Sei una donna fantastica!

Ieri mi sono sentita dire da un ragazzo di 17 anni e una ragazza di 14 che sono una donna fantastica.

Vista la loro età, questa cosa, mi ha riempita di gioia.

E’ molto facile sentirselo dire da un uomo al quale piaci, o dalla migliore amica, o da un bambino che pende dalle tue labbra (che per carità fa sempre assai piacere!) ma, da due ragazzi, che hanno ben altro solitamente a cui pensare, rimanere impressa, in positivo, è davvero una gioia. Tocca nel profondo.

Lo stereotipo ci insegna che, a quell’età, vivono nel loro mondo, per non dire di peggio…

Il mio non è un vanto, bensì un essere orgogliosa nell’aver insegnato a due giovani individui, che stanno scalciando per farsi una strada nella vita, che non bisogna mollare mai, nonostante tutto. E che se ne può uscire anche vincitori. Eh si! Questa frase la dedico a tutti i pessimisti e a tutti i pauristi e a tutti i preoccupisti.

Ci insegnano che vincere non è possibile. Che prima di andare bene va sempre male, che bisogna in qualche modo soffrire ma, soprattutto, ci insegnano che niente è facile e bisogna assolutamente avere paura. Sì, perché il pericolo è sempre pronto e nascosto dietro l’angolo. In agguato per noi. Le cose si possono ottenere solo dopo aver lottato duramente e, da una parte è vero ma… c’è lotta e lotta. Un conto è mirare al proprio obiettivo e scavalcare con decisione e fermezza ogni ostacolo anche se ostico. Un altro è prendere schiaffi dalla vita che arrivano da ogni dove come ad essere in balia degli eventi verso i quali non comandiamo nulla.

Ebbene, penso di aver mostrato che questo non sempre è vero, l’ho mostrato a me e a loro e ne sono davvero felice di aver dato a questi ragazzi tale dimostrazione di vita.

Che cosa ho fatto? Vi starete chiedendo. Vedete, non è importante saperlo. Qualsiasi cosa potrebbe essere appropriata a ciò che sto descrivendo se fatta con il cuore, con la grinta, con la centratura di un Guerriero. Con l’ansia forse, perché essere veri Guerrieri è molto difficile, ma con la voglia di farcela e di vincere e di essere oltre, di più. Anche là, anche dove chiunque dice che non è possibile.

Loro, i due ragazzi di cui parlo, mi hanno aiutata, sono stati al mio fianco rispondendo ai miei “ordini” egregiamente. Mi hanno dato una grande mano perciò, l’insegnamento, lo hanno appreso bene toccandolo con la loro stessa pelle.

Ma mi hanno anche insegnato molto. Vedere nei loro occhi quella volontà e quell’energia che si sposavano con le mie, mi faceva venire brividi di entusiasmo lungo la spina dorsale e allora ho capito che nessuno poteva fermarci. I miei occhi nei loro occhi, le mie mani nelle loro mani, le mie gambe nelle loro gambe. A muoversi. Insieme. Il loro affanno era il mio e la mia voglia era la loro, presa, ingurgitata, sentita, tradotta, sviluppata.

Non è stata solo una storia raccontata. Tutto questo lo hanno vissuto assieme a me e assieme a me hanno vinto. Stanchi, spompati ma con il sorriso sulle labbra. – Una squadra fortissimi – come direbbe Zalone. Ce l’hanno messa tutta anche loro. Non si sono lasciati intimorire da niente. Forse lo hanno fatto più per me che per loro stessi ma per qualcosa l’hanno fatto e ne sono usciti fieri e vittoriosi. Mettendo da parte tutto. Mi hanno emozionata.

Non è stato il nulla a regnare in loro. Non è stato il calcio da tirare contro la vita. La voglia di essere compresi e la depressione adolescenziale. Niente di tutto questo. Solo armonia, convinzione e gioia.

E allora permettetemi di dirvi che se io sono stata una donna fantastica, loro lo sono stati cento volte più di me.

Grazie di cuore L. e M., i miei eroi.

Prosit!

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Come può lo Stress concretamente danneggiarci?

Molto spesso leggiamo citazioni, o interi articoli, che spiegano come lo stress sia uno dei disturbi più distruttivi per il nostro organismo quasi da essere considerato una malattia vera e propria, soprattutto negli ultimi decenni ma, per molti, queste parole, sono soltanto una sciocca retorica che porta a rispondere – Si, si lo so… – e si continua a vivere un’esistenza stressante e quindi realmente dannosa per la salute.

Lo stress è riconosciuto oggi come una delle prime cause più gravi e più deleterie che colpisce il nostro essere, sia dal punto di vista psicologico che fisico. Ma come può la sua azione ripercuotersi davvero nel nostro corpo? Non è un virus, o un qualsiasi agente patogeno, non è nemmeno un incidente, o una ferita, quindi?

La parola al nostro corpo:

Dimentichiamo troppo sovente che all’interno del nostro corpo fluiscono delle sostanze importantissime e fondamentali per l’organismo chiamate ORMONI ed esse sono proprio il collegamento tra la nostra parte emozionale e fisica in quanto vengono emessi, o meno, a seconda di come “stiamo psicologicamente”.

Mi spiego meglio. Sappiamo tutti che in un momento di paura, di terrore o di sforzo, alcune nostre ghiandole secernono adrenalina, ad esempio, un ormone che permette alla nostra parte fisica funzioni atte ad affrontare quel particolare momento. L’adrenalina viene anche chiamata “ormone fight or flight” vale a dire “combatti o fuggi” proprio per il suo scopo. Prepara cioè il nostro corpo a superare la prova spaventosa o estenuante alla quale siamo sottoposti. Accelera il battito cardiaco (per correre, per respirare più velocemente), dilata la pupilla (per vedere meglio), aumenta la pressione arteriosa (per avere più sangue ovunque), etc, etc…

Dalla paura (parte mentale/emozionale) passiamo quindi ad una preparazione del corpo (parte fisica).

La stessa cosa vale per altri ormoni.

Un altro esempio significativo da correlare agli ormoni, o anche ai neurotrasmettitori (anch’essi sostanze che diffondono le informazioni tra le cellule del sistema nervoso) è quello che vede come protagonisti i sali minerali e gli oligoelementi che dovrebbero essere presenti nella giusta misura all’interno del nostro fisico chiamati anche “elementi essenziali”.

Ecco quindi cosa succede in caso di troppo stress.

Vivere nello stress costantemente è come vivere nell’ansia. L’ansia di riuscire a fare tutto entro la fine della giornata ad esempio. L’ansia di fare bene quel lavoro senza essere denigrati dal capo. L’ansia di affrontare quella situazione o quelle persone ogni giorno della nostra vita; in famiglia o sul lavoro.

Ebbene, vivendo in questo stato, senza accorgercene, secerniamo quantità di adrenalina frequentemente, la quale, è sana in alcune occasioni ma, come accade sempre, diventa nociva quando è troppa. Accade così che l’adrenalina indurisce troppo i nostri tessuti, sia quelli muscolari che degli organi interni. Dilata troppo le pareti dei vasi sanguigni. Fa lavorare il cuore ad un ritmo innaturale anche se impercettibilmente. Vivendo così come in un continuo “stato di paura” ossia, con gli stessi sintomi per il nostro corpo della paura.

