Quarto Dito del piede: i legami affettivi

LA PAROLA AL DITO

Quasi del tutto insignificante, il quarto dito dei nostri piedi, chiamato anche Pondulo (per alcuni Pondolo) o Pongolo, rivela spesso segreti assai importanti sulla personalità dell’individuo.

È il dito che rappresenta gli affetti ma soprattutto i legami famigliari o comunque sentimentali.

Sarà difficile trovare una persona con questo dito “strano” che ha nella sua vita legami senza problemi. Ma cosa si intende per “strano”? Strana sarà la sua forma. Ossia, anziché essere lineare o proporzionato alle altre dita, lo si vedrà sovrastare le dita vicine o nascondersi sotto di esse. Potrebbe anche essere stato ferito e quindi apparire poco piacevole alla vista. Potrebbe avere una forma irregolare, buffa. Ogni volta che qualcosa di lui attira la nostra attenzione possiamo star sicuri che, quella persona, ha problemi di relazione con tutti o con alcuni, oppure con una sola persona. Sapete che non mi piace essere assolutista, e non voglio esserlo nemmeno stavolta, ma di piedi ne ho visti a iosa e mai mi è capitato, finora, di dover ammettere l’incontrario. Per carità però, che sia chiaro, ormai mi conoscete, nulla è standardizzato.

PROPRIO QUEL DITINO LI’

Le dita dei piedi sono, molto spesso, davvero, delle incredibili fotocopie rispetto alle dita dei nostri genitori.

Guardando le dita del giovane Manuel ho trovato parecchio interessante leggerle. Sua madre e suo padre, amici miei, hanno entrambi piedi che si possono definire “belli”. Le dita lunghe, distese, lineari, dalla più alta alla più bassa. Dalla più grande alla più piccola.

Crescendo, a Manuel, il quarto dito del piede destro (la parte destra rappresenta: il padre, la parte sinistra rappresenta: la madre) iniziò ad andare sempre più giù, torcendosi verso il terzo dito (dito dell’ira/energia/aggressività) fin quasi a sparire. Guardando il piede di Manuel dal di sopra, sembrava avesse solo quattro dita.

Ebbene, dovete sapere che quando Manuel aveva sei anni (e piedi ancora perfetti) il padre lo abbandonò così come abbandonò la moglie e non si fece più vedere. Le altre dita di Manuel assomigliano tantissimo a quelle del papà. Sono praticamente identiche ma quel quarto dito non ha niente a che vedere con le dita di suo padre e nemmeno con quelle del resto della famiglia, nonni compresi. A una bizzarra forma tutta sua. E’ rimasto piccolo e si è andato a nascondere. Vedete, a volte, i cromosomi non sono tutto.

LA MANCANZA

Il rapporto/legame di quel ragazzino con il genitore maschio si è spezzato. È venuto a mancare. È morto come morto pare quel suo dito afflosciato sotto agli altri e nascosto. Morto tra tristezza, rabbia, repressione e angoscia. Morto a causa di un legame che doveva essere e non è.

Non mi crederete ma, il quarto dito del suo piede sinistro (madre), è bellissimo e coerente con le altre dita.

Insomma, quello di Manuel, sembra quasi uno scherzo della natura. Un ragazzo sano, robusto, perfetto… tranne quel ditino… quel ditino che se ne è quasi andato come fece suo padre qualche anno fa.

Scavando nell’intimità di chi ha un Pondulo “strano” vedrete che esce qualcosa in base ad un dolore, sopportato dentro, in riferimento ai legami. Cosa che non siete obbligati a fare, voglio dire… potete anche farvi i cavoli vostri, ma tale dettaglio può presentarvi una battaglia interna e silenziosa appartenente a quella persona della quale forse dovreste avere più comprensione. Qualcosa di affettivo la fa soffrire.

Ecco, a questo può servire sapere cosa traduce quel dito. Ad essere amorevoli, provando a dare a quell’individuo ciò che gli manca.

È chiaro che, anche chi ha dita perfette può nutrire un dolore di questo genere ma cambia l’approccio. La rimarginazione, o meno, della ferita. In quale modo viene vissuto quel dolore e quanto peso ha nella vita intima e intrinseca di quella persona.

È il dito dell’affettività in generale. Può indicare, infatti, anche quei soggetti dal modo di fare scontroso o incompresi che non riescono a legare con nessuno.

SEGNALI

Un callo o una ferita su questo dito indicano che ci sono problemi nelle relazioni, o in una relazione soltanto, tra la persona e qualcun’altro.

Ma non è finita qui. Dal punto di vista della Riflessologia Plantare, questo dito, accoppiato al quinto dito, rappresenta la salute delle nostre orecchie (parte superiore) e dei nostri denti (parte inferiore). Chi ha problemi a queste due parti del corpo potrà avere diversi inestetismi su queste due dita e, dal punto di vista psicosomatico, si indica il non voler sentire determinate cose oppure la sicurezza (traballante e poco ferma) che si ha nei confronti della propria esistenza. Spesso, infatti, il mancato rapporto con chi dovrebbe essere un pilastro fondamentale nella nostra vita può causare problemi anche in questo caso.

Una mia amica, tempo fa, mi raccontò che un giorno mentre stava giocando vicino a un cantiere, un tubo in ferro le cadde sul piede deformandogli per sempre il quarto dito del piede sinistro. Era piccolina.

La nonna la curò con del ghiaccio e della pomata non c’era altro da fare. Il dito non era ferito ma divenne viola e gonfio rimanendo poi deforme.

Questa mia amica si è sempre sentita abbandonata dalla madre (infatti viveva la maggior parte del suo tempo con la nonna). Sua madre era una bellissima donna ed era l’unico genitore per lei. Nacque infatti da una relazione clandestina ed era abituata a non avere un papà.

Avrebbe desiderato invece che sua mamma fosse il suo grande punto di riferimento ma, la bella donna, era sovente fuori con amiche e spasimanti, amante di una vita libera e mondana.

Potrei raccontare mille esempi sulle rivelazioni del quarto dito ma ora lascio a voi la bellezza del scoprirne altre. Magari proprio intorno a voi o su voi stessi.

Prosit!

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Le cose che le orecchie dicono di noi

Non siamo portati ad osservare molto le orecchie, nascoste anche spesso da capelli e cappelli. Siamo più propensi a soffermarci sugli occhi o sulla forma del naso. Ammiriamo delle belle labbra, un mento caratteristico ma… le orecchie, a meno che non abbiano strane forme, o non siano decorate a dismisura, attirano poco la nostra attenzione.

Le orecchie, invece, dicono molto di chi siamo e anche di cosa ci aspetta nella vita o che tipo di infanzia abbiamo passato. Raccontano il nostro stato di salute e il nostro carattere. Non per niente, come già vi avevo detto tempo fa, la loro forma rappresenta ciò che eravamo come feto nella pancia di nostra madre, dove la testa è rappresentata dal lobo e la punta in alto corrisponde alla parte finale della schiena e il sedere. In pratica, tutta la nostra esistenza.

Senza perder tempo, quindi, andiamo a vedere le loro caratteristiche che ci parlano.

POSIZIONE: la loro posizione indica l’equilibrio energetico della persona. Sbalzi d’umore, sbalzi di salute, cambi repentini di azione, etc… Dovrebbero essere corrispondenti alle sopracciglia. Molte filosofie sono d’accordo nel dire che orecchie sopra alle sopracciglia denotano grande intelligenza. Non sono d’accordo, per quello che ho potuto appurare io, si tratta più di un discorso di introversione ed estroversione che non intelligenza. Apertura o chiusura verso il mondo.

