Magia e Denaro

Coda di rospo

Pelle di serpente

Avrò tanti soldi anche se non me ne faccio niente!”

Puff!

Perché non entra il denaro nella nostra vita?

Perché non ci pagano, perché c’è la crisi, perché non c’è lavoro, perché apparteniamo ad un determinato ceto sociale, perché siamo sfigati, perché bla, bla, bla… bene ok, le abbiamo dette tutte.

Adesso, visto che le tutte sono state dette, proviamo a dirne altre, senza spocchia e senza idiozia, così, solo per riflettere su altro.

Su queste mi ci soffermerò un po’ di più perché quelle citate adesso sono ovvie e conosciutissime e professate da tutti (attenti alle forme-pensiero! Leggete qui https://prositvita.wordpress.com/2018/03/07/le-pericolosissime-forme-pensiero/ ). Queste che invece sto per elencare, a volte, non vengono in mente.

Perché non entra il denaro nella nostra vita?

perché lo si considera una cosa “sporca”

Ora, non so voi, ma io, se sapessi che una persona mi considera sporca, abietta e magari dice anche che puzzo, io… beh… da quella persona non ci andrei. La nostra cultura, religione compresa, così come l’educazione di mamma e papà operai, ci ha insegnato che il denaro è il male. Gesù era povero e infatti buono (Balle! Ne aveva più di me!), l’imprenditore che ha tanti soldi è un arrivista senza scrupoli, chi ha tanti soldi è vanitoso e arrogante, per i soldi si uccide, il denaro è la tentazione, la felicità non la fanno i soldi… tutte frasi che, giorno dopo giorno, tramutano il denaro in un qualcosa da rifuggire se si vuole rimanere puri e onesti e, nelle nostre memorie, soprattutto nel nostro inconscio, attorno al denaro, prende sempre più concretizzazione la figura di un volto demoniaco che ci vieta di far entrare i soldi in noi, nella nostra vita, con entusiasmo, e considerandoli belli, sani, genuini, incontaminati. Vero o no?

perché il soldo è un valore e noi non valiamo

Il denaro è considerato uno degli strumenti nella nostra esistenza dal valore molto alto. Senza i soldi non si può fare praticamente nulla. Persino la nostra salute è basata su di lui, in quanto, grazie ad esso, possiamo curarci meglio e quindi… vivere (vi sembra poco?). Il denaro quindi acquisisce un merito incredibile, un’importanza non solo notevole ma indispensabile. Grazie a lui si mangia anche e, quindi, si vive (vi sembra poco?). E’ chiaro perciò che è un qualcosa che vale molto e, nella nostra mente, gli si danno forme, lo si visualizza attraverso uno yacht, ville, completi firmati e ventiquattrore, vacanze, benessere, potenza, governo. Tutte cose dal grande valore per la nostra educazione e, se noi non valiamo allo stesso modo, ovviamente non può esserci una connessione tra noi e loro. Perciò, se io mi auto-svaluto, di conseguenza mi ritroverò con soli pochi spiccioli. Un tot di denaro pari a quanto è la valutazione di me stessa. Secondo me regge.

perché gli si da troppa importanza

Lo si considera indispensabile. Nei suoi confronti si hanno molte, troppe aspettative, è vitale, fondamentale, tutto ruota intorno a lui. Pensate forse che chi è ricco pensa al denaro in questo modo? Direte – Certo che no! Lui già ha i soldi perché doversene preoccupare? -. E’ vero ma, al di là del fatto dell’averne o meno, è proprio la preoccupazione che fa attrito. E voi direte ancora – Ma è proprio perché non ne ho che mi preoccupo, altrimenti non mi preoccuperei – ebbene, per non cadere in un circolo vizioso ed evitare di imitare i criceti, vi consiglio di osservare la cosa all’incontrario ossia: “non avete denaro proprio perché vi preoccupate del fatto che non lo avete”. Non vi ricordate più che la realtà è uno specchio? L’ho scritto tante volte. Potrebbe essere un motivo non trovate?

perché ci sembra impossibile averlo

Chi nasce quadrato non può morire tondo. E’ raro che in una famiglia “povera” (oggi la povertà è diversa da quella di un tempo), si possa credere, con fermezza, crederci davvero intendo, sentendolo dentro, che nostro figlio diverrà un riccone. Glielo si augura, si prova ad insegnarli come fare ma è solo la speranza a guidarci e non la sicurezza. Non solo, saranno molte di più le frasi tipo – Per campare dovrai sudare sette camicie – che gli diremo piuttosto che altre, perciò, il possedere tanto denaro, diventa solo un sogno. Un ingrediente della fantasia, sapendo benissimo che mai, potrà essere la realtà. Si utilizza questo metodo del “tarpare le ali” per non illudere, perché è il male ad avere sempre la meglio e, nostro figlio, illudendosi, soffrirebbe. Non si pensa invece che ad avere la meglio potrebbe essere il bene e che, nostro figlio, credendosela, potrebbe davvero un domani diventare ricco solo perché è riuscito, con l’immaginazione, a realizzare la realtà che più desiderava. Lui non darà mai per certa la consapevolezza di averlo e non l’avrà. Vi siete mai chiesti come viene educato il figlio di un riccone? Senza badare a spese. Quello che voglio dire, non è che dovete comprare al vostro erede tutto quello che vuole e di molto costoso ma, semplicemente, provare a cambiare un po’ l’educazione, inerente ai soldi, che ogni giorno gli fornite. Modificare le informazioni che seminate nel suo cervello e che lui nutrirà e coltiverà. Potrebbe essere un’ipotesi.

