passano per sentieri che vorreste modificare.

Prosit!

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Mangia bela me Fia – Quando cadi e non lo sai

LA BELLEZZA DEL DIMAGRIRE

Ho perso diversi chili ultimamente. Si sa, qualsiasi donna è ben felice di perdere dei chili soprattutto quando questo non avviene a causa di una malattia o di un grave stress. Io, anche se molti possono non credermi, li ho persi per via di un lungo e faticoso lavoro alchemico di trasmutazione, attraverso il quale ho potuto buttare via molta “spazzatura” che risiedeva in me e dove il mio fuoco interiore, divampando, ha potuto bruciare tutto l’inutile e fondere il piombo trasformandolo in oro. Ricordiamoci che (pur essendo un discorso molto lungo) dimagrire significa – stare bene – mentre ingrassare è un verbo associato – all’insoddisfazione -. Detto questo, ero comunque contenta di rientrare dentro a vecchi jeans che non mettevo da tempo, nonostante un dimagrimento abbastanza repentino.

In pratica, ero molto tranquilla, in fondo mangiavo, e non mi sentivo senza forze, ne’ avevo giramenti di testa. Mi guardavo allo specchio. Vedevo ossa che da anni erano nascoste e mi giravo e rigiravo osservando la mia nuova persona. Ero davvero carina, proprio come la società vuole, correlando la magrezza alla bellezza.

Mhmm… Eeeh… ma la tonicità? E la smagliatura? E la pancia ora incavata? “Meg… sinceramente sembri un po’ un manichino…”. E le tette? Le mie tette! Nooo! Disastro! Ma perché i chili devono sempre sparire prettamente da lì?! Meno male che ho il lavoro a rassodarmi quindi di danni (a parte le tette) pochi o niente in realtà.

Insomma… ero contenta sì ma non sprizzavo gioia da tutti i pori. Comunque sia, come ripeto, stavo bene davvero sia fisicamente che psicologicamente.

L’ARRIVO DEL MESSAGGIO

Un giorno, mentre stavo rincasando e guidavo verso casa, sorpassai una signora anziana che, a piedi, camminava appoggiandosi a delle auto parcheggiate. Era magrissima. Mi colpì molto il suo fisico. Sembrava anoressica e una rigidità strana non le permetteva passi fluidi e sicuri. Andai avanti qualche metro, molto lentamente, finché qualcosa mi suggerì di guardare nello specchietto retrovisore.

Alzai lo sguardo e vidi la donna cadere all’improvviso per terra in un modo surreale. Come un fantoccio privo di vita. Non si inciampo’ e nemmeno sembrò avere un giramento di testa. Sembrava proprio che, di punto in bianco, le sue gambe avessero deciso di non reggerla più. Cadde rimanendo seduta in un’innaturale posizione, io fermai la macchina ma vidi che tre o quattro persone andarono a soccorrerla. La vidi tirarsi su e sorridere come ad essere abituata a questi eventi. Mi tranquillizzai. La signora non era sola e io stavo iniziando a bloccare il traffico quindi ripresi il cammino.

Sono solita osservare gli avvenimenti esterni come fatti riflessi del mio interno e soprattutto del mio inconscio cioè quello che fatico a vedere ma che risiede in me. Esiste. Quale poteva essere il messaggio che l’Universo, attraverso la lettura di quella pagina, voleva darmi?

TRADURRE DA UNA LINGUA SCONOSCIUTA

Ci ragionai un po’ su e poi, senza dubbio, ebbi la mia risposta.

Mantenendo la giusta percentuale di causa, consiglio sempre di evitare l’estremismo e l’assolutismo, quella donna mi aveva mostrato la preoccupazione inerente la mia magrezza raggiunta in poco tempo.

Siamo contenti di dimagrire per via della cultura in cui viviamo ma siamo cresciuti con un’educazione che va contro questi schemi. La maggior parte di noi, infatti, si sarà sentita dire più di una volta nella vita – Mangia! – o – Guarda che devi mangiare altrimenti non ti reggi in piedi! – o – Sacco vuoto non sta in piedi! – o – Chi è grasso è più felice – o ancora, durante la gravidanza – Devi mangiare per due! -. Una continua battaglia interiore tra società e famiglia. Da una parte ci volevano tutti come dei fotomodelli mentre, dall’altra, ci prediligevano pasciuti e robusti.