COLORE: il loro colore è importante. Il colore della pelle delle nostre orecchie. Il colore che indica intelligenza e successo nella vita è il rosato/biancastro. La norma per capirci. Un colore scuro tendente al nero o al bordeaux, invece, oltre a simboleggiare un sangue “sporco”, troppo ricco di proteine animali, significa anche dover vivere profonde tristezze. Il rosso acceso, colore della rabbia, traduce che quella persona passa diverse rogne nella sua vita ed è una lamentosa, ci sono in lei ristagni emozionali, mentre un colore giallo, indica chiusura, resa, passività nei confronti della vita dove si crede di essere succubi del male e, questo stato emotivo, per nulla salutare, corrode all’interno.

FORMA: la forma indica principalmente come possiamo vivere socialmente la nostra esistenza. Una forma prettamente “rettangolare” dell’orecchio può rappresentare una persona con un buon successo, una bella famiglia, ricchezza e carisma. Orecchie piccole e tonde segnalano dolcezza, affetto e generosità ma anche l’aver poca voglia di assumersi responsabilità e temere molto il giudizio altrui. Orecchie “a punta”, tipo Elfo, denotano intelligenza vivace e piacere verso l’istruzione, acume e sarcasmo, ma anche non approvare gli altri, non accettare, essere intolleranti e spesso infastiditi da tutto. Chi ha questo tipo di orecchie potrebbe essere irascibile e calcolatore.

LOBI – I lobi meritano una particolare attenzione poiché corrispondono alla nostra testa e quindi alla Mente. Questa nostra grande nemica/amica attraverso la quale viviamo la vita e quindi formiamo il nostro carattere e, di conseguenza, il nostro stato di salute che, come dico sempre, è il risultato di come affrontiamo gli eventi della nostra esistenza. Un lobo staccato dalla testa e bello carnoso indica una buona salute e la capacità di difendersi e risollevarsi dagli attacchi esterni. Un lobo sottile e inesistente indica invece una salute cagionevole e un soggetto debole che, probabilmente, nella vita, dovrà sfoderare arroganza e aggressività per essere visto e ascoltato. Sa quello che vuole ma ad accompagnarlo è sempre un po’ di nervosismo.

Ora, prima di correre davanti allo specchio ad osservare con attenzione le vostre orecchie, sappiate, come dico tutte le volte, che un viso deve essere visto nel suo insieme… sempre! Queste possono essere solo indicazioni o spunti di riflessione.

Ma c’è ancora una cosa che desidero comunicarvi: le orecchie rappresentano, ovviamente, il nostro ascolto. Ogni disturbo inerente all’udito, come l’otite, corrisponde a un qualcosa che non vogliamo sentire o vorremmo sentire ancora ma non è possibile (ad esempio la voce di una cara persona che non c’è più).

Ferirsi un orecchio, invece, significa sentirsi in colpa per non aver fatto nulla dopo aver saputo una determinata cosa.

Avete presente il detto – Da un orecchio mi entra e dall’altra mi esce? – ecco, a volte, occorrerebbe metterlo in pratica… lasciando andare. Liberandosi. Cercando così di eliminare diversi disturbi alle nostre orecchie. Ricordate anche però, com’è scritto su varie fonti, che – di orecchie ne abbiamo due ma di bocca una sola, forse perché dovremmo più ascoltare che parlare -.

Prosit!

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Sono l’Erede di una malattia e quindi uno sfigato – parte 2°

CREA LA TUA MALATTIA

Per molti queste sono solo storiacce, forse perché non si documentano sull’epigenetica (che è una scienza non un movimento hippie) della quale non si è mai sentito parlare. Chissà come mai??? Ah! Sì! Forse perché è più giovane delle altre… però, che strano, alcuni virus appena nati vengono proposti subito al pubblico su tutti i rotocalchi! Vabbè… torniamo alle vittime impotenti. Se ne stanno lì, impassibili e sfigate, in balia di onde dannose date dagli avi senza poter far nulla. Una spada di Damocle. “Mio padre aveva il diabete, io avrò il diabete. Mio padre aveva un tumore, io avrò un tumore. Mia padre aveva la psoriasi, io avrò la psoriasi”. È fatto. Et voilà. E, naturalmente, a furia di pensarlo, accadrà proprio così. Ci hanno e ci siamo già messi una croce sulla schiena. A furia di difendersi da un nemico inesistente lo si realizza davvero.

Nel momento stesso in cui mi preoccupo del mio PROBABILE diabete, che ancora non esiste ma mio padre lo ha avuto, ecco che sto creando il diabete dentro di me. Beh, mi sembra ovvio. Quello che io ordino al mio cervello egli lo esegue alla perfezione. Su questo mi sembra non si possa discutere viste tutte le conferme che ci sono state date. Il pancreas, quindi, diligentemente, inizierà a secernere in modo diverso Insulina e Glucagone, il disequilibrio giungerà e di conseguenza il diabete che diventa cosa ovvia (è più lungo l’ambaradan ma la faccio breve).

Se non ci credete potete provare. Provare a vivere, per un periodo, cercando di difendervi dal diabete e pensando di essere vittime del diabete. Arriverà il diabete. Non lo farete, perché avete paura. Non ci credete, non volete crederci ma intanto evitate di provare. Se le mie sono solo fandonie potete farlo, non accadrà mai. Provate a nutrire il diabete dentro di voi, tanto non arriverà.

Il fatto più grave è che non riuscirete a difendervi dal diabete nemmeno prevenendolo con una sana dieta, in quanto, nessuno ha mai spiegato quali davvero siano gli alimenti sani e quasi nessuno ha voglia di documentarsi. Nessuno ci ha mai educato che possiamo curarci anche con il cibo e la natura tutta e che i farmaci possono sicuramente essere risolutivi e utili ma non l’unica cosa. Quindi… quando un medico nella dieta di un diabetico elimina i dolci ma lascia glucosio elaborato, tanto chissenecapisce, mi chiedo dove sia il cibo sano. Che poi… vabbè, il glucosio è un discorso a sé perché è ovunque ed è un tema assai complesso (molto moltissimo) ma magari limitiamolo. Mi sembra davvero senza senso non mangiare un cioccolatino ma mangiare la pastasciutta, se ho il diabete, ecco.

TRADUCENDO IL MESSAGGIO SI CAPISCE MEGLIO

Non serve essere immune a quella malattia, occorre essere immuni a quelle emozioni, a quelle reazioni, a quelle sensazioni, a quei pensieri, a quel messaggio.

Ma non usciamo dal discorso precedente. Il fatto è molto semplice, le cose sono queste qui:

– Cresco e vivo una vita, o gran parte di essa, conoscendo il diabete di mio padre. Il mio pensiero sarà sempre lì anche se cerco di tutelarmi (creo il mio diabete). La medicina stessa mi dice che sono “portata” ad avere il diabete quindi… ciao Pippo! Mi hanno segnata ormai.

– Se mio padre ha o aveva il diabete significa che mio padre era una persona che provava ben poca gioia nel suo vivere, aveva in sé una sorta di rancore e tristezza verso la società o chi l’ha messo al mondo, aveva poca voglia e grinta di combattere verso i problemi della vita e questo è quello che può avermi insegnato inconsciamente, ossia, una sorta di “arresa” che permea la mia esistenza. Messaggi continui, captati dal mio cervello che, in qualche modo, dicevano: la vita è dura, è difficile essere felici, questo non va bene, questo non mi piace, bisogna fare sacrifici… e lamentele e sospiri e sbuffate (creo il mio diabete).

– Se mio padre ha o ha avuto il diabete è perché si è nutrito con determinati alimenti che anch’io ho mangiato, seduta a quella tavola (creo il mio diabete).

– Se la gente (amici, parenti, medici) continua a dirmi di fare attenzione al diabete perché mio padre… (creo il mio diabete).