perché ne abbiamo bisogno

L’Universo, così come la nostra anima, non ci vogliono bisognosi. Ci vogliono Dei. Onnipotenti. Fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Un Dio non ha bisogno. E’ solo l’uomo che si rende micragnoso. Finchè si percepisce il soldo come un bisogno quindi, esso non arriverà mai perché occorre capire che, soprattutto nel Qui e Ora, abbiamo esattamente tutto ciò di cui necessitiamo. Se vogliamo avere più denaro, dobbiamo trasformarlo in una logica conseguenza. Io non ho bisogno di soldi, “io voglio più soldi perché così almeno potrei fare anche questo ma vivo bene lo stesso”. Vivo davvero bene lo stesso. Se mi sento appagata interiormente, e nel vero senso della parola, il denaro troverà la porta d’accesso per entrare nella mia vita ma se lo bramo per paura della sofferenza esso non entrerà finchè non imparerò a capire che posso avere tutto ciò che voglio. Starà lì ad aspettare e a dire “Quando capirai e percepirai che posso arrivare in piena fluidità, senza motivi che ti incatenano, arriverò”. Ma ci pensate?

perché lo consideriamo il motivo dei nostri movimenti

Quando facciamo qualcosa, come ad esempio il nostro stesso lavoro, ogni giorno, come bravi soldatini, quando creiamo qualsiasi cosa, lo facciamo solo ed esclusivamente per il denaro e per pagare a fine mese tutte le spese alle quali siamo obbligati. Povero denaro… a lui nessun riconoscimento come essere a sé! E’ solo un mezzo e non una gioia. Ma, detto così, non si capisce. Il fatto è che se io ad esempio scrivo un libro e lo scrivo solo per guadagnare e non per fare innocentemente del bene al mondo, attraverso la mia creazione, non guadagnerò mai. Se invece scrivo solo per passione (facendo del bene pure a me stessa) e davvero per contribuire ad un benessere degli altri, il denaro si sentirebbe ben lusingato di appartenere in cambio alla mia vita. E’ nel momento in cui dono, incondizionatamente, che posso poi godere di tutto ciò che mi fa stare meglio e non quando offro per un tornaconto. Fosse anche solo il tornaconto dell’affetto da parte degli altri. Ci muoviamo solo in base ai soldi, capite che responsabilità, poveretti, gli stiamo dando? Non se la prendono un’incombenza così! Sfido io! Voi vi prendereste una responsabilità del genere? Tipo… far vivere bene o male una persona per mano vostra? Dai… non potete darmi torto!

Per attrarre denaro dall’esterno all’interno verso di noi, dobbiamo modificare il nostro interno verso l’esterno. Solo così potremmo godere una vita appagante in ogni ambito. E’ difficile. Molto. Non lo nego. Io ci scherzo su ma comprendo quanto sia brutto. Ho saputo cosa significa. E oggi voglio vivere diversamente, non più come un tempo. Continuo così ad allenarmi, la strada è lunga ma non mollo, provate anche voi, alla fine… non costa niente. E’ solo un meccanismo della mente che va modificato.

Vi lascio a questo video di Salvatore Brizzi e vi consiglio di acquistare il suo libro “La Via della Ricchezza” nel quale, alcuni concetti, sono spiegati ancora meglio.

Prosit!

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La Non-Colpa del Non-Amore

Non hai colpa se non sai amare e di conseguenza non vieni amato.

Ci vuole una grandissima, esagerata dose di umiltà per ammettere di non saper amare. Di non avere amore dentro sé.

Se siamo generosi, se non facciamo nemmeno male ad una mosca, se non abbandoneremmo mai il nostro partner, se ci priviamo di cose piacevoli per noi mettendoci su un gradino inferiore agli altri, se ci preoccupiamo della nostra famiglia e di essere persone per bene, con la coscienza sempre pulita, siamo convinti di amare. Amare in modo smisurato.

No… non funziona così. Amare è altro.

E non è solo amare senza chiedere nulla in cambio. Questo sta divenendo un concetto trito e ritrito anche se difficilissimo da mettere in pratica realmente.

Amare significa anche sconfiggere le proprie paure che, quando esistenti, rubano posto all’amore e non gli lasciano vita. Il bisogno, l’avidità, il mentire, l’approfittarsi, l’opportunismo, la vendetta… sono tutti comportamenti, anche se definiti piccoli e “innocenti” alcuni, che mantengono l’amore distante anche da se stessi.

E’ quando ho paura di perdere una persona che non amo.

E’ quando ho paura di non ricevere abbastanza che non amo.

E’ quando giudico le azioni degli altri, quando mi lamento, quando elemosino tenerezza che non amo.

Quando ho paura dei miei stessi sentimenti, non amo.

Quando racconto bugie per far credere quello e quell’altro, non amo.

Quando una persona non è mai stata amata nella vita, difficilmente è in grado di amare a sua volta. Non conosce l’amore, nemmeno per se stessa, e quindi non può conoscerlo per altri. Confondiamo forme di gratitudine e di appagamento, che diamo e riceviamo, con quello che definiamo amore ma, con l’impedimento che abbiamo dell’amare, per prima cosa noi stessi, significa che c’è poco amore in noi.

Amarsi è un dovere e non solo un diritto e chi non si ama non è da vedere solo come un povero essere privo di quello che è il sentimento più bello e più forte del mondo. Deve essere compreso (anche se non per forza giustificato) nonostante il suo sia un percorso personale. Se non lo si comprende, ci si ammala, alla ricerca di un qualcosa che non c’è e che si spera. Ma che a lungo andare logora.

Chi non ama è perché non riesce o non ha voglia di scoprire realmente che cosa si è.