Questo fa si che il potassio viene completamente consumato e, diminuendo lui, automaticamente si alza il livello di sodio. Troppo sodio appunto, rende rigide le pareti del nostro corpo. Vale a dire che rende rigidi i capillari, le vene, le arterie, lo stomaco, il fegato, i reni e via discorrendo…

Senza la giusta elasticità, essendo un qualcosa di vivo che deve muoversi fluidamente, il nostro corpo inizia a subire delle “rotture”. Con il termine di “rottura” non immaginatevi una spaccatura vera e propria, anche se a lungo andare può avvenire pure questo. Si tratta, più che altro, di un malfunzionamento dei vari componenti come anche il cuore e i polmoni. Non per niente, la prima azione a patire di queste conseguenze, è il RESPIRO. Quante volte capita di sentire una pesantezza sul petto senza cause patologiche? Quante volte succede di vedere persone con un respiro affannato, o che faticano a prendere respiro, o che comunque respirano male? Pensate ad una rigidità del muscolo cardiaco o dei polmoni, che sono forse gli organi con più elasticità tra tutti dovendosi espandere e restringersi.

Il problema è che non li possiamo osservare. Non vediamo all’interno di noi cosa accade. Non possiamo notare la durezza e l’aridità dei reni che non riescono più a filtrare, la mobilità dello stomaco che lavora per permetterci la digestione, la peristalsi dell’intestino per trattenere e assorbire sostanze nutritive e lasciar andare quelle di rifiuto. Non ce ne accorgiamo fino al giorno in cui, tutto questo, a lungo andare, porta ad avere seri problemi.

La cosa principale sulla quale riflettere è che in questi frangenti, il nostro sangue, deve lavorare sodo, molto sodo, soprattutto per ri-ossigenare le parti e nutrirle al meglio affinchè possano funzionare bene e quindi si inizia ad innescare un meccanismo malsano e faticoso anche per le cellule del sangue, per il midollo stesso e la milza che non riescono a star dietro alla produzione di sangue nuovo e vengono così chiamati in ballo anche gli anticorpi perché, non c’è niente da fare, il nostro organismo s’indebolisce e diventa una vittima adatta per gli agenti esterni che ci colpiscono con più facilità. Diventiamo vulnerabili. Accade così, di conseguenza, come in una catena, che ci ritroveremo presto con un sistema immunitario stanco e debole che non ce la fa a proteggere tutto, non riesce a combattere tutto e…. ci ammaliamo.

Purtroppo tanta gente crede che un po’ di riposo sul divano, a fine giornata, sia il rimedio ideale ma non è assolutamente così e spero si sia capito dopo questo post che spiega come vivono gli organi interni. Spegnersi sul letto o sulla poltrona non serve a nulla. Lo stress rimane comunque dentro.

Riposare la mente è solo un palliativo richiesto dal cervello per tentare il possibile, ma occorre davvero prendere misure di sicurezza ed evitare il più possibile di stancarci e stressarci psicologicamente. E’ molto più distruttivo un tot di stress ogni giorno che una botta di sovraffaticamento una volta ogni tanto. Il nostro corpo è pronto e preparato ad affrontare eventuali situazioni di tensione, ma non è adatto a farsi corrodere quotidianamente da sensazioni nocive.

P.S. – Infine, ci tengo a sottolineare una cosa. Non ho voluto scrivere un trattato medico e, come sapete, non sono un medico. Mi rendo conto che molti contesti sono stati buttati giù in modo molto semplice e se venissero letti da un luminare risulterebbero ridicoli, in quanto, i processi del nostro organismo, sono decisamente più complessi ma, il mio interesse era quello di far comprendere a chiunque come funziona il nostro corpo e perché, scientificamente e concretamente, lo stress può danneggiare seriamente e FISICAMENTE la nostra salute.

Prosit!

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Voler tornare la persona che si era un tempo in alcuni casi è sbagliato

Spesso, durante tempi di sofferenza come un periodo di ansia, di depressione, di stress e quindi di disturbi psichici che contribuiscono a modificare l’umore, si spera di poter tornare come si era prima che il malessere colpisse. Prima della crisi.

Queste situazioni possono essere continuative e perenni, oppure presentarsi solo in un determinato momento della vita ed è proprio in questo caso che si ricorda con piacere come si viveva prima di essere affetti da tali disagi.

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Sono situazioni in cui si sta davvero male, si soffre moltissimo e ci si vorrebbe liberare al più presto da questa angoscia e senso di oppressione, o vuoto, o panico, o tristezza, perciò sembra ovvio ripensare con dolore e malinconia ai tempi in cui non si stava male, in cui “si viveva”.

A mio avviso questo è sbagliato ed è sbagliato per diversi motivi.

Innanzi tutto si rimane appesi al passato aggrappandosi ad un tempo che non esiste più. Non c’è più è irreale. Sono solo immaginazioni, ricordi. E’ bene allora immaginare il meglio ulteriore e futuro se proprio si vuole lavorare di fantasia.

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Un passato che non c’è più, così come non c’è più quella persona, l’essere che si era… e meno male! Si, perché se oggi si è colpiti da ansia, da depressione o da qualsiasi altro tipo di disturbo è bene capire che è perché non si è mai vissuto pienamente. La persona che sembrava felice prima del picco, in realtà, felice non era, stava semplicemente esistendo e stava lottando per rimanere a galla in quell’esistenza. Per farsi andare bene ciò che bene non gli andava. Per combattere contro paure che, nel profondo, la spaventavano.

Questi problemi arrivano proprio perché per anni si è condotta una vita, anzi un’esistenza, come se si coltivassero delle piante dando loro un’acqua inquinata perciò, in realtà, anche se non sorgevano attacchi di malumore incredibili o patologie, gli anni sono passati nella paura, nel fastidio, nella menzogna, nella destabilizzazione, nella tristezza, nella rabbia.

La cosa migliore sarebbe pensare alla persona nuova che si potrà essere dopo la guarigione. Una persona che avrà “capito la lezione” e saprà come vivere adesso nel vero significato della parola vivere. Una persona ancora sconosciuta. La parte più profonda che fondamentalmente non si è mai scoperta.

E’ come se qualcuno andasse a 200 km/h in auto. Ha un incidente e, ferito, viene portato all’ospedale. Nel suo letto, tutto fasciato e curato dagli infermieri, pensa “Ah! Quanto mi piacerebbe tornare al momento in cui correvo con la macchina! Quando tutto mi sfrecciava davanti veloce, quando sentivo l’aria dal finestrino pungermi il viso. Senza questi dolori, senza dover stare immobile qui dentro!”. Ma è proprio quel momento, quell’azione che tanto si rammenta che ha permesso avvenisse l’incidente. Dovrebbe invece immaginare di guidare quell’auto, in futuro, in modo diverso per potersi divertire ma anche per poter conoscere il mondo e assaporarlo senza creare danni a se stesso o agli altri. Guidare in un modo nuovo, come mai ha fatto prima.

La malattia è soltanto una conseguenza e la parola conseguenza è in stessa e ovvia connessione con la premessa. Non bisogna desiderare di rivivere quella premessa o le conclusioni saranno sempre le stesse se non peggio!

Molte volte mi capita di sentire persone che vorrebbero tornare a guidare come una volta, o ridere come una volta, o uscire come una volta, ma non sono quelli i veri problemi. Sono solo situazioni che appaiono migliori, più accettabili rispetto al trauma che porta il disturbo acuto. Se non si modifica la nostra parte intrinseca, ascoltandola e prendendo atto di quello che dice, non è rivivendo questi ricordi che si trova la risoluzione.