E’ chiaro?

Il fatto importante però è un altro. Ho il diabete? Oppure ho una qualsiasi altra malattia? Molto bene. Qualcosa dentro di me ha fatto sì che questa malattia nascesse in me proprio come è accaduto a mio padre e a mio nonno… ma, adesso, – sei MIA malattia, non sei ne’ di mio padre, ne’ di mio nonno e ce la vediamo io e te -.

TU E LA MALATTIA

E ora inizia una piccola storia vera, la mia.

Sono nata da un padre che ha sempre avuto problemi all’apparato respiratorio soprattutto in giovane età. Mio nonno, suo papà, ha sempre avuto, per 95 anni, gravi e fastidiosi problemi all’apparato respiratorio. Bronchiti, asma, sinusiti, etc… erano all’ordine del giorno.

Sono nata da un padre che mi ha insegnato a stare lontana l’aggressività e che l’aggressività – è una cosa brutta -. Mio nonno mi ha educata a non essere aggressiva, mi ha inculcato nella testa, senza neanche rendersene conto, che l’aggressività la si deve usare solo in determinati momenti della vita e, quei momenti, non sono bei momenti se devi diventare aggressiva. Mi hanno insegnato a mandare giù, sopportare e trattenere. A non dire la mia per il “quieto vivere” e perché “chi più ne ha, più ne metta”.

E guarda caso… volete sapere che significato hanno la bronchite e la sinusite (tanto per prendere le principali) come messaggio?

Bronchite – aver paura dell’aggressività, giudicarla come una cosa orribile.

Sinusite – sopportare senza accettare una situazione, o una persona, o un evento.

Ma-che-coincidenza!

Ok. Fu così che decisi di liberarmi da tutto ciò come vi ho già scritto in passato su altri post.

Ho 41 anni e, da quando sono nata, mia madre ha invano combattuto contro le mie bronchiti che ogni anno si presentavano rovinandomi per un mese la salute e l’anno scolastico. Crescendo, la situazione si è aggravata. La bronchite non solo si presentava una volta all’anno, bensì due, e si complicava aggiungendo a sé poi la sinusite. O meglio, sopraggiungeva anche lei e non avevo solo più problemi di catarro e muco nei bronchi ma anche in testa. Piena completamente.

Decisi di dire basta. Potete non credermi ma oggi sono tre anni che non ho più la bronchite e, da due anni, la sinusite è nettamente più lieve, dura pochissimi giorni e non è dolorante. Eliminerò anche lei col tempo.

COME MARIONETTE

Quello che intendo dire è che finché continuiamo a comportarci come schiavi, o succubi, o sfortunati, questo sarà ciò che saremo ma se decidiamo di diventare realmente padroni della nostra vita, per tanto difficile che sia, possiamo crearci un’esistenza diversa anche dal punto di vista della salute.

Non ho niente contro la medicina ma quando la medicina parla dovremmo evitare di pendere totalmente dalle sue labbra, dovremmo accogliere i suoi consigli ma pensare di essere noi stessi e che c’è pieno di uomini e donne morti per una determinata malattia ma i loro figli non soffrono dello stesso disturbo. Sta a noi non coltivare e non nutrire certe paure e sta a noi cambiare strada rispetto agli “errori” dei nostri genitori.

Il nostro DNA è una cosa viva e come vi ho detto a inizio post ogni forma di vita è in continuo movimento. Come già avevo scritto quando siamo sotto stress esso si contrae mentre in fase di serenità esso di distende. Il DNA è composto da una struttura chimica, non sono pezzi di vetro, sono basi azotate. E’ un qualcosa di energetico oltre che biologico ed è meraviglioso. Il mondo che viviamo è meraviglioso. Noi tutti siamo meravigliosi e possiamo avere una vita sana e meravigliosa. Ma forse ve lo spiega meglio lo scienziato Bruce Lipton:

Noi siamo i padroni del nostro futuro e non vittime del passato.

Prosit!

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Il tuo “brutto” corpo è fatto così per un motivo

COME SCEGLIERE UN VASO

Quante volte ci lamentiamo del nostro corpo o consideriamo “brutte” alcune sue parti. Non ci piacciono perché nelle nostre memorie sono rappresentati i canoni di una società che vuole le persone in un determinato modo e solo se rispondono a determinati requisiti, queste persone, possono essere considerate “piacevoli”.

Una donna deve avere gambe lunghe e sottili, slanciate, altrimenti non dovrebbe nemmeno permettersi la gonna.

Un uomo deve essere alto, non esiste che un uomo sia piccolo, o addirittura più basso della sua compagna.

Il seno femminile dovrebbe essere prosperoso ed è una vergogna, per un maschio, avere attributi di misure ridotte.

Per ogni parte del nostro corpo ci sono giudizi. Orecchie, dita, naso, sedere, piedi, pancia, cosce.

Purtroppo nessuno ci ha insegnato a LEGGERE e TRADURRE un corpo nel suo significato. La nostra cultura ci ha educato solo a guardarlo come se fosse un contenitore, portandoci così ad apprezzare di più la confezione esterna che lo scopo dell’individuo nel suo complesso.

QUAL’E’ IL TUO TALENTO?

Lo scopo sì. O il talento. Non sono qui oggi a sviolinare la classica frase – Guarda l’interno e non l’esterno perché una persona può essere brutta fuori ma bella dentro e bla… bla… bla… -. Vorrei andare oltre. Più in profondità.

Non si tratta solo di bellezza interiore ma di missione.

Premetto che il fisico rappresenta ciò che siamo. Se un soggetto è obeso, ad esempio, poche sono le parole con le quali girarci attorno. È, quasi sicuramente un insoddisfatto e quindi soffre per un qualcosa che forse neanche lui conosce. Un’insoddisfazione di fondo lo annichilisce nel suo sopravvivere e questo non è certo un bene. Dovrebbe amarsi di più e far qualcosa per valorizzare se stesso e vivere al meglio. Ma, senza andare a toccare certi estremi come questo che vuole solo essere un esempio, i corpi di ognuno di noi sono tutti diversi tra loro. Non siamo fatti con lo stampino: non siamo tutti alti, o tutti magri, o tutti slanciati, o tutti aggraziati, o etc… e meno male!

Torniamo però al discorso dello scopo e, per farlo, prendiamo una delle cose che più fa arrabbiare le donne (pur interessando anche gli uomini): avere le cosce grosse.

GUARDA QUI… CHE BRUTTO… CHE ODIO…

Ebbene, come avevo già spiegato qui https://prositvita.wordpress.com/2016/07/13/il-potere-e-nelle-cosce/ le cosce, rappresentano il proprio potere. Il potere di affrontare un pericolo o un nemico.

Sono la parte muscolare sulla quale facciamo forza quando ci accingiamo ad affrontare qualcosa nella vita. I muscoli delle cosce ci aiutano a darci lo slancio, la spinta, ma anche a non vacillare e non indietreggiare. Ci servono per non cedere.

Ora, se il mio scopo è quello di fronteggiare diverse difficoltà nella mia esistenza, oppure ho un carattere forte e un carisma significativo grazie ai quali posso combattere o dominare diversi scomodi eventi, e magari divenire un buon leader per molti o un boss giusto, non posso e non devo avere cosce gracili e piccoline! Ho bisogno che il mio corpo possa seguire le mie intenzioni. Devo poter contare su di lui, senza dover modificare la mia natura intrinseca.

