Il Potere è nelle Cosce

Che titolo hot vero? Ma è proprio così!

Come avevo anticipato sulla mia pagina FaceBook qualche giorno fa, voglio parlarvi di una parte del corpo spesso sottovalutata ma, come tutto il resto, anch’essa molto importante. Mi riferisco appunto alle cosce prese sovente in considerazione solo per farle dimagrire, per tonificarle o per ungerle con qualche miracoloso cosmetico.

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Nonostante siano parti del corpo fondamentali sia per i maschi che per le femmine, in questo post, mi rivolgo principalmente alle donne, sia giovani che no, perché avendo ultimamente passato due intere giornate al mare ho potuto notare come, la maggioranza del sesso femminile, abbia queste zone molto sviluppate, più grandi del normale, sproporzionate quindi al resto del corpo. Non parlo dell’essere grasse ma di una sproporzione molto presente in diversi soggetti che, più accentuata o meno, risulta a volte essere un difetto poco piacevole per chi ce l’ha.

Domenica turistica 08072012 la Spiaggia di Alassio

Capirete inoltre che è, in natura, una caratteristica più femminile che maschile.

Il corpo umano è per me un meraviglioso contenitore comunque esso sia e, senza alcun tipo di giudizio, mi piace osservarlo, leggerlo, ascoltare cos’ha da dirmi. Deformazione professionale ovviamente, potete anche dirmi di farmi i cavoli miei! Ma così è.

Ebbene, veniamo alle nostre cosce, queste cosce che per via del muscolo, per via di un edema, per via della ciccia, della costituzione e di molti altri fattori possono essere troppo grosse rispetto al resto della gamba e, naturalmente, dobbiamo prendere in considerazione anche i glutei dai quali esse partono.

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Come spesso vi ho detto, le gambe sono il nostro avanzare nella vita. Simboleggiano il nostro andare avanti o, eventualmente, il nostro non riuscire più ad andare avanti. L’arrancare, il soffermarsi e via discorrendo.

Quando si soffre di ristagno di liquidi (edema) c’è una situazione dalla quale non riusciamo a uscire ad esempio, quando c’è un dolore, c’è un senso di colpa ( a seconda del dolore), quando c’è una cattiva circolazione c’è paura delle cose nuove (e mancanza del flusso della gioia) e potrei andare avanti all’infinito ma, al di là dei vari motivi indicanti il problema che ci affligge, le cosce sono la parte più robusta della gamba.

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Al loro interno c’è l’osso più lungo di tutto il nostro corpo, ossia il Femore, simbolo indiscusso della nostra potenza di agire.

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E’ l’osso sul quale, sembra incredibile, facciamo forza quando ci troviamo davanti un avversario o ci ritroviamo a vivere una situazione ostile da superare “combattendo”. Fortunatamente di nemici non ne abbiamo granchè, non siamo in un film, ma per il nostro – IO -, i nemici sono tutte quelle persone che hanno nei nostri confronti un comportamento che non ci regala un totale benessere anche se magari, queste persone, le amiamo a dismisura.

Il nostro inconscio è fatto così perciò: padre, madre, figli, coniuge, datore di lavoro, amici, possono essere per noi persone amate ma, per la nostra parte intrinseca, scomodi personaggi che minano al nostro benessere olistico con costrizioni magari, o tarpandoci le ali, praticamente, non permettendo al nostro potere di elevarsi.

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Non si può però, o non si riesce, sovente, ad andare contro questi individui che peraltro stimiamo e ammiriamo ed ecco che le cosce s’ingrossano. Si allargano o s’irrobustiscono, ingrassano o si gonfiano. Devono essere belle solide (non c’entra niente con l’essere sode) per sostenerci. Guardate bene questa immagine qui sotto.

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Le tre ragazze che mimano la partenza di un attacco, hanno le gambe in posizione mentre, i due ragazzi dietro, sono rilassati e tranquilli. Immaginate di dover tirare un pugno a qualcuno, di attaccare, immediatamente come mettete le vostre gambe? E noterete come il focus va nelle cosce. Proprio come un pugile. Questo accade anche nello sport, all’inizio di una corsa e in varie competizioni della vita. Il messaggio è: PER NON CEDERE. Per non cadere. In ogni senso.

In questi due giorni di mare, su cento donne di ogni età, non esagero, ma ottanta erano così. Vivono ossia in una continua lotta inconscia nel cercare di non cedere. Non cedere in famiglia, non cedere a scuola, non cedere nei confronti dei figli, del lavoro, davanti alle amicizie. Un problema meno comune nell’uomo che, su certi aspetti, è più menefreghista, (come natura vuole, non è un’offesa assolutamente) e ha altri tipi di paure, di timori, di bisogni. E’ giusto che sia così. Al di là dell’allenamento fisico.

La donna che invece ha cosce normali e ben proporzionate al suo corpo, non significa che non abbia dovuto lottare nella vita o non stia lottando tutt’ora, ci mancherebbe, ma semplicemente ha un metodo di “guerra” diverso, basato su altre condizioni e potrà comunque riportare diversi criteri su altre parti del corpo a seconda di dov’è per lei il fulcro della battaglia.

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Care donne con le cosce grandi, siete quindi semplicemente esseri meravigliosi, non fatevene un problema, siete delle lottatrici e mi auguro non stiate a porvi dispiaceri davanti alla foto di una modella photoshoppata alla quale è stato deciso di nascondere le proprie paure. L’unico difetto che avete, se posso, è quello di non rispettare abbastanza voi stesse.

E il sedere? Per quel che riguarda i glutei, come accennavo prima, averli grossi, dai quali appunto partono le cosce altrettanto grosse, significa desiderare il potere sugli altri. C’è sempre un legame al potere. Forse perché se ne ha avuto poco nella vita e si è sempre subito quello degli altri ai quali abbiamo dato modo di farci sentire inferiori, oppure perché fino ad una certa età lo si ha avuto e di colpo non più. Prendiamo ad esempio una bimba, molto viziata e accontentata in ogni suo desiderio, che si trova poi da adulta a fare i conti con la realtà, con un marito magari diverso dai genitori, dei figli che pretendono e un datore di lavoro che non ha certo intenzione di assecondarla.

Sui glutei inoltre ci sediamo, ci rilassiamo, mettiamo uno stop alle nostre attività. Ci si siede quando si è stanchi. Stanchi anche di “lottare”. Ovviamente non mi riferisco ai lavori sedentari creati dall’essere umano.

Ci sono tantissimi esercizi fisici da fare per rassodare e snellire le cosce o sgonfiarle ma, ad essi, dovete assolutamente correlare anche il vostro pensiero di crescita e di benessere dedicato al vostro POTERE. Un pensiero di rispetto totale verso il vostro Essere lasciando andare il giudizio, così come la paura di essere giudicate, e permettendosi di dire un po’ più di  – No -. Rilassatevi, la vita non è una continua lotta. Così facendo l’attività fisica e una sana alimentazione, da non dimenticare mai, avranno sicuramente più successo.

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Ebbene si, il potere è nelle cosce. Individuate quale sia il vostro punto di scontro, quello che non vi permette di vivere in completa serenità: avete poco potere? State male perchè vorreste avere più potere? Avete paura e cercate di avere più potere per affrontare la vita? Avete troppo potere e lo state usando male? Le persone si allontano da voi e questo vi spaventa? Fate delle riflessioni e lavorate su questo, vi soddisferà.

Prosit!

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Aspettando la Bronchite

Quando ero bambina, ogni primavera, puntualmente, mi facevo una bella Bronchite.

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Tutti gli anni, la mia famiglia, grazie ad un’anziana zia disponibile, cercava di farmi trascorrere qualche giorno sulla neve e, visto che vivevo e vivo tuttora al mare, anche per il periodo estivo si andava in montagna a respirare “l’aria buona” che mi avrebbe guarita.

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In effetti, così facendo, sono sempre riusciti a tenere sotto controllo la mia amica Bronchitella che però, non mi ha mai abbandonata del tutto. Crescendo, mi accorsi che arrivava sempre a marzo ma mi limitavo a pensare al cambio stagione o a dire – Ho preso dal nonno! – anch’egli sofferente all’apparato respiratorio proprio come me.

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Una decina di anni fa però, le cose iniziarono a peggiorare nel senso che, la Bronchite, non si accontentava più di venire solo una volta all’anno bensì due. Marzo e ottobre erano i suoi mesi preferiti anche se, a volte, poteva sostituirli con aprile e settembre. Che fastidio! A parte la noiosa tosse e gli antibiotici che dovevo assolutamente prendere, era davvero deludente dover andare in giro coprendosi per non prendere aria quando in realtà faceva ancora un caldo incredibile e le mie amiche potevano sfoggiare i loro vestitini leggeri. Senza contare che fuori, il bel sole m’invitava ma io ero davvero mezza moribonda sul divano che nemmeno riuscivo a respirare.

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No, le due volte annuali non mi andarono più bene. La signorina si era presa troppa confidenza, non la volevo più con me.

