Storia di un Salto di Qualità

SEMPRE SOLDI SONO MA…

La mia amica M. ha un bar, un bar frequentato prevalentemente da persone anziane. Spesso, come accade a qualsiasi esercente, si trova senza monete da uno e da due euro ritrovandosi così obbligata a dare il resto con monete da 50 o 20 o 10 centesimi. Per i suoi clienti questa è una tragedia. Le trovano da ridire e si arrabbiano perché tutto quel “ciarpame” in tasca non lo vogliono. M. allora, quando può, cerca di tenere le monete dal valore più alto per loro e le altre le usa con i giovani che, in questo frangente, si mostrano più comprensivi rispondendo con – Non preoccuparti, sempre soldi sono! – alle sue scuse.

Il fatto è che la persona anziana, solitamente, non ci vede bene, e aver a che fare con tutte quelle monetine è per lei un patimento. Ogni volta che deve pagare qualcosa impiega mezz’ora, faticando, per riuscire a capire di quale moneta si tratta. Se poi ha anche vissuto la povertà della guerra, non intende, comprensibilmente, regalare nulla a nessuno; l’essere avari è un retaggio del non avere avuto nulla e quindi, rischiare di dare più del dovuto, all’eventuale commerciante ed essere ingannati, non piace proprio.

LE NOSTRE CAPACITA’

Gino è un vecchietto un po’ particolare. È simpatico, paziente, alla buona. Molto istruito e sempre molto disponibile con tutti. Anche a lui, con l’avanzare dell’età, si è abbassata la vista ma, per sentirsi sempre centrato e non inferiore, ha deciso di utilizzare altri mezzi. Si tratta di strumenti dati dalla società e sensi che ci appartengono da quando siamo venuti al mondo.

Gino è un vecchietto in pensione. Si alza molto presto al mattino e, pur coltivando diverse passioni, ha parecchio tempo libero. Ha iniziato a studiarsi bene le lineette attorno alla circonferenza delle monete. Le righe dei bordi. Ognuna diversa per moneta perché create proprio per i non vedenti. Questa soluzione, assieme al preciso tatto di cui siamo dotati, ulteriormente allenato, è diventata per Gino un risultato sorprendentemente utile e comodo.

Per chi sta già sbuffando, insinuando che la cosa sia troppo lunga e difficile, dichiaro che il signor Gino ha impiegato appena una ventina di giorni, facendo anche molto altro durante questo periodo, per imparare a riconoscere le monete senza nemmeno guardarle.

Automaticamente, attraverso questa precisa osservazione fatta con occhi ma soprattutto dita, le monete hanno iniziato a distinguersi tra le sue mani anche attraverso peso e grandezza.

Insomma, Gino, come prende un soldino nel palmo della mano, sa precisamente e velocemente di che soldo si tratta. È anche più veloce di molti giovani dotati di vista da falco.

OTTIMI RISULTATI

Questo comportamento io lo definisco un salto di qualità. Un bellissimo balzo in avanti. E, dietro questa storia, c’è un messaggio che può tornare utile in molte occasioni che si presentano nella vita di chiunque, anziani o meno.

Mi sento davvero di complimentarmi con il signor Gino che ha deciso, per suo libero arbitrio e diritto, di non rimanere uno schiavo bensì di tirare fuori nuove armi per essere sempre più entusiasta e positivo.

Gino ha deciso di vedere la bellezza dove pochi la vedono e, anziché lasciarsi crogiolare dal fastidio, la lamentela e l’invalidità di una vista poco buona, ha deciso di rifiorire in un nuovo argomento della propria vita.

Oggi, si sente un gran figo ogni volta che deve pagare, soprattutto quando si trova davanti agli amici ed è una persona felice anche per questo.

Bravo Gino, hai tutta la mia stima! Di certo, una persona come lui, non “farà mai la muffa” per capirci. Non farà mai del vittimismo e nemmeno si farà rabbia inutile. La rabbia – un’energia che può essere trasformata in CREAZIONE.

Gino ha fatto anche un’altra cosa bellissima: si è amato. Ha posizionato la sua persona in una condizione ottima per vivere e affrontare la vita e la società.