MANGIA BELA ME FIA

Per le nostre mamme e le nostre nonne non mangiare e dimagrire era fonte di preoccupazione. Guardavano i magri con una sorta di espressione dispiaciuta sul viso e ricordo io stessa che, quando andavo a mangiare da mia zia (una zia che mi ha fatto da nonna), ogni giorno era Natale. Pur di farmi mangiare si alzava alle 5 del mattino per impastare cibi sani, genuini e pieni di energia. Per lei ero sempre deperita. – Mangia bela me fia che ti me stai mà pœi, ti me pai in ratin – (Mangia bella la mia bambina che poi mi stai male, mi sembri un topino) mi diceva. Forse l’aver vissuto la guerra e la fame la portavano a pensare così.

Le nostre memorie cellulari rimangono e perdurano per diverso tempo. Sono tremende. Tutto questo per dirvi come, nonostante io non mi sentissi assolutamente allarmata e mi ritenessi invece in ottima forma, dentro di me, qualcosa aveva risvegliato queste paure con le quali son cresciuta e mi appartenevano. Non l’avrei mai detto.

A VOLTE RITORNANO

Il cambiamento del mio fisico, ben significativo, aveva portato a galla sì un piacere visibile ma anche queste tracce mnestiche arcaiche non rimosse. E non mi riferisco alla guerra vissuta da mia zia ma a tutte le frasi che, negli anni, mi hanno inculcato il messaggio “se sei magra, non ti reggi in piedi“.

Attraverso la caduta della donna le ho potute vedere.

Avevo in realtà una celata preoccupazione di non reggermi in piedi. E come avrei fatto col lavoro? E come avrei fatto con i miei genitori che avrebbero iniziato a “rompermi” pieni di timore per me? E come avrei fatto nei confronti delle mie amate passeggiate dove serve tanta energia? Oh! Bene! Eccole! Ora potevo vedere le mie angosce tutte belle lì davanti a me. Quindi che avrei dovuto fare? Ingrassare di nuovo? Salvo sfiorare l’esagerazione del dimagrimento direi proprio di no.

In realtà la nostra parte intrinseca pretende semplicemente di vivere senza preoccupazioni inutili e deleterie per il nostro stato d’essere. Ma intende anche avvisarci mostrandoci ciò che non vediamo da soli. E qui occorre tradurre. Dovevo imparare ad eliminare quella paura da me e porre attenzione, in modo sereno, al mio peso.

Non è vero che chi è magro è triste e sta male anzi… ovviamente nei limiti. Non è vero che se salti un pasto muori anzi… Non è vero che la ciccia ti rende una persona solare anzi… Dovevo imparare a stare bene del tutto. In ogni mio ambito. Soprattutto emozionale. Dovevo imparare a godere del mio nuovo corpo considerandolo bellissimo e immaginarmi sempre sana e gioiosa se così volevo essere.

Ma quello sul quale volevo porre l’attenzione è: come sono brave, queste memorie, a nascondersi o mimetizzarsi in noi. Io proprio non le vedevo! Attenzione quindi a dire – No, no io non sono per niente preoccupato! -. A livello conscio è vero, ma è l’inconscio che ci frega. E, ahimè, non ci arriva ciò che vogliamo ma ci arriva ciò che siamo.

Vi auguro una buona “lettura” dei vostri eventi. Sempre con leggerezza mi raccomando.

Prosit!

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Intervista a Trauma Cranico – responsabilità tua o del mondo esterno?

Partendo dal presupposto che, per la Psicosomatica, ogni incidente che subiamo equivale alla punizione di un senso di colpa che portiamo in noi (spesso celato), anche il Trauma Cranico spiega, sotto questo punto di vista, un castigo che arrechiamo alla nostra persona per infliggerci una pena. Una colpa intrinseca, nascosta nel nostro profondo. Magari… quella di essere venuti al mondo… per dire. Può sembrare assurdo ma sono molte le persone che si sentono inadatte e che credono di aver compiuto un reato nel nascere. Come dice il termine stesso – Cranico – ci si riferisce alla testa, luogo di: pensieri, riflessioni, ragionamenti ed elucubrazioni mentali.

Tutto questo è, per la maggior parte, spazzatura futile che ci portiamo dentro al solo scopo di stancarci e farci preoccupare inutilmente come tante volte ho spiegato in altri post.

L’uomo comprende tutto salvo ciò che è perfettamente semplice – (Hugo Von Hofmannsthal)

LA REALTA’ E’ UNO SPECCHIO?

