Il tuo “brutto” corpo è fatto così per un motivo

COME SCEGLIERE UN VASO

Quante volte ci lamentiamo del nostro corpo o consideriamo “brutte” alcune sue parti. Non ci piacciono perché nelle nostre memorie sono rappresentati i canoni di una società che vuole le persone in un determinato modo e solo se rispondono a determinati requisiti, queste persone, possono essere considerate “piacevoli”.

Una donna deve avere gambe lunghe e sottili, slanciate, altrimenti non dovrebbe nemmeno permettersi la gonna.

Un uomo deve essere alto, non esiste che un uomo sia piccolo, o addirittura più basso della sua compagna.

Il seno femminile dovrebbe essere prosperoso ed è una vergogna, per un maschio, avere attributi di misure ridotte.

Per ogni parte del nostro corpo ci sono giudizi. Orecchie, dita, naso, sedere, piedi, pancia, cosce.

Purtroppo nessuno ci ha insegnato a LEGGERE e TRADURRE un corpo nel suo significato. La nostra cultura ci ha educato solo a guardarlo come se fosse un contenitore, portandoci così ad apprezzare di più la confezione esterna che lo scopo dell’individuo nel suo complesso.

QUAL’E’ IL TUO TALENTO?

Lo scopo sì. O il talento. Non sono qui oggi a sviolinare la classica frase – Guarda l’interno e non l’esterno perché una persona può essere brutta fuori ma bella dentro e bla… bla… bla… -. Vorrei andare oltre. Più in profondità.

Non si tratta solo di bellezza interiore ma di missione.

Premetto che il fisico rappresenta ciò che siamo. Se un soggetto è obeso, ad esempio, poche sono le parole con le quali girarci attorno. È, quasi sicuramente un insoddisfatto e quindi soffre per un qualcosa che forse neanche lui conosce. Un’insoddisfazione di fondo lo annichilisce nel suo sopravvivere e questo non è certo un bene. Dovrebbe amarsi di più e far qualcosa per valorizzare se stesso e vivere al meglio. Ma, senza andare a toccare certi estremi come questo che vuole solo essere un esempio, i corpi di ognuno di noi sono tutti diversi tra loro. Non siamo fatti con lo stampino: non siamo tutti alti, o tutti magri, o tutti slanciati, o tutti aggraziati, o etc… e meno male!

Torniamo però al discorso dello scopo e, per farlo, prendiamo una delle cose che più fa arrabbiare le donne (pur interessando anche gli uomini): avere le cosce grosse.

GUARDA QUI… CHE BRUTTO… CHE ODIO…

Ebbene, come avevo già spiegato qui https://prositvita.wordpress.com/2016/07/13/il-potere-e-nelle-cosce/ le cosce, rappresentano il proprio potere. Il potere di affrontare un pericolo o un nemico.

Sono la parte muscolare sulla quale facciamo forza quando ci accingiamo ad affrontare qualcosa nella vita. I muscoli delle cosce ci aiutano a darci lo slancio, la spinta, ma anche a non vacillare e non indietreggiare. Ci servono per non cedere.

Ora, se il mio scopo è quello di fronteggiare diverse difficoltà nella mia esistenza, oppure ho un carattere forte e un carisma significativo grazie ai quali posso combattere o dominare diversi scomodi eventi, e magari divenire un buon leader per molti o un boss giusto, non posso e non devo avere cosce gracili e piccoline! Ho bisogno che il mio corpo possa seguire le mie intenzioni. Devo poter contare su di lui, senza dover modificare la mia natura intrinseca.

Altro esempio: le mie dita corte e tozze forse non le apprezzo ma se il mio talento è quello di creare determinati oggetti, oppure devo riuscire a “prendere” la vita in un certo modo per sconfiggere certi nemici, non posso avere dita affusolate. Mi servono strumenti forti. Le dita rappresentano i dettagli e le sfumature del modo in cui io vivo la mia quotidianità. Come svolgo quel lavoro, quanta enfasi ci metto, quanta attenzione, quanta responsabilità. In base a ciò che sono avrò dita adatte.

