In una Grotta, la mia Grotta, la mia Valle – Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei

Chi mi conosce sa che amo gironzolare in lungo e in largo per la mia Valle, la quale mi regala la possibilità di vivere a contatto di una Natura splendida e molto variegata.

E’ una natura che parla e mi permette di comprendere molto, anche su me stessa, in quanto mi piace ascoltarla e mi piace tradurre i messaggi che ha da suggerirmi.

Spesso ti ho parlato dello strano e saggio linguaggio del Bosco, oppure dello sconosciuto riflesso degli Animali che possono mostrarci le nostre memorie più nascoste. Oggi, ti porterò in un luogo davvero suggestivo e ricco di informazioni per la nostra crescita personale.

Lo chiamo – luogo – ma non è unico. Lo si può trovare in diverse zone e può essere di varie tipologie. Può essere profondo, stretto, breve, molto scuro, o più illuminato. Può essere umido, puzzolente, pieno di vita, silenzioso. Può disturbare, inquietare, disorientare o piacere molto.

Ti sto parlando della Grotta – un luogo altamente idoneo per osservare il nostro lato più oscuro e provare a esercitarci un po’, in modo alchemico, al fine di conoscere meglio noi stessi ed evolverci.

Alla ricerca della Lapis Philosophorum…

Anche noi abbiamo una “grotta”. Si tratta prevalentemente del nostro ventre ma indica quella caverna cosmica che ognuno di noi ha e non conosce. Tutti siamo formati anche da questo grande contenitore buio, ricco di emozioni, di memorie, di schemi, di sensazioni.

Quando si dice di entrare dentro noi stessi, per osservare anche ciò che di noi non ci piace, si va proprio in queste parti a noi sconosciute anche se crediamo di conoscerle perché nostre.

Non c’è presa di coscienza senza sofferenza. In tutto il mondo la gente arriva ai limiti dell’assurdo per evitare di confrontarsi con la propria anima. Non si raggiunge l’illuminazione immaginando figure di luce, ma portando alla coscienza l’oscurità interiore. Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia – (Carl Gustav Jung).

Siamo convinti di conoscerci al 100% ma non è affatto così. Ed è per questo che i nostri Demoni possono farci reagire come vogliono.

Ci arrabbiamo se qualcuno ci fa arrabbiare, ci offendiamo se qualcuno ci offende, ci annoiamo, ci infastidiamo, ci rattristiamo, ci intimoriamo… certo, sono tutte emozioni umane e comprensibili ma, sopportate o sviluppate in questo modo ci definiscono – schiavi -. Schiavi degli eventi esterni. Siamo in balia di quello che succede nel mondo attorno a noi. E’ lui, con i suoi eventi, le sue persone, le sue situazioni a gestire noi e la nostra vita, noi non siamo padroni di noi stessi. Non siamo padroni di arrabbiarci quando vogliamo arrabbiarci, bensì quando l’esterno lo decide.

Questo accade perché non osserviamo dentro di noi con molta attenzione, pazienza e umiltà. Fa male. Significa vedere e di conseguenza ammettere di provare invidia, ammettere di aver bisogno di stima, ammettere di essere gelosi, egoisti, giudicanti, paurosi, bisognosi, opportunisti, vanitosi, avidi, superbi, manipolatori, incapaci… Non vediamo e non vogliamo vedere quei mostri. Li abbiamo creati come strumenti di difesa per sopravvivere, li abbiamo nutriti, ora sono cresciuti e noi, pur essendo da questi governati totalmente, non ci rendiamo conto di tali giganti che custodiamo nel nostro ignoto Subconscio, in quella nostra “grotta”, ai quali continuiamo a dar da mangiare. E l’Ego cresce assieme a loro. Quei mostri che potrebbero sparire soltanto nell’esser visti. Anzi… a dire il vero, non spariranno ma si tramuteranno in Angeli, cioè in forze, in buone energie utili a noi.

Nel nostro ventre c’è un mare sacro pieno di tutto ciò che noi siamo. Nella nostra mente ci sono stanze alle quali non abbiamo mai voluto accedere. Nel nostro cuore ci sono vibrazioni che non abbiamo mai voluto usare.

Tutte queste parti nascoste sono nostre ma per essere utilizzate, spesso, ci vuole coraggio, impegno, determinazione, gioia.

Ogni volta che entro in una Grotta, tra i monti della mia Valle, o in una caverna, o in una miniera, o in un cunicolo è come se entrassi dentro di me. E’ un cammino. E’ una metafora. Una scoperta. Mi introduco in un qualcosa di nuovo.