Tocchiamo subito un tasto dolente. Molto spesso, alcuni traumi ci vengono provocati da altri, non sempre ce li procuriamo da soli ma, secondo alcune filosofie, essendo che la realtà esterna non ha una sua ragione e non è in grado di agire di sua iniziativa, essendo solo un riflesso di quello che SIAMO dentro, gli altri diventano per così dire degli AGENTI DEL DESTINO utili a darci ciò che noi, anche se non ce ne accorgiamo, vogliamo. Andando a scandagliare questo discorso, lungo e complicato, ci accorgiamo quindi che, al di là del fatto che questo possa essere vero meno, o vero solo in parte, possiamo comunque cogliere un messaggio se è questo che ci preme. Ossia, semplicemente, anziché soffermarci a dire – Ma tu guarda ‘sto idiota se doveva colpire proprio me? – possiamo (anche) dire – Come mai quella persona ha colpito proprio me? Ho forse richiamato in qualche modo il suo colpo? Lui ha sbagliato, non c’è dubbio, ma IO, comunque, ora provo dolore e ho subito un trauma, perché? Non lo so, non posso vederlo ma posso ragionarci sopra. C’è forse qualcosa che non mi perdono e ho voluto così punirmi? -. Ciò vuole solo essere un’apertura che permette di vedere da varie angolazioni. Permette inoltre, anche se può sembrare strano, di comprendere che noi esistiamo, siamo responsabili e co-creatori, siamo vivi cavolo! Non siamo solo pezzi di carta, vuoti, mossi dal vento che ci crea ciò che vuole lui.

PER GIOCO… PROVIAMO A SVEGLIARCI

E allora… facendo finta di essere noi i responsabili, proviamo a vedere che cosa si nasconde dietro ad una tremenda botta alla testa. Ma prima permettetemi di sottolineare una cosa: sentirsi responsabili degli avvenimenti non vuol dire averne colpa, proviamo ad osservare anche un altro bellissimo lato di questa visione: se io sono responsabile di quell’avvenimento, allora posso anche trasformarlo perché io lo creo e io lo distruggo o lo creo come piace a me. Ok?

Ora andiamo ad intervistare il Trauma Cranico:

Ciao Trauma Cranico

Ciao!

Volevo dirti innanzi tutto che fai un male bestia e mi hai anche creato un bozzolo sulla fronte veramente antiestetico ma… vorrei capire il perché di tutto questo. Che ti ho fatto?

A me non hai fatto nulla, al massimo hai fatto a te stessa. Dovresti parlare con la tua parte interiore

Ma… non riesco a vederla, è nell’inconscio. E’ difficilissimo leggerla!

Lo so, ma puoi provare ad allenarti. Io posso solo dirti che giungo, o per mano tua o per mano di terzi o per mano di oggetti, quando tu mi chiami perché vuoi punirti… un po’ come le pacche che ti dava la mamma col battipanni quando eri bambina

Sì, ho capito, questo lo sapevo già, ma speravo di ottenere qualcosa di più da te

Non posso dirti molto altro se non che, nella testa, non c’è solo la mente. Oggi, con queste nuove filosofie un po’ New Age, la mente è stata condannata come provocatrice di molti squilibri, il che è anche vero ma, la mente, se l’abbiamo a qualcosa serve. L’assolutismo non va mai bene. Ma, tolto questo, nella testa ci sono anche altre cose. Ad esempio, è proprio con essa, e non solo con il Cuore, che possiamo collegarci al Divino assaporando che cosa realmente siamo… cioè… siete.

Gli ultimi chakra infatti si trovano proprio lì, qualcosa dovrà pur dire. Si parla tanto di far salire, far salire… ma poi, la maggior parte delle persone che filosofeggiano su queste teorie, si fermano al Cuore. No! La testa è importante! La testa contiene anche il volto e, in esso, c’è il naso dal quale entra la vita. E la bocca e gli occhi! Di un’importanza indescrivibile! Il viso è la parte più esposta e ci permette di unire l’esterno all’interno in pieno contatto con l’Uno. Tutto questo non ha nulla a che vedere con il darsi delle colpe o il non perdonarsi ma può essere visto invece come intoppo al lasciarsi andare verso una concezione più mirata di quella che è la divinità all’interno di ognuno di voi. In questa vita terrena, la ricerca del Dio che vive all’interno di ogni essere umano, è forte e scalpita. Ogni volta che viene in qualche modo repressa, o celata, una sorta di “castigo” vuole solo fartelo notare. Tieni anche conto che la testa è la parte che identifica la tua autonomia. Ciò significa che è con essa che fai delle scelte. Questo non vuol dire scegliere tra due case o tra due fidanzati o tra due ricette. Significa anche scegliere di comportarsi in un modo, piuttosto che come natura comanda, solo per fare bella figura e piacere agli altri. Cosicchè, la tua bambina interiore si arrabbia, le stai tarpando le ali e… tac! Una bella patta sulla testa non te la leva nessuno! E’ con la testa che ti critichi e ti svaluti, non con il cuore. Faccio bene a punirti, se permetti. Lascia stare gli altri! Sempre a guardare cosa fanno gli altri e a cercare qualcuno al quale dare colpe. Sì, sì… arrabbiati pure se vuoi, e vendicati, ma pensa per te. Gli altri ti hanno dato un colpo? Ok… e tu quanti colpi hai dato a te stessa? Quante volte ti sei tirata bastonate addosso senza amarti e senza stimarti? Pensi di essere venuta qui per fare la mendicante e quella che non vale niente quando dentro di te c’è la scintilla divina e tu la spegni in continuazione? Dove porta la corona un Re? Mica porta una cavigliera!

