Ama e ama e ama…

E’ davvero difficile amare. Amare in modo vero, sincero, puro, quando…. non si è corrisposti.

Quando ad ogni nostro slancio di entusiasmo si riceve una mazzata sulle orecchie che ci rintrona per un attimo moooolto lungo.

Poi ti ripigli, sbatti un po’ le palpebre e ti dici – Ama, non fa niente, tu ama, continua ad amare, ama, oltre qualsiasi cosa, sopra il tutto, ama, spingiti oltre… – e intanto lo stomaco si lacera, il cuore si vena, gli occhi si riempiono di lacrime e vorresti urlare.

Ok, dopo questa introduzione penso sia giusto scrivere anche una premessa al fine di comprendere questo post al meglio anche perché già sento che mi verrà fuori confuso….

Si, mi sto riferendo a quando si decide di amare incondizionatamente. A prescindere. Che già il termine “decidere” è sbagliato perché è una cosa che non la si determina anticipatamente, ma ci sono avvenimenti nella vita che ci accadono, al fine di insegnarci qualcosa, e spesso dovremmo prenderli, nonostante forse la sofferenza che ci regalano e, anziché tenerli come una spada di Damocle puntata sulla nostra testa per tutta la vita, quasi fieri di avere un melodramma triste da raccontare, trasformarli in qualcosa di positivo. In una specie di allenamento, per cercare di riuscire a vivere meglio. In modo più felice. Per evolversi si potrebbe dire.

Il tema che ho scelto, quello dell’amare in tale maniera, è sicuramente il più difficile tra tutti a mio avviso. E’ collegato ad un milione di altre cose.

Detto questo, non intendo affermare che è giusto farsi maltrattare da qualcun altro o permettere a chi ci sta di fronte di mancarci di rispetto, ma vorrei sottolineare quanto è dura accettare i comportamenti dell’altro quando non sono come i nostri, quando non ci appartengono, quando ci fanno più male che bene, quando non rispondono alle nostre aspettative provocano malessere. Mi riferisco ad un altro che non la pensa come noi e che si, è vero che ci reca dolore, ma non lo fa apposta. Non ci pensa. E’ innocente. Ma noi sentiamo male. Questo è il dramma. Un male tremendo e… vorremmo concluderla lì. Certo, sto naturalmente parlando prevalentemente di un rapporto di coppia, ma potrebbe non essere l’unico tipo di legame al quale correlare tali affermazioni. Quando si è in Amore, in modo totale, non c’è sofferenza di alcun tipo e quindi nemmeno le mazzate sulle orecchie esistono, ma arrivare all’amore incondizionato è un percorso di scalini, duri e faticosi, ci sono degli step e, prima di giungere al traguardo, purtroppo, si sta anche male.

Ora, mettendoci tutto il nostro impegno, credetemi che ce ne vuole parecchio, si potrebbe anche riuscire a sorpassare il dolore della fitta nel fianco che subiamo, ma la cosa più importante da fare è chiedersi – Ma sono davvero felice? -.

Riuscendo ad ascoltarsi attentamente, nel più profondo, e producendo una buona dote di sincerità, vedrete che si può rispondere tranquillamente – No -. Perché è difficile dare amore mentre si viene feriti. Perché è difficile essere felici quando per la prima volta, dopo sette mesi di relazione, lui ti chiama “Amore”, tu fai i salti di gioia e poi scopri che è stato solo uno scherzetto del correttore automatico. Sul serio! E’ difficile essere felici dopo che da due giorni si aspetta di sentire la sua voce, poi finalmente riesci a chiamarlo e lui ti risponde di corsa salutandoti di fretta perchè sta iniziando la partita di calcio. E’ difficile essere felici quando lei ha organizzato di andare a fare un viaggio, prospettandolo come uno dei più belli della sua vita, e non ti chiede di accompagnarla. E’ difficile… accettare. L’accettazione è qualcosa che può rodere, che graffia forte come artigli possenti.

A questo punto, tante persone potrebbero iniziare a parlare di mancanza di rispetto ma altre invece potrebbero rispondere che il rispetto nasce proprio nel lasciar libera, al 100%, quella persona che sta assieme a noi. Senza interferire nella sua vita, senza costringerla, senza amputare nulla della sua libertà. Permettergli persino di andare a letto con un’altra. Certamente. L’amore è amore, il sesso è sesso. Due cose completamente differenti.