Non c’è colpa. Non è una colpa non possedere il dono dell’amore (che in realtà esiste ma è soffocato da molta “spazzatura” così tanto da risultare nullo). Non ha colpa chi non ama. L’unica responsabilità che ha, termine che preferisco usare al posto di colpa, è quella di non riconoscere questa assenza dell’amore e di non impegnarsi a sconfiggere ciò che impedisce di far sbocciare l’amore all’interno di se stesso.

Dovrebbe domandarsi, per prima cosa, “sono davvero felice?” e come seconda cosa dovrebbe chiedersi “sto rendendo davvero felici le persone attorno a me? Mi sto sinceramente comportando bene con loro?”.

La menzogna, anche verso se stessi, è sempre in agguato ma, con una lunga, sana e impegnata introspezione, cercando di essere il più sinceri possibile, si può arrivare a comprendere.

A mostrarci la risposta alle nostre domande, inoltre, sono proprio gli altri: uno specchio che riflettono esattamente cosa siamo dentro.

Le loro attenzioni nei nostri confronti, le loro reazioni, i loro modi di fare, i loro cambiamenti, rispecchiano esattamente quello che siamo nella nostra parte più intrinseca e questo vale per tutti e per entrambe le parti, pertanto, non basta osservare …la noia che ha tua moglie (cit. Ivan Graziani – Pigro ’78), o i figli capricciosi, o un padre irascibile, etc… occorre scendere più in profondità.

La moglie, con la sua inedia, mostra la tua non-gioia nei confronti della vita e non puoi essere pieno d’amore se non senti entusiasmo per il Creato e la tua esistenza.

I figli, con il loro pestare i piedi, ti stanno mostrando la tua intolleranza , il fatto che le cose devono andare come vuoi tu perché se non vanno come vuoi tu è sbagliato e subentra la paura, la paura del nuovo, del cambiamento. E come fai a vivere fluidamente nell’amore se esistono in te questi timori?

Il nervosismo di tuo padre da cosa nasce? Dal fatto che non ne fai mai una giusta? Quanto ti sottovaluti allora? E se ti sottovaluti come puoi amarti? Se ti ameresti avresti anche una buona dose di autostima.

Ora si capisce meglio perché, molto spesso, crediamo di amare quando così non è. Dobbiamo traboccare di questo sentimento se vogliamo donarlo anche a chi ci circonda. Perciò ecco dove sta la responsabilità. In queste osservazioni che purtroppo solo in pochi fanno. Viene spontaneo prendersela con chi ha questi atteggiamenti nei nostri confronti senza capire che il mondo esterno, in realtà, reagisce al nostro volere e al nostro valore. Bisogna entrare nei meandri più oscuri di quello che siamo per trovare la vera luce, per trasmutare il piombo in oro e solamente con l’umiltà di dire – quello sono io – ci si riesce. Se molti vedono questo percorso come un castigo, o un peso troppo grande da portare sulle spalle, è perché in realtà non riescono a vedere oltre e a comprendere quanto invece sarà poi grande la riuscita e la risoluzione di tutto questo. E quanto sarà appagante quando si arriverà in vetta e, oltre a poter affermare – io amo – sentire chiaramente e beneficamente gli effetti dell’amore, vivendo in esso, come uno stato d’essere. In pieno entusiasmo.

Una sfida contro l’ottusità oserei dire ma, ci stiamo vietando, e allo stesso tempo proibiamo anche agli altri, di concedersi il nostro amore. Ognuno di noi ha tanto amore dentro da nutrire tutta la popolazione del pianeta e le sue piante e i suoi animali. Una dose che non ha fine e che può crescere sempre di più ma affinché sia così bisogna trovarla, compiere il più lungo e importante viaggio della nostra vita.

Soltanto dopo la notte si può ammirare il sole e godere delle sue qualità. Mettiamoci in cammino verso la rinascita.

Prosit!

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Liberiamoci Dei Rompipalle 8° – IL SUPERBO

Sapete che i Superbi tra noi sono davvero molti? Più di quelli che possiamo immaginare.

Si perché, quando si parla di SUPERBIA, si pensa immediatamente ad una persona tracotante e supponente che, guardandoci dall’alto in basso, ci ordina determinate cose, credendosi chissà chi, e ci tratta come poveri mentecatti.

Oh no! Questo è vero, ma il Superbo, in realtà, è anche molto più subdolo e, per questo, sovente, passa inosservato.

Vi faccio subito un esempio che capita spesso tra umani e che lo si può comparare a mille altre situazioni.

All’interno di una comune famiglia, un figlio confessa che amerebbe tanto avere un cane. – Va bene – dicono i genitori e, l’indomani stesso, ecco un bel cagnolino, nuovo membro di quella casa. Uno splendido Bassotto.

Ma io non volevo un Bassotto! – lamenta il ragazzo – non mi piace, volevo sceglierlo io, volevo andare in un canile e guardare quello che più mi piaceva!

Il padre, a quel punto, gli mette una mano sulla spalla attirandolo a sé e, guardandolo come lo guarderebbe un caro amico consigliere, gli dice – Ma come? Volevi un cane e te lo abbiamo preso, alla mamma piace tanto e poi… guarda che occhioni dolci ha! Come può non piacerti?

Stiamo quindi parlando di un padre (e di una madre) convinti di aver fatto la scelta migliore. Il Superbo crede di sapere meglio di voi cosa fa bene a voi o cosa va bene per voi. Questo è alla BASE della Superbia.

Questo significa instillare il senso di colpa introducendolo nell’animo del malcapitato. Dovrebbe suonare un allarme dentro di voi a questo punto. Tutto ciò significa: “Sei un figlio ingrato, noi ti abbiamo accontentato immediatamente e tu non sai apprezzare il nostro gesto. Sei anche un menefreghista perché non consideri i gusti di tua madre che ti è venuta incontro nel prendere un cane. Noi siamo buoni e tu cattivo. Tu non meriti nulla. Etc… etc…”. Ok? E ora pensate bene a quante volte accade, o è accaduto, nella vostra vita. Magari lo avete subito o lo avete commesso. Magari lo avete vissuto, non per forza dai genitori ma da qualsiasi altro.