Grazie agli studi compiuti sapevo che era completamente inutile, e persin deleterio, maltrattarla o cercare di scacciarla. Poveretta, lei stava solo cercando di mandarmi un messaggio, ero io che non lo capivo e nemmeno mi ero mai messa di buzzo buono a cercar di comprenderlo.

Dovetti farlo e mettermi a studiare come una liceale. Bisogna innanzi tutto sapere che ogni affezione che colpisce l’apparato respiratorio è indice di tristezza. Qualsiasi. Poi, ovviamente, ognuna, dipanandola come una matassa di lana, avrà il suo opportuno significato ma, la tristezza, è assolutamente alla base.

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La Bronchite è ovviamente un’infiammazione ai bronchi e alle loro mucose che, se non curata bene, può riportare seri danni ma non era dal punto di vista medico e fisico che volevo osservarla. Secondo le teorie alle quali mi affido la Bronchite è la paura dell’aggressività. E, in effetti, l’aggressività che si riceve e che spaventa rende tristi. Può però anche significare il sentirsi chiusi in un angolo e oppressi.

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Era proprio vero. Io ho sempre temuto l’aggressività nell’altro. Chi urla, chi alza la voce, chi è violento non l’ho mai sopportato più di tanto e, intimorendomi, mi sono sempre allontanata cercando di non incontrarlo mai più. Sarà a causa della mia anima Peace&Love ma, anziché combatterlo ed eventualmente farmi rispettare, con la coda tra le gambe, mi mettevo nel mio angolino senza essere capace di girarmi e attaccare a mia volta.

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Oh! Bene!” pensai. “E quindi? Cosa devo fare? Affrontare un pazzo psicopatico che mi ringhia contro come un leone inferocito e imparare a non temere nulla?”.

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L’Universo non ci permette, sotto un certo senso, di provare delle paure. E’ un po’ come se volesse che non ne provassimo e, inoltre, se si pensa che quell’aggressività era “non meritata”, viene da Lui tollerata ancora meno! Ossia, io, per paura di reagire e per paura di offendere mi facevo maltrattare mancandomi di rispetto io per la prima.

Eppure… “Come ti permetti tu di inveirmi contro a questo modo? Al massimo, se ho sbagliato qualcosa, me lo spieghi con calma e soprattutto rispettandomi!”. Già… la mia parte intrinseca avrebbe voluto proprio questo da me. “Ok“. Promisi per il mio bene, che mi sarei allenata a fare questo. E dovetti andare all’indietro con i miei studi. Esatto.

Perché ricevevo tale aggressività ad esempio? Le persone che ci circondano sono sempre uno specchio per noi e ci mostrano quelle parti nascoste che celiamo anche a noi stessi. Quindi io provavo rabbia dentro? Ebbene si. Una rabbia invisibile, latente, ma che era presente e forse proprio perché non ero in grado di farmi rispettare. Insomma, altro studio duro da compiere e poi cercare di migliorare. Che fatica.

Intanto il tempo passava, passavano i mesi e la mia Bronchite continuava a presentarsi perché mi stavo solo allenando mica ero guarita. Però, fin da subito, notai una netta differenza. Se prima, quando arrivava, mi durava quasi un mese, ora, in una settimana andava via e mi rimaneva solo qualche rimasuglio di tosse molto leggero e sopportabile.

Bene, ero contenta, questa nuova situazione mi dava la forza di andare avanti nel mio operato e mi faceva capire che ero sulla strada buona. Imparai col tempo a liberarmi della rabbia e, a fatica, imparai anche a rispondere a tono a chi lo meritava (perdonare non significa condonare), ad amare di più me stessa, fino ad arrivare ad avere un’energia così potente che, per un qualche magico e inspiegabile meccanismo, quelle persone non si permettevano più di trattarmi come una pezzente bensì avevano addirittura quasi timore di me e quando mi parlavano, abbassavano lo sguardo. Davvero! Vi sto dicendo la verità!

Ero al settimo cielo e il sentirmi così bene e così forte ha contribuito a farmi stare ancora meglio però… nonostante tutto, a marzo e a ottobre…. Eccola, arrivava.

Ma perché?” mi dicevo. “Ho fatto tutto quello che dovevo fare. Ho capito il messaggio e l’ho svolto come andava fatto. Perché continui a infastidirmi, cosa ho sbagliato, cosa ancora non riesco a vedere?!”.

La risposta mi arrivò immediatamente, così chiara e lampante, che mi detti della stupida. Era ovvio che tornasse… io l’aspettavo! Certo! Dopo una vita intera, abituata a ricevere Signora Bronchite tutti gli anni in quei precisi mesi, anche se inconsciamente, io l’aspettavo.

A febbraio sapevo che a marzo sarei stata a letto e mi segnavo già il numero della Dottoressa appeso al frigo! Se mio marito avesse gradito andare in vacanza dopo l’afosa estate, di certo non si programmavano quei giorni in ottobre, sapevo già che avrei avuto la Bronchite, era meglio che me ne stavo a casa buona e saremmo andati a novembre. Capite? Mica lo facevo apposta, tutto arrivava in automatico. Ecco cosa non avevo capito! Ecco il tassello che mi mancava! Con il mio stesso pensiero, quella Bronchite, la stavo sviluppando io stessa. Che ci crediate o no, quando ho smesso di aspettarla, non è più venuta.

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In tre anni, è arrivata solo 2 volte anziché 6. Un bel risultato vero? E’ stata dura ma ce l’ho fatta.

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Il numero della Dottoressa doveva continuare a rimanere nel dimenticatoio, a fine settembre/primi di ottobre sono andata in vacanza, insomma, un passo per volta, ma mi sono forzata di non pensare più a lei. Ora staremo a vedere come andrà quest’anno a inizio autunno ma…. Perbacco, non dovrei neanche dirlo, non devo proprio pensarci. E comunque a marzo non mi è venuta. Potrebbe essere il mio primo intero anno senza. Vabbè, cambiamo discorso che devo distogliere la mente da lei.

Prosit!

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Acufene – un messaggio che devi tradurre

Mi è capitato di scoprire ultimamente che numerose persone soffrono di un disturbo davvero sgradevole all’orecchio chiamato Acufene. Un disturbo conosciuto ma un tempo se ne sentiva parlare di meno.

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Innanzi tutto, in medicina, cos’è l’Acufene (chiamato anche, dal latino, Tinnitus)? Questa disfunzione, se così si può dire, in quanto sarebbe meglio definirla “condizione”, non è propriamente considerata una malattia e si tratta dell’udire, abbastanza costantemente all’interno dell’orecchio, dei rumori come fischi, o ronzii, o brusii che infastidiscono molto e causano una sorta di stress e una conduzione spiacevole della propria quotidianità.

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Le cause possono essere diverse e purtroppo, a volte, non si trova una cura efficace.

Come già sai però, in questo blog, si parla in modo diverso, prettamente psicosomatico, dei disturbi che ci colpiscono e quindi andiamo a capire il significato del messaggio che questa fastidiosa condizione ci vuole comunicare.

Pare infatti essere, per gli esperti di Medicine Alternative, un avvertimento che indica l’essere troppo sotto pressione nei confronti di quello che ci siamo obbligati o ci hanno obbligato a fare.

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Come vedi, si capisce subito che, anche qui dietro, c’è la paura.

La paura di non riuscire a raggiungere gli obiettivi che ti sei prefissato, la paura di non farcela, o di fallire. Il peso della responsabilità che senti. La preoccupazione di non risultare il migliore, di non arrivare a fine mese con lo stipendio, di non sentirti libero. Le motivazioni possono essere infinite. Devi andare avanti, contro tutto e tutti pur di riuscire nella vita, nel lavoro, e spesso ti ritrovi anche a soffocare emozioni e sensazioni pur di non cedere. Ecco che ciò che hai deciso di occultare e reprimere dentro di te, in correlazione con l’inconscio (parte della nostra mente), si immette in un canale interno (quello uditivo) e ci parla con la sua vocina (Acufene) a modo suo.

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Cosa ti sta dicendo la tua vera natura? In quel – bzzzzzz… bzzz… bzzz… fiiii…. fiiii… fiiii…. sshssshsssssh…. –  che percepisci, la traduzione è: – Ehi! Guarda che tu hai provato a sopprimermi ma io ci sono! Esisto! Faccio parte di te! Sono la natura che ti ha creato e alla quale appartieni! – si, perché non sono i soldi, il lavoro, le preoccupazioni familiari, la fama, le responsabilità manageriali che alla nostra natura interessano, a lei non può fregargliene di meno di tutto questo, lei vede solo che ti stai “ammazzando” per un qualcosa che è importante per la società in cui vivi, per una tua dignità, per una tua ambizione, per un tuo dovere morale, ma non per lei, ne’ per il tuo benessere.

E così ti parla, nella sua lingua incomprensibile e tu, non capendo, vai avanti per la tua strada.

I rumori che senti ti impediscono di udire altre cose molto importanti e addirittura, quando l’Acufene si aggrava, può persino portare alla sordità. Quasi come avere la testa nell’ovatta e non sentire più. Dovresti infatti chiederti cosa in realtà non vorresti più sentire, o meglio, cosa il tuo benessere non vorrebbe più sentire e cosa invece non stai ascoltando tu.