UNA BOTTA (DI VITA) IN TUTTI I SENSI

Diventa Re e un Regno ti sarà dato – (Gesù)

Sono un po’ stranita… ehm… penso possa smettere di parlare. Direi che Trauma Cranico è stato davvero chiaro ed esaustivo non pensate anche voi? Ora forse abbiamo qualche strumento in più per comprendere come mai abbiamo subito quel colpo. E, quindi, possiamo evitare degli ulteriori colpi futuri magari.

Intanto però mettetevi un cerotto, così forse lo zittite, altrimenti vi farà sentire talmente piccoli e micragnosi che altri traumi non ve li toglie nessuno. Perdonatevi! Anzi, perdoniamoci… il perdono è lo strumento migliore per evitare il Trauma Cranico e qualsiasi altro tipo di danno.

Prosit!

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Problemi… ehm… al culetto

Sono in tanti a soffrire di questi disturbi e sono in tanti, spesso, a non dire nulla per imbarazzo. Mi riferisco a Emorroidi e Ragadi che si formano nella zona dell’Ano e possono essere dolorosissime.

Come sempre, possono essere molte le cause che permettono a questi fastidi di nascere e rovinarci le giornate, prima fra tutte l’alimentazione ma anche sforzi eseguiti durante attività sportive o lavori vari, oppure persino alcuni indumenti indossati.

Noi però andremo a conoscere un’ulteriore causa, quella più intrinseca, più intima, quella che ci traduce il messaggio portato da queste che definiamo “seccature”, le quali, non viaggiano per forza in coppia ma, in questo articolo, le descrivo entrambe anche perché sono comunque strettamente collegate tra loro.

EMORROIDI: Stai forse vivendo una situazione che non ti piace, nella quale stai fermo lì, senza fare niente per cambiarla? Detta così sembrerebbe uguale ad un irrigidimento muscolare ma la differenza c’è se scendiamo più in profondità. Infatti, se per quanto riguarda l’irrigidimento muscolare stiamo fermi, veramente bloccati, per paura di prendere una decisione o senza voler osservare ulteriori soluzioni, con un senso di spegnimento e di stasi al nostro interno, in caso di Emorroidi invece c’è, in realtà, dentro di noi, frenesia. Per tanto c’è l’impossibilità a sedersi, a rilassarsi, nei confronti di quella situazione. Vorremmo fare, ma i nostri schemi mentali ce lo impediscono. L’orgoglio ad esempio, o la vergogna, o ancora la sensazione del non saper come fare e del perdere credito nei nostri stessi confronti.

Al contrario della contrattura muscolare, di idee in questo caso ce ne vengono tante, conosciamo bene quale sarebbe la soluzione che ci “libererebbe” ma, associamo ad essa, una risposta negativa che non ci piace. Che ci sembra impossibile compiere. La situazione che stiamo vivendo non riusciamo a godercela appieno, in quanto, abbiamo timore ad agire in ogni modo e allora stiamo fermi ed ecco spuntare le Emorroidi che ci dicono – Muoviti! Non puoi sederti! Te lo impediamo! Non senti quanta creatività c’è in te? Stai creando varie risposte, varie azioni ma non ne porti a termine neanche una! -. Spesso infatti le Emorroidi nascono quando si prova un dolce sentimento per una persona ma si è obbligati a stare con un’altra per vari motivi. O addirittura quando ci impuntiamo nel voler stare con un partner che però non ci da quello che vorremmo, e capiamo bene non essere la persona adatta a noi, ma non riusciamo a staccarci da lui/lei. La nostra parte intrinseca scalpita ed ecco nascere il dolore non solo più interno e psicologico ma adesso anche fisico. Oppure vorremmo fare un altro mestiere ma siamo obbligati a condurre, quotidianamente, una professione che ci logora e ci deprime. E ingoiamo, ingoiamo, ogni giorno, tutto ciò che di questa situazione non ci piace. Tutto quello che mandiamo giù, proprio come il cibo, da qualche parte dovrà pur ben uscire no? E infatti esce, ma a modo suo, causando seri problemi proprio lì, nel nostro sedere. Le Emorroidi infatti indicano anche la paura nei confronti delle scadenze di qualsiasi tipo. E, anche la parola “scadenza”, simboleggia una sorta di “fine/conclusione”. Si rimane incollati lì, con la preoccupazione del lasciar andare, del fregarsene e scegliere cosa per noi è più propizio e potrebbe renderci più felici.