Nella savana, un leone che si tromba dieci leonesse, mica subisce le angherie della leonessa precedente una volta rientrato in tana. La natura vuole che si prolifichi, noi non prolifichiamo, godiamo solamente, appaghiamo un nostro bisogno, un piacere, ma è comunque sempre un bisogno intrinseco. Ancestrale. Senza nominare gli animali che hanno sicuramente una mente meno sviluppata della nostra e non hanno una morale o una ragione, potremmo prendere popoli di altri Paesi che non temono assolutamente, nè rifiutano, il fatto di andare a letto con più persone contemporaneamente. Quindi, i nostri, sono solo schemi mentali. Quindi siamo praticamente vittime, e soffriamo per questo, di una nostra educazione ricevuta.

Altri ancora invece pensano che se davvero ami una persona non ti viene lontanamente in mente di fare sesso con un’altra. Ma io mi chiedo se questo criterio può continuare per molti anni, anche dopo la famosa “abitudine” o se ha modo di esistere anche in caso di rapporti a distanza. Quei rapporti in cui ti vedi magari solo una volta al mese.

E quindi insomma che, detta così, sembra davvero facile ma non lo è per niente. Non è facile dare a qualcuno un “buongiorno”, al mattino, pieno di gioia e caloroso affetto e ricevere un freddo – ‘giorno – semplicemente perché quella persona non è calda come noi, o non ha mai ricevuto affetto e non sa come offrirlo. Penso altrettanto però che, molte cose, non si debbano imparare. Le abbiamo dentro e nascono spontaneamente. Se si ama davvero.

Il discorso alla fine è un altro. Si ha voglia di continuare così o è meglio andarsi a cercare una persona più simile a noi che ci saluta affettuosamente al mattino o che se va a fare un viaggio ci invita perché ha piacere a stare con noi? Direi la due. Ma, dopo aver detto la due, sorgono i primi dubbi: è allora davvero amore incondizionato, a questo punto, o soltanto l’appagamento inconscio di alcune nostre umane necessità? Umane e più che comprensibili.

Non voglio estremizzare. Ci sono coppie che stanno insieme solo per un vero e proprio ritorno, io non parlo di questo tipo di legame che davvero non mi piace e lo trovo abietto. Mi si perdoni il giudizio. Mi riferisco alla via di mezzo, a quei bisogni umili e che hanno modo di esistere proprio perché… dove sta il limite? E c’è un limite? Quanto posso accettare? Fin dove posso spingermi? Per quanto tempo ancora posso provare quella puntura forte nelle viscere che non mi fa stare bene?

Basta, vaffanculo, non lo sopporto più. Vorrei che facesse… vorrei che dicesse… -. Alt! Dov’è l’Amore in tutti questi “vorrei”?

E quel “basta”, che in verità non riusciamo a dare, è davvero amore o è paura della solitudine? Perché in realtà si può amare comunque anche lontani. Si può amare anche una persona che non è con noi o non lo è più, anche se il vero amore, presumo, riesca a far andare tutto a pennello e il puzzle si crea. Si crea perché l’amore è alla base di tutto. Non c’è niente di più forte dell’amore. Perché se è vero che l’amore move il sole e l’altre stelle pensate davvero non riesca a far combaciare due esseri umani se la loro unione è vita? E’ creazione di qualcosa di meraviglioso? (Non parlo di figli). Se sei amore sei luce e quella luce la si vede. Abbaglia. L’amore è il nutrimento primario della creatività. Quando si è pieni d’amore si crea, deve uscire in qualche modo o scoppieremmo. Se c’è apatia, non c’è amore. O per lo meno ce n’è molto poco. Se c’è paura, insofferenza, tristezza, de-pressione, non c’è amore.

E insomma, sapete bene ormai, se mi conoscete, che io sono quella delle sfumature di grigio e per me ce ne sono ben più di 50 e con meno erotismo.

E allora che si deve fare? Mollare tutto e quindi perdere la possibilità di capire, di provare un qualcosa di nuovo grande come l’amore?

O bisogna continuare rodendosi l’anima perché a tutti i costi occorre spingerci oltre il limite se vogliamo capire qual è, il vero amore di cui parla l’Universo?

Solitamente, in questo mio blog, sono io quella che offre il risultato bell’è pronto su un vassoio d’argento. Lieta oggi di mostrarvi la mia umanità. Non potrei mai, perdonatemi, competere con la maestosa, potente, complessa, o forse semplicissima, forza dell’amore.

Ma qualche riflessione probabilmente avviene.