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Tu purtroppo, non stai dando ascolto alla tua stanchezza, allo spossamento che hai dentro. Le persone che soffrono di Acufene infatti, difficilmente si sentono l’animo libero e leggero e possono soffrire anche di altri disturbi connessi come: l’insonnia, l’ansia, bruciori di stomaco, mal di gola, respiro irregolare, labirintite. Assieme all’Acufene possono presentarsi anche le vertigini, in casi gravi, e il disturbo prende così il nome di “Sindrome di Ménière”.

Tutto ciò che è collegato al nostro orecchio, inoltre, è collegato al nostro equilibrio, un equilibrio sia fisico che mentale e, se la nostra bilancia pende più da una parte che dall’altra, si vive in assoluto disequilibrio tant’è che si dà importanza più a determinate cose che ad altre a nostro discapito.

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Le orecchie, come ti avevo riferito in questo post qui https://prositvita.wordpress.com/2015/08/10/parliamo-ancora-della-connessione-tra-reni-e-orecchie-ma-oggi-di-mezzo-ce-anche-il-cuore/ (ti chiedo scusa ma wordpress da qualche mese si rifiuta di farmi linkare in modo diverso) sono collegate anche al cuore (sede della Passione e di come si affronta la vita) ma soprattutto sono collegate ai reni sede della nostra vitalità e dell’emozione Paura.

Come afferma la Dott.ssa Claudia Rainville, studiosa di Metamedicina che spesso ti ho nominato, chi soffre di Acufene è però anche molto coraggioso e, attraverso i miei studi, ho potuto appurare che è vero. Ci vuole infatti coraggio per affrontare la vita in questo modo e per trattenere, pur sbagliando, determinate emozioni. Chi soffre di questo disturbo è di solito molto responsabile e si fa carico di pesi insopportabili per molti. Riesce a dirigere grandi aziende, o grandi famiglie, senza chiedere mai aiuto a nessuno anzi, è sempre circondato da persone che si appoggiano molto a lui/lei. Non conosce la pigrizia in certi settori e non manifesta il suo dolore o lo fa molto poco. Autolesionandosi però.

L’Acufene ti sta dicendo tutto questo in quel baccano che senti. L’Acufene ti sta consigliando di lasciar andare, di “sbattertene di più le balle” come si dice.

Di pensare meno all’apparenza o a quello che gli altri possono pensare di te. Fregatene di essere il migliore in quel campo, cerca di essere il migliore per te stesso. Cerca la leggerezza, la beatitudine. Affidati alla vita, all’Universo, con fede. Staccati dalle responsabilità e dalle questioni che ti opprimono e non trattenere ne’ i sentimenti, ne’ le emozioni. Non aver paura di scoprirti, di renderti vulnerabile, abbassa lo scudo.

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Dissetati di serenità e non mentire a te stesso. Se soffri di Acufene, non sei sereno. Non fare il sordo che non vuol sentire!

Ti auguro una buona traduzione.

Prosit!

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Dolore alle Spalle – quale peso porti nella tua Vita?

Le spalle sono una zona del nostro corpo molto importante perché è grazie ad esse che riusciamo a portare i pesi.

“Portare i pesi”, in questo senso, non ha solo un significato pratico come lo zaino di scuola o la borsetta da passeggio, ma ha anche un significato teorico e spirituale.

Portare ad esempio il peso dentro di se’ del non sentirsi adatto può provocare un problema alle spalle. Cercare di piacere, fare di tutto per essere stimati dagli altri e circondati dall’affetto di amici e parenti è un peso davvero grande da portarsi dentro e, oltre a far “male” al cuore, può provocare alle nostre spalle seri problemi.

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Quella sensazione di non farcela che ci tiene sempre attivi nell’arrancare e nell’essere più risoluti ossia – drizzare quelle spalle – inclinate verso il basso quasi a voler dire – in realtà non valgo nulla -.

I dolori alle spalle sono naturalmente collegati a tutta la nostra schiena ma, come spesso vi ho mostrato, ogni zona della colonna vertebrale indica una sfaccettatura ben precisa del nostro “condurre la vita” (il sostegno).

Per quanto riguarda quello che vi ho spiegato finora, e sotto sotto trattasi anche di una paura nei confronti della solitudine e il sentire una mancanza da appagare, le spalle rispondono prontamente come bravi soldatini.

Una spalla infiammata, per qualsiasi ragione, è bene non toccarla e metterla in mano a degli specialisti ma, dal canto vostro, potete anche voi aiutare la medicina senza rimanere con le mani in mano. Come? Bhè innanzi tutto dovete sapere che per quel che riguarda la riflessologia plantare, le spalle vengono indirettamente sollecitate dalla parte che contorna il nostro quinto dito del piede come potete vedere nell’immagine (zona n° 5).

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Massaggiando questa zona quindi (senza esagerare in quanto è davvero significativo come atto) potete dare alle vostre spalle un sollievo. Il massaggio deve essere leggero ma mentre lo effettuate concentratevi su quello che state facendo e con energia pronunciate verso voi stessi parole di approvazione e lusinghe verso la persona che siete. Non potete capire quanto è potente questa pratica del “volersi bene” se effettuata correttamente.

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Avete paura delle esperienze della vita sia quelle passate che quelle che ancora devono avvenire. Tranquillizzatevi. Non dovete sempre dimostrare a qualcuno, ogni ora del giorno, che valete. Dovete solo dimostrarlo a voi stessi. In realtà non avete bisogno di nulla, andate bene così come siete, chi può dire il contrario? Può dirlo solo colui al quale voi lo permettete ma è una vostra decisione questa. Se preferite così vi dovrete però tenere il male alle spalle. E poi, siete davvero sicuri di non essere amati?

Con il vostro atteggiamento, la vita diventa un peso eccome, ma siete certi che sia davvero così? Vi considerate brutti? Grassi? Soli? Incapaci? Ok. Ma davvero anche gli altri, tutti gli altri, vi vedono come voi vi ritenete?

Provate ad aprire il vostro cuore e azionare i vostri sentimenti anziché far lavorare sempre le vostre spalle per – fare, fare e fare… – e convincetevi che andate bene così come siete. Provate a pensare che quello che avete ottenuto nella vita, con tanto sacrificio, non è detto che vi debba sparire da un momento all’altro! La vita non è solo fatta di tiri mancini ma è anche composta da bellissime sorprese. Dovete voi sorriderle e sorridere a voi stessi se volete che, come han sempre detto, anch’essa vi guardi sorridendo.

Le spalle sono delle articolazioni davvero complesse composte da nervi, muscoli, tendini, ossa, cartilagine… guardate quante cose potreste andare a colpire con il vostro modo di vivere.

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Qui ci vuole parecchio amore per se stessi, molto di più di quello che si può provare per gli altri. Se avete male alle spalle siete sicuramente persone che per il prossimo fanno l’impossibile ma molto poco per se stesse. Ammirevole. Il fatto è che se voi vi amaste di più, anche agli altri potreste dare di più e con molta meno fatica! Lo so che può sembrarvi assurdo ma è davvero così. L’autosvalutazione, che ogni giorno concimate dentro di voi, non potrà che portarvi energia negativa intorno. Questo non significa che debbano per forza accadervi brutte esperienze ma semplicemente che non otterrete mai ciò che davvero vorreste. Forse vi sembra di avere già fin troppo – Dio sia lodato se per lo meno ho questo e quest’altro… – ma in realtà nell’Universo c’è molto, molto di più. Non prefiggetevi limiti! Così facendo limiterete anche il movimento delle vostre spalle doloranti.

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Siate meno giudici nei confronti di quello che siete. Siete perfetti, unici e irripetibili; vi sembra poco? In tutto il pianeta nessuno, e dico nessuno, nonostante si parli di sette sosia per ognuno, è come voi! Nessuno ha quella caratteristica negativa che avete, ma nemmeno nessuno ha quel meraviglioso pregio che vi contraddistingue!

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Liberatevi da questi pesi che solo voi, per alcune vostre paure, avete creato. Li avete fatti diventare concreti e ora è come se davvero portaste ogni giorno addosso chili e chili di roba inutile. Alleggeritevi. Non imitate Gesù portando anche voi la vostra croce, imitatelo per altri esempi al massimo. Le vostre spalle vi stanno dicendo che non ce la fanno più, e hanno ragione poverine. In fondo, lo dicono solo per il vostro bene! Utilizzate questa fatica per migliorare l’amore e la stima per voi, d’altronde, questi macigni, come li avete creati potete distruggerli: sono vostri, ne’ potete fare ciò che volete.

Se non ho visto lontano come altri è perché portavo dei giganti sulle spalle – (Harold Abelson).