Altro esempio: le mie dita corte e tozze forse non le apprezzo ma se il mio talento è quello di creare determinati oggetti, oppure devo riuscire a “prendere” la vita in un certo modo per sconfiggere certi nemici, non posso avere dita affusolate. Mi servono strumenti forti. Le dita rappresentano i dettagli e le sfumature del modo in cui io vivo la mia quotidianità. Come svolgo quel lavoro, quanta enfasi ci metto, quanta attenzione, quanta responsabilità. In base a ciò che sono avrò dita adatte.

La stessa cosa vale per la voce. La voce è anch’essa uno strumento. C’è chi con la voce deve raccontare fiabe che portano a sognare, chi deve guidare gli altri, chi deve imparare a tacere, chi deve incuriosire, chi deve cantare, chi saper sussurrare… tutti questi sono talenti.

PERCHE’ SEI FATTO COSI’?

Purtroppo ci impuntiamo spesso nella vita a voler cantare senza comprendere che la nostra missione, invece, è quella di “avvertire” vista la voce che abbiamo e che magari ha un timbro possente. Potremmo essere abili “sentinelle” viste da un punto metaforico dell’esistenza.

Ri-purtroppo non accettiamo di avere quel fisico. Quelle mani, quei piedi, quelle ginocchia troppo paffute, quelle  caviglie troppo grosse. Quanti uomini si lamentano con la propria compagna indicandole caviglie poco sottili e quindi poco sensuali. Mica pensano che hanno davanti una donna, capace di accettare un cambiamento, forte, che non si butta giù per le pieghe che prende la vita. Capace di sostenere il proprio uomo. Naturalmente può non essere così ma, di norma, chi ha caviglie ben solide, riesce ad andare avanti nella vita attraversando anche tempeste.

Ok, ma torniamo a noi che non vorrei addosso l’ira di qualche maschietto amante delle caviglie sottili. La cosa grave è che le trasformiamo persino certe qualità, attraverso la chirurgia estetica o diete severe senza capire che, così facendo, quella parte di corpo diversa, non potrà più rispondere alla nostra natura. Sarà forzata, impoverita, stonata. Non sono contraria, a prescindere, alla chirurgia plastica dico solo che bisognerebbe valutare altro oltre all’apparenza.

Il nostro corpo è la splendida rappresentazione di una meraviglia. Alto, basso, magro, grasso, spesso,esile… la sua bellezza risiede anche nell’essere così vario perché, al mondo e dentro l’umanità tutta, c’è bisogno di ogni talento. I talenti sono tantissimi e la vita ce li dona tutti attraverso noi stessi e gli altri.

Impariamo a decodificare lo splendido corpo che abbiamo. Impariamo a comprendere che non è una scatola ma la pregiata pergamena da tradurre di un popolo antico. Una pergamena che contiene molti segreti.

Prosit!

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Orecchie a sventola: io dono ma tu guardami

OLTRE LE VALUTAZIONI

Sono parecchie le persone, bambini compresi, con le orecchie a sventola. Una caratteristica che dice tanto di una persona e che racchiude, in sé, indizi di ricchezza. Personalmente la trovo una caratteristica che sa di tenerezza ma questo è un gusto che appartiene a me e non ha nulla a che vedere con l’articolo. La società, però, ha deciso di giudicare negativamente questa qualità e molti decidono quindi di intervenire chirurgicamente per ottenere i canoni che la nostra cultura vuole.

Chi ha le orecchie a sventola è destinato ad essere preso in giro, considerato ridicolo, bruttino e disarmonico, laddove si osserva solo la confezione e non si riesce ad osservare un corpo come un traduttore di messaggi importanti. Capelli e cappelli diventano quindi i migliori amici per nascondere quello che viene considerato un – difetto – peraltro molto evidente e, si soffoca così, inconsciamente, anche una natura splendida.

Premetto che la fisiognomica non può essere presa singolarmente. Un viso lo si deve guardare nel suo insieme ma si può comunque provare a dare nozioni inerenti ad un carattere fisiognomico molto accentuato.

UN ESSERE PIENO DI VIRTU’

Detto questo, e tornando al discorso della splendida natura chiusa in quelle orecchie, “sgradevoli alla vista” della maggior parte delle persone, bisogna proprio ammettere che chi ha le orecchie a sventola è un individuo ricco di virtù.

La sua più grande dote è quella della generosità, anche se purtroppo può essere difficile da vedere il suo altruismo a causa della riservatezza nella quale questa persona viene obbligata poi a cadere, per non essere additata. È generosa e si interessa del bisogno degli altri.

La forma delle sue orecchie serve a trasformare queste parti del corpo in vere e proprie antenne, perché è interessata a capire se qualcuno può aver bisogno, per poterlo così aiutare velocemente. Cerca di captare se ci può essere necessità di un suo intervento, negli eventi della vita che le scorrono attorno, e prestare così il suo operato.

Queste “antenne”, però, hanno anche il compito di avvisarla in caso di pericolo. Le persone che hanno le orecchie a sventola sono sensibili e quindi si sentono facilmente attaccabili e vulnerabili. Non hanno una forte corazza, non vogliono o non vorrebbero averla, visto che il loro intento è quello di unirsi agli altri ma, rendendosi conto di essere quindi più attaccabili, hanno bisogno di sentire un eventuale pericolo arrivare da lontano. Come se le orecchie, per loro, fossero un radar.

UN CARATTERE E UN CORPO

Per questo, io personalmente, sono contraria alla chirurgia in questo tema. Il corpo e la psiche sono un tutt’uno. Se si ha un determinato temperamento, o carattere, è anche giusto avere gli strumenti di difesa e di allerta più adatti. Ognuno nasce perfetto con un corpo adatto all’evoluzione che la sua anima deve compiere.

Si parla quindi di persone timorose che vivono nella paura di essere traditi, di ricevere del male ma, nonostante tutto, propensi ad avvicinarsi al prossimo e accoglierlo.

A me, tutto questo, sembra un nobile atteggiamento e per il soggetto in questione è sicuramente un’evoluzione che deve compiere nella sua vita attraverso la consapevolezza.

Costui è anche un soggetto ben poco aggressivo ma ha un grande bisogno di essere visto. Bisogno di essere riconosciuto. Bisogno di valere, di essere amato, in pratica, per quello che è.

Un difetto? A volte può sembrare un saputello. Deve pur celarsi dietro a qualcosa, scegliendo sovente l’istruzione come arma per incantare o zittire l’”avversario”.

SIAMO ESSERI LIBERI

Ama smisuratamente la libertà propria e degli altri. Difficilmente giudica e, spesso, può ambire così tanto al suo essere libero da sembrare irresponsabile e superficiale. Occorre poi anche vedere come il contesto familiare o sociale lo hanno educato, plasmato, modellato, ma la sua natura è questa descritta. Non capisce infatti come sia possibile che, molte persone, siano attaccate al giudizio negativo delle sue orecchie anziché vivere facendosi i cavoli propri.

È assai difficile andare contro il giudizio degli altri e sentirsi superiori per come si è ma penso sia utile insegnare ad un figlio ad essere forte e rimanere se stesso prima di acconsentire debolmente alla modificazione di una parte del corpo. Gli amici dovrebbero ritenersi fortunati nell’avere al proprio fianco quello che nominano “Dumbo”, perché hanno un tesoro che difficilmente li abbandonerà nella vita. E poi, Dumbo, era o non era dolcissimo? Ci sono le eccezioni naturalmente. Ho conosciuto gente con le orecchie a sventola antipatiche a dismisura.

Non vergognarti delle tue orecchie, sfoderale come se fossero le ali di una farfalla. E, se ti deridono dicendoti che spicchi il volo, rispondi che tutti dovremmo spiccare il volo anziché stare attanagliati a questa realtà come schiavi debosciati, e tu puoi farlo più facilmente.

Prosit!

