Borse sotto gli occhi? Svuota il sacco!

DUE PICCOLE ZAVORRE

Trattenere le emozioni, si sa, non è cosa buona e giusta. Ci facciamo del male inutile. Il vaso, dopo un po’, si riempie e straripa. Ma di quale vaso sto parlando? In questo specifico post si tratta in realtà di due vasetti posti proprio sotto ai nostri occhi (chiamati palpebre inferiori). Due raccoglitori.

Da che il mondo ha vita si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima e, in questa frase, qualcosa di vero c’è. Quando, attraverso le emozioni, la nostra parte animica non può esprimersi, perché non glielo permettiamo, è come se i suoi voleri iniziassero a ristagnare in questi contenitori. Ristagnano in molte altre parti del nostro corpo, e spesso possono causare disturbi fisici, sgradevoli da accettare e sopportare, ma oggi ci collegheremo più precisamente all’emozione della tristezza.

Chi vive una vita nella rabbia, anche celata, o nella paura, non può certo essere felice e quindi la tristezza riempie e avviluppa quella persona prendendo sempre più piede.

Le lacrime, anche se possono mostrare talvolta la gioia, ne sono il fenomeno visibile primario ma, in questo caso, non si parla di trattenere questo liquido, si tratta di trattenere molto di più. La menzogna ad esempio.

LE BUGIE HANNO UN PESO

“Svuotare il sacco” è collegato all’eliminare le emozioni ma anche al dire la verità. Non per questo si intende dover confessare per forza una tiritera di bugie raccontate, il problema risiede nel fatto che se hai paura (paura – madre di tutte le emozioni negative) menti. Menti agli altri che temi o menti a te stesso o menti per il quieto vivere ma comunque menti.

Diffidate da chi ha borse sotto gli occhi soprattutto se accompagnate da occhiaie, non è una persona del tutto sincera (le borse sono una cosa, le occhiaie un’altra).

Non dovete temerla. Probabilmente non è cattiva ma potrebbe avere dei lati oscuri in grado di danneggiare anche voi. Mica lo fa apposta ma, per la sua salvaguardia e il suo benessere, potrebbe calpestare i vostri sentimenti o rivelarsi menefreghista o sfruttarvi per il suo interesse (fosse anche affettivo) o manipolarvi dolcemente, etc… Mi riferisco a colui che fa del danno agli altri oltre che a se stesso.

Ciò nonostante, anche chi non ha borse sotto gli occhi può mentire ma, a causa dei suoi traumi passati, potrebbe subire differenti disturbi. Ebbene sì, passare una vita a raccontar bugie, non porta mai nulla di buono nemmeno al nostro fisico.

Chi ha borse sotto gli occhi cela una grande quantità di tristezza in cuor suo. È un insoddisfatto, probabilmente stressato e invidioso.

La vita gli ha sicuramente riservato un trattamento sovente poco carino ma, dal momento che siamo gli artefici e i responsabili della nostra esistenza, dobbiamo chiederci perché si è creata questa vita così angosciante e frustrante.

Se anche non credessimo a questo, volendo dare comunque la colpa agli altri, occorre focalizzare come prendiamo certi avvenimenti. Nel nostro interno cosa succede? Quanta resilienza abbiamo? Quanta voglia di pensare al positivo c’è dentro di noi? Quanto riusciamo a lasciar andare? Quanto siamo schiavi del fastidio, dell’ira, del disgusto, della sfiducia, dell’approfittarci, dell’essere disonesti e quant’altro?

LE LACRIME SONO IL SANGUE DELL’ANIMA (Sant’Agostino)

Banalmente, si potrebbe dire che chi manifesta queste sacche piene, ha due borse colme di lacrime che non sono fuoriuscite. E quanto danno stanno facendo a stare ferme lì.

Anche se non si sente ne il bisogno, ne’ la voglia di piangere e nemmeno se ne percepisce il motivo, occorre non cadere nell’errore dell’apparenza. Ad esempio, se tu manipoli gli altri con gentilezza, per un tuo scopo e al fine di ottenere quello che vuoi, ti senti sicuramente bene e per nulla triste. Pertanto, avverti più voglia di ridere che di piangere (apparentemente/mentalmente) e potresti trovare le mie parole inesatte o false. Quello che non capisci è che comunque, per stare bene te, stai sfruttando gli altri in un gioco meschino anche se educato e quasi amorevole. Significa che non sei in grado di stare bene da solo, soltanto grazie alle tue capacità e al tuo essere. In profondità, ti credi insufficiente a te stesso, un insicuro, un mediocre, uno che non è degno e questo sarà quello percepito dal tuo cuore, dal tuo animo più intimo, dalla tua natura che invece sbatte come un serpente ferito perché conosce bene la tua perfezione e la tua bellezza.

Questo era solo un esempio, ma quanta fiducia hai in te stesso? Quanta fede totale hai nella vita? Quanta armonia, alla fine dei conti, c’è dentro di te?

Prova a svuotare il sacco e prova a riempirlo di fiori, di belle parole, di pensieri entusiasmanti e di cose meravigliose; esse non occupano spazio.

Prosit!

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Ti spiego perché fai del bene ma ricevi del male

L’INTENTO NASCOSTO

Quello che leggi nel titolo l’ho già spiegato molte volte ma forse in modo troppo generico e senza dare alcuni suggerimenti importanti da prendere e mettere in pratica come se fossero esercizi. Un allenamento vero e proprio per te che fai sempre del bene ma ricevi dagli altri il male, un male che indossa diversi abiti: lo sfruttamento, l’approfittamento, la presa in giro, il tradimento, l’assenza di ringraziamento, etc…

Vedi, tutto risiede in un punto ben preciso del tuo essere. Sì, hai capito bene, anche la reazione “sbagliata” degli altri nei tuoi confronti, risiede proprio lì, in quel punto assolutamente fondamentale ma nascosto. Forse, non è proprio così nascosto ma passa inosservato.

In pratica, tutto sta nel tuo INTENTO.

Ora ti spiego. Sai cos’è l’intento? L’intento è il movente che ci fa compiere tutto ciò che intendiamo compiere. Prendere una decisione, fare una cosa, dire una parola… Arriva persino prima del pensiero, pensa. A volte, magari, preferiamo agire diversamente dal nostro intento ma, il nostro intento, comunque, risiede in noi. Se io volessi mandarti a quel paese, ad esempio, ma per il quieto vivere lascio perdere e sto zitta, quel “vaffanculo” (mi si perdoni ma rende l’idea) dentro di me continua ad esistere. E rimane lì. Scusa se cambio un attimo discorso ma mi preme dirti che, al centesimo “vaffanculo” non detto, potrebbe venirti un mal di gola tremendo eh!

Ma torniamo all’intento, quel punto massimo, quello che può, quello che decide, hai capito quindi cos’è? Quella forza che ti fa muovere. Quella intrinseca. E può effettuare scelte sia positive che negative.