In parole povere:

– Hai due genitori che ti hanno prontamente accontentato e tu non apprezzi il loro gesto

– Non consideri i gusti di tua madre

– Stai preferendo un essere vivente ad un altro essere vivente; questa è discriminazione

E poi…. attenzione bene…. c’è… l’inganno!

L’inganno dato dalla finta complicità del padre: mano sulla spalla, tono calmo e convincente, sguardo ammaliante.

(Tenete conto, inoltre, che un cane non è un giocattolino che dopo un mese si rompe e lo si cambia; un cane può vivere parecchi anni e, per parecchi anni, il ragazzo dovrà tenersi un cane che non desiderava)

Badate bene: tre sensi di colpa (più il tradimento del papà) in una sola frase, detta con dolcezza, pacatezza e cercando di convincere l’altro.

Questa è Superbia. La Superbia, come dicevo, di credere di saper sempre fare il meglio e meglio degli altri, la cosa più giusta, senza nemmeno ascoltare chi si ha di fronte e i suoi desideri fino in fondo. L’utilizzare le proprie capacità quasi astute (truffaldine) per ottenere ciò che si vuole, incuranti dei sogni e necessità altrui.

Questa è anche manipolazione.

Ora, è vero che palesemente il Superbo è una persona convinta, irremovibilmente, di essere superiore a tutti ma, quello che occorre capire, è che non sempre palesa questa sua convinzione attraverso un agire schietto e ben visibile che urta. La sua Superbia, in realtà, può passare totalmente inosservata ma viene comunque subita dalla nostra percezione, dalla nostra parte più intrinseca e, una volta recepita, rimane lì, e ci fa del male.

Riesce a farci del male perché può portare, all’interno di noi stessi, tanti messaggi ma tutti a sfondo negativo come: l’autosvalutazione, la sottomissione, l’insicurezza, la rabbia, l’avversione, la tristezza…

Adesso, dimenticandoci l’esempio del padre e del ragazzo che vuole il cane, c’è da dire però che, anche se può sembrare strano, spesso, un Superbo non si accorge di esserlo nel senso che stà, egli stesso, così facendo, appagando delle sue necessità. In modo sbagliato certamente ma questo c’è alla radice. La moglie che, ad esempio, manipola il marito, pur non accorgendosene, sente il bisogno di farlo per PAURA. E’ sempre, o quasi, la PAURA a governare. La paura che vada con un’altra donna, la paura di rimanere sola, la paura di venir sottomessa, la paura di non essere amata… e quindi, con Superbia, lo obbliga ad avere comportamenti che, secondo lei, le dimostrano amore. Lo tiene in pugno e, i suoi timori, sono placati. Un giro poco sano certo, ma questo è.

Vedete che meccanismo arzigogolato? Per questo occorre precisare bene cos’è la Superbia, perché non è soltanto quella conosciuta la maggior parte delle volte, ma nasconde anche, e soprattutto, questo aspetto. La Superbia può essere un’azione ma anche un vestito che si indossa e quindi cambia sembianze.

Non è facile riconoscerla prontamente, dal vivo. Siamo molto, troppo abituati a sentirci dire determinate frasi. Ponete attenzione. Ascoltate il vostro intuito. Quel piccolo, pungente, sentire nel vostro stomaco.

Prosit!

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Liberiamoci Dei Rompipalle 7° – L’INCANTATORE

Bla… bla… bla… tante belle parole a fiumi e, guarda caso, parole fantastiche, proprio quello che si vuole sentir dire, riflessioni e concetti che non fanno una piega o, se la fanno, è una piega intelligente, che porta al ragionamento, che mostra attenzione… Wow! E chi ho di fronte? Un premio Nobel? E gli occhi si trasformano subito a cuoricino e cala un pò di bavetta.

Aspettate prima di adulare qualcuno. Aspettate.

Si, gli Incantatori sono solitamente molto, molto istruiti. E hanno un dono, quello di saper già dove andare a mirare. E quasi sempre hanno almeno una laurea e sono finiti dallo psicologo più di una volta (questo non indica che altri laureati, pazienti di analisti, siano Incantatori eh?). Per carità, non ho niente contro gli psicologi anzi, chi mi segue sa quanto li stimo… e nemmeno contro chi è loro paziente ma, gli Incantatori, hanno dei grandi bisogni e si recano quasi sempre dallo specialista perché sentono mancanze pur non capendo cosa gli manca. Per la serie: – Ma io chi sono veramente? Possibile ch’io sia soltanto un comune essere umano e mortale?

Quasi sicuramente manca l’Amore. Quello con la A maiuscola, l’Amore completo e totale per se stessi e il Cosmo. Tanta buona filosofia ma poca connessione di cuore.

L’Incantatore ha bisogno di apparire, ha bisogno di rapirti con il suo fascino intellettuale, ha bisogno che tu abbia bisogno di lui.

Ma… è un Incantatore e quindi un ILLUSIONISTA.

Si considera solitamente inferiore e usa il suo sapere come arma. Attraverso quello ti mostra i consigli migliori, una risposta sempre valida, ore e ore di ascolto e di conversazioni con te… ti dedica il suo tempo, la cosa più preziosa… adorabile!