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Sarà la nuova persona, la farfalla che esce dal bozzolo la vera nuova vita e: il poter guidare, il poter sorridere nuovamente e il poter uscire saranno anche qui ovvie conseguenze. Ma si eseguiranno ancora meglio. Si riderà di più, si guiderà con gioia, si uscirà comprendendo la meraviglia di quel momento. Si potrà godere della vita.

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Ricordando la persona che si era, automaticamente si ricorda anche, nell’inconscio, cosa o chi l’ha fatta diventare “malata” perciò si entra in un circolo vizioso continuando a rivivere quel tempo e quella personalità senza elevarsi mai. Non è questo il messaggio della malattia o del malessere. Stanno cercando di spiegare tutt’altro. Il problema è riuscire ad interpretarli.

Questi malesseri non arrivano a caso o per qualche coincidenza che ha preso di mira proprio te. Se oggi sei depresso, o ansioso, o stressato è perché tu hai fatto si, inconsciamente, che in te si formasse la depressione, o l’ansia, o lo stress. E perché l’hai fatto? Cosa te l’ha fatto fare? Come hai vissuto per creare tutto questo? Non occorre conoscere le risposte. L’importante è sapere che qualcosa della tua infanzia o della tua esistenza ti ha fatto vivere così e così non va bene. Bisogna cambiare. Devi modificare il tuo approccio alla vita, alla quotidianità.

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Tutto questo nasce per dirti che dovresti apprezzare questo malessere seppur tremendo, lo capisco bene, ma è arrivato a te affinchè tu potessi capire. Cancellare tutto il tuo passato e ricostruirti una vita meno dolorosa. Tutto questo per dirti che è adesso il momento in cui stai iniziando a vivere anche se può sembrarti assurdo. Non rimuginare su quello che eri, pensa a ciò che sei e che potrai essere! Il disturbo ti sta annientando… sì. Lascia che ti resetti completamente facendo tutte le cure che devi fare nel mentre. Fatti aiutare e seguire da professionisti ma lascia che quello che chiami “male” faccia il suo lavoro. Lasciagli cancellare chi sei stato. Solo così potrai avere una base nuova e pulita dalla quale (ri)partire.

Prosit!

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Amare l’Ansia più di qualsiasi altra cosa

L’argomento di oggi potrà sembrare assurdo a molti ma è accaduto realmente e per me è stato così emozionante che desidero riportarlo qui.

Sapete tutti ormai che dopo aver avuto la mia amata Ernia alla schiena, l’ho ringraziata e l’ho considerata una delle cose più belle che mi siano accadute (non sono masochista lo giuro!) però mi sono sempre sentita un po’ sola in questa teoria perché non mi era mai capitato di sentire qualcun altro pensarla come me. Fino a qualche giorno fa quando, finalmente, non vidi più un’espressione stralunata sul volto del mio ascoltatore e due occhi sbarrati come se mi fossi completamente ammattita, bensì un accenno di consenso e poi queste preziose parole.

Sai Meg, l’ansia che ho subito per quasi 10 mesi e dalla quale sto uscendo in questo periodo è stata sicuramente la mia migliore amica e lo è ancora! Perché comunque farà sempre un po’ parte di me, perché è la mia guida, la mia consigliera, quella che mi dice “Ehi G.! Così non va bene! Ti stai facendo del male? Rimedi tu o devo agire io?”. Quanto l’ho odiata i primi tempi, quando non mi permetteva più di guidare, non mi permetteva più di avere un rapporto sano e gioioso con mia moglie, quando mi bloccava il respiro e sentivo i polmoni sgonfi che non riuscivano a riempirsi d’aria… e mi sentivo morire. E piangevo e chiedevo a mia moglie di portarmi al Pronto Soccorso… e oggi so di per certo che, se non fosse mai arrivata, avrei continuato a fare una vita misera e chissà come sarebbe andata… -.

A parlare è il mio amico G. che, mesi fa, all’improvviso, dopo una vita che lui credeva “figa”, si è ritrovato ricoverato all’ospedale senza ossigeno, senza forze e senza speranze. Un grave stato di Ansia, che gli ha creato anche forme di ipocondria e agorafobia, lo aveva ridotto ad uno straccio che non trovava più nessun valido motivo per trascorrere le proprie giornate.

E’ stato il periodo più brutto della mia vita Meg… credevo! Mentre invece stavo guarendo! Ti rendi conto? Il periodo brutto in realtà erano stati tutti i miei quarant’anni precedenti! Quarant’anni passati a mascherarmi per farmi bello, ad essere vittima di stupide paure, della forma e del giudizio degli altri. Quarant’anni a prostituirmi per un valido stipendio e la notorietà, perché queste erano le cose importanti. Essere il migliore, il più bello del paese, quello che aveva più donne di un altro in modo tale da soffocare le mie compulsioni, no…. non sessuali… ma di certezze, di affermazioni. La gente mi avrebbe stimato -.

Il mio amico G. Una potenza davvero. Un grande uomo. Pieno, pieno, pieno di cose belle dentro, di una forza incredibile, di un’energia devastante. Tutte cose completamente annientate dalla sua paura. La paura di non essere il numero 1. Perché in questa vita, in questa società, se non sei il numero 1, se non hai una laurea e una bella macchina, non sei nessuno. Questo gli avevano inculcato i suoi genitori, involontariamente, e questo è sempre stato lo scopo della sua vita. Uno scopo che, giorno dopo giorno, in sordina, stava uccidendo la sua vera natura.

Si, G. si rendeva conto che qualcosa non andava, che non stava bene, che non era libero, ma non poteva farci niente anzi, leggeva quei malesseri come “non ho ancora fatto abbastanza per essere al top”. E così, visto che testardo non comprendeva, è arrivata Ansia e si è presentata a lui come una donna che non lascia scampo. Dolce e aspra allo stesso tempo. Imperativa, tenace, senza pietà. Lo ha preso e ha fatto di lui ciò che ha voluto.

Quello che è accaduto a G. accade ad ognuno di noi, sottoforma di ansia o sottoforma di qualsiasi altro malessere ma, mentre solitamente la maggior parte delle persone, in questi casi, si limita a disperarsi e prendere qualche psicofarmaco, G. ha agito diversamente. G. non si è fatto sottomettere da quella austera Signora, ha deciso di affrontarla e di capire perché, tra tutti gli uomini del mondo, aveva scelto proprio lui. Prima ha cercato tutti gli strumenti necessari che avrebbero potuto aiutarlo. Di ogni genere e di ogni sorta: medicinali, dottori, libri. Ha iniziato a coltivare e a condividere le giornate con Madre Terra nel limite delle sue possibilità, visto che la Signora Scura lo immobilizzava a casa. Ha chiesto aiuto ai parenti più stretti e, lentamente, con tutte le sue belle armi in mano, ha iniziato ad avvicinarsi a quella donna che lo guardava dall’alto in basso quasi inespressiva.

Ora la stava vedendo bene. Aveva un’espressione arcigna sul viso. I capelli scuri, le sopracciglia spigolose, le labbra serrate. Uno sguardo che lo trafiggeva come una lama. La paura lo inchiodava ma, per lo meno ora, l’aveva vista. L’aveva vista bene e lei era rimasta immobile, a farsi ammirare, in uno splendore diabolico ma affascinante allo stesso tempo. Era rimasta ferma, non gli aveva fatto del male.

Perché non ti muovi? Perché non ti avvicini, non mi prendi, non fai di me quello che vuoi come stai cercando di fare? Perché non mi uccidi del tutto?! – gridava G. a quella Regina. Ma lei, impassibile, si limitava ad osservarlo e, di tanto in tanto, alzava un angolo della bocca in un sorrisetto sarcastico.