SII SINCERO

Bene, ora, per andare avanti ho bisogno di tutta la tua sincerità. Per favore, togli un attimo tutte le maschere che a volte sei costretto ad indossare e leggi con il cuore le mie parole. Tanto non ti sta vedendo nessuno. Spogliati di ogni imbarazzo e guardati dentro con occhi sinceri perché dovrai rispondere la verità alla domanda che sto per farti.

La domanda è: nel tuo più profondo, perché hai sempre così tanta premura nei confronti degli altri? Cosa si muove davvero dentro di te?

Se risponderai a te stesso, in modo ben ponderato, potrai osservare che un mondo nuovo si sta aprendo dentro di te. È un mondo che è sempre esistito ma che celavi inconsciamente perché lì risiedevano cose che non ti andava di guardare. Guardale adesso, in tutta tranquillità, tanto ci sono io e ti potrò dare un valido aiuto per modificare in meglio questo lato della tua vita.

In questo mondo, rispondendo onestamente alla domanda, noterai che esistono tanti motivi. Io te ne elenchero’ qualcuno, ma sarai tu che dovrai fare lo sforzo di sentire quale ti risuona dentro o cercarne dei nuovi. Solitamente, mi duole dirtelo, ma in realtà è un bene, quello che più ti infastidisce o rifiuti, è proprio il motivo che più ti appartiene. Eccone diversi:

– perché i miei genitori mi hanno insegnato a fare così e se facevo così ero apprezzato da loro.

– perché facendo così dimostro di essere una bella persona e piacero’ agli altri. Ho bisogno di piacere agli altri.

– perché facendo così mi assicuro una ricompensa, una sorta di premio.

– perché facendo così distruggo la sofferenza degli altri. Io odio la sofferenza, la tristezza e tutte le emozioni negative.

– perché facendo così mi metto nella posizione del brav’uomo e nessuno farebbe mai del male ad un brav’uomo.

– perché facendo così ho più possibilità di essere amato, visto. Le persone pendono sempre dalle labbra di chi le salva.

– perché facendo così dimostro la mia rettitudine, la mia onestà e mi sento pulito davanti alla mia coscienza.

– perché facendo così vengo giudicato bene e non male dalla gente.

Questi, come dicevo, sono solo alcuni esempi. Ora dovresti rispondere. So bene che certi possono sembrarti biechi, subdoli e sporchi ma così è, o potrebbe essere, e non devi sentirti in colpa. Sei semplicemente un essere umano che, come tutti, ha dei bisogni. Ognuno diverso, ma che discendono sempre dalla mancanza d’amore. Quindi, sii corretto con te stesso e ammetti il perché ti prodighi tanto per gli altri. Non nasconderti dietro al – Mi piace vederli felici! – perché tu puoi mentire a te ma non all’Universo e, se ricevi del male dagli altri, vuol dire che un motivo c’è e che ora ti spiego.

SE NON E’ AMORE CHE AMORE E’?

Tutti gli esempi che hai letto, per belli che possono essere, non contengono amore incondizionato. Nessuno di quelli che ho scritto. Non contengono generosità pura (figlia dell’amore) e non contengono entusiasmo. Ora ti dirò una cosa che forse ti lascerà interdetto. Lo sai che a volte nemmeno per un figlio si fanno cose piene soltanto di amore incondizionato?

Lo sai che la maggior parte delle volte che si dona una moneta ad un mendicante, in realtà, la si dà più per il giudizio della gente (mendicante compreso) attorno a noi, che per il nostro cuore traboccante di amore puro?

Ma veniamo al sodo. Tutti questi motivi, che possono anche contenere della generosità ma è una generosità appannata, sono gli intenti di cui parlavo prima. E sono sinceri e senza orpelli. Nessuno li vede, stanno dentro di te e tu hai imparato, negli anni, per sopravvivenza, a camuffarli bene. Il problema però è che la risposta da parte degli altri (del mondo) riguarda proprio il tuo intento, pertanto, se nel tuo intento non c’è stato puro amore non riceverai puro amore bensì ciò che hai mandato come messaggio intenzionale, raddoppiato, affinché tu possa vederlo bene. Perché ricevi inganni? Perché tu per primo hai ingannato. Magari hai ingannato te stesso. Perché ricevi dei – No -? Perché tu per primo hai detto – No – al rispetto verso di te, quando hai dovuto abdicare davanti a un bisogno che ti pareva più appagante. Perché neanche un – Grazie -? Perché non sei stato generoso, hai solo risposto a un dovere.

Tu vali quello che dai non quello che ricevi. Il valore sta nel tuo gesto, quello che ricevi è solo una conseguenza di quello che hai dato, o meglio dell’emozione che permeava ciò che stavi dando in quel momento. Capisci?

Inoltre, se ti aspetti dagli altri un – Grazie – o un – – è come se attendessi in cambio un qualcosa, pertanto, è come se il tuo interesse fosse focalizzato lì, su quel qualcosa, nulla a che vedere con il puro amore!

LA VOGLIA DI CAMBIARE

Ma come fare a diventare veramente generosi e ricevere così generosità vera, gratitudine sacra, regali, favori e molto altro? Ti sembrerà strano ma, come per tutte le cose, occorre allenarsi.

Inizia con cosine piccole. Dalle o falle, al prossimo, anche se non ti vengono chieste. Inventa dei modi per far del bene, per far nascere un sorriso. Fai della beneficenza, a piccole dosi, senza farlo sapere in giro. Prova, più avanti, a donare uno sguardo dolce e sincero proprio a chi detesti.

All’inizio, tutto questo, prima di passare dal cuore sarà solo mentale e potrà sembrarti strano se non addirittura fastidioso ma, col tempo, ti abituerai.

La regola numero 1° è quella di mettersi nei panni di chi riceve. Ossia, tu cosa proveresti se ricevessi quella determinata cosa? Ecco, devi creare la stessa situazione. Ipotesi: se arriva una persona da te che hai un ristorante e ti chiede un panino ma ti dice che non può pagare, dovresti fargli il panino più buono e più grande del mondo. Lo stesso sandwich che vorresti mangiare tu affamato. Dona quindi ciò che ti renderebbe molto gioioso. Cerca di provare le stesse sensazioni. Fai finta di essere tu quello che sta ricevendo e invece sei il donatore. Naturalmente, un domani, saprai valutare. Non ti sto dicendo che devi andare in malora per aiutare gli altri. Ti sto suggerendo alcuni metodi e le sensazioni che devi imparare a provare nel tuo cuore.

Tutto ti tornerà indietro e moltiplicato, così funziona. Non aver paura.

I primi tempi, lo scombussolamento delle tue frequenze, potrebbe creare un po’ di confusione e potresti vivere situazioni peggiori di quelle antecedenti ma continua, non demordere. Pian piano tutto si stabilirà a tuo favore. Vedrai che presto, quando sarai tu a chiedere un piacere, ne riceverai il doppio e di bellissimi. E, soprattutto, dati con gioia senza nessuna pesantezza.

Buon allenamento e preparati a ricevere il meglio. Sta arrivando!

Prosit!