Prosit!

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DIMMI – Sulutumana: l’Essenza dell’Amore

Tempo fa un amico mi ha fatto ascoltare questa canzone che mi è subito piaciuta molto, mi ha fatto riflettere, vibrare dentro particolari sensazioni e ho deciso di condividerla con voi. Ad avermi colpito è stato il testo, pur trovandola molto bella anche dal punto di vista (o meglio d’orecchio) musicale.

Il brano s’intitola “Dimmi” e le parole sono queste:

“Non voglio sapere che ne fai della tua vita

dimmi invece se qualcosa ancora ti fa venire i brividi

non voglio sapere il tuo segno zodiacale

dimmi se hai parlato mai faccia a faccia con il dolore

non voglio sapere se ci credi o no all’amore

dimmi invece se hai ballato nuda con la tua incoscienza

non voglio sapere se la tua é una storia vera

dimmi invece la tua guerra con il coraggio e la paura

dimmi se vedi bellezza

quando apri o chiudi gli occhi se sai riconoscerla

dimmi se senti furore

se sai essere alba e sole, se sei pronta ad incendiare il cielo

dimmi se cerchi bellezza anche quando tutto sembra

sembra soffocarti l’anima

non voglio sapere quale vento ti ha portato

dimmi invece quanta voglia ancora hai di ridere

non voglio sapere le vittorie e le sconfitte

dimmi se hai la leggerezza di accettarti come sei

non voglio sapere quante volte hai chiesto aiuto

dimmi cosa hai fatto fino a qui per meritarti il mondo

non voglio sapere il tuo nome o il tuo indirizzo

dimmi invece se hai viaggiato fino a spingerti oltre i limiti

dimmi se vedi bellezza

quando apri o chiudi gli occhi se sai riconoscerla

dimmi se senti furore

se sai essere alba e sole, se sei pronta ad incendiare il cielo

dimmi se cerchi bellezza anche quando tutto sembra

sembra soffocarti… dimmi

dimmi se vedi bellezza

quando apri o chiudi gli occhi se sai riconoscerla

dimmi se cerchi bellezza anche quando tutto sembra

sembra soffocarti l’anima”.

E’ una canzone scritta e cantata dal gruppo musicale lombardo Sulutumana, nome che significa, nel loro dialetto, “Sul Divano (Sul’Utumàna)” che, prendendo spunto da una poesia di Oriah Mountain Dreamer (il nome pare essere questo), donna appartenente ad una tribù dei Pellerossa, hanno trascritto e rivisitato a modo loro, il bellissimo testo.

Qui, nel video, potete ascoltare la canzone e vi lascio anche l’indirizzo del sito ufficiale dei Sulutumana nel caso vi andasse di conoscere meglio questi musicisti www.sulutumana.net

Da come si capisce, è dedicata ad una donna, ad una figura femminile in grado di saper mettere da parte tutti gli orpelli mentali, colpevoli di alterare un sentimento puro, focalizzandosi invece, unicamente, su quella che è la forza dell’Amore.

Questo brano è stato (anche) dichiarato “Inno alla Bellezza” e sono d’accordo, seppur trovo questa citazione forse un poco riduttiva. A mio avviso è molto di più. Utilizzando poche parole, gli autori sono riusciti a raccontare qualcosa di molto più grande e unico. Io lo definirei “Inno all’Amore”, e l’Amore, si sa, al suo interno, contiene ovviamente la bellezza, così come il furore, come l’entusiasmo, come… la vita. Quella vera. Che non è solo esistenza ma molto altro.

Viene espresso, sapendolo cogliere, il significato dell’amore limpido, totalmente incondizionato. Un amore che non è paragonabile a nulla, che non è un qualcosa, è uno stato d’essere. E’. Come molte volte ho scritto.

Amare, andando oltre qualsiasi cosa. Sorvolando in volo i baratri dell’anima senza alcuna paura o, quanto meno, con un coraggio più forte che permette di innalzarsi al di sopra. Al di sopra di tutto. Abbandonarsi totalmente alla potente energia dell’amore. Lasciarsi ardere da essa per poter risplendere. Scavalcare il dolore dopo averci camminato fianco a fianco, ridere del limite che non ha più modo d’esistere. Conoscersi, fino in fondo, mostrandosi senza filtri, per ciò che si è. Pure essenze. Rapportarsi al male per elevare il bene. Riuscire a vedere la bellezza sempre, percepire la gioia dentro, anche davanti alle più grandi difficoltà perché, di quell’amore, se ne è intrisi.