Peccato che, appunto, è un bisognoso, pertanto, attenzione, non ci metterà ne’ uno ne’ due a mandarti a spigolare nel momento in cui un’altra persona lo appaga di più, oppure, per non rimanere a mani vuote, si prodigherà con balzi pirotecnici tra te e l’altro. Insomma, tu diventi solo una fetta della torta. Perché l’Incantatore non basa le sue gesta e il suo vivere sull’amore ma sulla necessità di essere approvato. Più persone riesce ad affascinare e più sale la sua autostima, più si riempie il suo sacco vuoto.

Il vero saggio parla pochissimo e ascolta moltissimo. Colui che non ha bisogni, non ha bisogno di dire niente, non ha bisogno di mostrare nulla raccontando meravigliose favole che sembrano realtà. I fatti, contano molto di più per lui e non è retorica.

Diffida da chi parla molto e, attenzione, non mi sto riferendo ai logorroici, loro hanno bisogni diversi, mi riferisco a quelli che ti attraggono. Che ti fanno pendere dalle loro labbra. Ogni volta che innalzi una persona troppo in alto, anche se sei perdutamente innamorato/a fatti semplicemente qualche domanda, rifletti. E soprattutto aspetta, lascia scorrere il tempo. Egli mette davanti tutto prima o poi… “…ogni Regina sul suo trono e ogni Pagliaccio nel suo circo“. Si perchè spesso, l’Incantatore cercherà di conquistarti anche raccontandoti ingiustizie subite, probabilmente durante la sua infanzia, o da parte di altre persone.

Gli Incantatori sono quelli che girano la frittata così tante volte che dall’avere ragione ti convinci tu stesso/a di avere torto. Pensi anche che la maggior parte della gente farebbe quello che hai fatto tu ma… perbacco, all’Incantatore proprio non riesci a dare torto! Il suo ragionamento fila liscio come l’olio. Questo accade soprattutto quando di mezzo, da parte tua, c’è il cuore e, in tale caso, ti consiglio vivamente di chiamare qualche amico, in quel momento più sveglio di te che sembri un pesce lesso, e farti consigliare da lui.

Nonostante questo, l’Incantatore, ti ha talmente rapito che riesci a dare torto persino a quel compagno che conosci dalle elementari, perché inizi a vederlo come – meno intelligente – del tuo Incantatore.

Quando questo inizia a succederti ripetute volte, quasi sicuramente ti stai lasciando manipolare.

Non cadere in questa trappola. Osserva bene la sua vita. Squadralo. E’ una persona fondamentalmente felice e appagata? E’ sposata? E’ single? Come sono i suoi famigliari? Te li ha fatti conoscere o ha qualcosa da nascondere, al di là che sia un amico/a o un fidanzato/a? Condivide la sua vita con te oltre che ai lunghi discorsi? La condivide anche praticamente o solo teoricamente? E’ aperto al mondo? Ha tanti amici? Come trascorre i momenti in cui non lavora? Ha un lavoro?

Inoltre, non sempre, ma la maggior parte delle volte, anche se credono di non piacere, fanno un po’ i fighetti attraverso il loro comportamento e il loro modo di vestire.

E poi, dammi retta, ASCOLTATI.

Il tuo intuito te lo dice chi hai davanti. E’ solo che tu non ci credi perché appena si accende la piccola scintilla che ti dice “ATTENZIONE!”, tu pensi che in realtà è la paura a farti pensare così, è il timore di rivivere quello accaduto nella storia precedente magari. Lo leggi come – Non riesco a fidarmi, non riesco a lasciarmi andare ma lui merita -. Certo, questo può accadere, è umano, ma se ti soffermi ancora di più, alla fine tutto ti sarà chiaro, e riuscirai a distinguere se la tua è paura nel lasciarsi andare o qualcosa, in quel tizio, in realtà, ti puzza.

E non giustificarlo! Pensare “poverino ma ha paura… poverino con quello che ha vissuto… poverino è rimasto scottato….” non aiuterà lui e soprattutto non aiuterà te. Pensando in questo modo gli darai ancora più possibilità di gestire la tua vita. Lo stai giustificando mentre invece, probabilmente, dietro di lui si cela un qualcosa di poco carino. Se sta indossando una maschera è bene che guardi oltre quella maschera.

E’ vero che la gente cambia a seconda di quello che le capita o le è capitato in passato ma, il vero amore (e mi riferisco ad un amore generale non per forza di coppia), butta giù queste barriere o comunque la maggior parte. I freni vengono meno e i muri cadono. Perciò, senza essere assolutisti, controlla, nonostante tutto, quanti muri ci sono ancora da abbattere? Quante cose ancora che non si modificano? Forse ce n’è un’esagerazione? E allora bada bene… può essere che davanti a te hai solo un Incantatore e niente di più.

Ci sono persone che io per prima starei ore ad ascoltare, ma non sono tuttologi. Sono esperti in un campo e, in quel campo, mi affascinano assai. Non ti raccontano le loro performances, non denigrano gli altri in tua presenza, non vogliono la tua ammirazione, non usano paroloni, non senti lo “sgeeeeeeck…!” di quello che si sta arrampicando sui vetri, non la pensano come nessun altro al mondo la pensa. Sono NORMALI. Non sembrano unici e nemmeno rari.

Possiamo avere la fortuna nella vita di incontrare persone molto istruite e illuminate e, da loro, occorre sicuramente apprendere ma, quello che intendo dire, è di andarci con i piedi di piombo. Staccati, provaci. Rifletti. E nel caso torna. Altrimenti scappa, hai una persona “non sana” davanti e tu meriti molto di più. E pur essendo molto più ignorante di lui/lei, vali diecimila volte tanto.

Prosit!

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Sei Asmatico o… troppo Amato?