La odiava avrebbe voluto eliminarla ma non poteva nulla contro di lei. E lei, rimaneva sempre lì. Ferma.

Fu quello che G. notò. Che lei non gli faceva ulteriore male. E fu allora che G. decise di avvicinarsi ancora di più. Ora la stava sfiorando, la stava scrutando nei minimi particolari. In quella sua immobilità imperiale era bellissima. La sua pelle era morbida e quelle sopracciglia dalla forma triangolare erano soffici come la seta e tremendamente eleganti. G. le toccò una mano. Non era fredda come aveva immaginato. Quella specie di donna era calda, era piena di passione. Un ardore che incredibilmente sapeva di buono.

“Non mi fa paura” pensò il mio amico. “Non mi fa più paura”.

A G. ormai non interessavano più la bella macchina, i vestiti firmati e la barba sempre fatta. Stava morendo secondo lui. Ora c’era da pensare alla vita; al rimanere in vita. Ecco, ora si. Ora era arrivato il momento di pensare alla vera vita che per anni si era messa da parte.

Fai parte della Natura, ed essa prima o poi viene a riprenderti se vede che ti allontani da lei. Sta a te capire il messaggio. Lei non ha mezzi termini -.

…….

Oggi voglio andare al mare e godere del suo spettacolo – disse un giorno G. alla moglie. Non l’aveva mai fatto, bisognava solo lavorare, anche di notte, anche di domenica.

Oggi ho perso un cliente ma, per uno che se ne và, due arrivano – disse un altro giorno. Solitamente questa vicenda era vissuta invece come il trauma più angosciante dell’intero anno .

Oggi voglio perdonare me stesso per come ho vissuto finora e per il male che mi sono fatto

Oggi voglio perdonare i miei genitori, che ho sempre maledetto, perché mi obbligavano a fare cose che in realtà non volevo

Oggi mi permetto di arrampicarmi su un albero senza aver paura di farmi male

Oggi mi tengo la maglia sudata senza aver paura di prendermi un raffreddore

Oggi dico di “No!”, perchè è quello che sento di rispondere per il mio bene

… LA LIBERTA’

La Grande Libertà. Via dal giudizio e dalle paure.

E girandosi, guardando di nuovo in faccia quella strana donna, ora vedeva che ella stava sorridendo. Era un sorriso buono. Dolce. Materno.

Aveva capito. Aveva capito che nonostante quei modi bruschi, quell’apparente alterigia, quella donna gli voleva bene.

Sei tu che mi hai chiamata – gli disse un giorno quando finalmente si decise a parlare, o meglio, quando finalmente il mio amico G. si decise ad ascoltarla.

Io? – rispose lui incredulo.

Si. Senza nemmeno rendertene conto. Io sono semplicemente la manifestazione di quello che tu hai creato. Tu mi hai plasmata e formata. Io sono il nulla senza di te e tu sei niente senza di me. Volevi liberarti da una catena con la quale tu stesso ti sei legato, da una schiavitù che hai concretizzato per te a causa della società in cui vivi e di tutti i tuoi moralismi. Hai avuto paura di me perché hai vissuto sempre come un misero tapino che non si è dato la possibilità di scoprire quanto di meraviglioso c’è attorno a lui, nella sua stessa vita. Sei nato scopritore, scienziato, mago! Ma ti sei ridotto a divenire un servo, uno schiavo, un limitato. Però sei stato bravo. Non sei fuggito. Hai voluto conoscermi, comprendermi, hai voluto amarmi perché hai capito che comunque, nonostante tutto, ero una TUA creazione. Ero una TUA figlia. Un qualcosa di TUO. E non puoi odiare mai qualcosa di tuo. Sarebbe come odiare te stesso. Nemmeno quello che la gente definisce una malattia. Si, siamo malattie, ma nessuno ci comprende. Ci guariscono, ci mandano via, senza parlarci, senza ascoltarci, senza cedere alla curiosità; la stessa curiosità che avevano quando erano piccoli, di due anni, e si mettevano la terra in bocca per sentire che gusto aveva. Perché si limitano ad impaurirsi e ad affidare ad altri il loro male. Alla scienza, alla tecnologia, alla medicina… e la loro energia non la considerano nemmeno. E la uccidono, così come uccidono loro stessi. Mentre tutte quelle tecniche continueranno a vivere inutilmente e morirà altra gente. La bellezza dell’innovazione va presa, tenuta cara e usata come strumento perfetto. Ma senza una mano saggia che regge l’elsa, senza un vero Guerriero che muove quella spada, una lama sfarfallerà semplicemente in aria senza combinare nulla. Ora io non ti servo più. Posso anche andare. Mi hai vista, mi hai conosciuta, hai capito il mio messaggio e un’insegnante non ti serve più a nulla ma… bada bene che tornerò. Alla prima offesa che effettuerai sul tuo essere Dio e parte di questo Universo, al primo limite che metterai a te stesso e alla prima volta che non ti riconoscerai come essere supremo e potente e perfetto quale sei, io tornerò. E questa volta non mi limiterò a farti mancare il respiro in uno spasmo bronchiale o a farti versare due lacrimucce. Non dimenticare mai, nemmeno per un solo secondo CiO’ CHE SEI. Non hai nessun diritto di offendere ciò che l’Universo ha creato -.

brindisi

Dedicato al mio amico G. che voglio stimare ogni giorno di più.

Prosit!

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Tu Medico, io Paziente… batti cinque!

Mi è capitato solo una volta (a parte qualche piccola scaramuccia) di ricevere una risposta e un comportamento poco piacevoli da un medico. Era una donna, una Dottoressa, e sicuramente vorrebbe ancora oggi che sottolineassi questo titolo. Io ero giovane ed ero in Pronto Soccorso sola, spaesata e dolorante, per cui, diciamo che non mi stavo divertendo un granché, ecco. Le dissi, per sbaglio, quando venne a farmi visita – Buongiorno signora – e lei, fulminandomi con lo sguardo, mi rispose seccata – Buongiorno a lei Dottoressa! -. Cavoli! L’avevo chiamata “solo” signora…. Perdindirindina… Tragedia! Chiedo venia. Ci rimasi talmente male da come poi continuò a trattarmi in seguito, che promisi a me stessa che nessun medico, avrebbe potuto maltrattarmi ancora solo perché porta un camice addosso e chi gli è di fronte pende dalle sue labbra. Comprensibile. Quella persona ha nientepopodimenoche la vita in mano e quindi… Riconoscendomi come persona molto educata e avendo dato modo a Sua Signoria in questione di ridimensionarsi, in quanto avrebbe potuto avere solo una giornata “no” (ma non lo fece), dichiarai guerra a lei e a tutti i suoi simili perché avrebbero dovuto considerarmi una persona pari a loro, come essere vivente, così come la vecchietta posizionata momentaneamente in fondo alla corsia del reparto. Siamo tutti utili e siamo tutti uguali. Non m’interessa assolutamente di cosa pensa la società anzi, proprio perchè hai in mano la vita delle persone dovresti essere ancora più sensibile. Detto questo, premetto che con i medici vado molto d’accordo. Io sono gentile con loro e loro lo sono con la sottoscritta. Attenti e disponibili, sia per me, che per i miei cari, hanno sempre fatto il possibile. Si è vero, di solito li troviamo stanchi e un po’ arroganti ma basta andare oltre e si trasformano immediatamente, sono anche loro, innanzi tutto, esseri umani. Vedete, il primo segreto per andare d’accordo con questa tipologia di persone secondo il mio umile pensiero è non dimostrarsi ansiosi e assillanti.