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Il Tarlo e la bellezza del Contrario

PUNTI DI VISTA

Fino a qualche tempo fa cercavo di evitare i discorsi che andavano verso una strada differente dalla mia. Non per presunzione o supponenza, o voglia di avere sempre ragione, lo giuro. Semplicemente avevo paura del confronto. Mi spaventava, mi destabilizzava, non mi trovava pronta. Mai. Non avevo i mezzi per reggere la mia tesi, o meglio… li avevo eccome, ma nascosti da un mucchio di paura che non mi permetteva di vederli e di usarli. Era invalidante.

Chi mi conosce sa quanto scrivo, quante cose ho da scrivere o da dire e mi tarpavo le ali da sola, evitando di esporre alcuni concetti che mi avrebbero portato punti di vista diversi dai miei.

Che poi, i punti di vista diversi, sono così belli! Conosci nuovi mondi, hai l’opportunità di crescere, impari a dare diverse risposte al prossimo giro e impari anche a saper valutare in modo più olistico. Impari ad avere ancora più ragione su alcuni aspetti o capisci, in altri, quanto male puoi fare agli altri… o quanto bene!

Ma… nulla. Nulla di tutto questo poteva appartenermi perché io, il confronto, lo evitavo a priori. Se poi, chi avevo davanti, si rivelava una persona arrogante e boriosa, per me era ancora peggio! Dovevo “combattere” tenendo conto pure di quella strana forma di aggressività altrui.

Non mi stavo accorgendo però che, tutto questo, nel mio inconscio, stava allevando un tarlo. Un tarlo già esistente e che ora pranzava ogni giorno, di nascosto, diventando sempre più pasciuto e risoluto. Era il tarlo della svalutazione.

IL MANGIAPOLPA

Era il tarlo del: non riesco a… ho paura… e se poi?… non valgo… non ce la faccio… etc…

La cosa bella fu che lo vidi. Per questo promuovo sempre l’autosservazione. È un’arma meravigliosa che abbiamo “tra le mani”… anzi no, nel cuore.

Vedendolo, e vedendo che rosicchiava ogni giorno di più, sempre più bramoso di me, decisi di dichiarargli guerra, una guerra priva d’odio (come potevo avercela con un “figlio” creato da me?) ma determinata e allo scopo di liberarmi.

Iniziai piano piano, incerta, muovendo piccoli passi come a camminare sulle uova. Provai il primo tentativo. Parlare apertamente di un argomento. Un tema assai banale che ora non ricordo, ma ricordo che aveva molti punti di forza a mio vantaggio. La prima volta dovevo – vincere facile -. Il più sta nel proseguire più avanti, e mettersi in gioco calibrando le difficoltà, cercando di ascendere.

Andò ovviamente benissimo e questo mi diede la forza di provare un secondo giro di giostra appena più difficile del primo. Ricordo il brividino nello stomaco. Il tarlo probabilmente si stava sfregando le zampe, pronto a cibarsi, ma non glielo permisi e rimase a bocca asciutta. Con la terza e la quarta prova superata, l’insetto iniziò ad avere fame e si stava innervosendo non trovando più la pappa alla quale era abituato. Quello era il momento del “o molli, o prosegui verso il colpo di grazia”.

Sì, perché la sua fame inizia a intimorirti. Inizi a vedere lo spessore della cosa e quella cosa diventa sempre più ostica.

A VOLTE, MEGLIO BOIA CHE GIUDICE

Decisi di scegliere la via del colpo di grazia. Lo feci postando su un social una riflessione che andava contro un cliché e canoni sociali verso i quali, molti burattini (senza offesa), si muovono. Desideravo far vedere il mio punto di vista e avevo l’ambizione di trasformare quelle marionette in esseri umani pensanti, roba che Collodi mi fa un baffo!

Il tarlo iniziò ad agitarsi esageratamente. Pungeva con le sue piccole zanne ricurve alla ricerca di pezzi di cibo. Scalpitava, correva veloce sbattendo le sue zampe contro il mio cervello. Mi sembrava di essere in un’altra dimensione. So che per alcuni di voi tutto questo può sembrare esagerato ma per certe persone, forse anche traumatizzate dal non poter dire la propria versione, esagerato non è.

Ascoltai il tarlo e mi centrai. Cercai di separarlo da me. Di separare me stessa dal mio corpo, dalla mia mente e, per qualche minuto, non lo sentii più. Silenzio. Il tempo di recuperare le energie. Mi ci volle poco a godere di ottimi risultati che arrivarono subito. C’erano persone che la pensavano come me! Che bellezza! Ma… ma allora non era proprio tutto sciocco quello che dicevo! Ma… ma allora potevo dirlo!

Sì, ok, potevo anche trovare chi era contrario ma se in gran numero mi davano ragione potevo affrontare bene chi era contro di me. Stavo prendendo coraggio. Sempre di più. E se fossi stata l’unica persona a pensarla in un certo modo? Beh… che dire? Meno male no? Il mondo è bello perché é vario… Oh certo! Insomma, nel limite. Mi premeva ovviamente non offendere, non mancare di rispetto, non fare male e anche non impedire niente a nessuno.

Fatto sta che oggi non ho problemi a dire quello che penso e a padroneggiare il mio discorso. E ne sono felice. A volte, qualcuno mi scrive “…perdonami se non sono del tutto d’accordo con quello che dici ma…“. Non devo perdonarti! È un piacere oggi confrontarmi. Sono proprio curiosa di sentire cos’hai da dire, magari imparo quel che non sapevo.

Anche perché, alla base, non ho nessun problema a chiedere scusa qualora mi facessero notare che ho scritto, o ho detto, o ho pensato una grandissima cavolata. E allora, che liberazione! Sono diventata così brava da combattere anche contro gli albagiosi ma… sinceramente non ci trovo molto gusto. Oggi, preferisco lasciar perdere, soprattutto contro quelli che, con arroganza, vogliono obbligarti a parlare. Oggi, preferisco comunque sempre la dolcezza, nonostante le doti acquisite, e sorrido ricordando quella che ero e quella che, “aggredita” dal primo spocchioso che passava, andava a zittirsi in un angolo. Oggi, il mio tarlo è morto dopo lungo digiuno. Ha provato con l’alimentazione pranica ma non c’è riuscito. Era proprio un tarlo creato da me: il mangiare prima di tutto.

Prosit!

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A volte guardo le Persone

A volte guardo le persone. Quante sono…! Tutte diverse tra loro eppure tutte così uguali.

Camminano veloci, muovendosi tra loro senza nemmeno osservarsi. Si passano davanti, o accanto, senza notare a chi si sono avvicinate. Tutte così prese dal guerreggiare contro l’uno o contro l’altro, oppure nella totale indifferenza senza comprendere e senza sentire quanto invece si è utili per gli altri. Ognuno di noi.

Non si percepisce l’immenso disegno universale che ci vede tutti uniti a lavorare assieme come le cellule del nostro corpo. Come se fossimo cellule di un grande corpo.

Si sottolinea la differenza tra il mendicante e il riccone e non si nota come collaborano invece le particelle del nostro fegato e quelle dei nostri reni.