La stessa cosa vale per la voce. La voce è anch’essa uno strumento. C’è chi con la voce deve raccontare fiabe che portano a sognare, chi deve guidare gli altri, chi deve imparare a tacere, chi deve incuriosire, chi deve cantare, chi saper sussurrare… tutti questi sono talenti.

PERCHE’ SEI FATTO COSI’?

Purtroppo ci impuntiamo spesso nella vita a voler cantare senza comprendere che la nostra missione, invece, è quella di “avvertire” vista la voce che abbiamo e che magari ha un timbro possente. Potremmo essere abili “sentinelle” viste da un punto metaforico dell’esistenza.

Ri-purtroppo non accettiamo di avere quel fisico. Quelle mani, quei piedi, quelle ginocchia troppo paffute, quelle  caviglie troppo grosse. Quanti uomini si lamentano con la propria compagna indicandole caviglie poco sottili e quindi poco sensuali. Mica pensano che hanno davanti una donna, capace di accettare un cambiamento, forte, che non si butta giù per le pieghe che prende la vita. Capace di sostenere il proprio uomo. Naturalmente può non essere così ma, di norma, chi ha caviglie ben solide, riesce ad andare avanti nella vita attraversando anche tempeste.

Ok, ma torniamo a noi che non vorrei addosso l’ira di qualche maschietto amante delle caviglie sottili. La cosa grave è che le trasformiamo persino certe qualità, attraverso la chirurgia estetica o diete severe senza capire che, così facendo, quella parte di corpo diversa, non potrà più rispondere alla nostra natura. Sarà forzata, impoverita, stonata. Non sono contraria, a prescindere, alla chirurgia plastica dico solo che bisognerebbe valutare altro oltre all’apparenza.

Il nostro corpo è la splendida rappresentazione di una meraviglia. Alto, basso, magro, grasso, spesso,esile… la sua bellezza risiede anche nell’essere così vario perché, al mondo e dentro l’umanità tutta, c’è bisogno di ogni talento. I talenti sono tantissimi e la vita ce li dona tutti attraverso noi stessi e gli altri.

Impariamo a decodificare lo splendido corpo che abbiamo. Impariamo a comprendere che non è una scatola ma la pregiata pergamena da tradurre di un popolo antico. Una pergamena che contiene molti segreti.

Prosit!

photo thegreenrevolution.it – panorama4piano.com – benessere.it – it.aliexpress.com – istituomodai.it – nogeoingegneria.com – vanillamagazine.it

Amare gli Oggetti? Che idiozia… – i miei adorati Scarponi

E’ con loro che vado, che cammino, che tasto il terreno. Qualsiasi terreno. E’ attraverso loro che sento la neve, le pietre, l’erba, il fango. Sono loro che mi tengono, che mi permettono di non scivolare, di non prendere storte alle caviglie, di percorrere tanti chilometri nei luoghi a me più cari. Sono i miei scarponi.

Sono i miei scarponi ai quali voglio molto bene. I miei primi scarponi, con i quali ho potuto e posso svolgere al meglio una passione. Camminare in montagna e fare escursioni che, ogni volta, appagano gli occhi e l’animo.

Quando li conobbi, in una bottega dell’entroterra ligure, non li considerai esteticamente i più belli ma erano i più comodi, quelli che meglio mi avvolgevano il piede senza farmi male da nessuna parte. Ora invece li trovo anche bellissimi. Un po’ rustici, un po’ semplici, un po’ umili e, zitti zitti, vanno ovunque.

Prima ne provai un paio veramente fighi, moderni, colorati anche un po’ presuntuosi, oserei dire, ma potevano permetterselo. Stringevano troppo il mio metatarso però, e sentivo una rigidità innaturale nonostante tenni conto il loro essere nuovi di pacca. Qualcosa mi diceva che non andavano bene.