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Quella macchia in mezzo alla fronte – la Rabbia

LA RABBIA APPARE

Sono cresciuta con una zia anziana che adoravo e anche lei mi amava moltissimo. Con me era molto buona ma devo riconoscere che, con il resto della famiglia, si comportava come un Gendarme. Aiutava tutti, sia materialmente che no, ma allo stesso tempo, gli altri dovevano fare come decideva lei. Era saggia e istruita. I suoi consigli erano sempre efficaci. Era anche benestante. Queste qualità le conferivano un potere che da una parte tornava utile ma, dall’altra, tarpava le ali alla libertà altrui.

Un qualcosa che lei riteneva pericoloso non lo si doveva fare e, se si decideva di farlo ugualmente, o lo si faceva a sua insaputa, di nascosto, o lei si impuntava e si arrabbiava moltissimo. La rabbia appunto. La vera protagonista di questo articolo.

IL ROSSORE TRADITORE

Dovete sapere che, questa mia zia, aveva una particolare caratteristica fisica. Ogni volta che si arrabbiava seriamente, una macchia rossa appariva in mezzo alle sue sopracciglia e perdurava per giorni e giorni.

Il muscolo frontale che si trova in mezzo alle sopracciglia, il punto che gli spirituali indicano come terzo occhio, si chiama procero e corrisponde al Fegato. Il Fegato è l’organo in cui ha sede l’emozione Rabbia.

La cosa più curiosa, e collegata a tutto questo, però è un’altra. Ogni volta che io e mia mamma (più lei di me che la conosceva da più tempo) vedevamo spuntare questo rossore sulla sua fronte, sapevamo che qualcosa l’aveva fatta arrabbiare, ma soprattutto sapevamo che, dopo quel rossore, sarebbe arrivato qualcosa di più grave. Ormai era ovvio.

Alla cara zia, infatti, o veniva la febbre (calore – rabbia) o veniva un infiammazione (calore/rossore – rabbia) o un’infezione da qualche parte (calore/rossore/putrefazione – rabbia).

E una volta il fuoco di Sant’Antonio, e un’altra volta si feriva e la ferita poi si infettava, e poi ancora si scottava con l’acqua bollente… insomma, ogni volta, qualcosa indicava la sua collera. Fisicamente. Dopo l’avvenimento psicologico.

Una volta guarita, la macchia spariva e la sua fronte tornava ad essere del classico color pelle come il resto del viso.

SIAMO TANTI CORPI IN UNO

Non potevano essere sempre coincidenze visto che per tutta la sua vita (90 anni) accadde così.

Quale spiegazione può esserci? Non voglio convincere nessuno ma, secondo me, pare proprio ci sia un significativo rapporto corpo-mente-emozione. Siamo un tutt’uno infatti. Come dico sempre.

Occorre tener da conto vari fattori: l’alimentazione, lo stile di vita, i geni ma occorre anche aprire le vedute e guardare qualcosa di ancora più ampio. A proposito di geni… nessuno in famiglia, neanche i suoi genitori, hanno mai sofferto della stessa cosa. Lei era l’unica alla quale accadeva quello.

Non per niente era l’unica a “comandare” tutti. Comandava anche sua mamma e suo papà. Lei era infermiera, nessun altro in famiglia lo era. Un tempo le infermiere facevano di tutto, non era come adesso. Vi sto parlando degli anni ’30/’40/’50. Passavano dal lavare i pavimenti, al passare i ferri in sala operatoria e quindi, a stretto contatto con i medici, ne sapevano parecchio sulla salute e la medicina. Perciò, in casa, chi stava male, si rivolgeva a lei ricevendo le sue amorevoli cure e, anche i suoi genitori, sempre più anziani, dipendevano in qualche modo da quella figlia che poteva dar loro sollievo in caso di bisogno.

Questo sempre per dirvi che era lei ad avere il controllo su tutto e sentendosi responsabile di ogni cosa e di ogni individuo, come ho detto, si inalberava se non si obbediva. In fondo, aveva paura che facendo l’inverso di quello che lei ordinava poteva accadere qualcosa di grave a chi voleva bene e reagiva con l’ira.

LA GRINTA CHE NON TI FA CEDERE

La rabbia era una sua amica anche vista come “rabbia energetica” nel senso di “grinta”. Era infatti una donna molto energica. Si alzava tutte le mattine alle 5 e, alle 8, c’era già il pranzo pronto e le faccende di casa fatte. Impastava ogni giorno. Accudiva i nipoti, lavorava, andava a fare commissioni per gli altri, aiutava nella parrocchia, curava i suoi, la casa, il marito, insomma non stava ferma un attimo.

Era la più grande di sei figli e, fin da piccola, fece da mamma a tutti mentre i genitori lavoravano. Visse le due Guerre Mondiali e non si fece mai mettere i piedi in testa da nessuno. Una bella tempra. Una vita accompagnata da questa rabbia-grinta.

Ogni manifestazione cutanea che sorge in mezzo alle sopracciglia: secchezza, macchie, eccesso di sebo, rughe profonde, brufoli, etc… indica un messaggio da parte del nostro Fegato. Può sentirsi appesantito da un’alimentazione troppo grassa o ha bisogno di ripulirsi per i troppi prodotti di origine animale che mangiamo (non va mai bene eccedere) ma potrebbe anche comunicare una rabbia, magari celata o latente, in noi. Potete provare a farci caso.

Prosit!

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Ipotiroidismo e Ipertiroidismo: lo scoraggiamento e il mostrarsi

Dopo aver scritto l’articolo sulla Tiroide, subito prima di questo, intitolato “La Tiroide: ghiandola del volere”, mi sembra giusto definire anche due dei disturbi più comuni del malfunzionamento di questa ghiandola che sono l’Ipotiroidismo e l’Ipertiroidismo entrambi atti a manifestare, comunque, un disequilibrio della nostra energia come avevo spiegato della Tiroide stessa. Ma cercherò, in questo articolo, di essere più precisa.

L’Ipotiroidismo si ha quando la Tiroide funziona lentamente, in modo affaticato, come ad essere “bloccata”, senza poter palesare tutte le sue capacità. Sembra frustrata, e frustrata, lo è anche la persona che soffre di questo disturbo. Si tratta infatti di un individuo scontento della propria vita, convinto di non essere stato incompreso e di avere il cuore calpestato dagli altri che lo hanno schiacciato: o per negligenza, o senza pietà. L’Ipotiroidismo ci fa sentire letteralmente depressi. Una tristezza di fondo ci accompagna costantemente, abbiamo voglia di piangere spesso, siamo avviliti e scoraggiati. Abbiamo l’impressione che il mondo ci sia contro e una pesantezza sulla parte alta del costato non vuole proprio andare via. Come a non riuscire a fare un bel respiro di sollievo ad ampi polmoni. Ovviamente tutto questo è su diversi livelli, da soggetto a soggetto. Fisicamente, invece, potremmo avere mani e piedi freddi e dal colore che tende lievemente al violaceo, la pelle del viso troppo morbida e troppo rilassata, le labbra piegano leggermente all’ingiù così come la coda degli occhi, capelli sfibrati e radi, senso di stanchezza costante e insonnia. Vivere sembra quasi una fatica e, in questa esistenza, ci portiamo dentro un segreto che ci fa male e che non siamo riusciti a staccare da noi attraverso il perdono. Si può essere aggressivi, nervosi o impauriti sentendosi impotenti.

