Chiedi e poi Aspetti? Speri? Non otterrai mai nulla

Sognare, sperare, desiderare….

Pensi ad una cosa, la vuoi con tutto te stesso, l’aspetti, con ansia, non vedi l’ora che accada e…. niente. Non avviene. Puoi pregare in tutte le lingue del mondo, struggerti nell’attesa, augurarti tutto quello che vuoi ma, ciò che brami, non si presenta.

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Perché?

E’ molto semplice. Poniti la domanda in questione. Fai finta di essere una Radio, su quale canale sei sintonizzato? Su quello dell’Aspettativa ossia, appunto, dell’Aspettare. – E allora aspetta! – ti risponde l’Energia Universale (tutto è energia) – Aspetta, aspetta… tanto guarda, ho tutto il tempo che voglio, per me il tempo manco esiste, esiste solo per voi umani! -.

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Beh sì, il concetto “Tempo”, in realtà, è davvero valido solo per noi ma è una teoria complicata questa che magari spiegherò in un altro articolo, oggi mi soffermo su questa benedetta Aspettativa che ci rovina tutto.

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Cosa significa in sé ASPETTARE?

Significa che quella cosa NON E’ AVVENUTA, aspetto che si AVVERI, in un FUTURO, chissà QUANDO.

Si stanno quindi emanando le frequenze dell’attesa e torneranno le frequenze dell’attesa.

Soltanto le frequenze della REALIZZAZIONE rifletteranno la REALIZZAZIONE e quindi la cosa REALIZZATA.

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Il trucchetto perciò è difficile da mettere in pratica ma abbastanza facile da comprendere, significa infatti dare quella cosa già per scontata. Già AVVENUTA , l’esatto contrario di NON ANCORA AVVENUTA. E’ chiaro. E’ ovvio. Se su una tela vogliamo disegnare un cielo azzurro, sarà normale prendere l’azzurro tra le tempere, o girare un po’, mescolare il blu al bianco, per ottenere comunque sempre l’azzurro. Mica si sceglie il giallo o il rosso. L’Universo ragiona così. Con una semplicità disarmante che lascia talmente sbigottiti da pensare e credere che tutto ciò non sia possibile. Tant’è che, appena si prova a convincersi di aver già ottenuto quella data cosa, subito una vocina nella mente suggerisce – Eh… si, si… creditelo… ma com’è possibile? Scherzi? – et voilà che tutti i buoni propositi di convinzione vanno a farsi friggere.

Voglio ripetere un concetto già detto ma che trovo utile e anche meraviglioso. Si tratta della spiegazione dei due verbi “DESIDERARE” e “CONSIDERARE”. Vorrei sottolineare ancora la loro differenza e consigliare quale sarebbe meglio utilizzare.

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Il verbo DESIDERARE deriva dall’insieme delle parole latine “de” (negazione) e “sidera” (stella) ossia = senza stella / al di fuori del disegno delle stelle.

Il verbo CONSIDERARE deriva invece dalle parole latine “con” (assieme) e “sidera” (stella) ossia = assieme alla stella / all’interno del disegno stellare.

Compreso questo concetto, è possibile che avvenga un qualcosa che non è stato disegnato? No. Non è stato disegnato appunto. Quindi non esiste. Non può avverarsi. E’ stato solo desiderato. Cioè… niente. Nel momento in cui si immagina qualcosa, quel qualcosa va a formarsi, letteralmente prende forma in qualche posto nell’Energia Cosmica. C’è, esiste, gli si è data una forma, è stato creato. E’ stato disegnato tra le costellazioni, si può dire, perciò è da CONsiderare, non da desiderare, se si vuole che si materializzi. Se lo si desidera soltanto continuerà a rimanere lì, vagando per l’Universo senza mai prendere consistenza.

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Si è stati però educati a desiderare perchè VOLERE risulta poco fine e maleducato. Io voglio suona male. Io chiedo, spero, mi piacerebbe, se posso… è molto meglio, si risulta meno pretenziosi, più gentili. E quindi non si osa pretendere, nemmeno con noi stessi. Anche perché, vuoi mettere? Tra tutte le citazioni enunciate atte a tarpare le ali, chi osa a credere che le cose stanno realmente così?

– Chi si loda s’imbroda

– Più cadi dall’alto, più ti fai male

– Vola basso (detto anche in gergo giovanile “Fly down”)

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E moltissimi altri. Perché credersela, o credere fermamente che ciò avvenga, darlo per scontato, fa pensare di essere dei boriosi che se la tirano e questo non va bene. Insomma… ma chi ti credi di essere? Si, si lo so anch’io che ci sono individui che dovrebbero “volare basso” davvero, mica vivo su un altro pianeta, ma questo è un altro discorso.

Non aspettare! Agisci! Cioè, crea! Crea il tuo pensiero e di conseguenza crea la sua realizzazione. Solo tu puoi farlo. Non c’è un piccolo folletto nel cielo che prende il tuo sogno e si mette lì, assieme agli aiutanti di Babbo Natale, e te lo materializza. Solo tu puoi farlo! Se da qualche parte c’è un Mago, quel Mago è dentro di te. Immaginare deriva dalle parole “In Me Mago Agere” ossia “In Me c’è un Mago capace di Agire”. Quante ne sapevano agli albori dell’umanità… poi tutto è andato perduto. Vuoi mettere, un popolo in grado di pensare e poi realizzare il concetto immaginato? E chi l’avrebbe governato mai? L’essere umano sarebbe stato troppo felice, meglio tarpargli le ali.

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La preoccupazione è l’arma migliore…….. per non riuscire in nulla.