Lì dentro fa più freddo. L’aria è diversa. C’è umidità. E’ un luogo quasi sconosciuto, meno noto rispetto al resto. Cerco di porre massima attenzione ai messaggi che mi vengono suggeriti ma voglio anche lasciarmi andare, per percepire al meglio tutto quello che quell’anfratto ha da dirmi e poter vivere le sensazioni che devo vivere.

La Fenice rinacque dalle proprie ceneri, al buio e al silenzio. E’ l’emblema della rinascita, della resurrezione e, di resurrezioni, possiamo viverne diverse durante la nostra esistenza. Ogni scalino verso l’alto è una resurrezione.

Il buio e il silenzio sono i complici migliori che possiamo avere quando dobbiamo conoscere bene noi stessi e quell’altro che abita con noi, dentro di noi, ma che non conosciamo e non valutiamo. Lo abbiamo tutti. Una specie di alter ego che spesso ci manovra come un Mangiafuoco.

Ah! Le fiabe alchemiche…. Quanta ricchezza! Il burattino che si trasforma in essere umano proprio dopo essere stato all’interno del ventre della balena…. Un ventre buio e silenzioso…

Il buio e il silenzio ci spaventano a volte ma sono invece cari amici.

La Grotta, con quel suo buio deciso e perdurante conduce poi anche alla luce, una volta che si esce, e anche questo è un bellissimo messaggio. Ti obbliga, con la sua oscurità, ad aguzzare la vista, ad acuire i sensi, a cercare il chiarore per poi arrivare dove ad accoglierti è il Sole e tutti quei colori sgargianti e vivaci che i suoi raggi illuminano ed esaltano.

Là dentro è come se fossi dentro a me stessa. Che cosa sta accadendo?

Tutto è immobile, fermo da tempo… un tempo diverso da quello che sono abituata a vivere. Un tempo sospeso. Sembra che aspetta di essere “lavorato”, come del pongo da modellare. Certo, nessuno è mai andato a mettere in subbuglio quel luogo. Noi stessi dormiamo per anni sopra alle nostre abitudini, alla nostra comfort zone, ai nostri schemi mentali ripetitivi.

Fa freddo. Non c’è calore. Non c’è nessun tipo di abbraccio materno. E no. dobbiamo cavarcela da soli. Ed è proprio così anche nella nostra evoluzione. Nessuno può aiutarci. Nessun Maestro. Possiamo ricevere consigli ma nessuno può fare quel “lavoro” al posto nostro.

L’aria è pesante, stantia. Da quanto tempo tutto è lì, dormiente. Anch’io, dentro di me, sono stantia. Anch’io re-agisco come reagivo anni fa, sempre allo stesso modo, sempre guidata dalle stesse emozioni. Abbiamo vizi, ossessioni, fobie che girano… e girano… come un criceto sulla ruota imprigionato nella sua gabbia. Ma un Guerriero non re-agisce. Non ripete le stesse azioni come un automa. Un Guerriero agisce e c’è differenza. Il reagire è sinonimo di schiavismo, mentre l’azione è figlia della propria volontà.

Solo nel buio è possibile vedere la luce ma qui non vedo niente. Questo significa che devo mettermi a cercarla o forse crearla. Sono infatti una creatrice. Collaboro costantemente con l’Universo per co-creare la mia realtà. Ne ho la facoltà e la utilizzerò.

Quanto ancora voglio stare qua dentro? Ne ho abbastanza? Voglio uscire in fretta? Voglio restare? Che sensazioni provo?

Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei – (Oracolo di Delfi).

Sedersi al centro di una grotta e chiudere gli occhi per diversi minuti…

Ci riusciresti? Nonostante il silenzio, alcuni rumori sono pressoché insoliti. Il gocciolio delle stille, la pietruzza che cade, la corrente d’aria gelida che accarezza le rocce. Lo sbattere d’ali di alcuni Pipistrelli. Alcune persone hanno allucinazioni visive dopo qualche minuto, altri hanno paura, altri aprono gli occhi di tanto in tanto, altri non provano assolutamente nulla, altri trovano la beatitudine…

Un viaggio dentro di me. Le pareti sono lisce o a volte ruvide, bagnate o asciutte, una Falena mi conduce dove posso comprendere. E’ tutto frastagliato e aguzzo. Quanto sono tagliente? E perché?

Guardando meglio mi accorgo che c’è più vita di quello che pensassi. Vermi, insetti, anfibi, chirotteri… licheni, aria, acqua… e le rocce stesse che parlano.

Rivolgendomi al loro saggio sapere chiedo di rendermi nota un’esegesi di ciò che sto vivendo.