L’Ipertiroidismo invece si ha quando la Tiroide funziona in modo accelerato come se il suo operato non bastasse mai. Occorre fare e fare, e dare e dare per poter così essere visti, ascoltati, amati. Presenti come il prezzemolo, assicurandosi il riconoscimento. La persona affetta da Ipertiroidismo potrà quindi soffrire di sudorazione eccessiva, avere un metabolismo troppo accelerato, i nervi tesi, patira’ il caldo e i suoi vasi sanguigni saranno dilatati presentando una pelle rubiconda e con troppa acqua al suo interno (edema) apparendo come gonfia. Questo individuo sarà stressato; il procero, il muscolo frontale situato in mezzo alle sopracciglia, sarà sempre stropicciato come quando ci si concentra e può essere delineato da due solchi in stretta corrispondenza con il Fegato sede dell’emozione rabbia. Si parla infatti di una persona “calda” nel senso di energica o addirittura irosa. Aggressiva, sempre attenta, con la paura di farsi cogliere impreparata dalla vita. Attenzione però perché anche tutto questo è creazione della tristezza. La voglia di farcela, di dimostrare che siamo all’altezza, il bisogno di vendetta nei confronti del mondo o altre cose simili, celate nel nostro profondo, che probabilmente neanche vediamo, sono comunque figlie di uno stato di disagio e desolazione. Accade solo che la reazione è diversa da un individuo che appare più demoralizzato a quello che invece sembra più grintoso. I suoi occhi, infine, possono essere sporgenti.

Queste sono le differenze principali tra Ipotiroidismo e Ipertiroidismo ma, come possiamo vedere, sono due fratelli, figli della stessa madre: la tristezza.

Una tristezza che disequilibria il fluire dell’energia dentro di noi. Che non permette un flusso armonico in noi, ne’ dal punto di vista psicologico e neanche biologico, linfatico e sanguigno.

Al nostro interno ci sono blocchi, deviazioni, accelerazioni, ristagni, scivolate… scompigli che non ci permettono di vivere in pace e serenamente. O siamo come delle vittime, o siamo sempre in guerra.

Si nota chiaramente ancora il disequilibrio.

In breve:

Ipotiroidismo – cosa davvero ti avvilisce, ti lacera dentro?

Ipertiroidismo – cosa devi mostrare a te stesso o agli altri e perché?

Provando a rispondere a queste domande puoi trovare delle risposte e far chiarezza su una parte che ti appartiene ma non conosci e che però sta governando la tua natura e la tua vita. Una curiosità da sapere, che può confondere ma serve, è che molte volte l’Ipertiroidismo, con l’andar del tempo, si trasforma in Ipotiroidismo, un po’ come a dire, banalmente, – Non ce la faccio più, sono stanco di tutto questo -.

Ricorda inoltre che chi soffre di questi disturbi, sia di uno che dell’altro, è una persona che giudica molto a partire dal giudicare se stesso e poi ovviamente gli altri, la vita che conduce e ciò che le è accaduto.

Prosit!

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La Tiroide: ghiandola del volere

LA TUA OPINIONE CONTA POCO

Nella vita ti hanno in qualche modo fatto sentire inutile? Ti hanno zittito, bloccato, impedito? Ti hanno messo all’angolo facendoti capire che era meglio tu stessi muto e buono, oppure ti hanno persino molestato sessualmente obbligandoti a tacere. Ti sei sentito inferiore? Con problemi che gli altri non avevano? Ti sei sentito escluso?

Se ti è accaduto uno o più esempi di quelli che ho riportato, è facile che oggi tu abbia problemi alla Tiroide, la ghiandola dell’equilibrio, perché non hai saputo agire di dovere a questi affronti. Non è un problema, puoi sempre rimediare. Dove non è riuscito ad uscire il tuo Essere, in modo equo, hai messo delle toppe che però, a lungo andare, hanno nuociuto al tuo benessere. Il tuo Essere ha dovuto nascondersi, accettare di buon grado, soffocare la propria natura, per restare vivo in questo mondo. O si è dibattuto, fuoriuscendo feroce, sentendosi comunque sempre sottomesso. Ma se vuoi essere davvero te stesso puoi farlo, e dovresti. Per questo la chiamo “la ghiandola del volere” più che dell’equilibrio, pur essendo amministratrice dell’armonia che scorre in noi.

La Tiroide, situata nel centro della gola, è la ghiandola endocrina che secerne diversi ormoni fondamentali per il nostro corpo e il nostro stato di salute e si occupa di controllare la nostra crescita, la nostra temperatura, il nostro metabolismo, insomma, funzioni vitali assai importanti. Amministra il flusso energetico dell’individuo, per questo è bene che sia tutto equilibrato.

LA TRISTEZZA SI DEPOSITA SUL FONDO

Ma… quando qualcosa, nella nostra vita, a livello intrinseco, non funziona come dovrebbe, non facendoci esprimere la nostra vera personalità, chiudendoci in un angolo, la Tiroide inizia a dare problemi. Parlo al presente perché, tutto quello che ho elencato a inizio post, ha creato dei traumi dentro di te anche se forse non lo sai. Questi traumi, se non elaborati o trasmutati, in te esistono ancora e ti fanno essere quello che sei, ossia, una persona che probabilmente non viene più maltrattata ma cela in se stessa una tristezza di fondo, attendendo con brama di sentire dentro la vera e pura felicità. Come a chiedersi – Quando toccherà a me sentirmi pieno di gioia? -, – Quando potrò sentirmi totalmente soddisfatto e appagato nel mio profondo più intimo? -.

Il potere della parola, delle azioni e del nostro manifestarci verso gli altri risiede proprio nella Tiroide. Quanto reprimi quello che realmente vorresti dire o fare? Quante volte dai per scontato che tanto nessuno ti ascolterebbe? O, quante volte, attacchi per difenderti, convinto che altrimenti verrai ammazzato in partenza? Continuando a concimare questi pensieri che ti hanno inculcato, o che hai scelto come escamotage, stai atrofizzando la tua Tiroide che non può lavorare bene se asciutta e inaridita.

Lo so che eviti molte cose per non creare problemi o per assicurarti di essere così amato, o ancora per dominare ed essere obbedito ma, a questa maniera, soffre la tua Tiroide che è situata nella gola e riporta anche tutti i problemi del caso che spesso ho scritto (gola, collo, cervicali, etc…).

MIRA EL DITO

Un malfunzionamento della Tiroide lo si può notare anche alla base dell’unghia dell’alluce. Se questa zona presenta una macchia violacea, soprattutto se cerchiamo di inarcare il dito all’insù tirandolo con l’indice della mano, significa che la nostra ghiandola non è in perfetta forma. Magari è solo affaticata e appesantita. Per liberarla, e farla stare meglio, occorre provare ad essere realmente se stessi. Lasciandosi andare in quello che vorremmo dire o fare, a costo di mettere in evidenza difetti insopportabili che ci appartengono.

Così facendo rischiamo di andare a peccare dall’altra parte, dopo anni di silenzio, ma sarà anche un utile modo per trovare il nostro vero equilibrio. Dobbiamo invece darci una calmata, se siamo troppo aggressivi, e qui rischiamo invece di perdere il potere ma, ben venga, tanto è solo un potere fasullo, che ci siamo inventati per non soccombere, ma figlio di una svalutazione nei nostri confronti.

Chiediti cosa vuoi davvero e cerca di ottenerlo attraverso la voce e l’azione. È proprio del tuo volere che stiamo parlando! Liberati. Esprimiti.

Solitamente, chi ha problemi alla Tiroide reagisce in tre modi:

– non reagisce, soffocando tutto

– non reagisce per molte volte, poi sbotta in un modo assurdo

– reagisce sempre in modo esageratamente aggressivo

In nessuno dei tre casi, c’è equilibrio. Se tu invece impari ad agire in modo schietto e sereno, ogni volta, con assertività, il tuo modo di fare sarà più equilibrato.