A volte guardo le persone. Sono tutte belle. Ognuna di loro ha una particolarità unica, fisica o meno, che la rende irresistibile. Le guardo e ne noto la bellezza. Un duro allenamento, non lo nego, soprattutto per una sociofobica e misantropa come me. Ma da cosa dovevo fuggire in fondo? Come potevo non amare chi è come me e chi mi sta accanto, ogni giorno, anche al supermercato? Di cosa avevo paura in realtà?

La meraviglia del creato sta anche in questo e in tutte loro. Non si manifesta soltanto in un bosco, in un’alba, in un animale dai colori sgargianti.

L’umanità è la creazione più affascinante dell’Universo, dalla bellezza nascosta. La più difficile da vedere. Una bellezza da scorgere con altri occhi, oltre al fastidio, l’offesa, il timore e quant’altro ancora può regalarti.

Le persone sono me, come potrei non piacermi? Sono io. Come potrei non amarmi? Come potrei non perdonarmi? Accompagnarmi una vita intera avendocela con me stessa come se fossi la mia più grande nemica. Giungere qui per trascorrere un’intera esistenza nel rancore e nell’astio.

Io sono la gente e la gente è me. Io sono l’uomo arrabbiato, il bambino capriccioso, la donna innamorata. Io sono il vecchio che soffre, il giovane che ride, la vedova che tace, il medico che cura, lo sportivo che suda.

Io sono le loro espressioni stanche, il loro viso corrucciato, le loro preoccupazioni. Sono la loro voce che canta, le loro labbra che baciano, i loro sorrisi. Le loro ambizioni.

La gente così assente, che cammina dormendo, che se nota qualcosa lo osserva con circospezione. La gente che porta luce, che balla in piazza, che insegna.

Il riconoscersi è la scoperta che più stupisce. Il perdersi, il trovarsi.

A volte penso a cosa accadrebbe se ognuno di noi si mettesse realmente al servizio degli altri offrendo il proprio talento, mostrando la sua parte più irresistibile. Cosa accadrebbe se ogni uomo si rendesse conto che il suo scopo qui è proprio quello. È proprio bello.

A volte guardo le persone e attraverso loro vedo me. Come mi sono comportata? Cosa ho dentro? Di cosa ho bisogno? Quali doti nascondo?

Gli altri… nella magnifica legge dell’Uno.

Gli altri… per leggere le pagine della mia vita.

Prosit!

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Il Maestro Spazzino – non tutto è come sembra

MICHELE LO SPAZZINO

C’era una volta un uomo che si chiamava Michele e faceva lo spazzino in un piccolo paese di provincia. Aveva cinquantacinque anni e strani poteri che si potrebbero definire magici.

Michele era in grado di prevedere avvenimenti, di percepire lo stato d’animo delle persone, di immedesimarsi in un insetto, aveva un’istruzione da premio Nobel, sapeva salvare gli altri dai pericoli, leggere nella mente della gente, trasformare la realtà, fare prodezze con il proprio corpo… insomma era un uomo davvero speciale. Era un Mago.

Era assurdo vedere un Mago pulire le strade di un paese. Un lavoro rispettabilissimo, ma definito umile dalla società e soprattutto faticoso e poco piacevole. Michele, infatti, aveva a che fare con la maleducazione degli abitanti, ogni giorno, e i suoi occhi vedevano cose anche raccapriccianti. Vagabondi che facevano i loro bisogni nel parco, tossicodipendenti che lasciavano i loro strumenti per strada, ubriachi che vomitavano dove gli capitava, rifiuti ovunque, sporchi, puzzolenti, pericolosi. Sotto al sole cocente, o sotto alla pioggia, o al freddo intenso, Michele, ogni dì, doveva svegliarsi prima del sole e iniziare a pulire le vie di quel borgo.

MA PERCHÉ?

E Michele non era triste per questo e nemmeno particolarmente euforico. Nessun picco emozionale lo rapiva e sapete perché? Perché quello, per lui, era semplicemente l’ovvio. Quel determinato lavoro, in quel determinato tempo e in quel determinato posto era ciò che di perfetto stava esistendo. Michele sapeva di essere nel posto giusto, nel giusto momento e nel giusto luogo. Scusate queste ripetizioni da cantilena ma è proprio ciò che è, e vorrei le assaporaste così. In quel momento, quello era lo scopo di Michele.

Ma perché? Cosa doveva realmente fare Michele? Un uomo con le sue capacità, il quale avrebbe potuto tranquillamente essere il Presidente di uno Stato…

Michele non si poneva queste domande dalle risposte spesso incomprensibili. Sapeva e accettava soltanto l’ovvio. Se era lì, era lì per un motivo, per uno scopo, per un suo passaggio e per il passaggio di chi aveva a che fare con lui nella piena consapevolezza del – tutto è perfetto -.

IL VELO SULLO SGUARDO

C’è una cosa alla quale non pensiamo mai, soprattutto quando svolgiamo un lavoro che poco ci piace o ci sentiamo obbligati a stare in un luogo che detestiamo, con persone che ci infastidiscono. Non pensiamo al fatto che forse potremmo essere lì perché lì c’è bisogno di noi. Per quello che siamo. Fosse anche perché in quel posto noi dobbiamo portare la gioia. Perché le caratteristiche che ci formano sono quelle perfette per “aiutare” chi vive quel luogo ma non ce ne rendiamo nemmeno conto. Non ci pensiamo nemmeno. Non ci poniamo neanche attenzione e quindi non lo sappiamo. Non osserviamo che ogni nostro gesto, ogni nostra parola, ogni nostro sorriso a quella determinata persona potrebbe aver fatto del bene o del male al fine di portarla a evolvere, e che solo noi siamo i più adatti in quel contesto perché, per una vibrazione energetica di frequenze, le nostre qualità si sposano perfettamente con quelle di un altro. La realtà esterna rispecchia il nostro interno e se io ho le perfette caratteristiche per rispecchiare un qualcosa in qualcun altro io allora mi troverò lì. Devo svolgere il ruolo del Maestro.

La nostra mente però, piena di immondizia, non ci permette di vedere questi piccoli miracoli. Quante volte durante la giornata ci viene da dire che intorno a noi non sta succedendo nulla? Invece attorno a noi c’è la vita, la vita vera e noi non la percepiamo neppure.

Perché ho incontrato quella persona lì?

Perché mi è successo questo?

Perché ho visto quello?

Non ci poniamo queste domande galleggiando nel fluido dell’esistenza come burattini.

FORSE C’È QUALCOS’ALTRO 

Non guardiamo con gli occhi dell’anima e non ci accorgiamo che siamo qui anche per essere “al servizio dell’umanità”. Non spazzando strade, ma rispondendo con le nostre frequenze.

In ambito lavorativo pensiamo che la nostra missione sia solo quella di guadagnare, di avere un posto sicuro, ore di riposo, ferie, mansioni di pregio ma le leggi dell’Universo non funzionano così e, volenti o nolenti, in mezzo a queste leggi, noi ci viviamo. Dobbiamo certamente stare il meglio possibile e pensare al nostro benessere ma, come prima cosa, dovremmo proprio osservare anche queste sfumature se vogliamo sentirci più sereni e appagati.