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Non lo sopportano. Quelli che parlano impanicati con il respiro come se avessero appena corso, quelli che telefonano al medico venti volte al giorno, quelli che per l’ansia non rispettano l’orario e vogliono anticipare tutto, purtroppo, non vengono tollerati da questi professionisti. E’ vero che ognuno ha il suo carattere ma è anche vero che loro hanno a che fare con altre cento persone ogni giorno e, se tutte fossero così, guai. E’ anche vero inoltre che, vedono la malattia grave, la morte, il rischio ogni dì, perciò, se vostro figlio è stato punto da una zanzara, a loro ben poco importa. Insomma, esagero ma per capirci. Praticamente, quando leggete nel vostro medico la classica espressione di “scazzo”, perdonatemi il termine, potete star sicuri: non avete nulla di grave. Questo non vale ovviamente per i medici incompetenti, categoria ahimè esistente, ma nella vita ho potuto notare che ci sono molti più pazienti che reputano un dottore incompetente quanto dottori incompetenti realmente. Sarà una questioni di numeri e probabilità.

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Esistono poi anche i fattori di pelle. Ossia il feeling. Il mio dottore mi trova simpatica e mi cura bene, a te no perché non ti sopporta. Non possono fare discriminazioni, glielo vieta la legge e il Giuramento di Ippocrate ma, il feeling è feeling, e va oltre tutti gli stati legali*. Ho deciso di scrivere questo articolo perché ultimamente, qualsiasi persona con la quale parlo ha da lamentarsi del Dottore che l’ha visitata o curata. Lo stesso medico magari, che conosco benissimo anch’io. Come mai con me si è comportato splendidamente? Non sono bella, non sono famosa, non sono ricca, non sono gravemente malata… quindi? Forse è il modo che hanno di porsi loro? Mi sono fatta questa domanda senza incolpare ne giudicare nessuno. La paura, il conoscere il menefreghismo di certi professionisti, il soffrire per il malessere in corso, tutte cose che ci fanno probabilmente agire in un modo sbagliato senza rendercene conto. Forse, siamo noi i primi a porci male. Siamo aggressivi, petulanti, finti moribondi, ipocondriaci, tristi. Sembra che il mondo ci stia cadendo addosso quando abbiamo solo un gran mal di pancia, non so, dico io. E così, mi sono messa a studiare un po’ questo fatto. Sono andata dal mio medico curante in un giorno in cui non visitava su appuntamento. Potete immaginare, sembrava il mercato del pesce di Rialto. Ho preso la palla al balzo inventandomi che avrei dovuto parlare di mio padre e farmi prescrivere dei farmaci. Allora, il luminare, con il quale premetto vado d’accordissimo, inizia le visite alle 9:00 del mattino. Alle 7:15 ero già lì (conoscendo l’ambaradan) ed ero già la quarta. Dalle 7:15 alle 9:00 saranno entrare in quello studio almeno cento persone, non esagero.

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Anche perché, non tutti vengono per il mio medico. Se ad esempio si deve ritirare una ricetta o un’impegnativa, o prendere un appuntamento, non c’è bisogno di entrare nel suo studio, basta fermarsi lì davanti alla sala d’aspetto dove c’è la segretaria. Il mio medico inoltre, lavora presso uno studio associato, assieme ad altri suoi colleghi, perciò potete immaginare che via vai. Ebbene, ve lo assicuro, nessuna di queste persone è entrata con il sorriso sulle labbra. Forse una. Un ragazzo di circa venticinque anni con taglio di capelli sbarazzino e vestiti sportivi che ha chiesto un’informazione. Capisco chi sta soffrendo realmente ma nemmeno parenti e accompagnatori ridevano. Per via della preoccupazione direte voi. Ma insomma, anch’io ero lì e non stavo morendo. Si può andare dal medico per mille motivi, non credo proprio che tutte quelle cento persone fossero con un piede nella fossa e l’altro su una buccia di banana! Fatto sta che, durante una brevissima pausa concessale, la segretaria, si alza, viene verso di me e davanti a tutti mi dice – Cara, tuo padre è poi riuscito per quell’appuntamento a Imperia? -. Rimasi di stucco. Stava letteralmente sclerando con tutti, alcuni li ha mandati addirittura quasi a spigolare, con altri invece urlava – Gliel’ho scritto! Più che scriverglielo cosa devo fare?! – invece con me, si è comportata benissimo. Il suo tono era quello di una zia delicata e interessata. C’erano pazienti che pretendevano di passare davanti ad altri, altri che entravano e uscivano senza neanche loro sapere se andare dal medico quella mattina o quale altro passatempo trovare. Alcuni erano arroganti e non capivano come, alle 7:30, il dottore non fosse già lì, altri invece si lamentavano del trambusto senza rendersi conto di essere i primi a fare chiasso. Uff! Mamma mia… che luogo! Meglio frequentarlo il meno possibile si spera sempre. Fatto sta che alla fine il dottore arrivò puntuale e iniziò le sue visite dopo aver fatto educatamente uscire due pazienti che si erano tuffati sulla sua scrivania senza nemmeno dargli il tempo di accendere le luci. Toccò a me. Mi alzai e aspettai il suo “Avanti!” mentre, da dietro, iniziavano a spingermi e a consigliarmi di entrare ugualmente. Quando finalmente entrai, lo salutai educatamente e chiusi la porta alle mie spalle. Lui era girato verso il computer e quando sentì la mia presenza si voltò e mi disse – Oh! Finalmente vedo un sorriso! Come mai sei venuta a trovarmi? -. Non vi sto dicendo una bugia. Era affabile e sereno. Pronto e indagatore. Non ha lasciato nulla al caso e si è prodigato in consigli. Quella mattina ho dovuto per forza ammettere che medico vs paziente erano 1 – 0. Ma non vivo su un altro pianeta! So benissimo che questi professionisti, molto spesso, si vestono di sussiego, tracotanza e menefreghismo, soprattutto con chi vedono debole di carattere. Ebbene, in questi casi, sappiatelo, non viviamo più nell’800, e anche loro possono prendersi un bel “vada a quel paese!” se non addirittura un richiamo dalla Commissione Medica che potete andare ad interpellare quando volete. Basta saperle certe cose. E sappiate anche che di medici disposti a curarvi ce ne sono mille, mica solo uno. Non è che solo il vostro conosce i farmaci o la prassi giusta per voi eh?! Nella stragrande maggioranza dei casi, il corpo umano è uguale per tutti anche se ogni situazione è a se. Quindi, caro dottore, vedi di non fare troppo lo sbruffone. Ma voi, datemi retta, se riscontrate di avere questo problemuccio provate a porvi in modo diverso.

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Siate umili senza cadere in basso. Siate decisi ma educati. Siate preoccupati ma speranzosi. Non siate saccenti. Siate dolci. E soprattutto siate felici. Cercate di esserlo il più possibile, se vi è possibile, che la felicità è anche la medicina migliore. E sorridete. Sempre. Sono sicura che il vostro medico apprezzerà perchè con tanta tristezza che vede ogni giorno, un pò di gioia non può fargli che bene.

Prosit!