Per questo, amo molto tali parole e ho inteso condividerle porgendo i miei più sentiti complimenti al gruppo.

In realtà però, la poesia scritta dalla nativa americana e intitolata “L’invito all’ascolto della vita”, è la preghiera che una donna rivolge al proprio uomo e, nonostante sia stato difficile trovare in Internet la versione originale, alcune interpretazioni cambiano qualche strofa, le parole sono più o meno queste:

“Non mi interessa cosa fai per vivere,
voglio sapere per cosa sospiri,
e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore.

Non mi interessa quanti anni hai,
voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido per l’amore,
per i sogni, per l’avventura di essere vivo.

Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna,
voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita,
o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.

Voglio sapere se puoi sederti con il dolore,
il mio o il tuo;
se puoi ballare pazzamente
e lasciare l’estasi riempirti fino alla punta delle dita senza prevenirci di cautela,
di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni degli esseri umani.

Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera.

Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per essere autentico a te stesso,
se puoi subire l’accusa di un tradimento e, non tradire la tua anima.

Voglio sapere se sei fedele e quindi di fiducia.

Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non è bella tutti i giorni
se sei capace di far sorgere la tua vita con la tua sola presenza.

Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, tuo o mio,
e continuare a gridare all’argento di una luna piena.

Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai,
mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore, triste o spaccato in due,
e fare quel che si deve fare per i bambini.

Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare qui,
voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me, e non retrocedere.

Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove,
voglio sapere cosa ti sostiene dentro, quando tutto il resto non l’ha fatto.

Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso,
e se veramente ti piace la compagnia che hai nei momenti vuoti”.

(da fraintesa.it)

Quanto è difficile amare in questo modo? Si può essere in grado? Si può davvero continuare a percepire lo stato dell’amore anche quando manca il fiato perché la nostra anima sta soffocando?

Chiudendo gli occhi, senza calcolare né i passi stessi, né la loro direzione. Senza dar retta all’orgoglio e al timore quando chiederanno di fare delle scelte tra loro e l’amore, facendoci sentire stupidi e inutili volendo considerare quest’ultimo.

Non pensare a quanto è difficile portare quel piede in avanti per fare un passo, incendia il cielo preoccupandoti unicamente di continuare a rifulgere.

Non chiuderti in buie riflessioni alla ricerca del Sole, sii responsabile di essere il Sole. Mantieni questa posizione. Sempre. Benedici questo tuo ruolo, che ruolo non è, ma assumine l’onestà della letizia.

Nutri di divino e nobile sentimento il creato intero.

Ascolta le vibrazioni del tuo stato e rimani a fremere senza spegnerti mai.

Sii un dardo che colpisce d’estasi.

E’ amore vero solo se è incondizionato. Altrimenti è un’altra cosa – (Fabio Tagliasacchi)

L’amore è amore e non è nient’altro. E non importa da dove tu arrivi, da quanti anni hai, o quale è il tuo nome. M’interessa che tu sia amore.

Prova a rispondere in modo sincero alle domande del testo. Quindi, Dimmi….

Prosit!

p.s. = in alcuni siti, il nome Oriah, non apparterrebbe alla donna ma all’intera tribù. Nonostante le mie ricerche, per questa ed eventuali altre inesattezze, mi scuso.

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Esperienza di Nascita e Ri-nascita

Quando nacqui ricordo che non fu una bellissima esperienza.

Sentivo le urla di quella che sapevo essere mia madre, c’era un forte odore di sangue tutto intorno e feci una faticaccia tremenda ad uscire da un cunicolo che mi avvolgeva stritolandomi e trattenendomi. Sentivo la pelle allappata come la lingua quando si mangia un kiwi acerbo e avevo freddo. Tanto freddo. Una luce forte poi mi abbagliò, che fastidio. I miei occhi erano abituati all’oscurità, a quel rouge-noir (come direbbe la mia amica estetista) che mi coccolava da mesi. Un colore che sentivo amico. Amorevole.

I polmoni mi si strizzarono in una morsa dolorosissima, sentivo il petto bruciare e piansi pregando che mi rimettessero dentro a quella culla che mi aveva accudito per tanto tempo.

Potevo mangiare, dormire, giocare, fare tutto quello che volevo là dentro, soprattutto potevo evitare di pensare  mentre, in quel momento, ogni mia certezza andò a farsi friggere; ero completamente destabilizzata.