Con questo articolo non intendo dire che non bisogna avere ambizioni o non bisogna auspicare ad altro. Il mio vuole solo essere uno spunto di riflessione per poter guardare anche oltre, anziché soffermarsi alla rabbia e al fastidio di svolgere ogni giorno mansioni che non amiamo.

Provate a guardarvi attorno. Come mai oggi quel vostro collega vi ha fatto disperare? Cosa dovevate imparare? La pazienza forse…

Perché davanti al capo vi ha prevaricato? Avete per caso prevaricato qualcuno nella vostra vita?

Perché quella vostra collega ha chiesto aiuto a voi? Perché é stata felice di quel vostro sorriso?

Questi sono solo esempi. Potete farvi mille domande per imparare (se non riuscite ad accettare con fede totale come ha fatto Michele) ma sappiate che potreste essere davvero anchenel posto perfetto al momento perfetto -.

Prosit!

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L’Illusione – me lo merito dopo quello che ho passato

ORA MERITO LA FELICITÀ 

Dopo una lunga sofferenza, dopo aver pianto, dopo essersi sentiti lo stomaco attorcigliato nella morsa del dolore per molto tempo, dopo aver imprecato o chiamato in aiuto tutti i santi del paradiso, molte persone sono solite dire: – Ora mi meriterei un po’ di sollievo e un po’ di cose belle dopo quello che ho passato -.

Certo. Sono d’accordo. Capisco perfettamente, non dico di no ma, per come la vedo io, questa è soltanto un’illusione che lascia l’amaro in bocca e potrebbe aggiungere ulteriore sofferenza.

Non è sbagliato aspettarsi cose belle ma è sbagliato il motivo per il quale si attendono e, così facendo, NON arriveranno mai. Non voglio deludere ma aiutare, sia chiaro, vedremo infatti in questo articolo che le cose belle possono arrivare eccome! Basta modificare un po’ i nostri pensieri e i nostri intenti.

Quindi, per prima cosa, non serve soffrire e poi, dopo aver fatto fare tutto il lavoro “al tempo che passa” e aggiusta un po’ le cose, mettersi in attesa di un bel periodo.

IL BAMBINO CHE PIANGE IN CHIESA

Supponiamo che in una chiesa, durante la messa, un bambino inizi a piangere senza avere intenzione di smettere. Tra i credenti ci sarà chi proverà fastidio nei confronti di quella lagna, ci sarà chi proverà compassione o tenerezza, ci sarà chi proverà a capire il motivo di quel pianto e ci sarà anche chi nemmeno sentirà quel bambino, non ci farà neanche caso.

Non dire “mi fai arrabbiare”, prova a dire “scelgo di arrabbiarmi” – (cit.)

Questo per dirvi che ognuno di noi ha una sua reazione, simile ad alcuni o diversa da altri. La stessa cosa vale nei confronti di un furto che subiamo, della perdita di una persona cara, di un incidente.

Reagiamo in base ad un insieme di fattori che ci compongono chiamati – schemi mentali – nutriti negli anni da: educazione, cultura, vicissitudini, memorie, prove, etc… componenti che si intersecano tra loro durante la nostra evoluzione composta a sua volta da: carattere, insegnamenti ricevuti, intelligenza, ambiente familiare, luogo in cui si vive, agiatezza economica, società, etc… e che ci formano, ci rendono da adulti le persone che siamo.

Detto questo, se capita ad uno di noi un fattaccio, egli reagirà in base ai suoi schemi mentali, pertanto, quella sofferenza provata è come se fosse stata “scelta da lui” come strumento migliore per vivere ciò che lui definisce dramma.

Mi spiego meglio, se io non accetto che mio marito vada con altre donne è una mia “scelta”. Una scelta che io ho creato, dentro di me, in base all’educazione che ho ricevuto, in base alla società in cui vivo, in base agli stereotipi che mi girano attorno e bla bla bla. La mia vicina di casa potrebbe essere bigama e, allo stesso tempo, se prendiamo una donna che vive in un altro stato e con altre usanze, ella potrebbe considerare normalissimo che suo marito abbia altre donne. O addirittura mogli.

Se quindi questa sofferenza è ciò che io considero il mezzo più adatto per me, per passare quel periodo, il quale può anche durare anni, non devo pensare che poi mi arriverà un premio in base alla scelta che ho fatto.

So bene che è bruttissimo soffrire ma questa non dev’essere una giustificazione. Non siamo all’asilo nel quale se piangiamo poi ci danno la caramella per farci smettere. Siamo in un altro tipo di scuola, quella della vita, e la nostra vita, in continua e perpetua connessione con l’Universo, non funziona così. L’Universo riflette solo ciò che siamo, dandoci ciò che siamo (non cosa vogliamo), non risponde se stiamo in attesa.

CHE DELUSIONE!

Attenzione però, come ho detto prima, il modo comunque esiste per far giungere a noi le tanto sospirate – cose belle -.

Allora, dobbiamo innanzi tutto sapere che ogni tipo di sofferenza è data ovviamente da pensieri negativi e emozioni negative. Le emozioni negative le chiamiamo demoni. Demone, dal greco Daimon, significa “Essere Divino” e, divino, lo è davvero. Le emozioni negative sono divine proprio perché ci insegnano e ci permettono di trasmutare ed evolvere.

Se io, ad esempio, ho il demone dell’intolleranza e sono quindi una persona con poca pazienza, sempre infastidita e via discorrendo, sarà ovvio che passerò ben poco tempo serena e felice. Spesso sarò arrabbiata, stizzita e molto spesso, a causa di determinati fastidi più gravi, sarò anche sofferente. Finita quella sofferenza me ne arriverà un’altra se io non trasmuto quel demone e qui arriviamo al nocciolo del discorso.

IL PREMIO IN ARRIVO

Le cose belle pertanto non giungeranno a me perché quella cosa ha finito di darmi fastidio e a darmi fastidio ora è un’altra, ma arriveranno perché io ho deciso di lavorare seriamente su quel fastidio, ho deciso di osservarlo ed eliminarlo da me, o meglio, di trasformarlo in gioia o in serenità. Ossia, se a me da fastidio il mio vicino di casa, non dovrò aspettarmi il premio nel momento in cui il mio vicino di casa traslochera’ lontano da me, in un’altra via, ma il premio arriverà quando, con il mio vicino di casa, ad un passo da me, io avrò imparato a non essere schiava delle sue abitudini. A non essere emozionalmente schiava di ciò che lui fa o dice. Ciò significherebbe che, in base al comportamento degli altri, io posso stare bene o male. Sono una dipendente e mi devo augurare, ogni giorno, che il mondo abbia voglia di comportarsi sempre in base al mio “bene” con me. Il mondo mi ha in pugno. Ma se io imparo ad essere indipendente e a stare sempre bene dentro di me, al di là di come gli altri si comportano, allora si che vivrò una vita bella, ricca ed entusiasmante!