SONO MEGLIO DI QUELLO CHE PENSATE (O CHE PENSO)

Magari hai solo voglia di considerarti migliore ma ti hanno insegnato che non vali poi molto e quindi ti accontenti di essere quello che sei senza neanche osarti di pensare al meglio per te.

Intanto però, nel tuo intimo segreto, qualcosa ti dice che in realtà non ti hanno mai capito, se non sono stati in grado di scorgere tanta bellezza, e questa lotta interna di voci ti opprime. A volte è la rabbia che prevale e non vuoi più parlare con nessuno. Altre volte la delusione di non essere piaciuto per come eri. Altre volte il fastidio, perché potevano quanto meno impegnarsi un po’ di più visto che non hai chiesto tu di venire al mondo.

Oh beh… in realtà lo hai chiesto eccome, e lo hai anche voluto, come spirito e prima di diventare corpo. E se oggi ti senti così schiacciato, forse sei voluto arrivare a questa esistenza proprio per sconfiggere questo tuo – non sentirti e non comportarti da essere divino quale in verità sei -. La tua Tiroide te lo sta dicendo. Permetti al tuo vero essere di uscire, non tenerti tutti questi “nodi in gola”.

Ogni facoltà inespressa genera un desiderio frustrato che scalpita nel tentativo di entrare in azione. Lo sai che la Tiroide ha la forma di una farfalla? E la farfalla è da sempre simbolo indiscusso di “rinascita”. Mi sembra che il messaggio sia chiaro. Ridona alle sue ali la polverina magica che le permette di volare e spicca il volo!

Lo so che vorresti anche leggere di Ipotiroidismo e Ipertiroidismo ma, per questo, dovrai aspettare il prossimo articolo. Intanto hai già il tuo bel da fare direi.

Prosit!

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Dopo i traumi, la malattia – l’Urlo dell’Anima

NON C’E’ PEGGIOR SORDO…

É normale urlare con i sordi. Urliamo verso chi non sente con la nostra parte fisica e urliamo verso il nostro corpo con la parte animica. In modo differente, ma il principio è lo stesso. Perché a volte siamo sordi anche noi, molto più di chi ha seriamente perso l’udito e, come dice un vecchio proverbio – Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire -.

Noi siamo fisico, anima e spirito. L’anima è quella parte di noi che ci comunica la volontà dello spirito ma noi non comprendiamo praticamente mai, per questo deve gridare. É il messaggero della coscienza. É sbagliato dire – Ho un’anima -. Io sono anima. Sono anche anima, non ho un anima. Ma ci sono parti di noi che non vediamo, non sentiamo, non percepiamo. Non sappiamo tutto ciò che pensa la nostra mente, non conosciamo tutto quello che vive il nostro corpo e non capiamo nulla di Sé Superiore o di anima ma tutto è collegato nel formare la splendida creazione che siamo. O, più che creazione, sarebbe meglio dire “emanazione“. Siamo un’emanzione di Dio, inteso come Energia Cosmica, una sua diffusione.

Essendo il tramite, tra l’Io Superior e ciò che crediamo essere, l’anima, come dicevo, prova a parlarci, prova a dirci cosa siamo realmente e lo fa anche quando viviamo situazioni che a noi sembrano difficili prove da superare.

Non riusciamo ad ascoltare la sua voce, ossia, non riusciamo a vedere oltre il Velo di Maya, una nebbia che abbiamo davanti agli occhi e che non ci permette di osservare e comprendere la perfezione divina anche là, dove noi vediamo solo drammi e tragedie. Ogni dramma e ogni tragedia altro non è che la rivisitazione di un trauma che ci portiamo dentro da quando siamo nati.

IL PRIMO IMPORTANTE ANNO

All’incirca durante il primo anno di vita subiamo tutti i traumi che ci porteremo poi avanti per tutta l’esistenza se non elaborati. Questo non vuol dire che durante il primo anno di vita veniamo per forza violentati o dimenticati o abbandonati o derisi come s’intende, ma significa che viviamo le basi emozionali di quelli che sono i primi gradini del trauma. Di tutti i traumi. Sì, anche forme di violenze o abbandono o derisione, in base a come noi li percepiamo.

Per capirci, se oggi soffri perché il partner ti abbandona, è perché durante il primo periodo dopo la tua nascita hai vissuto un evento che ti ha creato dentro lo spavento o l’angoscia dell’abbandono. Tale spavento o tale angoscia, non “curati”, sono aumentati sempre di più in te, formando, ad esempio, il bisogno dell’attaccamento a cose, persone, luoghi, ricordi. Tutto ciò che riesce a non farti sentire solo. Non curato, quel primo accenno di abbandono, che ai tempi ti ha visto soltanto piangere per cinque minuti, oggi è invece fonte di grande tristezza, paura, delusione, frustrazione perché è cresciuto anche lui, assieme a te, quanto te.

Di traumi ne subiamo mille e più di mille. Alcuni si coagulano in noi, altri no, in base agli eventi che viviamo e, più spiritualmente, in base al percorso che dobbiamo compiere e all’evoluzione della nostra anima. Ogni volta quindi che ci assoggettiamo, magari senza rendercene conto, ad uno di questi traumi in modo emozionale, è come se formassimo una ferita nel nostro organismo.

Ogni volta che, anziché evolvere, al fine di vivere liberi e come esseri divini e potenti, continuiamo emozionalmente a reagire allo stesso modo, creiamo un danno fisico. Fisico perché, come dicevo prima, siamo un tutt’uno. Questo danno, se continua in quel punto, un po’ come girare il coltello nella stessa piaga, diventa sempre più grande fino a divenire una malattia. Come malattia intendo ogni tipo di malessere fisico.

TRAUMA DOPO TRAUMA ARRIVA LA MALATTIA

Se abbiamo paura del giudizio degli altri e non ascoltiamo la voce dell’anima, che invece vorrebbe vivessimo senza questa spada di Damocle addosso, a lungo andare, formeremo un malessere al nostro corpo. I malesseri possono essere tanti, di vario tipo e di varia natura ma, a formarli, sono sempre le emozioni negative che proviamo. É come se avvelenassimo il nostro corpo. Dopo una certa dose di veleno, ecco che il nostro corpo inizia a risentirne e, da qui, la nascita del problema. Un dolore, un malanno, una botta, un inestetismo, una patologia… tutti sono il risultato delle emozioni che abbiamo provato perché non abbiamo ascoltato l’anima e non ci siamo fidati di lei nonostante le sue urla. La tossicità emozionale diventa fisica come un messaggio neuronale che da elettrico, per arrivare al cervello dopo aver ricevuto l’input, diventa chimico e cioè tangibile. Concreto.

Prendersela con quella malattia e con quelle urla è come prendersela con uno che sta alzando il volume della voce per farsi sentire da te che sei sordo.

Questa è la malattia. Il sintomo è un messaggio. La ripercussione sul fisico avviene perché, come ripeto, tutte le parti dalle quali siamo composti, sono collegate e comunicano tra loro.

Se imparassimo ad ascoltare l’anima, fin dai suoi primi sussurri, non dovrebbe gridare. È molto difficile ma, proprio grazie al collegamento anima-corpo, è in realtà possibile. Riuscendoci, non solo smetteremmo di soffrire fisicamente ma potremmo anche scoprire tutte le cose belle che ci attendono e afferrarle.

Prosit!

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L’Ernia, una simpatica Rottenmeier

TI STARO’ SEMPRE VICINA

Conoscerete tutti la Signorina Rottenmeier severa e bisbetica istruttrice di Clara nella favola di Heidi. Con lei non potevi sgarrare. Esigeva rigore e disciplina sempre. Ebbene, la mia cara amica Ernia, ho deciso di soprannominarla simpaticamente proprio come lei perché ha il suo stesso modo di fare, pur essendo meno apprensiva. E’ anche un po’ permalosa, ma non diteglielo. In pratica non posso sgarrare nemmeno io, ma non crediate voglia impedirmi qualche movimento. Io posso fare qualsiasi cosa tranne che… svalutarmi.

