La Non-Colpa del Non-Amore

Non hai colpa se non sai amare e di conseguenza non vieni amato.

Ci vuole una grandissima, esagerata dose di umiltà per ammettere di non saper amare. Di non avere amore dentro sé.

Se siamo generosi, se non facciamo nemmeno male ad una mosca, se non abbandoneremmo mai il nostro partner, se ci priviamo di cose piacevoli per noi mettendoci su un gradino inferiore agli altri, se ci preoccupiamo della nostra famiglia e di essere persone per bene, con la coscienza sempre pulita, siamo convinti di amare. Amare in modo smisurato.

No… non funziona così. Amare è altro.

E non è solo amare senza chiedere nulla in cambio. Questo sta divenendo un concetto trito e ritrito anche se difficilissimo da mettere in pratica realmente.

Amare significa anche sconfiggere le proprie paure che, quando esistenti, rubano posto all’amore e non gli lasciano vita. Il bisogno, l’avidità, il mentire, l’approfittarsi, l’opportunismo, la vendetta… sono tutti comportamenti, anche se definiti piccoli e “innocenti” alcuni, che mantengono l’amore distante anche da se stessi.

E’ quando ho paura di perdere una persona che non amo.

E’ quando ho paura di non ricevere abbastanza che non amo.

E’ quando giudico le azioni degli altri, quando mi lamento, quando elemosino tenerezza che non amo.

Quando ho paura dei miei stessi sentimenti, non amo.

Quando racconto bugie per far credere quello e quell’altro, non amo.

Quando una persona non è mai stata amata nella vita, difficilmente è in grado di amare a sua volta. Non conosce l’amore, nemmeno per se stessa, e quindi non può conoscerlo per altri. Confondiamo forme di gratitudine e di appagamento, che diamo e riceviamo, con quello che definiamo amore ma, con l’impedimento che abbiamo dell’amare, per prima cosa noi stessi, significa che c’è poco amore in noi.

Amarsi è un dovere e non solo un diritto e chi non si ama non è da vedere solo come un povero essere privo di quello che è il sentimento più bello e più forte del mondo. Deve essere compreso (anche se non per forza giustificato) nonostante il suo sia un percorso personale. Se non lo si comprende, ci si ammala, alla ricerca di un qualcosa che non c’è e che si spera. Ma che a lungo andare logora.

Chi non ama è perché non riesce o non ha voglia di scoprire realmente che cosa si è.

Non c’è colpa. Non è una colpa non possedere il dono dell’amore (che in realtà esiste ma è soffocato da molta “spazzatura” così tanto da risultare nullo). Non ha colpa chi non ama. L’unica responsabilità che ha, termine che preferisco usare al posto di colpa, è quella di non riconoscere questa assenza dell’amore e di non impegnarsi a sconfiggere ciò che impedisce di far sbocciare l’amore all’interno di se stesso.

Dovrebbe domandarsi, per prima cosa, “sono davvero felice?” e come seconda cosa dovrebbe chiedersi “sto rendendo davvero felici le persone attorno a me? Mi sto sinceramente comportando bene con loro?”.

La menzogna, anche verso se stessi, è sempre in agguato ma, con una lunga, sana e impegnata introspezione, cercando di essere il più sinceri possibile, si può arrivare a comprendere.

A mostrarci la risposta alle nostre domande, inoltre, sono proprio gli altri: uno specchio che riflettono esattamente cosa siamo dentro.

Le loro attenzioni nei nostri confronti, le loro reazioni, i loro modi di fare, i loro cambiamenti, rispecchiano esattamente quello che siamo nella nostra parte più intrinseca e questo vale per tutti e per entrambe le parti, pertanto, non basta osservare …la noia che ha tua moglie (cit. Ivan Graziani – Pigro ’78), o i figli capricciosi, o un padre irascibile, etc… occorre scendere più in profondità.

La moglie, con la sua inedia, mostra la tua non-gioia nei confronti della vita e non puoi essere pieno d’amore se non senti entusiasmo per il Creato e la tua esistenza.

I figli, con il loro pestare i piedi, ti stanno mostrando la tua intolleranza , il fatto che le cose devono andare come vuoi tu perché se non vanno come vuoi tu è sbagliato e subentra la paura, la paura del nuovo, del cambiamento. E come fai a vivere fluidamente nell’amore se esistono in te questi timori?