Il rapporto tra medico e assistito è fondato sulla fiducia. Pertanto, ogni qualvolta venga meno tale rapporto, l’assistito può “revocare” la sua scelta e rivolgersi ad un altro medico, senza bisogno di addurre particolari motivazioni. D’altra parte, anche il medico può “ricusare” il proprio paziente, interrompendo l’assistenza in caso di turbative del legame di fiducia con il paziente. Ciò può avvenire a condizione che nella zona siano disponibili altri medici. Qualora i medici della zona avessero già raggiunto il proprio massimale individuale, la ricusazione da parte del medico di famiglia non può avvenire. (asl3.liguria)

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Cervello, Succo di Limone e Ape – gli Ingredienti per potersi preoccupare tanto e bene

Che strano… avete mai notato come la nostra Mente, nel senso di ragione, pensiero, intelligenza, sia un termine uguale al verbo mentire alla terza persona singolare del modo indicativo presente? Un po’ come dire: – la Mente… mente! -, nel senso che racconta (anche) menzogne.

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Vi farò un esempio, l’esempio del succo di limone. Per capirlo al meglio dovete provare a fare ciò che vi scrivo con un po’ di concentrazione. Dovete quindi rilassarvi, respirare lentamente e profondamente e chiudere gli occhi. Una volta giunti alla giusta attenzione che merita il momento, iniziate a immaginare con convinzione il succo del limone. Avete, nella vostra mente, tagliato un limone in due parti e ora lui vi sta presentando i suoi spicchi dorati. Potete già sentirne il profumo. Da quei triangolini semi trasparenti gocciola il succo acre che tutti conosciamo.

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Buono, salutare ma molto aspro. Ora dovete, sempre e solo immaginando, prendere mezzo limone e portarlo alla bocca per poter succhiare quel nettare pungente. Affondante i denti dentro la polpa e il liquido, raccolto dalle vostre labbra, schizzerà sulla vostra lingua con tutto il suo sapore. Potete riaprire gli occhi adesso. Il gioco è finito. Come vedete, in realtà limoni non ce ne sono davanti a voi e, nella vostra bocca, non è entrato proprio niente, ma sono sicura che vi è aumentata la salivazione, avete sentito dei brividi sulla lingua e, anche se leggermente, vi è venuta una lieve pelle d’oca. Questo accade perché inganniamo il nostro cervello e, a sua volta, egli inganna noi. Come spiega Frédéric Saldmann, cardiologo e nutrizionista francese specializzato nella Medicina Preventiva, ci sono gesti e/o pensieri in grado di condizionare il cervello che a sua volta trasmetterà input che noi vivremo e, in alcuni casi, ne diventeremo vittime. Se infatti l’input è positivo e può aiutarci, ben venga, in caso contrario, ci rovina la vita senza alcun motivo fondamentale. Quindi, com’è chiaro, tutto è solo nella nostra mente. Non esiste in realtà. Non sta avvenendo. Una delle principali sensazioni che ogni giorno alimenta questa situazione in noi è la preoccupazione. La pre – occupazione. Ossia, nell’attesa che qualcosa di spiacevole avvenga, iniziamo a vivere la tale circostanza (con angoscia ovviamente) che magari poi… neanche si rivela. Avrete già sentito sicuramente il modo di dire “fasciarsi la testa prima di rompersela”, ebbene, più o meno è proprio quello che accade. Giusto ieri pomeriggio chiacchieravo tranquilla con un’amica sul terrazzo grazie alle splendide giornate che ci sta regalando questo Novembre. All’improvviso, un’ape, dal momento che amo i fiori e ne sono circondata, si è avvicinata a noi ronzando allegramente.

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Premessa: chiunque può aver paura di qualcosa nella vita, ci mancherebbe, io per la prima, ma penso sia giusto cercare di affrontare alcune paure che, come ripeto, possono esistere solo nella nostra mente, nei nostri preconcetti, nell’educazione ricevuta, eccetera, eccettera… Nonostante queste paure siano umane, proviamo ad analizzarle, come ad esempio questa dell’ape. Perciò, dicevo, l’apetta, curiosa e vivace, si è avvicinata a noi e subito la mia amica (che sottolineo, non è allergica alla puntura d’insetto) ha iniziato ad agitarsi e a urlare come… mi verrebbe da dire come se già fosse stata punta ma… non era stata punta assolutamente! Ora, a parte il fatto che tutti sappiamo che quando un’ape viene a ronzarci intorno dovremmo stare fermi, non dovremmo muoverci altrimenti si spaventa e ci punge di sicuro e bla, bla, bla… Uno se ha paura, ha paura, giusto? Ma capiamo il perché. In fondo penso: quante cose potrebbe fare quest’ape? Allora, potrebbe rimanere lì sospesa a mezz’aria ad osservarvi, potrebbe andare su un fiore, potrebbe innalzarsi verso l’alto timorosa, potrebbe volare via, potrebbe posarsi su di voi solo per annusare il vostro profumo, potrebbe richiamare altre amiche, potrebbe non considerarvi neanche di striscio, potrebbe andare nello zucchero rimasto appiccicato alla tazzina del caffè, potrebbe iniziare a sbattere le ali contro il suo corpo per pulirle, potrebbe morire, potrebbe essere disorientata, potrebbe cercare le sue compagne, potrebbe avercela con un altro insetto, potrebbe essere vittima di un predatore, potrebbe valutare un colore che ha visto… continuo? Insomma, quante, quante cose potrebbe fare l’ape! Ma di tutte queste, quella che a noi viene in mente è solo una: ci pungerà! Chi ha creato questa ipotesi? Perchè in quel momento solo di ipotesi si tratta. La nostra mente. Perché l’ha creata? Perché così dice la gente = …ma non è detto che accada a me. Perché così mi è successo anni fa = …ma non è detto che accada ancora. Perché l’ape ha un pungiglione = …ma non è detto che voglia usarlo. Perchè l’ape è un insetto maligno e vendicativo = …ma…. chi l’ha detto???!!! Bhè, l’importante è iniziare a preoccuparsi (basandosi su teorie) poi, quel che succederà, succederà. Ecco. Fermiamoci. E qui inizia il dramma. Il dramma della preoccupazione, figlia prediletta della paura. Il dramma della nostra parte più viva. Le nostre ghiandole endocrine, soprattutto le surrenali (guarda caso i reni sono la sede della paura), inizieranno a secernere determinati ormoni, il battito cardiaco si modificherà, i neuroni inizieranno a trasmettere segnali d’allarme, i polmoni a lavorare più velocemente, il diaframma si contorce, il plesso celiaco s’indurisce, i muscoli si contraggono e via, via discorrendo. Non parliamo poi di quel che accade intanto nel settore psicologico e spirituale. Esattamente come accade per la salivazione maggiore e i brividi sulla lingua pensando al succo di limone. Tutte cose ovviamente poco piacevoli per il nostro organismo, per la nostra serenità e per il nostro benessere generale. Certo, in questi casi tutto accadrà in modo minore rispetto ad un momento in cui si prova vero terrore ma succede ugualmente e si crea l’ANSIA… sempre di più… ogni giorno… provate un po’ a pensare, quante volte vi preoccupate? Per la salute, per il figlio che è uscito, per il giudizio degli altri, per il sovrappeso, per il lavoro, per il riuscire a fare tutto, per il parente, per la situazione coniugale, per quella scolastica della prole, per i soldi, per le notizie sentite in televisione, per la solitudine, per i ladri, per l’agire. Vi rendete conto? Ogni giorno siamo sommersi da tante, piccole, grandi, continue preoccupazioni ma non ce ne accorgiamo nemmeno, siamo abituati, da quando siam bambini.