Ne provai un altro paio che invece, al contrario, larghissimo, mi scappava senza minimamente tenermi il piede. Ciò è anche pericoloso, soprattutto su terreni pietrosi dove la caviglia patisce di più, e si possono prendere distorsioni. E poi erano così duri che sembravano di cemento. Dopo diversi modelli indossai loro. Quelli che, alla fine, comprai. Erano perfetti. La sensazione era quella del piacere e sentii subito che sarebbero stati loro ad accompagnarmi nelle mie avventure.

Li acquistai e iniziai a indossarli. Le prime volte, visto che “dovevano farsi”, un po’ di male al tallone e all’alluce non me lo tolse nessuno. Poca roba, ma non dovevo esagerare, dovevo aspettare di ammorbidirli un poco… spero si dica così, non sono una tecnica del trekking, solo un’appassionata. Alla fine comunque accadde. Divennero ancora più comodi e dolore zero. E allora iniziammo ad andare.

Finora il trekking più lungo che ho fatto è stato di 17 km (per alcuni forse è poca roba) 8,5 km in salita (dislivello 1000 mt) e 8,5 km in discesa e, i miei scarponi, si sono comportati egregiamente, permettendomi di ammirare un luogo spettacolare della mia valle con una vista mozzafiato sui monti. Hanno, come me, conosciuto tante simpatiche persone e hanno sopportato allegramente la fatica, appagati anch’essi, dalla meraviglia.

Grazie a loro i miei piedi non si bagnano e stanno al caldo anche durante le passeggiate invernali e, per una come me, che patisce il freddo, soprattutto quello ai piedi, è tanta manna.

Adoro i miei scarponi. Sono simpatici, mi sorreggono; dei veri amici.

Nei pezzi più duri, visto che non sono un’esperta, li guardo e dico loro – Dai, andiamo! Forza, aiutatemi! – e loro obbediscono felici sostenendomi ancora di più. Ed è bello guardarli riposare quando arriviamo a casa e li metto sulla mensolina a rinfrescarsi. Hanno un’aria così beata. Soddisfatta e serena. Proprio come me, grazie a loro.

E mi piacciono quando sono tutti sporchi, luridi di terra e fango. Tutto ciò è la testimonianza della passeggiata che ci siamo fatti assieme. Vi sembro ammattita a parlare così dei miei scarponi vero? Ebbene, non credo di esserlo. Voler bene anche alle cose che chiamiamo “oggetti” è, a parer mio, di fondamentale importanza. Alla fine, sono fatti di atomi come noi e, al di là della materia, c’è un’energia che unisce tutto, qualsiasi cosa, in tutto il Cosmo.

Ad esempio… vi è mai capitato di parlare teneramente al vostro cellulare che si è impallato e lui, dopo le vostre belle parole, ricomincia così a funzionare di nuovo? No? Peccato, a me si, è successo. E’ una bellissima esperienza e vi auguro di viverla. E mi spiace, non posso considerarla una coincidenza, in quanto, troppe volte è accaduta con diverse “cose”. Sono convinta che trattando bene anche ciò che di materiale ci circonda emaniamo comunque un’energia buona che ritorna, come un boomerang, e non potremmo che fare felici esperienze.

Avete mai provato a parlare con la vostra auto credendo fermamente che lei vi stia ascoltando in un momento in cui si sente poco bene e magari sta per abbandonarvi? Vi consiglio di farlo. E’ un’ottima terapia per lei e potrebbe guarire all’istante. Ma, anziché aspettare che quell’oggetto si ammali, bisognerebbe provare a trattarlo bene, e ad amarlo, a prescindere.

Io lo faccio con qualsiasi cosa e, ovviamente, anche con i miei scarponi con i quali condivido una delle mie più grandi passioni. E poi se lo meritano assolutamente.

Possiamo trasformare le molecole. Ne abbiamo il potere anche se non ci crediamo e ci sembra impossibile. Possiamo modificare un qualcosa da negativo a positivo, basta volerlo, con tutto il cuore. Non ci resta che farlo e tutto, nel nostro quotidiano, andrà per il meglio.

La prossima volta vi farò conoscere il mio bastone, anche lui, naturalmente, merita molta considerazione da parte mia.

Prosit!