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Ricordate inoltre che schiacciare le spalle comporta anche l’infossamento della gabbia toracica (anche se non lo vedete) vale a dire Diaframma e Polmoni compressi. I Polmoni, vi dissi in passato, sono la sede della Tristezza e ovviamente, vivendo con pesi così grandi addosso, non si può essere completamente felici. Perciò: allergie, riniti, crisi d’asma, etc, etc… tutti i malesseri inerenti all’apparato respiratorio possono così trovare una spiegazione.

Prosit!

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Mughetto nei Bimbi – Forse si può Prevenire… con Baci e Amore

Siamo nel periodo della Rinascita, la stagione della Primavera che risveglia il mondo e anche noi stessi. Sembra impossibile ma alcune persone è come se davvero tornassero a vivere per la seconda volta, dopo aver passato momenti bui che li hanno messi di fronte al dover rivedere tutta la loro vita per modificarla al meglio. Queste persone le considero degli Eroi e il loro atteggiamento fa davvero pensare ad un piccolo neonato che viene alla luce. Come lui hanno dei bisogni, come lui piangono spesso per chiedere e, come lui, provano nuove emozioni.

Immaginare una piccola nuova vita mi ha portato con la mente ad uno dei problemini più consueti al quale andiamo incontro una volta nati nonostante sia un inestetismo che può colpire a qualsiasi età.

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Si tratta di un fungo che può intaccare diverse zone del nostro corpo conosciuto anche come Candida Albicans ma comunemente chiamato Mughetto.

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Immagino lo conosciate tutti. Esso è davvero fastidioso e causa irritazione soprattutto nel cavo orale per quel che riguarda i neonati.

Ed è su di loro che oggi ci concentreremo.

Alcuni tipi di funghi vivono costantemente con noi e nel nostro organismo così come germi e batteri ma, quando il nostro apparato immunitario si indebolisce, o nel caso dei neonati non è ancora forte ed equilibrato, questi “nemici” possono prendere il sopravvento e recare danni.

Oggi il Mughetto si tratta e si sconfigge abbastanza facilmente grazie alla moderna Medicina e utilizzando in principal modo un prodotto chiamato Miele Rosato, vale a dire un rimedio considerato naturale in grado anche di donare sollievo ai dolori gengivali molto frequenti nei piccoli. Il suo essere antinfiammatorio, oltre che emolliente e dermo-protettore, migliora nettamente la condizione della bocca e sconfigge l’ospite indesiderato.

Ma, al di là del fatto che si possono avere anticorpi indeboliti o inferiori numericamente, qual’ è la visione psicosomatica nei confronti del Mughetto? Perché questo fungo è riuscito a renderci sue vittime? Sapete bene che alcune filosofie non guardano soltanto la motivazione fisiologica ma soprattutto quella emozionale e io, prendendo percentuali sia da una che dall’altra, ve le racconto entrambe.

Pare infatti che questo fastidioso avversario riesca a far di noi ciò che vuole quando proviamo una carenza d’affetto.

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Può ovviamente trattarsi di una carenza d’affetto impercettibile, soprattutto per noi adulti, ma molto significativa invece per un bambino appena nato e che vede la vita “a modo suo”. Anche solo il fatto di non riuscire come meglio vorrebbe nella poppata potrebbe essere per lui: mancanza d’affetto.

alfemminile.com

Il sopportare la fame, il non poter rimanere attaccato al seno quanto vuole, il latte che non si rivela di suo gradimento, poppate poco tranquille… (tutte cose che, all’interno del ventre materno ovviamente non esistevano), i motivi possono essere mille e, come ripeto, non percepibili da noi che stiamo cercando di fare tutto per il meglio.

Addirittura quando il Mughetto colpisce in età più avanzata, vale a dire in bambini più grandicelli, può essere una vera e propria esigenza di baci.

youmedia.fanpage.it

Vi torna? Vi racconto la mia esperienza personale.

Sono una madre abbastanza “appiccicosa”, fisicamente, nei confronti dei miei figli ma, in questo particolare argomento mi riferisco al maschietto in quanto è biologicamente mio, mentre la femminuccia non l’ho partorita ne’ allattata al seno. Lui è stato sbaciucchiato praticamente da quando è venuto al mondo, e ancora oggi lo è, nonostante a volte mi spedisca via soprattutto quando, ora ragazzo, è davanti ai suoi amici (quanto mi diverto!).

Il Mughetto in età scolare, infatti, non lo ha mai colpito ma si è impossessato di lui invece quando aveva pochi giorni di vita. In effetti io, oltre ad aver avuto una specie di crisi post-partum anche se lieve, in quanto il mio parto è stato un trauma (un giorno forse ve lo racconterò), non avevo latte. Quel poco che c’era faticava ad uscire e, una volta uscito, non era sostanzioso per niente. Mio figlio ha passato i suoi primi giorni su questo pianeta piangendo in continuazione: aveva fame. Abbiamo dovuto subito quindi fare l’aggiunta di latte artificiale.

Il cibo è un grande sostituto dell’affetto e questo lo si può vedere anche nelle persone adulte. La mia personale esperienza insomma si addice a quello che la psicosomatica afferma e, nonostante tutte le altre motivazioni fisiche o esterne, penso che sapere queste nozioni possa essere un aiuto in più.

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La mancanza d’affetto può emergere attraverso tanti sintomi, non a tutti viene il Mughetto, ma questa è sicuramente tra le infiammazioni più comuni.

L’affetto è il sale della nostra vita, la linfa vitale che non può mancare e, la sua assenza, anche se non voluta, può provocare disagi persino fisici. – Una mancanza d’affetto, che si protrae per anni, può creare davvero grossi danni -, fa anche rima! Naturalmente non siamo mai stati educati a pensarla anche a questo modo perciò possiamo non rendercene conto, o credere che al massimo questo può formare disguidi solo psicologici. Non è così, come spesso vi ho spiegato, le emozioni si concretizzano divenendo anche fisiche. La cosa importante è che, osservando questo lato della situazione, si può andare alla sorgente, al contrario di quello che fa solitamente la Medicina Tradizionale che invece cura alla fonte. Ancor grazie per carità! Ci ha regalato rimedi di infinita grandezza ma purtroppo non sempre riesce a prevenire o comunque ad evitare che il disturbo si rifaccia vivo. Per questo di ogni Medicina o Filosofia bisogna saper cogliere il giusto settore. Modificando il pensiero che crea tale inconveniente, partendo quindi a monte, possiamo evitare che esso torni, capendone l’avviso e rispondendo adeguatamente. Come dice Claudia Rainville, esperta di Metamedicina, termine che significa “al di là della medicina”, ogni sintomo è un messaggio.

Prosit!

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Brufoli e Acne – piccole e grandi manifestazioni di Rabbia

E parliamo ancora di brufoli, argomento che interessa a molti.

Tempo fa, in questo post QUI (che vi consiglio di leggere per comprendere meglio questo articolo) vi parlai in modo generico di quello che significa la presenza di un brufolo su una parte ben precisa del nostro viso. Abbiamo visto come esso ci vuole indicare che, nell’organo corrispondente alla zona del volto, ci sia qualcosa che non va.

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Niente di grave magari probabilmente, lo ripeto, dal momento che il nostro organo presenta scompensi sia dal punto di vista fisico che emozionale, un po’ di stress, un po’ di ansia, o di tristezza, lo stanno semplicemente rendendo inquieto. Si, inquieto, perché il nostro organo è vivo, proprio come noi.

Oggi andiamo un po’ più a fondo per imparare, anche se vi sembrerà strano, a ringraziare quel brufolo che vi sta portando un messaggio, bisogna semplicemente imparare a decodificarlo.

Partiamo dal punto di vista che si tratta di infiammazione innanzi tutto. Una piccola infiammazione che ha trovato sfogo sul nostro viso. L’infiammazione, per piccola o grande che sia, è sempre inerente ad uno stato di rabbia che fuoriesce. Infatti, anche se quella pustola pare indicare, come dicevo prima, ansia o tristezza, o paura, o ancora angoscia, dobbiamo capire che, anche se non ce ne accorgiamo, queste sono tutte emozioni che ci fanno arrabbiare.

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E’ una rabbia che probabilmente non riconosciamo, non sappiamo di avere, ma c’è. E’ normale. Mica possiamo essere felici pienamente se qualcosa ci rende tristi o agitati.

I brufoli quindi, che notoriamente vengono anche definiti “sfogo” hanno la stessa equivalenza di uno “sfogo” a livello psicologico (pianto, urla, aggressività…).

Come accennavo l’altra volta, parlando di Acne, per quello che riguarda i giovani o le persone più mature, soprattutto le donne durante la menopausa, capiamo bene come sia più che comprensibile uno sfogo e una sorta di rabbia nei confronti della vita.

L’adolescenza, è per un giovane un periodo abbastanza difficile da vivere anche se molto bello per molti altri punti di vista. E’ il periodo in cui deve farsi riconoscere in questo mondo, deve poter imparare “a dire la sua”, deve iniziare a rendersi una persona a se’, con un suo carattere, un suo cervello e una sua personalità. Quante volte abbiamo sentito di un adolescente che non si sente ascoltato o capito? Quante volte lo abbiamo sentito reagire nei confronti dei genitori o magari dei professori? Quante volte ha pianto, o ha sfogato la sua rabbia in altri modi? Molte. E’ l’età definita – della ribellione – per eccellenza e, guarda caso, è anche l’età che riempie di brufoli quei visi che ancora si stanno definendo.