Ebbene si, secondo alcune filosofie, il senso di soffocamento che si prova avendo l’asma è da correlare al soffocamento del troppo amore che un’altra persona riversa su di noi. Nessuna colpa, nessun messaggio negativo e nessun giudizio, ma soltanto una semplice riflessione.

Vedete, nel momento in cui io amo “troppo” una persona, soprattutto un figlio (non per niente sono molti i bambini piccoli asmatici) automaticamente e inconsciamente, senza rendermene conto, lo rendo responsabile del farmi felice. Il senso è “non devi rendermi triste perché lo vedi che ti amo da morire!”. Questo è il messaggio che viene recepito.

In questo caso si parla di un amore particolare. Di un amore che sfocia anche in bisogno sempre senza nessuna colpa.

Vi voglio raccontare la storia di C.

C. è una grande mamma, ha quattro figli, uno più bello dell’altro, e fortunatamente tutti e quattro sani. Solo il secondo ha dato un po’ di problemini, e ha fatto preoccupare i parenti, proprio a causa di attacchi d’asma già da quando era molto piccolo.

C. ha avuto il primo figlio in giovane età e, questo figlio, quando nacque, nonostante si dica che i bambini appena nati sono tutti belli, di bello aveva ben poco ad essere onesti. Il viso magrissimo, lungo e storto a causa della giovane ostetrica inesperta, un eczema rosso sulla parte destra del viso e un’espressione da tapino lo rendevano ben poco piacevole alla vista e C. si accorgeva bene che la gente, quando lo guardava, non provava una sincera ammirazione.

Ci tengo a dire che oggi, questo bimbo, che ha dodici anni, è stupendo e perfetto.

Le impercettibili espressioni delle persone rattristavano C. che potè però prendersi una grande rivincita grazie al secondogenito. Quando nacque, lui, era meraviglioso. Sembrava un bambolotto, poteva essere chiamato da Anne Geddes per qualche sua immagine pubblicitaria da tanto che era bello. C., fiera e soddisfatta di quella sua creatura, che ora suscitava invidia nelle altre mamme anziché tenerezza, iniziò già da quei primi momenti, a riversare un amore esagerato, rappresentato da baci multipli, su quel bambino, gongolando sul fatto che, quella rara bellezza, era il suo bambino. Se tutti avessero voluto sbaciucchiare quelle morbide e paffute guanciotte, ebbene, rimarcava con i suoi gesti che soltanto lei poteva farlo perché, dopo quelle che aveva ritenuto “offese” nei confronti del primo figlio, ora si stava riscattando alla grande.

Una notte, il bellissimo piccolo, a causa di un raffreddore molto forte, iniziò a respirare poco bene intasato completamente dal muco. C. si spaventò perché anche se lo prendeva in braccio e lo faceva stare ritto, il piccino, non riusciva a respirare. Aveva preso una bella bronchite. La Guardia Medica e il ricovero, fortunatamente breve, di quel bambino, fecero preoccupare molto C. che affrontava la situazione riversando su suo figlio tutto l’amore che aveva. Se lui non riusciva a respirare lei respirava al posto suo, se lui faticava a stare bene, lei lo ricopriva di coccole e carezze. E’ ovvio che una madre si comporti così, l’avrei fatto anch’io. Vedere il proprio figlio soffrire è devastante per un genitore e, non potendo fare altro, lo si ama, se è possibile, più di prima.

Dopo quella avventura, naturalmente a C. rimase la preoccupazione nei confronti dell’apparato respiratorio del suo secondogenito che i medici dichiararono “delicato” da quel punto di vista, perciò, se il bambino, correva, sudava o aveva un rantolo, le attenzioni di mamma si moltiplicavano. La sua bellezza inoltre continuava ad eccellere tra tutti i bambini del paese e, per via di una cosa e per via di un’altra, quel bimbo era sempre e costantemente al centro dello sguardo di sua madre. Una bella responsabilità per lui! C. non ha fatto nulla di male, ci mancherebbe, ma senza rendersene conto, e passatemi il termine, “ha soffocato di troppo amore” suo figlio. Vedete, per C., era inconsciamente anche l’appagamento di un suo bisogno. Baciarlo davanti alle altre mamme che non avevano un figlio bello quanto il suo (ovviamente questa era un’idea di C. avvallata dal giudizio della gente, è ovvio che ogni scarrafone è bello a mamma sua) le permetteva di primeggiare e ricevere sempre un mucchio di complimenti. Coccolarlo mentre lui stava male le permetteva di dire – Sto facendo il possibile per te, non preoccuparti ci sono qui io – il suo ruolo di madre lo stava svolgendo al meglio.

Ebbene, oggi questo bimbo soffre d’asma. Fortunatamente crescendo gli attacchi si sono calmati e sono diventati più leggeri. Gli altri due figli, successivi a lui, non patiscono di questo. Quel bambino era sempre al centro dell’attenzione e, nemmeno i fratelli minori ebbero tanta dedizione rivolta a loro, perciò non si ammalarono.

Come dicevo prima, con questo comportamento, quello che si trasmette al figlio, sono i seguenti messaggi:

mi raccomando stai bene, non farmi preoccupare!

guarda quanto ti amo, non deludermi!

sei la mia vita, vivo grazie a te! (….azz!)

Riuscite a immaginare l’enorme responsabilità che si butta addosso ad un esserino di pochi mesi o pochi anni il quale percepisce, a modo suo, il risultato di quel comportamento? Lo so che sembra impossibile ma è così.

Devo far di tutto affinchè mamma non stia male! Devo stare bene, devo essere bello, devo fare il bravo…. Devo, devo, devo…. altrimenti la deluderò e forse… forse non mi amerà più…” è normale non riuscire a respirare bene con ‘sto peso sul petto!