Per fare questo, ovviamente, occorre molto molto molto impegno e duro lavoro. Occorre distruggere i vecchi schemi, davvero duri a morire, e costruirne dei nuovi a nostro beneficio. Questo è davvero ostico. Un lavoro incredibilmente difficile. Ma, questa dedizione e questa tenacia, questo coraggio e questa determinazione saranno gli strumenti che ci porteranno UN MUCCHIO DI COSE BELLE!

Eccole qui le – cose belle – tanto attese ed ecco il sistema per ottenerle. Saremo premiati assolutamente e certamente. È una legge universale. Un riflesso naturale dell’Universo che è come uno specchio. Elimineremo da noi il buio, illuminandoci di una luce che automaticamente ci renderà felici e automaticamente attireremo a noi situazioni, persone e cose meravigliose!

Questa è la grande differenza.

Prosit!

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L’Errore di chi è stato preso in giro

IL DRAMMA DELL’IMBARAZZO

A molti è capitato di essere stati derisi durante l’infanzia o durante l’adolescenza. Le prese in giro di chi consideravamo amici hanno fatto male segnando un solco che, anche da adulti, riversa un liquido strano e vischioso chiamato: paura.

È la paura di ricevere nuove beffe, rifiuti, indossare ancora l’abito dello zimbello e rivivere quelle brutte emozioni che facevano sentire non accettati, emarginati, sbagliati.

Anche in questo caso, come dico per altre situazioni, continuando a sentirsi unicamente delle vittime non si risolve nulla.

“La colpa è stata di altri, sono così per via di altri…” e rimango nella mia protezione al fine di non farmi ferire da nessuno ma, allo stesso tempo, non mi muovo. La stasi. Tutta la responsabilità la lascio  ricadere sugli altri.

In questo modo, stando fermi e spaventati, chiusi in un angolo dietro a barricate altissime, si evita però anche di dare cose belle a chi mai, invece, si sognerebbe di prendere in giro qualcun altro e che anzi, quelle cose, le apprezzerebbe molto.

C’è quindi una stasi, come dicevo, una non-crescita e capisco il dolore ma crescere fa anche male e fa paura.

SONO GLI ALTRI I COLPEVOLI

Questo punto che si sta vivendo, dopo aver ricevuto insulti e prese in giro, è diventato un limite e occorrerebbe sorpassarlo o si terranno chiuse le porte del dare-avere nel bellissimo scambio di amore. Non ci sarà alcuna connessione, ne alcuna condivisione, così facendo. Si farà del male a chi ci sta accanto ma soprattutto non ci si evolverà come persone, rimanendo fermi nel limbo del dolore.

È un po’ come se fosse la prova. Un esame da superare. Come dico sempre, nulla accade per caso e la realtà attorno rispecchia ciò che siamo dentro. I fattori sono sempre molti e diversi in ogni situazione ma, se siamo stati oggetto di scherno, una grande percentuale di questa vicenda si può implicare al fatto che noi per primi non ci rispettavamo abbastanza, deridendo noi per primi lo splendido essere divino che eravamo. Questo, l’Universo, non lo vuole e non lo accetta, pertanto ci mette davanti persone che ci mancano di rispetto per mostrarci ciò che siamo e che stiamo facendo a noi stessi, ma soprattutto per “guarire” perché potendo vedere, palesemente, quello che accade, possiamo trasformarlo.

Peccato che invece ci focalizziamo solo nell’avercela con gli altri senza fare un passo in più.

IN MARCIA!

E allora, forse, oggi che si è adulti e sotto un certo senso anche più forti, quel passo in più andrebbe fatto. Sfidando quello che c’è in noi, dimostrandogli che siamo più Guerrieri, che non abbiamo paura di lui e che siamo pronti a salire quel gradino. Pertanto, proprio quello che più vi imbarazza, partendo da cosine piccole, si potrebbe provare a farlo o si continuerà a non creare nulla di bello e nemmeno ci si potra’ ergere verso la consapevolezza e la conoscenza dell’evoluzione. Mostratevi, dite quello che sentite, palesate i vostri sentimenti, tirate fuori chi siete e cosa provate davvero. La beatitudine e la meraviglia si trovano proprio dietro la paura e, nonostante questa grande emozione sia una cara amica da valutare, non deve impedirci di crescere.

Il giudizio degli altri è la prigione. Una prigione nella quale noi decidiamo di stare ma dalla quale, se realmente vogliamo, possiamo uscire. I primi passi occorrerà muoverli verso persone amorevoli che mai si prenderebbero gioco di noi, poi, man mano che ci alleniamo, ci abituiamo e diventiamo più capaci e coraggiosi, proveremo a spingerci verso un pubblico più ampio. Qui si inizieranno a vedere i primi bagliori dell’illuminazione e la bellezza di questa strada che ci porterà verso un futuro di luce, di sicurezza e di libertà dove potremmo toccare con mano lo splendore dell’amore universale.

Prosit!

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Ti prego Mamma…

UN ACCORATO APPELLO PER EVITARE CASINI E DOLORI FUTURI

Ti prego mamma cerca di rendere tuo figlio sicuro di sé perché non sai, gli insicuri, che gran danno possono fare agli altri e a se stessi quando poi diventano adulti. Molto più degli invidiosi, degli aggressivi, degli egoisti, dei tristi… perché… quando una persona è insicura, è tutto questo messo assieme. Perché un insicuro indossa maschere per ogni occasione. Perché l’insicurezza è direttamente collegata alla paura e la paura è la madre di tutte le emozioni negative.

Ma vedi, qui non si parla di colui che ha paura a fare tutto, il classico “cagasotto” che emette timore da lontano. Qui si parla di colui che vive nell’insicurezza intrinseca ma senza tremare. Anzi, appare persino un personaggio da stimare assai.

Invece…

Ti prego mamma rendi tuo figlio sicuro o sarà un menzognero, un ingannatore, un traditore. Guarderà solo all’appagamento dei propri bisogni incurante dei sentimenti altrui.

Rendi tuo figlio sicuro o scappera’ senza avere il coraggio di risolvere le situazioni. Incolpera’ altri innocenti pur di uscire pulito dalle situazioni. Farà di testa sua, senza ascoltare, perché il credersi perfetto sarà la sua unica arma.

Rendi tuo figlio sicuro o sarà insoddisfatto costantemente della sua vita, invidiera’ gli altri e proverà rabbia e frustrazione. Vorrà tutto per sé perché tutto gli mancherà. E sarà sempre triste, molto triste.

Rendi tuo figlio sicuro o mollerà una donna solo quando ne avrà un’altra a portata di mano, o donne ne vorrà molte, come se fossero maglie da indossare. Conterà i soldi ogni minuto, con la speranza vana che si moltiplichino, avrà ansie e preoccupazioni inutili che gli bloccheranno il respiro.

Rendi tuo figlio sicuro o farà del male a chi gli vuole bene senza riuscire a provare del bene. Sarà vittima dell’accidia, della lussuria e dell’attaccamento. Si arrampichera’ sui vetri pur di aver ragione.

Rendi tuo figlio sicuro o sarà manipolato. Non piacerà a nessuno e avrà pochi amici. Sarà arrogante, presuntuoso, poco umile. Non disposto a scendere nel suo buio più scuro e risorgere.