Non ripeterò pertanto in questo post la responsabilità genetica e fisiologica, e ormonale, e ereditaria, mi limiterò a parlare dal punto di vista psicosomatico perciò, non si avrà appunto un foruncolo soltanto in una determinata zona del viso ma una comparsa generale ovunque. C’è infatti uno stato di inquietudine e irrequietezza che tocca ogni organo interno: la paura di crescere (reni), la tristezza di non essere compresi (polmoni), l’ansia di non riuscire (stomaco) e così via.

La stessa cosa vale per la donna di una certa età. Una donna che sta per perdere la possibilità di procreare, che sta invecchiando, che è arrivata ad una certa fase della sua vita e forse ha dei rimpianti. Pensate che tutto questo non faccia arrabbiare? Certo. Rende tristi anche e impauriti e, proprio perché non ci si può fare nulla contro il processo naturale biologico, ci si arrabbia.

Ecco quindi l’eventuale comparsa di un altro tipo di acne, l’acne rosacea, un acne un po’ particolare che non vi starò a definire dal punto di vista medico ma sappiate che, “rosacea” appunto, perché si manifesta con chiazze rosse (rosso=rabbia) e può avere a che fare anche con gonfiore e calore nonché con teleangectasie (piccoli vasi sanguigni dilatati) e couperose (altro stadio di dilatazione dei vasi sanguigni).

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L’acne, nella psicosomatica, sia giovanile, che rosacea, che conglobata, etc… è sinonimo di : non accettazione di se stessi, avversione e rabbia verso se stessi. Ed è proprio così, sia per chi in questo mondo ci sta entrando, sia per chi da questo mondo sta andando via.

Bisogna anche osservare come l’acne, colpisce di solito anche il petto e la schiena, la zona alta della schiena e sapete il significato di queste due zone del corpo qual è?

Petto – pesantezza della tristezza, mancanza di fluidità con la vita. Intoppi.

Schiena (parte alta) – paura, rabbia, frustrazione.

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Ricordatevi anche che, come vi spiegai in un post sulla pelle, essa è: madre dei reni e figlia dei polmoni. Propone quindi sempre un inestetismo quando sensazioni come paura e tristezza si provano a lungo. Sensazioni che, ripeto, fanno arrabbiare. Ma questo discorso lo approfondiremo in un altro momento.

E’ un bene che questa collera sopita e nascosta esca, ma ovviamente provoca sulla nostra pelle un disturbo non indifferente quanto questo avviene e, molto spesso, creme, lozioni e pomate non regalano risultati soddisfacenti.

Cosa fare quindi?

Allora, la rabbia ha innanzi tutto sede nel fegato.

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Il fegato è una grossa ghiandola che ci permette di digerire (notare come il termine “digerire” equivale anche ad indicare quando una cosa o una situazione, non riusciamo a “mandarla giù”) prevalentemente i grassi. In realtà svolge diversi ruoli ma questo è sicuramente uno dei più importanti così come quello di poter eliminare dal sangue le sostanze tossiche ossia quelle che ci “sporcano”, ci “inquinano”, proprio come i pensieri negativi.

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Da notare come il nome – fegato – derivi dal latino ficatum (iecur ficatum) e pare abbia a che fare con il dare, in antichità agli animali, dei fichi da mangiare affinchè diventassero belli grassi e pasciuti. – Aver fegato – inoltre, sta a significare avere coraggio ma essere anche persone abbastanza sanguigne per così dire.

Se osserviamo questi grassi scomposti dal nostro fegato, o le proteine ch’esso sintetizza, o ancora il glucosio che immagazzina, notiamo che, a livello normale, sono tutti elementi utilissimi per il nostro organismo (soprattutto in fase di crescita in quanto sono risorse energetiche) ma se abbondano, possono creare scompensi.

Grassi, proteine, zuccheri… insomma, cosa mangiano maggiormente i ragazzi d’oggi? Cosa c’è per lo più nelle macchinette degli istituti scolastici? E non avete mai sentito di quelle donne che, durante la menopausa, hanno attacchi incredibili di voglia di dolce o “schifezze” in generale? Oh si!

Questo per spiegarvi come l’alimentazione e le nostre emozioni, se ben equilibrate e sane entrambe, possono venirci molto in aiuto e possono renderci molto più felici. E’ stato constatato che un’alimentazione adeguata regala un benessere psicofisico totale mentre, pensieri positivi ed emozioni buone, non possono che farci del bene.

Piccoli e grandi rimedi per evitare che un brufolo spunti all’improvviso per dirci che c’è qualcosa che non va!

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La dermatologia, che tutti ringraziamo, non può compiere miracoli anche se spesso ci riesce, vi consiglio pertanto di risanare la vostra persona anche con questi mezzi e ponendovi delle domande sul perché quel brufolo o quella miriade di brufoli sono comparsi.

Prosit!

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Mi Spezzo ma non mi Piego

Ti sei mai chiesto cosa voglia dire avere un dolore o un problema alle ginocchia?

Sei per caso un tipo orgoglioso? Anche in senso buono per carità. Sei uno di quelli che dice – Io mi spezzo ma non mi piego! -? Come diceva Jean De La Fontaine e come dicevano i Romani – Frangar, non flectar -. Hai presente una di quelle persone, pure simpatiche a dire il vero, che fanno capire subito come, nella vita, vogliono fare ciò che più gli sembra giusto senza tener magari conto del volere degli altri? E’ un bene. Non dovremmo mai, nei limiti, fare ciò che piace agli altri e magari nuocere a noi stessi ma, come in tutte le cose, c’è sempre un limite. E’ positivo per un certo verso non cedere davanti a minacce o pericoli, ed è sicuramente un bene non farsi avvilire dalle situazioni della vita.

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Spesso, la frase mi spezzo ma non mi piego, viene infatti detta all’incontrario ossia: mi piego ma non mi spezzo indicando come, al di là delle avversità, si vuole ricercare il senso della propria umanità e andare avanti a testa alta.

Quando ho detto prima che esiste gente con questo carattere ma che si dimostra anche simpatica, mi riferivo a coloro che esternano questo modo d’essere in maniera buffa ma purtroppo, spesso ci capita d’imbatterci contro chi invece tiene alta la bandiera del: “io faccio come piace e pare a me, degli altri chissenefrega” con arroganza, egoismo e spocchia.

Quando accade ciò si tratta solitamente di celare, in realtà, la paura di non riuscire nella vita ad essere abbastanza autonomi o non riuscire a sottolineare la propria indipendenza e il dover, per così dire, dipendere anche solo dalle scelte di altre persone. La cosa può spaventare alcuni individui perché, tali indicazioni non si colgono come consigli ma come ordini o imposizioni. E’ soltanto uno scudo che difende anche se detestabile per chi lo vede o ci si imbatte contro. I perché nasce questa ottica di percepire la cosa possono essere infiniti e svariati e spesso giungere dalla tenera età. Erica Jong diceva – L’orgoglio è del cervello non del cuore -.

Una sorta quindi di vivere la vita non in completa comunione con essa. Sotto un certo punto di vista infatti, non si è così liberi come si vuole dimostrare. Solo il fatto di non potersi prendere la libertà di provare eventualmente a fare come un altro vorrebbe, o l’accompagnare nella propria esistenza qualcuno senza sentirsi legati a un dovere, non è sollevante. Ecco che, parlando di “vivere la vita”, scendono subito in campo le gambe, i nostri arti inferiori che, negli anni, sono proprio loro ad accompagnarci, passo dopo passo, per percorrere la strada che abbiamo, o meno, scelto per noi.

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Nel caso particolare di oggi parlo delle ginocchia perché sono loro che vanno a riflettere questo singolare lato del vivere la nostra esistenza con una specie di guardia sempre alzata per paura di essere, in qualche modo, intaccati.

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L’orgoglio nasce proprio da lì. Un orgoglio più che comprensibile, che ha lo stesso effetto di un’arma puntata contro. – Se vedi che miro a te con un fucile a pompa, di certo non verrai a rompermi le scatole e a intralciarmi bensì, ti sposterai dal mio cammino – questo è quello che pensa il soggetto in questione.

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Si vive quindi costantemente come Rottweiler in una proprietà privata: buoni, fedeli, giocherelloni ma… non metteteli alla prova!

Veniamo però al vero argomento di questo articolo: il dolore alle ginocchia. Potrebbe anche essere una rigidità, una mancanza di cartilagine, una distorsione, una debolezza, qualsiasi disturbo ma, ognuna di queste cose, significa il medesimo risultato – Non mi piego al vostro volere! -.

 

Le ginocchia, sono quelle articolazioni, ossia giunture di epifisi tenute assieme da legamenti, che permettono alla gamba e al piede di avanzare.