Voglio raccontarvi bene tutto e riprendo anche il discorso della mia Ernia Discale se qualcuno ancora non lo conoscesse, anche se consiglio, per comprendere il tema di oggi, di leggere nell’ordine questi miei 4 articoli dal primo al quarto:

1 – https://prositvita.wordpress.com/2016/07/20/ernia-discale-unica-soluzione-intervento-chirurgico-ma-forse-ci-sono-altri-rimedi-parte-1/

2 – https://prositvita.wordpress.com/2016/07/22/ernia-discale-unica-soluzione-intervento-chirurgico-ma-forse-ci-sono-altri-rimedi-parte-2/

3 – https://prositvita.wordpress.com/2016/07/25/ernia-discale-unica-soluzione-intervento-chirurgico-ma-forse-ci-sono-altri-rimedi-parte-3/

4 – https://prositvita.wordpress.com/2016/07/27/ernia-discale-unica-soluzione-intervento-chirurgico-ma-forse-ci-sono-altri-rimedi-parte-4/

Lo so, sono tanti, ma la mia avventura con Ernia non è stata breve. Come saprete, o come leggerete, ho evitato l’intervento, ho riacquisito sensibilità alla gamba e, soprattutto, ho eliminato quel terrificante dolore che non auguro a nessuno.

Vi dissi anche che, Ernia, divenne la mia migliore amica, un’amica che non approva il mio sminuirmi, e che rimase lì, con il muso al davanzale, pronta ad affacciarsi se fossi venuta meno al suo insegnamento. E… beh, ogni tanto mi capita ancora di disobbedire.

COME SI PUO’ NON VOLERLE BENE?

A distanza di quattro anni, però, posso dire di essere stata abbastanza brava visto che, al massimo, la sento un po’ nervosa predicarmi una romanzina ma niente di più. Praticamente, inizio a percepire il dolore ma è un male sopportabile che non m’impedisce ne il lavoro, ne’ il movimento, ne’ il divertimento, solo mi suggerisce di fare attenzione.

Sono state rare le volte in cui mi sono dovuta coricare per riposare la schiena e alleviare un dolore leggermente più forte. Un dolore che, vi assicuro, è molto affettuoso e al quale voglio bene. Mi prenderete per pazza, lo so, ma fatemi spiegare.

Essendo lieve, e solo di avvertimento, non gli ho permesso di sfociare in qualcosa di più grande e non gliel’ho permesso perché capivo subito che cosa voleva dirmi. Traducevo prontamente il suo messaggio. Mi accorsi addirittura che, le ultime volte, riuscivo persino ad anticiparlo. Ormai era partito, doveva arrivare, io mi ero deprezzata e sottostimata, ma era così leggero da considerarsi solo un indolenzimento, non faceva neanche male.

In pratica, il suo messaggio, era lo stesso di sempre – Meg? Ti stai sottovalutando per caso? Ho capito bene? -.

Mannaggia! Purtroppo, anche senza farlo apposta, mi succedeva. Non me ne rendevo conto! Se ad esempio qualcuno decideva al posto mio, e io per il quieto vivere non dicevo nulla, secondo la mia natura quello equivaleva al – farsi schiacciare – e, Ernia, rispondendo prontamente alla mia natura/anima, si sporgeva subito dal davanzale facendosi sentire.

RICORDATI CHE IO SONO QUI

Il brutto era che non potevo neanche fingere. Come potevo nascondere qualcosa che era dentro di me a qualcos’altro che era dentro di me anch’esso? Provavo a edulcorare la reazione che l’aveva fatta arrabbiare, ma quando si impunta non vuole sentire ragioni.

Se mi facevo buttare giù dalla preoccupazione di una grossa spesa, o dal giudizio degli altri, o da un inganno ricevuto e così via, era come dire – Io sono una schiava, l’esterno fa di me quello che vuole perché io non valgo niente e non ho potere – e lei non mi perdonava.

Davanti a niente e a nessuno dovevo abdicare perché lei voleva io mi ritenessi speciale, potente, divina, grandiosa. Fintanto che mi comportavo in questo modo, con la certezza del “io valgo“, lei se ne stava buona buona in disparte, senza infastidirmi, e io potevo anche fare la trapezista bulgara in un circo da tanto che stavo bene ma… appena sbagliavo… zack! Eccola lì a gridare – Misericordia! – proprio come la dispotica zittella di Heidi – Devo intervenire! -.

No no no! Ho capito, ho capito. Ti giuro che ho capito e hai ragione. Hai tuuuuutte le ragioni del mondo ma è stato solo un attimo, non lo farò mai più – mi prestavo velocemente a dire ma, lei, con fare sussiegoso, mi rispondeva – Questa nenia l’ho già sentita altre volte, vuoi di nuovo stare immobile due mesi in un letto Meg? Sai che posso farlo se voglio

Dai Ernia bella no… ti dico che hai ragione, sono pentitissima, non me ne sono accorta davvero! Senti, la cosa principale è che io l’ho notato no?

No – diceva imperativa.

Ok, vi sembrero’ ancora più pazza che a inizio articolo ma, questi, sono i nostri discorsi ogni volta che la Rottenmeier bussa alla porta e poi entra (senza aspettare che sia io a farla accomodare, eh).

Visto che questa volta ti sei almeno ripresa in tempo, sarò lieve e garbata, ma ti darò comunque fastidio almeno due giorni, tanto da farti ricordare che ci sono – mi avvisava

Mpf! So benissimo che ci sei e non te ne vai

Me ne andrò via, del tutto, solo quando imparerai ad amarti sopra ogni cosa e ti renderai conto di essere speciale. Quindi penso proprio che staremo insieme ancora parecchio

Come sei… sono migliorata molto – mi arruffianavo

Devo ammettere di sì, infatti non posso farti male più di tanto, solo disturbarti un pochino, ma voglio che migliori ancora di più

Ci proverò, promesso

Conviene a te -. Terminava sempre così il discorso.

IO MI AMO E MI RISPETTO

E così, eccomi qui, oggi, a distanza di quel tempo, con una schiena perfetta che, solo ogni tanto, mi fa sentire una leggera punturina. Proprio come a dire – Sono qui! Non lo scordare! -.

Ma io sono contenta, altrimenti non porrei attenzione a come affronto il mondo e non mi ricorderei, ogni istante, di rispettarmi e amarmi sopra tutto.

È un percorso lungo e difficile ma che non ho intenzione di abbandonare e, dopo i grandi passi che ho fatto, affiancata da questa mia stramba amica che so volermi bene, ho voglia di farne ancora di più. Non finirò mai di ringraziarla!

Adesso, se qualcuno prova a farmi sentire inferiore, non glielo permetto. Se qualcuno pretende da me un qualcosa che non voglio dare, rispondo negativamente. Se qualcuno non vuole star bene, non consumo più le mie energie per lui. Se qualcuno mi giudica, o mi mente, o si lamenta con me, come se io fossi il suo bidone dell’immondizia, cerco di andare sempre avanti a testa alta, felice e con leggerezza. Ma, soprattutto, mi autocomplimento con me stessa, cerco di essere fiera di quello che faccio e provo a creare armonia. Una volta non riuscivo mai a fare tutto questo, ora ce la sto facendo anche se posso fare molto di più.

Negli articoli che ti consiglio di leggere trovi anche il messaggio psicosomatico dell’Ernia, quello che devi imparare a tradurre, se soffri di Ernie alla schiena e non sai come fare a liberartene.

Prosit!

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