Dopo i traumi, la malattia – l’Urlo dell’Anima

NON C’E’ PEGGIOR SORDO…

É normale urlare con i sordi. Urliamo verso chi non sente con la nostra parte fisica e urliamo verso il nostro corpo con la parte animica. In modo differente, ma il principio è lo stesso. Perché a volte siamo sordi anche noi, molto più di chi ha seriamente perso l’udito e, come dice un vecchio proverbio – Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire -.

Noi siamo fisico, anima e spirito. L’anima è quella parte di noi che ci comunica la volontà dello spirito ma noi non comprendiamo praticamente mai, per questo deve gridare. É il messaggero della coscienza. É sbagliato dire – Ho un’anima -. Io sono anima. Sono anche anima, non ho un anima. Ma ci sono parti di noi che non vediamo, non sentiamo, non percepiamo. Non sappiamo tutto ciò che pensa la nostra mente, non conosciamo tutto quello che vive il nostro corpo e non capiamo nulla di Sé Superiore o di anima ma tutto è collegato nel formare la splendida creazione che siamo. O, più che creazione, sarebbe meglio dire “emanazione“. Siamo un’emanzione di Dio, inteso come Energia Cosmica, una sua diffusione.

Essendo il tramite, tra l’Io Superior e ciò che crediamo essere, l’anima, come dicevo, prova a parlarci, prova a dirci cosa siamo realmente e lo fa anche quando viviamo situazioni che a noi sembrano difficili prove da superare.

Non riusciamo ad ascoltare la sua voce, ossia, non riusciamo a vedere oltre il Velo di Maya, una nebbia che abbiamo davanti agli occhi e che non ci permette di osservare e comprendere la perfezione divina anche là, dove noi vediamo solo drammi e tragedie. Ogni dramma e ogni tragedia altro non è che la rivisitazione di un trauma che ci portiamo dentro da quando siamo nati.

IL PRIMO IMPORTANTE ANNO

All’incirca durante il primo anno di vita subiamo tutti i traumi che ci porteremo poi avanti per tutta l’esistenza se non elaborati. Questo non vuol dire che durante il primo anno di vita veniamo per forza violentati o dimenticati o abbandonati o derisi come s’intende, ma significa che viviamo le basi emozionali di quelli che sono i primi gradini del trauma. Di tutti i traumi. Sì, anche forme di violenze o abbandono o derisione, in base a come noi li percepiamo.

Per capirci, se oggi soffri perché il partner ti abbandona, è perché durante il primo periodo dopo la tua nascita hai vissuto un evento che ti ha creato dentro lo spavento o l’angoscia dell’abbandono. Tale spavento o tale angoscia, non “curati”, sono aumentati sempre di più in te, formando, ad esempio, il bisogno dell’attaccamento a cose, persone, luoghi, ricordi. Tutto ciò che riesce a non farti sentire solo. Non curato, quel primo accenno di abbandono, che ai tempi ti ha visto soltanto piangere per cinque minuti, oggi è invece fonte di grande tristezza, paura, delusione, frustrazione perché è cresciuto anche lui, assieme a te, quanto te.

Di traumi ne subiamo mille e più di mille. Alcuni si coagulano in noi, altri no, in base agli eventi che viviamo e, più spiritualmente, in base al percorso che dobbiamo compiere e all’evoluzione della nostra anima. Ogni volta quindi che ci assoggettiamo, magari senza rendercene conto, ad uno di questi traumi in modo emozionale, è come se formassimo una ferita nel nostro organismo.

Ogni volta che, anziché evolvere, al fine di vivere liberi e come esseri divini e potenti, continuiamo emozionalmente a reagire allo stesso modo, creiamo un danno fisico. Fisico perché, come dicevo prima, siamo un tutt’uno. Questo danno, se continua in quel punto, un po’ come girare il coltello nella stessa piaga, diventa sempre più grande fino a divenire una malattia. Come malattia intendo ogni tipo di malessere fisico.

TRAUMA DOPO TRAUMA ARRIVA LA MALATTIA

Se abbiamo paura del giudizio degli altri e non ascoltiamo la voce dell’anima, che invece vorrebbe vivessimo senza questa spada di Damocle addosso, a lungo andare, formeremo un malessere al nostro corpo. I malesseri possono essere tanti, di vario tipo e di varia natura ma, a formarli, sono sempre le emozioni negative che proviamo. É come se avvelenassimo il nostro corpo. Dopo una certa dose di veleno, ecco che il nostro corpo inizia a risentirne e, da qui, la nascita del problema. Un dolore, un malanno, una botta, un inestetismo, una patologia… tutti sono il risultato delle emozioni che abbiamo provato perché non abbiamo ascoltato l’anima e non ci siamo fidati di lei nonostante le sue urla. La tossicità emozionale diventa fisica come un messaggio neuronale che da elettrico, per arrivare al cervello dopo aver ricevuto l’input, diventa chimico e cioè tangibile. Concreto.

Prendersela con quella malattia e con quelle urla è come prendersela con uno che sta alzando il volume della voce per farsi sentire da te che sei sordo.

Questa è la malattia. Il sintomo è un messaggio. La ripercussione sul fisico avviene perché, come ripeto, tutte le parti dalle quali siamo composti, sono collegate e comunicano tra loro.