Prosit!

photo monetedivalore.it – ecodibergamo.it – wikihow.com – finanzaonline.com – it.pinterest.com – abcsalute.it

E’ solo una Carezza…

Dovremmo essere spontanei come i bambini che, quando vogliono una carezza, ti prendono la mano e se la mettono sul viso – (Mesmeri, Twitter)

Quando sei un fiore, ti basta una carezza.

Quando sei un animale, ti basta una carezza.

Quando sei un bambino, ti basta una carezza.

Quando sei un anziano, ti basta una carezza.

Cos’hai di più, rispetto a loro, ora che sei adulto, non più piccino ma nemmeno vecchio, e una carezza non ti basta?

Cos’hai di meno?

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Una carezza denigri, reputi un povero gesto.

Con una carezza non diventi ricco, non mangi, non acquisti l’abito che fa tendenza.

Una carezza non ti dona la gloria, la fama tanto ambita e quanto è inutile riceverla, tanto è faticoso darla.

Cosa c’è in fondo in una carezza? Un contatto, un po’ di pelle, una sinapsi, cose così, banali.

Troppo banali per viverle.

Quel tocco lieve, così presente, così profondo.

Quel patetico sfioramento che penetra nelle viscere e le scuote.

Cos’è mai una carezza? Un gesto così inutile che preferisco privarmene, che non ricevo, che mai offro.

Palpare il viso di un altro, tastargli il cuore. E’ il nulla.

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Quante carezze hai ricevuto oggi?

Quante ne hai fatte?

Non ai tuoi figli, non al tuo cane, non a tua madre. A quelli come te.

Ho imparato che ogni giorno dovresti spingerti a toccare qualcuno. La gente ama una carezza affettuosa, o soltanto un amichevole pacca sulla schiena – (Maya Angelou)

Ma dire che una carezza può addirittura avere un potere terapeutico, è ormai scontato, non ci si fa nemmeno caso. Quanta buona energia possa essere racchiusa in un solo gesto sembra impossibile o da non tenere a mente. Queste sono cose che dice lo psicologo, la persona spirituale, il credente che ripete le parole del suo Dio. I fanatici del Peace&Love, della New Age.

Mi da persin fastidio accarezzare qualcuno. Toccare quella pelle che non mi appartiene sotto nessun punto di vista. Mischiare le mie cellule epiteliali alle sue. Al suo sudore, al suo odore. A sentire sotto al mio palmo una consistenza che non mi è familiare. Ne ho quasi paura, e se non è timore è ribrezzo.

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E poi, cosa mai potrà pensare di me quel qualcuno? Quel qualcuno al quale ho invaso la zona più intima tra le distanze prossemiche interpersonali? Al quale ho effettuato un’incursione nello spazio vitale senza permesso.

Per alcuni è persino un fastidio essere toccati, sfiorati, baciati. Il loro scudo protettivo non dev’essere oltrepassato e vanno rispettati.

I dinosauri si sono estinti perchè non li accarezzava nessuno – (Anonimo)

Cos’è questo contatto? Non siamo scimmie! Cos’è questa confidenza?

Quante carezze hai ricevuto oggi?

Quante ne hai fatte?

A chi è come te, uguale a te.

Quante carezze hai custodito dentro senza mostrarle? E sono ancora lì, ad ammuffire, come le radici di una pianta avvolte dentro ad un retino di plastica, sotto terra, nascoste, affinchè la pianta possa morire e tu spendere ulteriori soldi per comprarne un’altra senza saperti dare una spiegazione.

Eppure, le davo l’acqua… Eppure le davo il sole…. Eppure l’ho protetta dal vento… – ma la sua parte più preziosa è morta, perché nascosta, nessuno ha potuto vederla.

Nascosta dentro, al centro, come il cuore di ognuno di noi.

La carezza è questo. E’ lo strumento che ci permette di guardare sotto terra, di liberare radici che soffocano costrette. E’ il proiettile di un cecchino che colpisce nel punto più esatto senza fare male.

L’unico dolore che si prova è quello della nostra stessa paura, ed è dolce, insinuante, affilato come una katana.

La carezza non fa male. Brucia sui graffi mandando in estasi. La carezza è l’atto più amorevole che le nostre mani possono compiere.

Se non sai che fare delle tue mani, trasformale in carezze – (Jacques Salomé).

Prosit!

photo attualita.tuttogratis.it – larucola.org – bodyspeakingtherapy.it