Il nervosismo di tuo padre da cosa nasce? Dal fatto che non ne fai mai una giusta? Quanto ti sottovaluti allora? E se ti sottovaluti come puoi amarti? Se ti ameresti avresti anche una buona dose di autostima.

Ora si capisce meglio perché, molto spesso, crediamo di amare quando così non è. Dobbiamo traboccare di questo sentimento se vogliamo donarlo anche a chi ci circonda. Perciò ecco dove sta la responsabilità. In queste osservazioni che purtroppo solo in pochi fanno. Viene spontaneo prendersela con chi ha questi atteggiamenti nei nostri confronti senza capire che il mondo esterno, in realtà, reagisce al nostro volere e al nostro valore. Bisogna entrare nei meandri più oscuri di quello che siamo per trovare la vera luce, per trasmutare il piombo in oro e solamente con l’umiltà di dire – quello sono io – ci si riesce. Se molti vedono questo percorso come un castigo, o un peso troppo grande da portare sulle spalle, è perché in realtà non riescono a vedere oltre e a comprendere quanto invece sarà poi grande la riuscita e la risoluzione di tutto questo. E quanto sarà appagante quando si arriverà in vetta e, oltre a poter affermare – io amo – sentire chiaramente e beneficamente gli effetti dell’amore, vivendo in esso, come uno stato d’essere. In pieno entusiasmo.

Una sfida contro l’ottusità oserei dire ma, ci stiamo vietando, e allo stesso tempo proibiamo anche agli altri, di concedersi il nostro amore. Ognuno di noi ha tanto amore dentro da nutrire tutta la popolazione del pianeta e le sue piante e i suoi animali. Una dose che non ha fine e che può crescere sempre di più ma affinché sia così bisogna trovarla, compiere il più lungo e importante viaggio della nostra vita.

Soltanto dopo la notte si può ammirare il sole e godere delle sue qualità. Mettiamoci in cammino verso la rinascita.

Prosit!

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Esci dal Disonore – Ammetti gli Errori

Molto spesso ci lamentiamo di persone che vogliono sempre avere ragione e non ammettono mai i propri errori.

Ogni volta che le si incolpa di qualcosa incassano quell’accusa con orgoglio e rispondendo in tutti i modi tranne che ONESTAMENTE.

C’è quello che usa l’attacco, come miglior difesa, e reagisce in modo aggressivo, quello che trova scuse o racconta bugie, quello che si arrampica sugli specchi e poi c’è anche quello bravo bravo che rigira la frittata così bene e con maestria che, alla fine, tu risulti essere il colpevole e lui ne esce pulito come un panno messo in candeggio.

Le reazioni sono diverse ma tutte portano al… DISONORE.

Se si vuole diventare MAGHI, della e nella propria vita, una delle prime cose da fare è proprio quella di non mancare mai, e dico mai, di rispetto ne’ a se stessi, ne’ agli altri, ne’ a nessun’altra forma del Creato. Soprattutto poi con dolo! Là, dove non c’è Cuore, non può esserci Magia e si sarà costretti a vivere nella bratta. Un Cuore non consiglierebbe mai di opporsi in tale maniera.

Se io, ad esempio, accuso una persona di avermi fatto del male e quella persona reagisce in uno dei modi descritti prima, non solo essa si rende colpevole di avermi creato il malessere che le sto descrivendo ma peggiora nettamente la sua situazione prendendosi gioco di me. Sì, le ribellioni sopra raccontate sono tutte atte a prendersi gioco del prossimo.

Capisco i propri demoni, ognuno ha i suoi, capisco le debolezze, le paure, ma tutto ciò non si risolve infangando l’onore di chi ci è di fronte.

Nella scala della propria evoluzione personale si compie un passo all’indietro ogni volta. Un passo molto lungo […per poi magari lamentarsi che tutto nella propria vita va storto (chissà come mai!)]. La totale onestà è la porta d’accesso verso una vita migliore. Il Giudizio, che tanto fa male, è quello che fa nascere queste reazioni. Per paura di essere mal-giudicati si risponde disonestamente ma il Giudizio è stato inventato dall’uomo non dalla Natura alla quale apparteniamo e che dovrebbe essere unica dispensatrice di leggi.

Ovviamente tutto cambia se quella persona invece mi spiega e mi mostra, con gentilezza, che la sto accusando sbagliando.