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La nostra parte più intrinseca invece, se ne accorge eccome. E soffre. E dopo aver sofferto per mesi e per anni, dice “basta!”. Le preoccupazioni fanno parte di noi, fanno parte della vita che conduciamo, del mondo che viviamo. Siamo stati PROGRAMMATI per preoccuparci. Saremmo stati esseri troppo LIBERI senza preoccupazione e, ad una madre, dei figli troppo liberi fanno paura, ad un professore, alunni troppo liberi, fanno paura, al Governo, dei cittadini troppo liberi fanno paura. Ebbene, continuiamo pure a preoccuparci ma cerchiamo almeno, nel possibile, di dimezzare le nostre paure. Prendete un bel foglio di carta ed elencate tutte le vostre quotidiane preoccupazioni, anche quelle piccole.

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Siate sinceri, vedrete quante ne usciranno! Da quando vi alzate al mattino a quando andate a dormire alla sera (tenendo conto che il cervello le elabora anche durante la notte e quindi proprio non vi lasciano quietare). Fatevi aiutare da chi vi conosce bene perché alcune, voi potreste non riuscire ad identificarle. Dopodichè, prendendole una per volta, inizierete pian, pianino a lavorarci sopra e, una volta abbandonata, potrete depennarla dall’elenco. Nei prossimi giorni scriverò un articolo che spiegherà qualche trucchetto su come liberarsi di queste scomode amiche ma potete iniziare a valutarle e a capire che molte, non hanno alcun fondamento reale. Allenatevi, dolcemente, senza sforzarvi troppo, a fare esattamente l’inverso di quello che suggerisce la vostra preoccupazione. Ne sono sicura, ci vorrà molto tempo ma, in futuro, vi sentirete molto meglio senza nemmeno riuscire a capirne il perché.

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Non dovete vivere nel futuro ma nel presente, chiamato – Qui e Ora -. Vi svuoterete un po’ di tutti questi segnali negativi e troverete più serenità.

P.S.= La preoccupazione è da sempre stata una nostra alleata che ci ha permesso di evolverci riuscendo a farci prevenire e combattere eventuali pericoli ma, la vita, il mondo fuori di noi, non è solo un insieme di pericoli e negatività. Esistono anche tante cose belle che solo con il coraggio di cambiare modus operandi possiamo scoprire.

Prosit!

photo greenstyle.it – nextme.it – daltronde.wordpress.com – associazioneilnodo.it – stefaniamartone.com – blitzquotidiano.it

La Schiena – come viviamo la vita assieme a Sig. Dolore

 

L’80% di noi soffre di dolori alla schiena. Dolori causati da indolenzimenti, da ernie, dalla scoliosi, da torcicollo, da vertebre consunte e via discorrendo. I problemi alla schiena possono avere diversa natura ma attenzione, hanno soprattutto una natura psicosomatica. La nostra schiena è quella parte posteriore del torso che inizia dal collo e arriva al deretano attraversata perpendicolarmente da un susseguirsi di ossa brevi, collegate tra loro, chiamate vertebre, allineate tra esse a formare la colonna dorsale. Essa è una parte fondamentale del nostro corpo che ci permette persino di respirare e si preoccupa del nostro sostegno. Bastano semplici disguidi a far si ch’essa subisca dei “danni”. Proprio sul discorso della respirazione, per fare un semplice esempio, posso dirvi che il diaframma, muscolo che ha diverse intersezioni nella nostra colonna dorsale attraverso muscoli e tendini, se soggetto a un respiro affaticato come quello della persona ansiosa può provocare dolori, irrigidimento o difficoltà di movimento. blogyou-ngL’immagine che vi propongo parla da sola. Osservatela attentamente. Come potete vedere, ogni sezione, dall’alto verso il basso, spiega bene come si possa rapportare la zona colpita al nostro stato d’animo. Uno stato d’animo spesso nascosto, intrinseco che potremmo anche non riconoscere. Un trauma, un fastidio, una condizione poco piacevole che possiamo aver vissuto nella nostra infanzia ma che, ogni volta che in un modo o nell’altro lo riviviamo, ecco che ci porta il suo messaggio attraverso il dolore. Esatto. Un vero e proprio messaggio. Un messaggio che dovreste ascoltare, comprenderne il significato e… mandare via. Tranquilli, ora vi spiego! Facciamo una cosa alla volta. Innanzi tutto lasciatemi dire che questo vale per qualsiasi parte del corpo ma oggi, voglio dedicare quest’articolo alla schiena perchè la schiena costituisce il nostro sistema di sostegno non solo dal punto di vista fisico. Il non sentirsi appoggiati e/o approvati, in questa vita, provoca dolori in questa zona. Il non lasciarsi andare, completamente fiduciosi nelle forze dell’Universo (questo vi apparirà assurdo ma è così), non vi farà sentire sostenuti pur non accorgendovene neanche. Ecco che subentrano i problemi alla schiena perchè vi sentiti esauriti, spaventati, impotenti, sottomessi, arrabbiati, tristi… Il blocco, il dolore o l’indolenzimento che giunge, vi sta suggerendo che questo problema inconscio, sta diventando insopportabile. Vi stà dicendo “Ehi! Basta, così ti stai rovinando, lo vuoi capire?!”. Ma in cosa ci stiamo rovinando? Prendiamo come esempio la parte più alta della colonna, nel collo, proprio alla base della nuca e vediamo nel mentre, come cercare di sconfiggere il dolore. Le prime vertebre cervicali sono dolenti, ci stanno facendo venire persino male a tutta la testa, il collo è rigido e ci sentiamo come dentro a dell’ovatta.

SIGNIFICATO (in questo caso della cosiddetta CERVICALE): come da foto – Ho troppi pensieri, penso troppo/ragiono molto, mi preoccupo in modo eccessivo, sono rigido, non mi sento amato, ostacolo l’amore, non mi fido/non mi lascio andare, non riesco a vedere altre opportunità o non le accetto, mi faccio carico di un’infinità di cose….. a che serve in fondo?

ARRIVO DEL DOLORE: cosa fare? Innanzi tutto chiedersi cosa questo dolore ci sta dicendo e le risposte le avete appena lette qui sopra. Vi sta dicendo che siete troppo rigidi nei vostri pensieri? Che vi preoccupate in modo eccessivo? Che vivete la vostra vita in una costante e latente paura? Eccetera, eccetera… Una volta stabilito cosa secondo voi ha fatto scaturire il dolore, cercare di porvi rimedio con il vostro stesso pensiero e le vostre vedute, fare perciò l’esatto contrario: non preoccuparsi più, provare a rasserenarsi, tentare di valutare altre opzioni, affidarsi a quello che la vita ha in serbo per noi, non cercare sempre l’eventuale problema/inganno che può nascondersi dietro… Ehi, la vita può essere anche rosa sapete? Mentre svolgete questo lavoro molto impegnativo, dovete anche ringraziare questo dolore. Si, vi sembrerà strano ma, in realtà, lui è lì solo per avvisarvi e, inoltre, siete stati voi, senza per questo sentirvi colpevoli, che lo avete invitato (formato) nel vostro corpo. Attraverso i vostri pensieri. Lui non ne può niente! E’ umano. Non c’è nessun problema. L’unico nostro scopo ora, dopo averlo ringraziato, è mandarlo via facendogli capire che quindi, ora non abbiamo più bisogno di lui! Abbiamo decodificato il messaggio, Signor Dolore può andare grazie!