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Di fare il passo e soprattutto di correre. I legamenti, tessuti elastici del nostro corpo, indicano la nostra elasticità mentale. L’essere flessibili, agili, leggeri e non solo dal punto di vista corporeo. Un malessere in questo punto definisce anche un rallentamento spirituale e ovviamente persino fisico. E’ naturale. Chiediamoci quindi se forse è il caso che ci riposiamo un attimo. Forse dovremmo rasserenarci e prendere la vita in modo diverso guardando agli altri come veri amici e non come giudici. Tiriamo giù il binocolo, non c’è alcun nemico all’orizzonte anzi, chiudiamo gli occhi e proseguiamo più lentamente (il dolore alle ginocchia ci obbliga a farlo).

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Lasciamoci guardare dagli altri, non stiamo facendo nulla di male, non abbiamo nulla da nascondere… o forse si? Si tende infatti a celare determinate azioni proprio per non sentirsi investire da chi ci sta accanto. Per nascondere meglio il nostro atto, considerato persino da noi stessi “impuro”, dobbiamo eseguirlo con velocità, lestamente e… puff! Nessuno vede nulla. Molto bene… ma che fatica! Questa fatica non verrà sopportata, né supportata a lungo dal tuo cuore e si rifletterà sul tuo fisico scegliendo appunto come zona le ginocchia. E’ probabile che tu stia vivendo in questo modo semplicemente per evitarti paternali bonarie, il tuo è un fine che non contiene né meschinità né inganno ma il problema è che stai comunque facendo un qualcosa in un modo non sereno per te stesso. In un modo non concepito dalla tua parte più intrinseca che invece pretende gioia, tranquillità e armonia.

Il nostro orgoglio fa sì che guardiamo la gente dall’alto in basso, di modo che non possiamo mai guardare in alto verso Dio -. (Fulton John Sheen) Vale a dire non poter fluire con la vita stessa, osservare tutti con molta attenzione e farsi osservare.

Prova a cambiare. Se soffri di dolore alle ginocchia sei probabilmente una persona che non ama molto i cambiamenti di qualsiasi genere essi siano. Il tuo tran tran quotidiano ti rasserena e ti tiene tranquillo nonostante a volte il suo essere nocivo del quale non ti accorgi. Ma le tue gambe ti stanno dicendo che non ti stai facendo del bene. Sii più flessibile nei confronti della vita, degli altri, delle situazioni e soprattutto nei confronti di te stesso.

Può anche accadere, pur essendo più raro, che il dolore alle ginocchia subentri in quelle persone che invece, al contrario di chi non si “piega” mai, si “piegano” troppo come segno di sottomissione.

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Sempre di paura si tratta. Infatti solitamente, si tende ad avere questo comportamento quando si ha paura di perdere chi si ama o si ha paura di perdere chi ci ama. Ci pieghiamo quindi si, ma in realtà non vorremmo farlo, quella flessione ci fa male! Faremmo di tutto però per quel “lui”, anche a costo di vivere una vita ricurvi e anche se quel “lui” non ce l’ha in realtà mai chiesto. E’ una nostra compulsione che nasce per essere accettati. La sopportazione arriva ad un certo punto così pesante che le nostre ginocchia ne risentono e percepiamo il dolore.

Sono sicura che cambiando il proprio atteggiamento, sia in un caso che nell’altro, si possono ottenere grandi benefici. Potete provare ed evitare così, innanzi tutto, di soffrire ma soprattutto di vivere una vita senza la completa libertà.

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Una libertà che lascerà spazio anche alle vostre gambe, e a tutto il vostro corpo, di muoversi come meglio credono e spaziare nel mondo che le circonda.

Prosit!

p.s.= Vi consiglio di leggere anche quest’altro mio articolo QUI che parla sempre delle ginocchia e fa una netta differenza tra il ginocchio destro e quello sinistro. Il tutto, in un post interessante che richiama all’attenzione il Padre e la Madre.

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Che sia chiaro, l’Appendice non serve a nulla

Quante volte avete sentito dire quello che cita il titolo di questo articolo?

Immagino tante. E sicuramente persino da medici o lo avete letto su qualche importante rivista scientifica. Le varie filosofie dibattono alla grande e quello che poteva sembrare chiaro fino a poco tempo fa, viene oggi ripreso in causa e rivalutato. Per alcuni, questa benedetta Appendice, dev’essere comunque lì per caso o per qualche strana mutazione genetica che non deve riguardarci. Anzi, un fastidio che bisognerebbe eliminare subito. Un qualcosa che sta nel nostro corpo di completamente inutile. Come le tonsille ad esempio (è chiamata infatti anche tonsilla addominale). Come i virus. Non servono a niente, ci fanno solo star male. Eliminiamo tutti questi scomodi orpelli. Così almeno non si ammaleranno più e noi ci siamo tolti un problema.

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Oh, ecco bene, è proprio questo il punto che non mi trova d’accordo.

Certo che si ammalano. Sono vivi anche loro. Sono parti del nostro corpo. E si ammalano sovente molto prima di tante altre parti. Ma perché? Perché sono una specie di campanelli d’allarme o forse potrebbero chiamarsi meglio “scudi”.

Immaginate un accampamento di soldati. E’ notte. Tutti i militari sono in camerata a dormire. Fuori dal momentaneo alloggiamento, sotto alla garitta e col suo fedele fucile in spalla, ci sta un giovane soldato semplice che, attento, osserva il buio territorio che lo circonda. Il suo nome è: Appendice. L’aria fredda gli taglia il viso, l’oscurità lo spaventa, il cuore gli batte forte nonostante la rigidità.

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E’ lì da solo e deve accettare tutto quello che arriva. Un soffio di vento gelido, un animale feroce, il nemico. E qualora il nemico arrivasse davvero, aggressivo, ben equipaggiato e forte, sarebbe naturalmente Appendice a perir per primo non trovate?

Molto spesso, è proprio chi fa la guardia a rimetterci. La stessa cosa accade alla nostra Appendice ma questo non significa ch’essa non serve a nulla anzi, il lavoro della sentinella è importantissimo, è fondamentale e, anche se non è proprio idoneo definirla “sentinella” bisognerebbe vederla in questo modo per aver cura di lei.

Ma che cos’è precisamente l’Appendice?

L’ Appendice, chiamata anche Vermiforme o Cecale, è una specie di protuberanza molle dalla forma tubulare, lunga dai 5 ai 10 cm circa, del nostro Intestino Crasso.

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Si trova precisamente nella parte del Cieco e può dirigersi verso diverse posizioni. Premettiamo che la scienza assicura (la maggior parte delle volte), ch’essa sia un elemento che ha perduto completamente le sue funzionalità in quanto ritenuto semplicemente un residuo intestinale erbivoro e fin qui, nulla in contrario. Forse tra millenni sparirà del tutto, come è sparita la coda o come tante altre nostre parti fisiche si sono, con i secoli, trasformate. Dicono addirittura che prima o poi andrà via anche il quinto dito del piede, il Mellino, perchè tanto non lo utilizziamo. Sarà vero? Il fatto è ch’essa, l’Appendice, c’è ancora e, a mio umile parere, è da trattare al meglio.

Come dicevo prima infatti ha la funzione di segnale in caso di problemi all’apparato digerente, o meglio, in caso di malnutrizione. Si, si, lo so che molti di voi non mi crederanno, lo so che molti di voi staranno pensando che stò dicendo delle stupidaggini ma posso assicurarvi che, al di là di altri casi specifici, con una sana alimentazione, difficilmente si subisce un intervento di Appendicite. La Medicina Orientale afferma che questo elemento sia un sacchetto pieno di batteri utilissimi per il nostro organismo come i colibacilli e i lattobacilli (Gram- i primi e Gram+ i secondi) che, come bravi soldatini, mantengono un equilibrio per noi ottimo alla presenza di agenti patogeni quali germi o quant’altro. Una dieta squilibrata può provocare un aumento di batteri nocivi che, quelli buoni, non riescono più a contrastare e da qui, si arriva ad avere la famosa Appendicite. Allora, proviamo a guardare l’Appendice da un altro punto di vista. Quello psicosomatico. Lo sapete che la psicosomatica è una filosofia che seguo, perciò la prendo in considerazione. Sempre.

Innanzi tutto vediamo che altre filosofie, e non solo la psicosomatica, tengono invece molto da conto l’Appendice, al contrario della nostra Medicina, almeno da come sembra. In secondo luogo, bisogna saper che essa rappresenta la collera verso qualcosa o qualcuno che ci impone (magari con autorità) determinate cose che noi non tolleriamo. Si ottiene perciò anche una sorta di paura, una paura inerente al non aver il determinato controllo della situazione. Il non riuscirsi a sentire completamente autonomi quando invece lo si desidererebbe tanto per poter sottostare di meno a ordini non accettati e fare ciò che meglio si gradisce. Questo ci fa arrabbiare. Dobbiamo capire che qualsiasi tipo di infiammazione, all’interno del nostro corpo, equivale a: RABBIA.