Il bambino percepirà di essere amato perché è bello o perché non sta bene (tant’è che molti individui esprimono sofferenza per ricevere considerazione e affetto).

Questo accade anche tra adulti, davanti ad un marito opprimente ad esempio, o una moglie asfissiante, piena di paure o esageratamente affettuosa.

Purtroppo, anche se quello che facciamo lo facciamo per amore, il troppo stroppia sempre e può divenire un problema. Le difficilissime – mezze misure – sono alla base di un rapporto sano ed equilibrato perché l’equilibro è la forza che muove l’intero Cosmo: il male e il bene, il freddo e il caldo, il giorno e la notte, il bello e il brutto. Senza una di queste cose non ci può essere nemmeno l’altra, il suo contrario, e il tutto forma la vita.

Amate, amate, più che potete ma cercate di lasciar andare il messaggio di un semplice e genuino amore puro e incondizionato senza nessun ritorno, perché pure se può essere incredibile, anche vedere il proprio figlio stare bene è un ritorno. Un ritorno che ci rende felici perché, senza quello, saremmo tristi e angosciati. Ma come si fa? Mica si può star sereni davanti alla malattia di una persona a noi così cara? No. assolutamente. E, a venirci ulteriormente contro, sono le idee e l’educazione che ci hanno inculcato attraverso la nostra cultura oltretutto. Per cui, come ripeto, le sfumature di grigio sono alla base. Bisogna essere forti e coraggiosi. Quando un nostro caro sta poco bene, e ci vede soffrire a causa di questo, si preoccupa ulteriormente di essere la causa del nostro dolore perché come noi vogliamo bene a lui, lui ne vuole a noi e non vorrebbe vederci così. Proviamo a rifletterci. Forse, basta non essere troppo estremisti.

Amiamo lasciando all’altro la piena libertà. La libertà anche di soffrire. Senza fargli sentire questo un peso o un danno maggiore. La libertà di scelta. Scegliere di fare anche quello che può non essere per noi un idillio. 

Il respiro è alla base di tutta la vita. Se stiamo male a causa di questo, e destiamo preoccupazione in coloro che amiamo, è come vedere tutta la vita andare male a causa nostra. Ci si sente indegni, non meritevoli di affetto e si respirerà sempre peggio.

Se ho esagerato con qualche concetto è stato per far capire bene il senso di questo articolo.

Prendiamo la vita più alla leggera e permettiamo a chi ci è vicino di fare altrettanto. Anche il respiro ne gioverà e sarà più fluido e “leggero” anche lui.

Prosit!

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Esprimi un desiderio…

Quando ero una bimbetta, e poi anche da ragazzina, avevo un sistema tutto mio per esprimere e chiedere all’Universo che si avverassero i miei desideri. Prendevo dei pezzetti di carta, ci scrivevo sopra la richiesta, e poi durante la stagione invernale buttavo il mio foglietto nella stufa oppure, ci davo fuoco, fuori sul terrazzo o in bagno nel lavandino, sotto l’occhio vigile di mamma fintanto che non divenni in grado di compiere questa operazione da sola.

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Non ero una piromane, avevo escogitato questo mezzo in quanto, mi dava l’idea che, quel mio desiderio, quelle mie parole scritte, trasformatesi in fumo, salivano verso il cielo andandosi a mescolare con tutte le più piccole particelle universali e quindi, per forza di cose (ci aggiungevo anche una componente altamente scientifica), sarebbero diventate un tutt’uno con loro e “ascoltate”. E quindi apprese.

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Erano per me i tempi di Guccini e della triste ma bellissima “Auschwitz” in quando adoravo ascoltare mio padre che suonava e cantava le canzoni di uno dei suoi cantautori preferiti. Non riuscivo ancora a comprendere del tutto il truce e crudele messaggio di quella poesia ma, alcuni versi, mi rimanevano stampati nella testa creando un senso ben preciso nella mia mente: passato per il camino e adesso sono nel vento….. è strano non riesco ancora a sorridere qui nel vento….. eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento….. e ancora ci porta il vento….. Ma certo! Quelle povere anime ora non erano più carne e ossa ma, comunque, stavano continuando a vivere! Nel vento. Non sorridevano, ma erano a milioni… in quel vento. C’erano. La stessa cosa sarebbe accaduta ai miei desideri. Avrebbero continuato ad esistere. Non capivo ancora la precedente sofferenza di quelle persone, non conoscevo i forni e le camere a gas, mi si perdoni quindi quello che può essere preso come uno stupido paragone ma così non è. Era il ragionamento di una bimba. Erano persone decedute per un semplice processo naturale e passavano per il camino perché così faceva anche Babbo Natale. Quel camino, alias fumo per me, era come una porta d’accesso ad un’ambiente sconosciuto e misterioso che, solo avendo determinate caratteristiche, si poteva conoscere. Fatto sta, come spiegavo poc’anzi, io scrivevo, scrivevo e bruciavo, e bruciavo.

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La cosa bella era che i miei desideri, la maggior parte delle volte (non proprio sempre e poi vi spiegherò il perché)… si esaudivano! Dapprima iniziai con richieste infantili e umili. Un giochino, fare pace con la mamma che avevo fatto arrabbiare, poter andare nel lettone dei genitori per addormentarmi, il panino con la Nutella che in casa mia era solo un miraggio… (tanto mamma oggi sa che la penso come lei) etc, etc… Poi, cresciutella, iniziarono le richieste, ad essere dedicate ai ragazzini carini che mi piacevano un sacco e alla scuola, contro le possibili interrogazioni a sorpresa dalle quali potevo essere colpita a tradimento con quel maledettissimo metodo del – Tiriamo a sorte ragazzi! -.