Quello che vi ho spiegato in poche righe, è in realtà ostico e difficile da comprendere e mettere in pratica ma, è anche vero che non c’è l’abitudine. Se ho male alla schiena, prendo una pastiglia, faccio un’iniezione e… via! Il fatto è che così facendo, non state mandando via il messaggio che il dolore vi recava, lo state semplicemente facendo stare zitto ma lui continua a rimanere lì, pronto a fuoriuscire al momento opportuno. Pronto a farvi assumere altre pillole e farvi fare altre punture a distanza di settimane, di mesi o di anni. Perchè non provare invece a “sconfiggerlo” e non farlo tornare più? Sarà dura all’inizio ma, posso assicurarvi che dopo esservi allenati, tutto apparirà migliore e vi sentirete come degli Dei. Questo post non sarà l’unico sulla schiena, parte fondamentale del corpo, che si sobbarca tutte le nostre ansie perciò non preoccupatevi, potrete risolvere ulteriori interrogativi in futuro e ovviamente, porre tutte le domande che desiderate abbiano una risposta.

Prosit!

Le Meravigliose Dita delle nostre Mani

Le vediamo tutti i giorni. Ogni istante ci passano davanti agli occhi accompagnandoci in ciò che facciamo. Anche quando parliamo sottolineano le nostre parole con gesti veloci e fugaci. Creano, danzano, suonano, si aprono, si chiudono. Sono le dita delle nostre mani che, pur avendo sotto lo sguardo ogni momento, non consideriamo abbastanza se non esteticamente. Abbiamo cinque dita per ogni mano costituite tutte, tranne il primo, chiamato Pollice, da tre ossa brevi e ben articolate.

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Dal palmo: la falange (prossimale) e la falangina (intermedia) per il Pollice più la falangetta (distale) per tutte le altre dita che nell’ordine si chiamano, come tutti saprete, Indice, Medio, Anulare e Mignolo. Cinque dita che ci permettono di afferrare, stringere, accarezzare e compiere infinite azioni. Ma non è solo quello il loro scopo. Il loro scopo, come per tutte le altre parti del nostro corpo, è quello di spiegarci anche cose nuove che spesso non conosciamo. Sono parti sensibilissime dalle quali passano anche fonti energetiche molto accentuate. E cosa vogliono dirci le nostre dita di così interessante? Proviamo ad analizzarle brevemente una ad una.

POLLICE: Il Pollice è la nostra Testa e quindi rappresenta la nostra mente come anche l’intelletto e tutte le emozioni o gli stati emotivi che scaturiscono da essa come l’ansia, la preoccupazione, lo stress. Il dito del ragionamento. Il Pollice è quello che dobbiamo coccolare di più perché è come se ci massaggiassimo le tempie per rilassarci, come i bambini quando lo succhiano al posto del ciuccio per quietarsi, allucinarsi, sostituendolo con il seno materno e il contatto con una fonte che dona loro sicurezza. E’ il dito che solleviamo da solo per dire “va bene!” o “su”, in alto…., a testa alta! Il Pollice che un tempo i Romani innalzavano per salvare un gladiatore o uno schiavo da morte certa o abbassavano appunto, per farlo decapitare. Il dito che decideva, così come decide la nostra mente, purtroppo, spesso, più del cuore.

INDICE: Il dito del giudizio. Il dito che indica. Quello che la mamma o il papà alzano, dritto come un fuso, per dirci “No! Non va bene se fai così!”. Che ti suggerisce per tutta la vita la frase – andrà bene adesso o no? Forse no -. Che ti fa sentire inadatto, inadeguato. Il dito della paura e della paura di sbagliare. Collegato ai Reni. Collegato anche all’istinto se di paura se ne ha poca. Il dito che rappresenta anche la nostra schiena, con la quale capiamo se siamo idonei a questa vita o meno e quanto nel caso. E rappresenta anche la nostra digestione per digerire tutto ciò che non ci va a genio. Un processo che avviene esattamente davanti al centro della nostra spina dorsale. L’Indice è il nostro Ego, che può essere elevato e forte o molto debole.

MEDIO: La nostra rabbia, l’aggressività che sfoghiamo. Non per niente, o guardate il caso, come preferite, viene alzato per mandare volgarmente una persona – a quel paese -. La fatica, la frustrazione, l’indecisione, le cose “che ci pesano”, appartengono tutte al dito Medio. Ma a lui appartiene anche la nostra sessualità, la parte viscerale e passionale di ognuno di noi. Quella che vive di emozioni. E’ il dito che dobbiamo palpare e massaggiare con una certa pressione, costantemente e lentamente nel momento in cui siamo emozionati a causa di un esame o di una situazione che ci agita o ci infastidisce. Le emozioni correlate al Fegato.

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ANULARE: Il dito delle cose belle e delle cose spiacevoli. Spiacevoli come l’angoscia, belle come le unioni ma che, se non ben governate, possono rivelarsi malsane e deleterie. Il saper gestire le unioni con le altre persone. I rapporti che si hanno con gli altri e quale ruolo si veste nell’aver a che fare con essi. Il dito Anulare è infatti anche il dito correlato alla comunicazione. Soprattutto alla comunicazione inerente alle relazioni. E’ il dito della fede nuziale e nella nostra cultura indica – unione per sempre…..finchè morte non vi separi -. In fatto di organi, si parla in questo caso dei Polmoni e della loro emozione di base: la tristezza. La tristezza è infatti un’altra delle questioni spiacevoli legate all’Anulare così come il dolore rappresentato anch’esso da questo dito.

MIGNOLO: Il piccolo dito delle grandi cose come la famiglia, l’autostima, il Cuore. Direi che non è poco. Il dito anche del saper fingere però, legato alla menzogna, all’ostinazione e alla testardaggine. Il dito con cui si promette, incrociandolo assieme a quello di chi condivide quel patto con noi. Ed è da questo gesto che nasce la nostra sincerità o il nostro venir meno. La responsabilità. Il dito da coccolare perché riporta ai valori sinceri della vita e alle nostre passioni più intrinseche. Il dito che palpato, calma un Cuore che batte all’impazzata.

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Le dita delle nostre mani parlano. Parlano in tanti modi. Per come sono fatte, per come si muovono, per quello che sono. Si esprimono e ci aiutano ad esprimerci in un linguaggio fatto anche di gesti. Indicano i dettagli della vita. E ci parlano anche quando si fanno male, si feriscono, subiscono una contusione. Questo non vuol dire che se vi fate male al dito Medio avete un problema al Fegato. Ma può voler dire che dentro di voi, senza che magari neanche ve ne accorgiate, può esserci della rabbia, verso voi stessi o verso altre persone. O verso una situazione. Si, la rabbia è figlia del Fegato e sicuramente una persona rabbiosa può avere un Fegato affaticato ma questo è un altro discorso che affronterò sicuramente in futuro. Prestate attenzione alle vostre dita. Ci sono dita molto lunghe, esili, che in punta curvano leggermente all’insù, questo indica solitamente un carattere un pò sbadato, leggero, di persone che vivono nel loro mondo e spesso sono disattente. Persone capaci di fantasticare. Possono rivelarsi anche infedeli e materialiste anche se per una fisiognomica corretta, occorre osservare bene anche il palmo assieme alle estremità. Ma in generale, queste possono essere le basi di quello che le dita rivelano. Se invece le dita hanno estremità ben quadrate ma non sono per nulla goffe nei movimenti, bensì elastiche grazie a snodate articolazioni, significa che quella persona è molto vivace, intelligente, ama conoscere cose nuove e, se non sono troppo lunghe indicano anche tanta creatività e riuscita talvolta pure nelle arti. Ma questi sono solo banali esempi. Quante cose ci sarebbero da dire sulle nostre dita. Anzi, quante cose possono dire loro a noi. Tornerò assolutamente sull’affascinante mondo delle nostre dita, per ora vi lascio con queste nozioni.

Prosit!

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