In questo articolo però non voglio parlare all’accusatore, il quale potrebbe sicuramente nella vita e nei confronti delle persone scambiare lucciole per lanterne, ma intendo rivolgermi a chi, sentendosi attaccato, si macchia di infamia.

Se questo termine vi sembra esagerato dovete soffermarvi un attimo a riflettere su cosa sta dietro a quella che sembra un’innocente giustificazione. No! E’ un tradimento bello e buono. Per l’Universo, e le frequenze che rispondono, non esistono tradimenti più grossi di altri. È la nostra morale che li classifica ma l’emozione di base, dalla quale partono, è la stessa perciò non c’è alcuna differenza. Si sta cercando di illudere l’altro. Si sta ingannando. Si sta ingannando la sua fiducia.

Tutto ciò non ha niente a che vedere con la Magia. E’ anche per questo motivo che molti non riescono a tirare fuori e rendere concreta la sostanza magica della quale sono fatti.

A proposito di questo discorso mi è giunta alla mente una riflessione che volevo condividere qui nel mio blog che è la seguente:

Si parla anche di autostima.

Le persone che hanno una bassa autostima, e quindi si sentono insicuri nei confronti nella vita, tendono a dare sempre la colpa agli altri e a non ammettere mai la propria. Questo accade perché sarebbe un’ulteriore mazzata sulla loro testa da sopportare e non riescono.

Le persone invece che si valutano al meglio sono ben disposte ad accorgersi di aver sbagliato, questo non mina la loro autostima e sono anzi propense a migliorare in quanto sanno di poter migliorare sempre.

Quindi, se sei una persona che accetta il proprio errore, e all’occorrenza chiede anche scusa, sei innanzi tutto una bella persona, ma penso tu abbia anche stima di te e, di conseguenza, hai stima degli altri e rispetti il prossimo.

Lo so che tutto questo può sembrare strano. Può sembrare esattamente l’opposto ma ci rifletterei sopra. Poi sicuramente ci sono anche i casi estremi, quelli in cui l’autostima è eccessiva, diventa boria, orgoglio, e allora colui si crede di non sbagliare mai ed essere sempre perfetto e ci sono quelli che si stimano talmente poco da perdere persino la loro dignità. Allorché, ogni accusa contro di loro l’accettano, stando zitti, convinti di essere colpevoli e di non valere niente”.

Ecco, questo è un pensiero che ho avuto. Non mi sembra sbagliato, fila abbastanza liscio.

L’avere, però, poca autostima non giustifica il comportamento disonorevole. L’onore di un essere magico, e umano, che porta il divino dentro sé, non deve venir intaccato da queste reazioni.

Prosit!

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Liberiamoci Dei Rompipalle 2° – IL COLPEVOLIZZATORE

– Dopo tutto quello che ho fatto per te, è così che mi ripaghi adesso? –

(“E’ facile liberarsi dei rompipalle se sai come farlo” Ed. Corbaccio)

Questa può essere una frase, molto tipica per altro, che una madre dice al proprio figlio ma che chiunque potrebbe recitare e la prendo in prestito per continuare il tema delle “persone nocive” che vi avevo mostrato QUI con l’aiuto di Bernardo Stamateas anch’egli presentato nello stesso articolo. Iniziando con l’aggressore verbale, continuiamo oggi con il colpevolizzatore.

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Par di parlare di un despota, di un tirranno, sentite solo il nome: col-pe-vo-liz-za-to-re. Che durezza. Un mirino puntato addosso pronto a sparare. In realtà non è una rara forma di carrarmato che s’incontra sporadicamente nella vita. Non è un mostro e nemmeno un alieno. Il colpevolizzatore è una personalità che si frequenta, purtroppo, molto più di quello che pensiamo. Magari fa persin parte della nostra famiglia. E perché è nocivo questo individuo? La risposta è semplice: instilla negli altri, in modo subdolo, il senso di colpa. Un certo Anonimo diceva

Di novanta malattie, cinquanta sono provocate dal senso di colpa e altre quaranta dall’ignoranza -.

I sensi di colpa, ormai lo sanno molte più persone rispetto a un tempo, causano davvero seri malesseri nella nostra parte più intrinseca che si rivelano poi anche in quella fisica e fisiologica.