Rendi tuo figlio sicuro o sfrutterà le persone, sarà un approfittatore e un incantatore. Non avrà autostima, si guarderà allo specchio e non si piacerà. Farà della sua mente il lato forte, senza comprendere che è il cuore a doversi aprire.

Rendi tuo figlio sicuro o non amerà la solitudine, non sarà mai un saggio, saprà ferire ma non curare. Non si assumerà le proprie responsabilità e sarà sempre un debole al cospetto di una persona che usa le emozioni.

Rendi tuo figlio sicuro o si preoccuperà più dell’apparenza che della sostanza. Preferirà la quantità alla qualità e dipendenze celate come il bisogno di essere visto.

Rendi tuo figlio sicuro o per stupirsi avrà necessità di qualcosa di grande. Non saprà amare la quotidianità e dovrà provare sciocchi brividi per sentirsi vivo.

Rendi tuo figlio sicuro se vuoi renderlo felice.

Non dargli serenità, l’acquisira’ da solo con la sicurezza.

Non dargli l’entusiasmo, lo acquisirà da solo con la sicurezza.

Non dargli la fede, l’acquisira’ da solo con la sicurezza.

Non insegnargli l’onestà, se è sicuro di sé non avrà bisogno di barare o manipolare.

La sicurezza gli permetterà di amarsi e di amare. Tutto il resto non conta.

Gli permetterà di comprendere che questa vita gli appartiene e ne è degno.

Gli permetterà di creare la sua migliore esistenza e ottenere ciò che più vuole realizzare.

Rendi tuo figlio sicuro, ti prego, se puoi.

Maschio o femmina che sia… fallo con – le palle -.

E ti prego papà, prova a fare la stessa cosa anche tu.

(Come? NON LASCIATE DA SOLO VOSTRO FIGLIO. TENETELO DA CONTO. ASCOLTATELO. PARLATE CON LUI. NON OPPRIMETELO. EQUILIBRIO. UNA VOSTRA EQUILIBRATA PRESENZA.)

Prosit!

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I Complimenti che ci rendono Brutte Persone

LA SPADA DA SGUAINARE PER FERIRE

Può capitare nella vita di sentirsi dire un complimento davvero bello, appagante, uno di quei complimenti che aprono il cuore e magari, a farcelo, è proprio una persona che gode di tutta la nostra stima. Quel complimento per noi diventa molto importante, diventa l’acqua di una sorgente sacra che disseta, risuona nella nostra parte più intima e ci riempie di infinito piacere soprattutto se, di complimenti, siamo abituati a sentirne pochi nei nostri confronti. Fintanto però che queste belle parole vengono prese da noi e messe in un bel posticino del nostro animo e usate per migliorarci sempre di più e focalizzarci sui nostri punti di forza va tutto bene. Il brutto accade quando invece, di queste parole, ne facciamo una verità assoluta e indiscutibile ma soprattutto un’arma con la quale sconfiggere gli altri. Sì, accade anche questo. Accade da parte delle persone insicure e con una bassa autostima soprattutto. Per la serie: “Non importa se ti sto facendo male, io posso farlo, perché a me così è stato detto e quindi è giusto“. Cioè, in quella situazione, credono di indossare i panni di Dio e poter fare qualunque cosa con chi hanno di fronte, convinti di agire nella ragione più assoluta.

L’INSICUREZZA CHE MANCA DI UMILTA’

Supponiamo ch’io sia una di queste persone e che, un bel giorno, un individuo che ammiro tantissimo, mi dice – Tu sei davvero una vittoriosa nella vita. Qualsiasi cosa intraprenderai ne uscirai vincitrice, in pochi riusciranno a starti dietro -. Ecco, se io fossi sicura di me e con un’autostima discreta o buona, userei questa frase come sprono nella mia vita ogni volta che mi sento di non farcela, o durante una competizione, o quando sento il mondo cadermi addosso, o quando devo intraprendere un nuovo percorso che mi destabilizza emozionalmente. La userei come strumento rivolto – a me soltanto – al fine di rimanere con questa bella dote e, se è possibile, ampliarla.

Ma essendo che sono insicura, e pertanto automaticamente insoddisfatta della mia vita, la userò invece come arma per ferire o zittire gli altri. La trasformo in una citazione indiscutibile che così è e così dev’essere. Mi renderò così la vita molto più facile no? Senza contrasti. Mi basterà avere un pubblico di sudditi che, in silenzio, annuira’ ad ogni mia sentenza e io vivrò come un Re. Ovviamente riuscirò a fare questo con chi me lo permette. Il giorno che troverò chi, invece, mi manda a quel paese, ecco che il mio giochetto smette di esistere e forse riacquisto l’umiltà che mi manca. Sì, spesso gli insicuri, come contrapposizione, mancano di umiltà. È normale. È normale, è comprensibile, ma non giustificabile (mio umile parere).

In pratica, se qualcuno volesse aprirmi gli occhi dicendomi – Guarda che non puoi vincere sempre – oppure – Guarda che potresti anche perdere e non sarebbe un dramma -, – Guarda che non sei il più forte del mondo -, io lo zittisco perché quello che mi è stato detto afferma l’esatto contrario. Quindi risponderò con frasi o comportamenti che, tradotti, equivalgono a – Tu non capisci niente -, – Tu non sai chi sono io -, – Tu hai idee sbagliate (sei sbagliato) -, – Tu non sai vedere oltre/altro – oppure ancora, e questa è la più grave, – Non gioco nemmeno, tanto so già di vincere -. Non si accetta neanche la sfida perché, in realtà, in un angolino del profondo, una vocina lo dice che si potrebbe anche perdere, ma le parole di chi ha fatto tutto quel bene, quel giorno, con quel complimento, sono un appiglio talmente soddisfacente, talmente comodo e che dona la pace, dal quale è davvero difficile separarsi.

SONO LA PIU’ BELLA, COSI’ E’ STATO DETTO

Se sei stata giudicata Miss *** non vuol dire che sei la più bella di quella nazione. Non sei nemmeno la più bella della tua provincia. Significa semplicemente che un gruppo di persone, con il loro gusto, in quel momento e in quel posto, ti ha considerata la più bella tra le partecipanti. Tradotto: sei una bella ragazza ma non sei la più bella.

Se un professore ti ha detto che sei molto intelligente non significa che gli altri a tuo confronto sono degli idioti. Possono aver ricevuto lo stesso complimento tuo nella loro vita, o essere più intelligenti di te anche senza esserselo mai sentito dire. Non sei il più intelligente. Sei intelligente come molti altri. Forse il più intelligente della tua classe (20 alunni, 20 anni fa) ma non dell’umanità tutta.

E ALLORA CREA!

Se sei molto bella, usa questa tua dote per creare un qualcosa di buono per te e per gli altri.

Se sei molto intelligente, usa questa tua dote per creare un qualcosa di bello per te e per gli altri.