Hai una di noi sul tuo petto Meg, vero?

Sorrido… – Oh si… un grosso masso mi comprime proprio il basso torace non permettendomi di respirare come io vorrei. Non mi permette di ricevere tutto l’ossigeno che vorrei assorbire, non mi permette di vivere quella splendida sensazione di polmoni pieni, aperti, spalancati… -.

Guardaci, toccaci, amaci. Ci hai creato tu. Siamo tue figlie. Nonostante tutto, meritiamo il tuo amore. Anche il nostro simile, sopra al tuo petto, merita amore, tu l’hai creato. Se riuscirai ad amarlo se ne andrà. Il tuo amore, il tuo perdono, è l’unica cosa di cui ha bisogno, altrimenti peserà sempre di più per riuscire ad ottenere questi doni. Proprio come un piccolo bambino che pesta i piedi e fa i capricci per essere ascoltato, per ricevere attenzioni -.

E che bel tempo che ho raggiunto laddove nelle Grotte che visito non c’è più odore di deteriorato. Dove le rocce brillano e mi sembra di essere circondata da diamanti rilucenti. Dove l’aria, nonostante tutto, è fresca e sa di pulito. Dove il buio non fa più paura ma incita all’evoluzione e con la sua calda voce profonda e suadente mi invita in lui porgendomi la mano.

Non ho paura. Non di soffrire quanto meno. So di essere più forte di qualsiasi dolore. Sono come quelle rocce. Resto. Sono stabile. Granitica. Quelle rocce sono una Madre. Quella loro parvenza asettica si trasforma in abbraccio.

La paura è una cara amica ma non le permetterò di diventare la mia amministratrice.

Non ho più paura di guardare dentro di me. Di essere libera. Di essere me stessa.

Posso aver paura di molte cose ma non di me…

Amati Meg…

Soltanto dopo la notte si può vedere spuntare il sole. Soltanto dopo il temporale si può veder nascere l’arcobaleno. E’ banale ma così vero!

Tutta la bellezza scoperta di quel luogo la possiamo vedere dentro di noi.

Hai paura di entrare in una buia Grotta? Prova a domandarti il perché.

Paura dell’ignoto, del sentirti imprigionato, di non respirare, di non poter più uscire, dell’imprevisto… E come la vedi quella Grotta? Che sensazioni ti da’? Ognuna di queste paure o sensazioni porta con sé una lunga storia. La nostra. Una lunga storia d’amore.

Prosit!

Creare maledizioni – il Numero Sette

TRA SCONGIURI E SCARAMANZIE 

In diversi contesti vengono utilizzati gesti scaramantici o ci si riconosce superstiziosi, tra questi, lo sport, è sicuramente uno di quelli più ovvi.

Molti sportivi eseguono dei piccoli riti o custodiscono persino degli “amuleti” ma seguono anche una specie di regole (piccoli riti) per sconfiggere quelle che sono riconosciute vere e proprie maledizioni.

Nel gioco delle bocce ad esempio, sport poco seguito e poco praticato, esiste un anatema conosciuto ormai da tanti anni al quale si crede ciecamente e voglio usarlo per spiegare queste maledizioni siamo noi stessi, in qualche modo, a crearle.

Una maledizione, cioè un significato inerente ad una determinata cosa, in questo caso negativo (male – edizione), è una vera e propria eggregora e cioè una forma-pensiero (collettivo).

Immagina quindi una specie di nube energetica, che ha una sua potenza, creata proprio dalla credenza di alcuni e resa concreta per il fatto che il pensiero e l’emozione creano. Quindi esiste. Ha una sua forza. Ma questo non significa che non possa essere sconfitta o nulla si può fare contro di lei.

IO NON CONOSCO L’ESISTENZA DI QUELLA COSA 

In pratica esiste se si crede che esiste. Così facendo la si nutre. Il nostro pensiero va a nutrire la sua vita ed essa, ovviamente, appare nella nostra realtà facendosi riconoscere. Se invece non la si conosce, perché non se ne si considera l’esistenza, essa non può venir proiettata nella materia. Siamo noi a darle o non darle concretizzazione.

Ma torniamo al gioco delle bocce. Un gioco praticato prevalentemente da persone anziane. In questo gioco a squadre (individuale, a coppie, a terne o a quadrette) si deve arrivare a 13 per vincere la partita e, in ogni mano, si possono fare 1 o più punti. La prima squadra che arriva a 13, naturalmente, vince. Questi giocatori sono convinti che arrivare al numero 7, durante il percorso verso la vittoria, sia una disgrazia. Il numero 7 è chiamato “la sedia”, cioè significa che chi arriva lì si siede e non si alza, ossia non va avanti con il punteggio. Pertanto tentano il tutto per tutto; se ad esempio sono a 6, provano a fare 2 punti anziché 1 e andare così a 8 saltando il 7. Patiscono questo numero che reca a loro una brutta situazione. Sono le loro memorie a suggerire questo anche se si parla di una situazione non certo grave.  Per alcuni è seria ma altri la prendono sul ridere. Dipende anche da cosa c’è in palio.