Ossia “vedere rosso”, proprio come rossa e calda è una zona infiammata.

spettacoli.tiscali.it

Il sentirsi sottomessi, o dominati, può causare quindi l’infiammazione all’Appendice. Che in realtà può divenire anche una vera e propria infezione.

Ora, se voi provate davvero questa ira, anche se magari apparentemente potete sembrare le persone più docili di questo mondo e ne siete convinti persino voi stessi, nel momento in cui subite un’appendicectomia, automaticamente vi passa anche la rabbia? No.

Voi continuerete a provare questo sentimento ma non ci sarà più l’Appendice ad assorbirlo e a farsene carico per cui, a questo punto, l’emozione negativa andrà ad intaccare un altro organo. La stessa cosa avviene con un’alimentazione errata. Una volta tolta l’Appendice, sarà l’intestino a subirne le conseguenze. Non avete più il campanello d’allarme. Colui che, anche sacrificandosi, vi ha permesso di mantenere altri organi sani.

Acute pain in a woman section of kidney

Non vi è mai capitato di sentire l’Appendice dolorante e dopo un periodo di dieta tutto si risistema? Essa si disinfiamma appunto con una sana alimentazione. Ovviamente non funziona sempre così, ci sono persone con problemi gravi all’intestino senza mai aver infiammato l’Appendice. Ma non arrivate a tanto. Vogliate bene alla vostra Appendice. Non è vero che non serve a niente.

Certo che si può vivere anche senza! Si vive bene anche senza altre cose.

Ma è come se un jolly ce lo fossimo già giocato. Infine, le ultime ricerche scientifiche ammettono che l’Appendice così inutile non è, soprattutto poi per lo sviluppo del feto. Lo considerano addirittura un importante organo linfopoietico ed immunopoietico utile all’origine di tante cellule immunocompetenti che costituiscono il sistema difensivo delle mucose. Le mucose sono come dei tessuti dalla fondamentale importanza per il benessere del nostro organismo e ne abbiamo in tutto il corpo di diversi tipi. Lo proteggono e lo rivestono.

Insomma, le teorie sono diverse e potrete scoprirlo voi stessi facendo delle semplici ricerche. Chi dice che serve, chi dice di no, chi dice che occorreva all’uomo quando si cibava prevalentemente di vegetali, chi dice l’inverso. Forse nessuno può davvero spiegare con massima precisione la realtà, perciò penso che ognuno potrebbe credere a quello che vuole. Probabilmente nessuna dottrina può essere completamente vera o completamente falsa. Io, rimango dell’opinione che un corpo sano e completo, sia l’optimum. Che ne pensate?

Prosit!

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Un’altra complice carica di indizi

Scrivo questo articolo dopo averne postato uno che racconta tutto quello che sa dirci la nostra pipì. Potete leggerlo QUI se volete. Oggi, voglio tradurvi la lingua di un’altra grande nostra complice, una complice che noi stessi creiamo ma forse non sappiamo leggere al meglio. Essa è la pupù. Vi parrà strano ma è proprio così e, la maggior parte delle volte, la lasciamo fuggire via senza nemmeno darci un’occhiata. Bhè, gli esami delle feci esistono da molto tempo, molto più di quello che possiamo pensare e, quelli eseguiti ai giorni nostri, non hanno necessariamente bisogno sempre di un microscopio. Un occhio un pò esperto può, da esse, capire già molte cose prima di procedere a ricerche più specifiche.

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Innanzi tutto bisogna sapere che la nostra pupù è in correlazione con ciò che tratteniamo e ciò che espelliamo. Vedete, dovremmo andare in bagno una volta al giorno. Sarebbe  l’ideale. Se ci si va di più, o di meno, significa che può esserci qualche disguido. Ovviamente, i motivi principali a tali disturbi possono essere l’alimentazione, le patologie, i medicinali, i virus e i batteri, i cambi di temperatura repentini, i cambi di luogo e queste situazioni, in alcuni casi, le stabilirà il vostro medico ma, io vi racconterò qualcosa di meno conosciuto. Se non si va quotidianamente in bagno, si parla di stitichezza che può essere più o meno accentuata. La stitichezza significa trattenere e, naturalmente, non solo le feci. Anche i propri impulsi. Se si ha paura di dispiacere a qualcuno e di non essere più amati di conseguenza, ci si trattiene in determinati comportamenti. Questo potrebbe essere un motivo che causa un’evacuazione non regolare ma ce ne sono molti, molti altri. Ad esempio il non avere tempo di soddisfare i propri bisogni (in generale) avendo altre mille cose da fare che si reputano, nella nostra morale e nella nostra educazione, più importanti, oppure ancora, il rimanere aggrappati alle proprie idee che non riusciamo o non vogliamo cambiare. “Lasciar andare”. Questi sono solo alcuni esempi e portano, talvolta, al divenire avari. Avari non solo e non tanto dal punto di vista economico ma anche dei sentimenti, delle emozioni, della gratitudine nei nostri confronti per paura forse o per mille altre motivazioni. Avari anche solo con se stessi. Chi è stitico è solitamente una persona che vive troppo attaccata al passato. Non riesce a liberarsi di certi concetti, di certi ricordi. Non riesce a concentrarsi solo sul presente. Le situazioni che gli si ripropongono, lo portano a mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti appunto in passato da situazioni simili e forse, giudicando un pò troppo, si lascia condizionare in ciò che deve invece fare oggi. Al contrario della stitichezza abbiamo la diarrea. La diarrea ha invece come significato il rifiutare qualcosa. Un qualcosa che ci infastidisce del quale vogliamo liberarci il prima possibile. Solitamente una situazione che ci crea angoscia, rabbia, frustrazione, inibizione, ansia, svalutazione, paura… A volte, anche un senso di colpa del quale vogliamo disfarci inconsciamente può trasformarsi in diarrea e, ovviamente, tutto è vivo in quella zona della mente che non sappiamo interpretare. Si tratta quindi di persone che soffrono di questo fastidio, che vogliono fuggire da ciò che causa loro il malessere. Persone che solitamente rimuginano sovente. Persone più propense a pianificare il loro futuro, a sperare che vada sempre tutto bene nel loro destino più prossimo. La diarrea potremmo affiancarla come somiglianza al vomito ma, mentre per il vomito si parla prevalentemente di ansia non decodificata, per quel che riguarda la diarrea dobbiamo anche specificare l’aver metabolizzato quel fastidio, averci ragionato sopra e, aver dato quindi a lui, il potere di crescere in noi divenendo insopportabile. La pupù dello stitico è asciutta, compatta, dura, quasi priva di acqua (fonte di vita), così come lo sono talvolta i suoi pensieri un pò troppo severi con esso stesso. La diarrea invece è un fermento! Un gran macello, con tantissima quantità d’acqua, troppa, che stiamo buttando via. Non per niente, lo sapete tutti, diarrea e vomito disidratano. “Uffi! Insomma cosa faccio adesso? Come andrà a finire (in futuro)? Via! Basta! Non ne voglio più sapere!”. Questo è ciò che dice il nostro inconscio in caso di diarrea prima che avvenga l’attacco manifestato come un disturbo.

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Andando a interpellare il pensiero positivo, egli ci consiglia di dirci e auto-convincerci con queste frasi che riporto qui sotto, a seconda di quale sia il nostro inconveniente.

La stitichezza può essere sconfitta con questo pensiero: “mi libero del passato, do’ meno peso ai pensieri e ai doveri e provo a ricominciare dall’inizio in modo più libero e armonico, soddisfacendo i miei bisogni”.

La diarrea invece può giungere al termine con questo pensiero: “tutto è in pace dentro di me. Mi rilasso e lascio che tutto scorra nei suoi giusti tempi. Al futuro non penserò mi focalizzerò sul presente”.

Provateci, con convinzione ovviamente. Le feci ideali dovrebbero essere come vi ho già detto quotidiane, della consistenza di una banana, la forma di una salsiccia e un colore che varia in diverse tonalità di marrone a seguito di quello che introduciamo nel nostro corpo.

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Il loro odore invece, è sgradevole si sa, ma non dovrebbe essere pestilenziale e nauseabondo. L’azione dei batteri, all’interno del nostro organismo, fa si che la pupù abbia un odore poco apprezzabile dal nostro olfatto ma, l’esagerazione, determina una cattiva alimentazione o altri fattori che aumentano la puzza. Tenetevi d’occhio quindi e anche di naso! “Andare di corpo” (autonomamente) è inoltre un importantissimo processo che rappresenta una delle fasi principali dello sviluppo dell’individuo, vale a dire la fase anale studiata da Freud nell’arco della sua professione.