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Non amavo passare le ore sui libri e detestavo la matematica che oggi invece apprezzo e m’incuriosisce molto quindi, date tempo ai vostri figli. Ero la classica ragazza “intelligente che non si applica”. Non sono mai stata una secchiona ma me la sono sempre cavata bene. Forse… anche grazie ai miei bigliettini di carta. Vedete, oggi, so benissimo che il foglietto in realtà non c’entrava nulla. A far accadere ciò che richiedevo, tramite una specie di legge di attrazione, era semplicemente l’energia e, soprattutto, la veridicità che io sentivo per quella mia azione. Per me era un vero rito. M’impegnavo a scrivere quelle parole e mi impegnavo poi a dar loro fuoco. Non era una cosa così, tanto per fare.

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Le bruciavo con la mia pancia, con il mio cuore e le buttavo sulla carta piene d’emozione. Più di una preghiera. Avevo la pelle d’oca, le farfalle nello stomaco. Poi ringraziavo, guardando le fiamme, e accompagnavo con dolci parole quel fumo grigio che iniziava a salire attorcigliandosi su se stesso e formando piccoli arabeschi azzurrognoli nell’aria. L’odore di bruciato mi entrava nelle narici e, curioso, andava fin dentro ai polmoni. Quelle scritte erano anche dentro di me oltre che fuori. Un tutt’uno vero e proprio. Oggi scrivo ancora, a modo mio, e ancora ascolto Auschwitz a modo mio, ma non brucio più nulla. Ho capito che basta emozionarsi. Esattamente. Se una cosa viene richiesta con l’emozione si avvera. Non con la voce, non con la penna, non con il pensiero… con l’emozione. Non è che si avvera…, è che siamo noi stessi ad innescare il meccanismo di creazione della cosa che stiamo dicendo. DICENDO e non CHIEDENDO. Essa inizierà, in un modo o nell’altro a prendere vita ma, solo ed esclusivamente attraverso l’emozione. Ma esiste un però, ossia che: l’Universo potrebbe non darci subito ciò che vogliamo. Prima ci darà ciò di cui abbiamo bisogno per arrivare poi ad ottenere ciò che desideriamo. Mi spiego meglio in quanto può sembrare un paradosso. Se io esprimo il desiderio di poter avere tanti soldi (con l’emozione!), immediatamente le forze universali si muoveranno per portarmi quello che voglio. Gira, gira, in un modo o nell’altro, prima o poi riuscirò ad averli ma, quei soldi, non compariranno davanti a me con un “Puff!” all’improvviso, come si vede nei cartoni animati. L’Universo prima mi sottoporrà ad una specie di esame senza che nemmeno io me ne possa rendere conto. Potrà addirittura capitare che io perda il portafogli. Ma come? Proprio adesso che avevo chiesto più soldi, perdo anche quei pochi che avevo in tasca? Si. Si perché l’Universo non vuole che io abbia dei bisogni. Se io sento un “bisogno” significa che non mi considero energia divina e universale in quanto, se così fosse, non avrei bisogno proprio di nulla! L’Universo allora prima farà si che io elimini il bisogno che sento dentro di me, dopodichè mi arriveranno automaticamente i soldi che volevo. Arriveranno perché non devo soddisfare un bisogno. Li voglio e basta. L’Universo non è buonista e se non riusciamo a capire questo passaggio, i soldi non arriveranno o meglio, arriveranno ma non li potremmo avere. Ci hanno insegnato a chiedere quando avevamo bisogno e non a chiedere solo per il gusto di chiedere. Saremmo passati per egoisti, maleducati e pretenziosi. Avremmo dovuto invece supplicare e inginocchiarci anche solo per poter sfamare un figlio. Ma l’Universo non ragiona così. Perché prima vi ho detto che alcuni desideri non mi si avveravano? Perché li chiedevo con la paura! Sprigionando un timore. Parliamo delle famose interrogazioni a sorpresa. Io non chiedevo (ai tempi ero giovincella e quindi “chiedevo” non “dicevo”), perché semplicemente non volevo essere interrogata, io lo chiedevo perché non avevo studiato e avevo paura della professoressa e avevo paura del suo voto e di conseguenza della reazione dei miei genitori, castighi e via discorrendo. Tutte ansie e catastrofi dentro di me che dovevo eliminare! Al di là dello studiare o non studiare una lezione. L’Universo voleva che io vivessi serenamente senza timori. Uno spirito libero e divino. “Che soldi, che interrogazioni, che sgridate….! Nel mio mondo non esistono queste cose”, dice l’Universo. Nel nostro invece si, ma grazie all’emozione potremmo vivere in modo diverso. L’emozione… quella deve rimanere inviolata, ed essere come vuole lui. L’emozione non può togliercela nessuno, hanno forse provato a spegnerla, ma c’è. Capitava così che, l’indomani, come una sorta di punizione, mi sentivo dire tra il vociare e il sospirare dei miei compagni di classe – Meg… interrogata -. Porca miseria! Il mio rito non aveva funzionato. Aveva funzionato benissimo invece e l’Universo mi aveva ascoltata. “Bene”, mi diceva “non vuoi essere interrogata domani? Perché? Perché hai paura? E allora ciò che riceverai da me sarà paura”. L’esaudirsi ossia, di ciò che hai espresso. Non perché egli sia vendicativo, semplicemente mi stava dando ciò che io avevo emanato. Un riflesso. Quando invece chiedevo le cose con gioia, ricevevo gioia e la gioia mi permetteva di prendere di conseguenza tutto ciò che volevo. Bisogna abbandonare il bisogno, scusate il gioco di parole, se vogliamo che si avveri la nostra affermazione. Senza il bisogno, rimane lo spazio per la Meraviglia.

Prosit!

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