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Possiamo quindi dire in tutta tranquillità che, il colpevolizzatore, ci fa ammalare. Come impedirglielo? Innanzi tutto, la cosa principale e più difficile è quella di riconoscerlo. Si perché come spiegavo prima, utilizzando l’aggettivo – subdolo – ho rivelato che esso lavora in modo viscido, ambiguo, infido. Non lo si nota. Riprendiamo l’illuminante frase di inizio articolo – Dopo tutto quello che ho fatto per te, è così che mi ripaghi adesso? -. Oh! Bene. Una frase ricca di diritti giusto? Io ti ho partorito, io ti ho dato da mangiare, io ti ho pulito il sedere, io ti ho mandato a scuola, etc, etc…. E scusate se mi permetto di chiedere cos’altro si sarebbe dovuto fare dal momento che si decide di mettere al mondo un figlio. Che importa se questo figlio poi l’ho fatto crescere solo per sconfiggere la mia solitudine, che importa se l’ho nutrito dell’odio che provavo verso il suo stesso padre (o verso la madre), che importa se l’ho riempito di paure o se non l’ho ascoltato o non gli ho dedicato tutto il tempo di cui aveva bisogno. Ciò che la legge e la morale dice l’ho compiuto e ora lui, volente o nolente, deve essermene riconoscente. Quale altro animale, al di là dell’Uomo, concepirebbe frasi e comportamenti di questo genere? Nessuno. Tre anni fa circa, un mio caro parente, è stato ricoverato presso il Santa Corona di Pietra Ligure, in provincia di Savona. Per quel che mi riguarda, un ottimo Ospedale e anche molto grande. Nella stanza delle speranze vane erano in due: il mio caro e un altro anziano. Anziano è poco a dire il vero. Un corpo ossuto di cartapesta, giaceva immobile, completamente intubato, con gli occhi chiusi, la testa priva di vitalità reclinata all’indietro e la bocca spalancata. Era davvero il ritratto della morte terrena. Potei vederlo per circa un mese visto che la “nostra” fu una storia parecchio lunga. Notai immediatamente la solitudine di colui che pareva un nonnino abbandonato a se stesso. Se gli altri pazienti avevano ogni giorno almeno un familiare che andava a trovarli con il quale, com’è ovvio in certe circostanze, si stringeva anche amicizia, lui era perennemente e completamente solo.

anziani

Fu soltanto una mattina, quando vidi il suo letto vuoto e un’infermiera che lo stava rifacendo, che notai di sfuggita una figura allontanarsi da quel comodino color verde-acqua, pronto a servire qualcun altro. Quell’infermiera era per me ormai una conoscente e mi osai quindi a chiederle dove avessero trasferito quel vecchio. Sarei persino andata a trovarlo dal momento che quando era nella stanza del mio parente provavo a dargli sostegno senza problema.

– E’ morto – mi rispose lei – questa notte –

– Uh! – feci io senza riuscire ad emettere nessun’altra parola

– Quello che è uscito era il figlio – continuò lei – forse è la seconda volta che viene in tanti mesi di ricovero –

– Ehm… già, avevo notato che non era circondato da… –

M’interruppe – La figlia una sera mi disse che il loro padre era un mostro. Un violento. Un dittatore. Picchiava la loro mamma e non risparmiava botte neanche a loro. Lo odiavano. Io poi non so se è vero naturalmente -.

E nemmeno io lo so. Non posso permettermi di giudicare. E, per l’appunto, non si dovrebbero mai giudicare i comportamenti degli altri.

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Tutto questo discorso, fin troppo esagerato, per sciogliere i requisiti posteriori che potrebbe avere una frase apparentemente così tanto materna ma che, Stamateas per primo, prende proprio come esempio perché, che se ne dica, è una frase che crea un senso di colpa. Anche questa è manipolazione. Vale a dire uccisione della libertà dell’altro. Esattamente. Un omicidio.