Ebbene, comunque sia, così facendo, danno forza e vigore a questa maledizione attraverso il loro pensiero e la loro emozione. La nutrono. Ed essa… si avvera, si concretizza.

IL SETTE – LA SEDIA

Sono tante, tantissime, le partite a bocce che ho visto finire 13 a 7 e il perdente era invece colui che stava vincendo a inizio gara. Ma, finendo sul 7, è rimasto fermo lì permettendo agli avversari di andare avanti e trionfare.

Quando entrambe le squadre vanno a 7, è come se la maledizione si estinguesse, non ha più valore. Una delle due deve pur andar avanti. E mi sembra ovvio voglio dire. Oh già! Hanno tutti i loro arzigogoli scaramantici.

La cosa buffa è invece osservare quello che accade quando un giovane si cimenta in una partita a bocce. Egli non sa nulla di tutto ciò. Non conosce le dicerie e gli usi dei giocatori più anziani. Forse non ci mette neanche la stessa loro passione ma, soprattutto, non sa nulla del numero 7. Per lui è un numero come tutti gli altri. Un numero normalissimo che arriva dopo il 6 e prima dell’8. Se si trova a 6 e fa solo 1 punto arrivando a 7 è più che contento perché, comunque, va avanti.

Infatti, in quei casi, e anche in questo frangente, posso dire di aver visto accadere questa cosa molte volte e averla persino vissuta in prima persona (ebbene sì, ogni tanto gioco a bocce) la maledizione non avviene. Non esiste. Come a non aver potere.

Da 7 punti passano tranquillamente a 8, o a 9, o a 10 (in una sola mano si possono fare più punti).

IL RAGAZZINO E LA CONDANNA

Tempo fa mi capitò di assistere ad un evento curioso. Un ragazzino iniziò a frequentare la bocciofila del mio paese per seguire il nonno al quale era molto affezionato. Si dimostrò fin da subito bravino nel gioco delle bocce e si impegnava parecchio. Riusciva ad aiutare i suoi compagni di squadra e facevano punti ad ogni mano.

Per lui la maledizione del 7 non esisteva. Non ne aveva mai sentito parlare e, infatti, andava sempre avanti. Col tempo però, continuando a giocare, la storia del numero protagonista venne alla scoperta.

Iniziò a conoscere i vari trucchi, le tecniche, i modi di dire di questo gioco e anche le superstizioni che lo condivano. Rimase assai stupito della storia del numero 7 e quando con la sua squadra arrivava a 5 o a 6 faceva di tutto per evitare il numero “dannato” come ad allearsi totalmente ai suoi compagni. Questo fece si che la maledizione iniziò ad essere nutrita anche da lui che cominciò ad esserne anch’egli vittima. L’eggregora non lo risparmiò.

E dire che il numero 7, in molte discipline e in varie filosofie, ha un significato molto bello e potente.

LA SACRALITA’ DEL NUMERO SETTE

Significa infatti:

7 sono i giorni della settimana, i pianeti del nostro sistema solare, i colori dell’arcobaleno, le piaghe d’Egitto, i doni dello Spirito Santo. 7 è anche il simbolo della Completezza dell’uomo.

Ma quando ad una cosa gli si vuol dare un senso negativo, essendo che noi abbiamo un potere che non contempliamo, ecco che questo avviene.

Cosa fa avvenire ciò è semplicemente la proiezione del nostro intento, del nostro volere, nella realtà e questo argomento è importantissimo per comprendere come possiamo realizzare nella nostra vita quello che vogliamo. Questo meccanismo, infatti, non funziona solo verso le cose negative ma anche per quelle positive!

La domanda importante da porsi è:

Perché con gli anziani questa maledizione è come se avesse un vero potere ma a chi non ne sa nulla essa non crea alcun danno?

Da qui si aprono molti scenari che toccano diversi punti come la sfiga o la fortuna, il pericolo concreto, le dicerie, i proverbi… ma dobbiamo capire che siamo sempre noi gli scrigni che contengono il potere. Noi conserviamo quel nutrimento e possiamo decidere verso cosa dirigerlo o meno.

Prosit!

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