Non cercare di tappare la bocca degli altri per non ricevere contrasti che potrebbero mettere in dubbio ciò che tu hai trasformato in colonna portante della tua vita, cioè quel lontano complimento. Ciò che secondo te ti salva. In questo modo, agli altri, farai solo del male e il tuo bel talento andrà a farsi friggere. Non crescerai, non ti evolverai. Non metterai a disposizione del mondo la tua dote e quindi nulla di bello ti tornerà indietro. Continuerai ad essere un insoddisfatto. Ti trasformerai persino in una brutta persona. Abbi coraggio, scendi nella tua insicurezza, non appannarla con un complimento che ti è stato fatto. Vivila, conoscila appieno e poi trasformala. Solo così ti trasformerai a tua volta in meraviglia e meraviglierai il mondo.

Quel complimento ti è giunto per avvisarti che sei anche quello, che hai quella dote, ma non deve fermarsi lì il suo senso. Devi trasformarlo in una chiave che apre la porta allo stupore. Uno stupore continuo, immenso, infinito che ancora non hai conosciuto se, in quel punto, ti sei fermato.

Prosit!

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L’Invidia del Modus Vivendi – un’Ossessione

L’INVIDIA, UN VERO ROMPICAPO

Invidia – dal latino “invidere” e cioè “guardare di traverso” significa osservare in modo malevolo qualcuno provando rabbia e risentimento verso ciò che possiede, o ciò che è, bramando quelle sue ricchezze e detestando il fatto che lui le abbia e noi ne siamo privi. L’invidioso infatti è colui che anziché procacciare il proprio bene desidera che gli altri non abbiano quel bene. Possiede questo astio verso chi detiene “l’oggetto del suo desiderio” ma la parola “oggetto” va vista in senso vago; può trattarsi di una dote, di una storia d’amore, di un’auto, di una casa, di una professione, etc…

Questa spiegazione sull’Invidia è molto semplice e alla buona perché in realtà l’Invidia è un male molto potente, molto presente e molto profondo. Paolo de Nardis, ad esempio, parlando dell’Invidia, ha infatti intitolato il suo libro “l’Invidia – Un rompicapo per le scienze sociali“, questo proprio perché l’Invidia, uno dei sette peccati capitali, tocca tante ramificazioni dell’essere umano: dall’impotenza all’importanza del giudizio degli altri, dalla svalutazione alle comparazioni, dalla paura alla valutazione e così via.

IL MODUS VIVENDI

C’è un’Invidia però, se è possibile suddividere le Invidie (permettetemelo un attimo) forse ancora più grave di tutte le altre che subito potrà sembrare senza differenze rispetto a queste ultime ma io personalmente una differenza la vedo. E poco mi piace.

Naturalmente questa Invidia nasce nello stesso nido delle altre ma poi si dipana verso un risultato differente: quello dell’ossessione. Si tratta dell’invidia verso il modus vivendi di una persona ed è davvero interessante. Modus vivendi, dal latino, significa letteralmente “modo di vivere – prendere la vita in un certo modo”. Ebbene osservate ora il complesso e deleterio meccanismo che si mette in funzione.

Innanzi tutto non stiamo parlando di invidiare un qualcosa posseduto da un altro. Stiamo parlando di una situazione assai più complicata.

La persona che si svaluta, insicura e poco amata (che assume in questo articolo il ruolo dell’invidioso) conosce ad un certo punto della sua vita un qualcuno che gli piace particolarmente e che diventa per lei un punto di luce nel suo tunnel buio. Come ad innamorarsi, vede in lei il suo raggio di sole. La meraviglia. E, pur godendo di quello che tale persona è, si chiede come mai anche lei non possa essere così. Quella persona, da punto di luce, inizia a diventare senza saperlo l’oggetto del desiderio del soggetto debole e insicuro ma non nel senso che lui vuole possederla ma nel senso che vuole avere la sua stessa vita. Ne invidia ogni cosa – il modu vivendi. Attenzione però, ossia, non importa se questa persona è brutta, è povera, è ignorante (caratteristiche ben poco invidiate solitamente) ma è come si muove nel mondo, come sorride, come gli altri l’apprezzano, come riesce a fare le cose, che riscontri ha, come guarda la vita, come riflette… insomma… tutto. Ignara, questa “bella persona invidiata”, inizia a diventare un’ossessione per l’invidioso che non trova pace in quanto essa vive e, vivendo, ogni giorno, ogni ora, ogni attimo, crea qualcosa da invidiare: una parola, un gesto, una situazione, un messaggio, una realizzazione, un rapporto…

IO TI SPENGO

L’invidioso getta su questa persona, che diventa il suo fulcro e il suo cestino dell’immondizia, tutta la sua frustrazione, la sua rabbia, la sua incomprensione, la sua sottovalutazione; vuole sporcarla affinché non possa più brillare proprio come lui. L’Invidia viene solitamente divisa tra – Invidia d’essere – e – Invidia d’avere -. In questo caso le abbiamo entrambe in un unico individuo ed entrambe sono costanti. Come qualsiasi altra ossessione tende a crescere e a non placarsi e allora l’invidioso si ribellera’ sempre di più al suo stesso male ma non rivolgerà la visione al suo interno bensì, anche in questo frangente, riserverà le attenzioni a chi è fonte di tanta angoscia, sempre la stessa persona: l’invidiata.

E allora diventerà sempre più intollerante, sempre più arrabbiato, sempre più invidioso. Cercherà di schernire la sua vittima, cercherà di svalutarla, non le darà soddisfazione, diventerà aggressivo, gelido, supponente, ogni qualità che può nuocere all’altro verrà usata.

Ogni qualità che può spegnere quella luce e quel sorriso (cioè quella felicità) diventa un’arma perfetta. Perché é questo il solito punto: la felicità. Vorrebbe smorzargli quel sorriso, vorrebbe appannargli quegli occhi che brillano, vorrebbe togliere il volume a quella voce così gaia e così dolce.

C’E’ SOLO UN PICCOLO PROBLEMA

C’è solo un piccolo fattore che l’invidioso, in questo caso, non tiene da conto: quella luce, che tanto vuole spegnere, è la cosa più importante che ha. Da qui, se l’invidiata non se ne accorge, si può accendere anche il meccanismo della manipolazione. Ciò che lei farà non andrà mai bene, ciò che dirà sarà sempre sbagliato, ciò che penserà sarà sempre fuori contesto. Il messaggio che l’invidioso vuole mandare è: “sei sbagliata”, “non vai bene”, “togliti da questo mondo”.

Ricordatevi, non esiste un’invidia “buona” e un’invidia “cattiva” al di là delle battute che si possono fare tra amici senza sentimenti rancorosi dentro. Esistono l’invidia e l’ammirazione. E quando si ammira qualcuno non si tenta di spegnerlo anzi si cerca di illuminarlo sempre di più, si tratta di difendere quella sua luce dagli altri, si tratta di essere grati per aver conosciuto la sua luce, si tratta di amare quel suo brillio. Amarlo nel più profondo di noi stessi.

L’Invidioso è insoddisfatto della sua vita e divorato da questo sentimento. Ma non ve lo dirà mai. È bello, sotto certi punti di vista, avere qualcuno che pende dalle nostre labbra, ma facciamo attenzione al motivo per il quale siamo diventati la sua ossessione.

Prosit!

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