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Premettendo che, nel caso specifico dei genitori, si sta parlando comunque di altrettante vittime precedenti a noi, tale frase non ha nessun diritto di esistere. Soprattutto se l’amore e ciò che si compie nel senso del suo nome è incondizionato. Questa citazione (e simili) non la si dovrebbe pronunciare in nessuna forma. Nasce nel momento stesso in cui, quella persona, per poter appagare determinare compulsioni proprie quali: bisogno d’affetto e di stima, paura della solitudine, paura del giudizio degli altri, paura della vita, cerca di ottenere ciò che gli manca attraverso la superbia e la malizia. A volte anche attraverso l’arroganza, a volte no. Spesso, il colpevolizzatore infatti, usa persino le lacrime e un tono lieve, sottile, supplichevole. E’ un fenomeno che s’innesca automaticamente in questi individui che, anziché procacciarsi ciò che gli serve da soli, buttandosi nella vita con coraggio, preferiscono arretrare, nascondendosi dietro un dito e obbligare gli altri a servirli in ciò che più gli è utile. Il problema avviene appunto quando si accetta di accontentarli. Quando si pensa, edulcorati dalla società e dall’educazione che abbiamo ricevuto, “in effetti ha ragione, che brutta persona che sono”.  Ma dicevamo…. Come riconoscerli? Oh, in realtà è molto semplice e non così difficile come accennavo prima. Basta ascoltare il cuore e non è retorica la mia. Siamo tutti vittime o vincitori delle nostre scelte. Dai, lo percepiamo tutti benissimo quando un qualcosa ci da’ fastidio o ci fa male all’interno del nostro cuore, giù in fondo, dietro allo stomaco. Perciò non cerchiamo di cambiare lui. Il colpevolizzatore non si cambia, come non si cambia nessun tipo di persona nociva. Il miglior modo per cambiare l’altro è non cercare di cambiarlo per nulla. Ogni volta che prendi una decisione, chiediti se quella decisione ti aiuterà ad essere la migliore versione di te stesso. Se non è così, ti stai violentando. Ti stai ammalando. Ti stai mascherando. Mentre sei nato per essere libero e, come tutti gli esseri viventi, hai il diritto di essere felice.

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E sapete perché il colpevolizzatore riesce così bene nel suo intendo senza neanche sapere egli stesso da dove arriva tutta questa magia? Perché il senso di colpa è un sentimento indescrivibilmente doloroso. E’ una piaga. L’erosione dell’anima e della carne. Un mostro che vive dentro di noi e che, con i suoi tentacoli, ci avviluppa ogni organo vitale. Siamo disposti a fare qualsiasi cosa pur di non sentirlo muoversi lentamente dentro noi stessi. Pur di non udirlo condizionarci la vita talvolta anche per anni. Il colpevolizzatore è fondamentalmente un approfittatore anche se indossa i panni di una dolce vecchina. Approfitta del vostro dolore per ottenere il proprio benessere. E’ un egoista. E un menefreghista. Un egocentrico. La sua problematica deve stare al centro di ogni esperienza, trascurando la presenza e gli interessi degli altri. Gli altri sono solo umili servitori. Impara a dire no ad un colpevolizzatore.

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Il più bel concetto ch’io abbia mai sentito a tal proposito, e non solo inerente ai colpevolizzatori, che tra l’altro già vi avevo scritto in un precedente post, appartiene a Salvatore Brizzi, studioso della trasmutazione alchemica delle emozioni e diverse altre tematiche, ed è la seguente:

quando dai la colpa a qualcuno gli stai dando anche Potere, il tuo Potere. Gli dai il Potere di renderti felice o infelice. Ma se una persona o un evento possono renderti felice o infelice, allora tu non sei un uomo libero, sei un servo; sei condannato a vivere sperando che nessuno ti faccia mai niente di male. Se hai questa consapevolezza sei una maga o un mago; se non ce l’hai sei una vittima, un piegato, un lamentante.

(“Risvegliare la macchina biologica per utilizzarla come strumento magico” Ed. Antipodiedizioni)

Il colpevolizzatore ha modo di esistere perchè chi ha di fronte glielo permette. E naturalmente non solo di genitori si parla. Datori di lavoro, amici, persino i vostri stessi figli possono esserlo.

– fallo per me che ti voglio bene –

– se non ti fossi comportato così non sarebbe accaduto questo –

– te la sei voluta –

– tu hai fatto, tu hai detto, la colpa è tua –

– tu non hai fatto, tu non hai detto, la colpa è sempre tua –

– avresti dovuto… non avresti dovuto… –

Mangiateveli crudi a colazione e sollevate la bocca dal fiero pasto. Ma sia chiaro…, io non vi ho detto niente. Non date possibilità ad un colpevolizzatore anche perchè, è ovvio, egli sta facendo in primis, gran male a se stesso. E sarà proprio non concimando queste sue angosce che riuscirete ad aiutarlo.

Prosit!

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