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Una fase che avviene più o meno quando l’essere umano ha all’incirca 18 mesi di vita fino ai suoi 3 anni. E’ un periodo complesso questo, in cui s’iniziano a gestire gli sfinteri ossia ciò che si trattiene e ciò che si espelle. Un inizio della propria autonomia. Questo avviene con appagamento se si vive e si sorpassa una buona fase anale e ci ritroveremmo in seguito con una persona adulta equilibrata e serena da questo punto di vista. Freud però dice che, chi non percorre al meglio questo lasso di tempo, in cui le feci vengono viste come veri e propri doni (per la mamma), può divenire in futuro, quello che si identifica come persona dal carattere anale espulsivo o persona dal carattere anale ritentivo, e può essere soggetto a caratteristiche poco piacevoli non solo per gli altri ma soprattutto per se stesso. Di tutto ciò ci saranno naturalmente diversi gradi di disequilibrio, anche lieve, come la maggior parte di noi ha. Il carattere anale espulsivo tenderà ad essere disordinato, irascibile e voglioso di distruggere ciò che non gli sta bene con una spiccata forza nel riuscire a far di tutto per far si che le cose vadano come vuole lui. Il carattere anale ritentivo invece, potrebbe svilupparsi come persona timorosa, attenta, molto organizzata, ordinata, giudice e dalle vedute poco aperte nel senso che, come accennavo prima, tende a ristagnare nei ricordi.  Non sottovalutiamo mai la nostra pupù quindi e, soprattutto, non sottovalutiamo mai la quantità di volte in cui andiamo in bagno per espellerla.

Prosit!

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Soffri di Sinusite? Pensa bene… Cosa non sopporti più?

Cos’è che ti sta dando così fastidio? Una situazione o una persona? Ti chiedo questo perché secondo le filosofie che ho studiato, tra le quali la psicosomatica, soffrire di sinusite, infiammazione molto dolorosa alle mucose dei seni paranasali, equivale a non sopportare più o una situazione che stai vivendo, o una persona che ti è vicina. Troppo vicina.

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Si da invece solitamente colpa al freddo, al tempo e all’umidità ma, in realtà questi, non sono gli unici fattori per certe teorie. Quando l’attacco ti colpisce, dal momento che alcune sinusiti diventano croniche e quindi si ripetono, prova a chiederti cosa o chi non hai sopportato in quel periodo. Oppure, prova a ricordare se quando eri affetto da questo malessere, stavi nel contempo convivendo con un disagio. Una mia cliente, una ragazza giovane di 27 anni, usciva da quattro anni con un ragazzo. Dopo i primi tre anni passati allegramente e nella più totale spensieratezza, la situazione precipitò perché a lui morì la mamma alla quale era molto affezionato. Egli si spense, divenne malinconico e introverso e, nonostante la voglia di stargli vicino e rincuorarlo, la mia cliente, dopo un anno, iniziò nel suo inconscio soprattutto, ma anche nel suo conscio, a non sopportare più quell’uomo che aveva di fianco. Un uomo triste, pessimista, nervoso. Lo giustificava ma non lo accettava. Avrebbe voluto continuare a sorridere con lui, a divertirsi, passato il momento di shock. Avrebbe voluto che la vita andasse avanti. Continuava ad amarlo ma, entrare in casa e trovarlo con le lacrime agli occhi, raccontargli una cosa simpatica e non vederlo nemmeno sorridere, condividere con lui un progetto e non sentirlo gioire, dopo un anno, le divenne insopportabile. Capiva perfettamente quel dolore ma non voleva che rovinasse la loro vita. Per stare bene anche dal punto di vista fisico, la mia cliente avrebbe dovuto lasciarlo, oppure riuscire a farlo cambiare, oppure ancora imparare ad accettare e amare lui così com’era per quello che era diventato. Ma lei non si sarebbe mai innamorata di una persona così. Lei non si sarebbe mai messa insieme ad un uomo com’era lui ora, quattro anni prima. Non era per niente affetta dalla – sindrome della crocerossina -. Anche riuscire a cambiarlo era dura dal momento che non ce l’aveva fatta in un anno, provandole tutte, e dal momento che lui non aveva nessuna intenzione di farsi aiutare da un professionista. Rimaneva come unica scelta quella di lasciarlo. La sinusite della quale iniziò a soffrire periodicamente, se ne sarebbe andata ma il cuore le si sarebbe probabilmente spezzato. Un giorno venne da me e mi disse – Ho deciso di mollarlo – e io le chiesi cosa l’aveva portata a questa decisione. La sua risposta fu questa – Mi sono resa conto che fondamentalmente io non ho mai amato lui ma il suo modo di riuscire a farmi divertire, a farmi estraniare dai problemi, era per me uno sfogo non un amore. Ho capito che se riesco ad eliminare o a trasformare quelli che io considero “problemi” in occasioni, o comunque a non farmi rattristare da loro, potrò avere un uomo vicino come uomo e basta e non come “salvagente” -. I due quindi si lasciarono. Ovviamente non sempre deve andare così ma lasciatemi finire di raccontare. Ora, la mia cliente, ha un’altra relazione nella quale si preoccupa di condividere i bei momenti per la loro unica bellezza intrinseca e non come evasione. La sua sinusite è scomparsa. Da due anni non ce l’ha. La cosa strana è che anche il suo, ormai ex, fidanzato sta meglio perché su di lui, inconsciamente, gravava il peso di non riuscire a dare alla sua compagna ciò che sapeva lei desiderava; una sorta di ansia da prestazione lo invadeva, tutto per un meccanismo interno che è difficilissimo da spiegare. Non riusciva a farla ridere come un tempo, a farla divertire, a “portarla via” e questo lo faceva stare ancora più male ma, il tutto, continuava invece ad essere implicato solo nei confronti della mamma defunta. “Sarà perché è morta mia madre che sono così, sarà perché è morta mia madre che mi sento male, ancora non passa questa storia della morte di mia madre…”. Continuava a ripetersi, a credere e soprattutto ad esternare. Probabilmente anche lui ora starà con un’altra persona, una persona che ha sicuramente dei bisogni come la maggior parte di noi ma non come quelli della sua precedente ragazza. La mia cliente continuava a stare con lui credendo di amarlo e credendo che lui avesse bisogno di lei dopo quella grave perdita ma non era per niente così! Eppure è la prassi, così ci hanno sempre insegnato. Quello che mi sento di consigliarti è che nel momento in cui riconosci una situazione o una persona come deleteria nei tuoi confronti, prova a cercare ulteriori soluzioni, prova a modificare gli eventi. Fallo anche quando la morale ti viene contro. La sinusite ti sta suggerendo questo. Prova a non accettare quel qualcosa. E molte volte, le soluzioni ci sono, ci vuole solo un po’ di coraggio. trend-online.com

Perché vedi

tutto quello che vuoi c’è,

è dall’altra parte della paura.

(Jack Canfield)

Come diceva Darwin, non è colui che si presenta più forte o più intelligente a sopravvivere bene ma colui che riesce a mutare adattandosi alle nuove situazioni. Prima di concludere ti darò però anche qualche rimedio naturale contro la sinusite:

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SUFFUMIGI: E’ sempre molto utile effettuare dei fumenti in caso di sinusite in quanto il muco tende a solidificarsi all’interno dei seni paranasali senza riuscire a fuoriuscire, infiammando così le pareti e le mucose. Si può far bollire nell’acqua un po’ di Bicarbonato e/o un po’ di Eucaliptus che hanno l’azione di rinfrescare e disinfiammare, ammorbidendo anche, grazie al vapore caldo, il muco duro, compatto. Attenzione però a non esagerare in quanto si rischia di creare una specie di ebollizione interna ossia, trasformare il muco in bolle che scoppiettando andranno ad infiammare altri seni.

IMPACCHI: Puoi applicare degli impacchi caldi di Zenzero sulla zona centrale del viso e della fronte (se hai la pelle sensibile ti consiglio solo sulla fronte) intercambiandoli di tanto in tanto, in modo da non lasciare miscele fredde sulla pelle. Anche qui non dovrai esagerare. La parte interessata diventerà rossa, è normale, ma non andare oltre eccessivamente altrimenti rischierai di traumatizzare la pelle perché lo Zenzero è davvero un potente antiinfiammatorio e va usato con cautela. Le pezze inoltre non dovranno essere bollenti perchè quando c’è infiammazione c’è già calore che non conviene aumentare.

TISANE: Quando si ha già parecchio muco o catarro all’interno del nostro corpo, non bisogna bere in eccesso altrimenti si continuerà a produrne sempre di più ma, tre dita al giorno di decotto di Radice di Loto, non potrà farti che bene. E’ un ottimo fluidificante ed espettorante. Basterà far bollire qualche rondella di questa radice in un pentolino, filtrare l’acqua che quando è pronta diventa di color marroncino/rossastro e berla. Ad alcuni piace anche fredda ma io te la consiglio calda e con dentro magari un cucchiaino di Miele biologico.

Infine, durante il periodo di malattia, porta sempre, anche in casa, una fascia o un cappello di lana che ricopra la tua fronte e le tue orecchie, soffia il naso più che puoi. E’ assolutamente vietato “tirare su col naso”. Devi eliminare il più possibile queste scorie. Se il naso ti si spela e diventa rosso, niente paura, alla sera, prima di andare a dormire, cospargilo di crema – Prep – che puoi trovare in qualsiasi Supermercato o in Farmacia, ti donerà sollievo, ridurrà l’escoriazione e, con il suo delicato profumo al Mentolo, ti permetterà di respirare meglio.

Prosit!

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