Pensi ad una cosa, la vuoi, e mentre cerchi di concretizzarla arriva Miss Preoccupazione che ti fa saltare in aria tutti i bei progetti.

E allora non avere Aspettativa. Lancia il messaggio, fai il tuo pensiero, dallo per scontato e poi dimenticatene. Non continuare a chiedere. Offendi la Forza Universale continuando a pregare e a domandare la stessa cosa. Se potesse parlare ti direbbe – Ho capito!!! Non sono idiota!!! Perché continui a chiedere? Non ti fidi che avvenga? Non hai fiducia totale dentro di te? E allora… ciuuupa! Non avrai nulla -. Oh già!

Prosit!

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Buon Natale, Buon Natale e che sia quello buono e poi…

… e poi zucchero e miele!

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Buon Natale, Buon Natale
ma che sia quello buono
che ti porti un sorriso e la gioia di un dono
sotto l’albero stanco di frutta e di mele
è un Natale più bianco se viene la neve
e se brilla una stella cometa lassù vorrei tanto ci fossi anche tu.
Buon Natale, Buon Natale,
ma che sia quello vero
e poi zucchero e miele
e un augurio sincero
per un giorno di festa e di felicità
per ognuno che resta e per chi se ne va
e adesso mi chiedo fra tanti perché
è Natale e non sei qui con me.
Buon Natale, Buon Natale
canterò una canzone
Buon Natale, Buon Natale
qui va tutto benone
specialmente se scrivi due righe per me
e se torni c’è ancora un regalo per te
e chissà se ritorni, se resti, se vai
è Natale se tu tornerai.

Ecco. Questa è la mia canzone del Natale.

E’ la mia canzone del Natale perchè da bambina, ogni anno, a Dicembre, la cantavo assieme ai miei genitori e mi riporta piacevolmente a un tempo che fu. Si tratta di un testo di Paolo Barabani che ascoltavo nel mio vecchio mangiacassette. Quello grigio, rettangolare, con il tasto REC tutto arancione. Giravo per casa con il registratore tra le mani e canticchiavo costantemente questa specie di filastrocca. Riconosco oggi che il testo non è dei più allegri ma ricordo che amavo di lui alcune parole come: zucchero, miele, stella cometa, neve e mele che mi facevano viaggiare con la fantasia in una fiaba fatta di dolci e ambienti surreali.

Era per me serena come una ninna nanna ma anche golosa come le glasse colorate al Luna Park che sempre arrivava in quel periodo. Come accade ancora oggi. Almeno nel mio paese.

Sì, lo so che l’unico passato che fa bene è quello di verdura ma… che volete farci, alcuni ricordi è come se cullassero il cuore.

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Oggi, sugli auto-scontri e nella casa degli specchi ci vanno i miei futuri eredi, ed è ancora tutto così vivo dentro di me.

Quell’aria frizzante che punge il viso scivolando giù dal Toboga con quei tappeti sgualciti e pesanti. Quelle luci accecanti, quella musica che rimbalza nel petto… e, immancabilmente, tutto ciò lo scriveranno in tanti vista l’atmosfera di questi giorni. Non posso fare a meno di rammentare il presepe costruito assieme a papà e la mia trepidazione di quando vedevo mamma arrampicarsi con la scala sul soppalco per tirare giù le tanto attese scatole che sapevo contenere una miriade di meraviglie: ghirlande luccicanti, striscioni luminescenti, palline decorate, statuine, carta, cotone.

E poi eccolo spuntare. Sempreverde, in attesa, volenteroso di sgranchirsi i rami, ai miei occhi. Il piccolo abete da abbellire.

Alcune palline si rompevano col passar degli anni e mamma le riparava con maestria. Papà invece, creava delle finte montagne per i pastorelli che dovevano raggiungere la grotta di Gesù Bambino. Quando ho avuto mio figlio, non avevo più molto di quel materiale e, il voler festeggiare il nostro Natale, ci ha condotto ad acquistare nuove cosine carine per decorare la nostra casa e il nostro albero. Quel gesto, quella situazione, io l’ho tradotta come calore e famiglia e ben poco m’importava, in quel momento, della festa in se’ e del suo significato, dei soldi, della commercializzazione che molti discutono. Era la mia festa, il mio Natale. Il nostro Natale.

Anche per noi sono passati diversi anni e anche le nostre palline, come quelle di mia mamma e di mio papà, sono andate via via rompendosi e danneggiandosi fintanto che, quest’anno, siamo dovuti andare ad acquistarne altre. Oltre a non essere brava come mia mamma, desideravo anche rinnovare il nostro abete. Ero emozionata. Non per gli oggetti ma per noi.

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Quest’anno sono gialle e rosse ma un domani? Chissà? E ancora ricorderò i nostri primi addobbi acquistati così, come ancora ricordo, gli ornamenti di me bambina. E la nostra Vigilia, magica, fantastica, che inizia quando Babbo Natale è ormai di nuovo alto nel cielo e il silenzio ricade sui visi emozionati che tanto hanno atteso.

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Questo è il mio modo, sicuramente strambo, per augurare a tutti voi un periodo natalizio sereno e felice (prosit! sempre!) ma per augurare un Buon Natale soprattutto a quegli occhietti gioiosi che mi fissano vispi pensando ai doni.

Questo era il tempo in cui ancora si viveva un classico Natale. Oggi, il mio Natale è più alchemico. E’ la rinascita di un Sole nuovo, fuori e dentro me, ma per tutto c’è un tempo. Per questo è giusto che i bimbi abbiano la facoltà di vivere ciò che più desiderano.

Prosit!

photo deabyday.tv – lagazzettadisansevero.it