Se imparassimo ad ascoltare l’anima, fin dai suoi primi sussurri, non dovrebbe gridare. È molto difficile ma, proprio grazie al collegamento anima-corpo, è in realtà possibile. Riuscendoci, non solo smetteremmo di soffrire fisicamente ma potremmo anche scoprire tutte le cose belle che ci attendono e afferrarle.

Prosit!

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La Cataratta – la Visualizzazione di un Triste Futuro

Gli Occhi sono gli organi che ci permettono di vedere e, secondo il parere della Psicosomatica, ci permettono di vedere non solo il mondo reale che ci circonda ma anche la vita stessa, immaginando, ogni secondo che passa, il nostro prossimo futuro.

Senza neanche rendercene conto, siamo spesso proiettati verso il futuro, verso quello che accadrà, che sta per succedere. Ci pre-occupiamo sovente o, semplicemente, visualizziamo quello che stiamo per fare: “oggi dovrò andare a comprare il pane perché è terminato”.

Gli Occhi quindi, non solo filtrano e proiettano nel nostro cervello le forme e i colori attorno a noi, ma ci permettono immaginazioni, spesso minacciose, per la nostra parte intrinseca.

Se io ad esempio vedo il mio partner stare poco bene e soffrire di una malattia abbastanza grave, mentre lo guardo, automaticamente e inconsciamente, immagino il mio futuro travagliato che può essere senza di lui, perché la sua patologia potrebbe portarmelo via, o mi vedo affannata nel dovermi prendere cura di lui senza altri aiuti e senza più una quotidianità tranquilla e serena.

Oppure ancora, una grande spesa che devo affrontare per i prossimi anni mi turba. Più passa il tempo e più il mio debito rimane lì, non permettendomi una vita agiata.

La Cataratta, disturbo del quale parlo in questo post, è proprio la concretizzazione di questa paura inerente al mio futuro che mi rende triste. Immaginando così l’angoscia e il tormento, posso sviluppare questo disturbo dell’Occhio che è la formazione di un velo sul cristallino il quale diminuisce la mia vista. In alcuni casi può diventare così grave da rendere la persona completamente cieca.

Il Cristallino, membrana trasparente e convessa posizionata dietro l’iride, con la funzione di lente, in pratica si opacizza e io vedo di meno, proprio come a dire “non voglio vedere, questo futuro mi spaventa, mi angoscia, non voglio guardarlo”.

Possiamo notare come proprio la maggior parte delle persone che soffrono di Cataratta sono anziane. Questo disturbo, nella maggior parte dei casi, subentra infatti ad una certa età quando si inizia a percepire il futuro in modo diverso e più preoccupante rispetto a quando si è giovani. La paura della solitudine, della malattia, della morte sono tutti timori che, più si avanza con gli anni e più prendono piede in noi, pertanto, ecco comparire il problema oculare.

Una madre che vede i figli andare via e magari ha un marito malmesso dal punto di vista della salute.

Un figlio che vede la madre prossima alla fine dei suoi giorni.

L’operaio che deve andare in pensione e si sentirà solo ed escluso da quella azienda per la quale ha lavorato una vita intera.

Occorre quindi chiedersi: – Che cosa mi spaventa del futuro da rendermi così triste? -.

E’ difficile rispondere a questa domanda perché spesso non lo sappiamo neanche noi. Sono turbamenti celati nel nostro inconscio. Vediamo la fonte della nostra preoccupazione ma non ci accorgiamo che ci sta facendo preoccupare. Lo so, sembra assurdo ma è proprio così.

Una soluzione quindi è quella di immaginare semplicemente il nostro futuro rosa. Senza catalogare ciò che ci fa male, che ci mette ansia, che ci scombussola. Sappiamo di avere questo problema e anche quest’altro e quest’altro ancora ma non consideriamoli per questo esercizio. Mettiamoli da parte. Non ci servono.

Sappiamo che esistono e questo basta e avanza. Ora dobbiamo allenarci a vedere il bello e a stare tranquilli a livello generale. E’ molto dura, me ne rendo conto, ma così facendo è possibile non permettere alla Cataratta di formarsi ed eliminiamo un ulteriore problema che affliggerebbe direttamente noi stessi. Anziché chiudere il sipario nei confronti di quella situazione dobbiamo spostare da un lato questi eventi e scegliere di guardare la nostra prossima esistenza con gioia.

Questo non significa comportarsi come dei menefreghisti davanti al dolore degli altri o davanti al nostro malessere. Significa soltanto non dare a quel dolore la possibilità di governare ed essere padrone della nostra vita, nonché dei nostri disturbi fisici. Quel malessere c’è, esiste, me ne rendo conto ma non gli permetto di rendermi sua schiava. Lo vivo, lo affronto, lo accudisco ma faccio di tutto per rimanere nelle frequenze della pace almeno il più possibile. Devo fiduciosa nel credere che una soluzione perfetta per me arriverà.

E’ ostico comportarsi così? Moltissimo. E’ un lavoro straordinario e coraggioso ma è possibile. Sarà inoltre proprio grazie a questo risultato che potremmo essere ancora più d’aiuto a chi ci sta vicino e, soprattutto a noi stessi, continuando a vivere nella centratura. Nessuno infatti sta dicendo che dovete fare i salti dalla felicità ma la centratura occorre non scordarla mai.

Rimanere centrati e padroni di sé come un Guerriero. Viviamo prove difficili ma dobbiamo cercare di affrontarle con consapevolezza agendo nel migliore dei modi.

Prosit!

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