RAGADI: Collegate appunto alle Emorroidi, e vi consiglio di tener presente tutte e due queste spiegazioni anche se uno di questi malesseri non l’avete, indicano la sensazione del vacillare tra due situazioni senza poter prendere una decisione e allora si decide di stare con il “piede in due scarpe”. Non vogliamo rinunciare ne’ a una, ne’ all’altra delle due cose per paura, per bisogno o per vari motivi. E questo ci fa arrabbiare, può farci sentire sporchi, disonesti, oppure senza midollo, o inetti, attanagliati dal timore.

Si rimane ancorati ad un qualcosa che continua ad appartenere al passato (anche se si tratta di pochi giorni è sempre passato) e non si riesce ad eliminare tutto ciò che ci fa del male. E’ come trattenere le “scorie”, a causa della preoccupazione, le quali, dopo un po’ imputridiscono e causano lacerazioni o ulcere nella zona dell’Ano. E spunta la rabbia data dall’infiammazione e la perdita della gioia data dal sanguinamento. Ricordo di un padre che soffriva spesso di Ragadi. Dava ragione alla compagna quando questa sgridava i figli ma poi, in privata sede, spiegava ai figli cose che andavano nella strada opposta rispetto a quello che aveva detto la loro mamma. Lui non riusciva a contrariare la moglie ma nemmeno voleva che i figli credessero ciò che lui riteneva falso. Così facendo pensava di mantenere stabili e perfette entrambe le situazioni ed entrambi i rapporti ma, la sua natura, sapeva bene che tutto ciò era sbagliato e nutrito soltanto dalla paura che lui provava nell’affrontare la moglie. Pertanto, ecco lo spuntare delle Ragadi.

L’Ano indica la fine di un processo esattamente come avviene fisicamente al termine del sistema digerente dove tutto ciò che è considerato “di scarto” e quindi inutile, nocivo, di troppo, etc… deve essere espulso dal nostro organismo. Solo la parte sana e nutritiva resta all’interno di noi e viene assimilata. Allo stesso modo, nella Psicosomatica, si intende individuare il momento in cui, la conclusione di una situazione non avviene o avviene in malo modo, attraverso proprio le Emorroidi e le Ragadi.

Come ho accennato prima, questi fastidi insorgono anche quando si sta seduti senza fare nulla a causa di orgoglio, superbia, potere o imposizione. Le persone infatti sempre convinte di avere ragione o in attesa che sia sempre l’altro a fare il primo passo, possono soffrire maggiormente di questi disturbi. Dico questo perché solitamente si pensa a messaggi dati dalle nostre malattie inerenti sovente a emozioni di paura, angoscia, tristezza, rabbia… etc… invece sono tanti i comportamenti errati che abbiamo nei confronti di noi stessi e dell’altro e non sempre vanno visti dal lato passivo ma a volte anche attivo dove, per attivo, si può intendere anche il decidere di non agire come presa di posizione. Ma dentro di noi qualcosa si agita. E’ utile quindi lasciar andare l’eventuale rancore, o l’eventuale presunzione e scendere di un gradino dove si può così vedere la voglia di dare, di offrire, a se stessi e all’altro, quel qualcosa che può far sorridere.

Pertanto, non rimanere fermo, seduto comodamente, ma alzati per regalare qualcosa soprattutto a te stesso e a chi lo merita. Realizza ciò che sei capace a fare ma che trattieni per non mostrare troppo di te. Impara a sorprendere te stesso e gli altri con la tua creazione. Hai un fuoco enorme dentro, che ti sta incendiando (lo sottolinea l’infiammazione) è il fuoco del creare, fallo uscire. Scalda, illumina, corrobora la tua persona e chi ti sta intorno. Puoi farlo, sei magnifico! Non lasciare tutto lì, a marcire, nascosto nell’anfratto più celato che hai.

Prosit!

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