Delle mani sconosciute mi toccavano, mi ruotavano, mi tiravano (che modi!) e delle voci acute mi trapanavano le delicate orecchie che fino a quel momento avevano sentito solo il battito di un cuore.

Che esperienza…. Non la scorderò mai.

Non è stato bello nascere. Forse è stato bello per altri ma non per me.

A quelli che mi guardavano e mi dicevano sottovoce – puripuripuripuri ciccina… – avrei voluto gridare di andarsene a quel paese e invece non riuscivo, non ne ero capace, e dovevo sopportare quel menefreghismo di chi non capiva cos’avevo dovuto compiere.

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Di chi stava ore ad osservarmi ad un centimetro di distanza, fiatandomi sul naso, solo per capire a chi assomigliavo di più senza preoccuparsi di prendermi e rimettermi dov’ero stata finora.

Fu in quei primissimi giorni di vita infatti che mi resi conto di essere una vera guerriera, perché solo una guerriera con le palle poteva sfidare tale fatica e tali affronti.

Insomma che no, non è stato bello nascere.

Mia madre non era più dentro di me nonostante fossi io ad essere dentro di lei. E ogni tanto dovevo separarmene. Che tristezza, che delusione. Perché non potevo continuare ad andare in bagno con lei? Perché non potevo più dormire nel suo ventre? Perché non potevo cibarmi più dei suoi scarti?

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Che angoscia. Una specie di amputazione.

Senza anestesia.

Non è stato per niente bello nascere.

E la cosa buffa è vedere come oggi, a distanza di tanto tempo da quel giorno, è invece così sorprendente, così meravigliosamente fantastico ri-nascere.

Non ci sono più strappi alla vita o forse si ma, dopo giorni di frustrazione, il bello è così tanto che emoziona, prende il cuore e lo lancia in alto, nel blu, facendoti mancare il respiro. E non si possono provare brutte sensazioni.

La rinascita la senti arrivare da lontano. Leggera e prorompente allo stesso tempo. Strizza il diaframma da far quasi male e, come una manciata di spilli, punge lo stomaco. Sono tutte emozioni bellissime.

Dopo essere passati dalla prima nascita, rinascere è nettamente più leggero e piacevole ma per molti sembra impossibile. Forse non ricordano il disumano sacrificio che hanno fatto all’inizio e ora mettono limiti ai loro cuori, alle loro menti.

Fanno attrito e rendono tutto più difficile.

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Un tempo siamo stati obbligati per volere di altri, della natura stessa, e abbiamo accettato, a malincuore, ci siamo lasciati andare e abbiamo iniziato a vivere. Oggi invece resistiamo a ciò che la Grande Madre vuole, ci opponiamo e soffriamo di più. E invece sarebbe così bello lasciarsi andare e permettersi di ritornare. Questa volta consci di ciò che sta accadendo e di ciò che stiamo vivendo.

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Siamo spaventati, dai retaggi del passato, dalle memorie, dalle tracce che rimangono indelebili. Forse allora, la prima volta, non avevamo ricordi. E allora, non avevamo paura. Perciò, a creare la paura sono le  reminiscenze. E si. E a seconda del materiale del quale sono fatte, la nostra scatoletta magica può essere solida oppure no. Come una casa.

Vi è mai capitato di lasciarvi con un/a compagno/a e trovarne poi uno migliore? Eppure nel momento dell’abbandono si sta malissimo, si pensa che nessun altro/a possa prendere il suo posto o volerci. Vi è mai capitato di perdere il lavoro e poi ringraziare il “destino” per essere stati licenziati?

Ma prima bisogna dimostrare la tragedia, sentirla dentro, lasciarsi lacerare da lei. Come se… si, – se il non provare ora così tanto dolore significa non essere stati degni di possedere ciò che avevamo –. Dobbiamo dimostrare, soprattutto a noi stessi, quanto fa male perché sono il male, la preoccupazione e la destabilizzazione le nostre unità di misura, così ci hanno insegnato. Quanto ci dispiace averlo perduto, anziché dimostrare a noi stessi quanto si è felici nell’attendere ciò che di meglio sta arrivando.

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E saremo più forti di prima, avremo un sorriso straordinario e potremo urlare al cielo – Ce l’ho fatta sono qui! – di nuovo qui. C’ero già, ma ora ci sono in modo diverso. Ecco perché è nella ri-nascita che si capisce la vita. La sua e la nostra essenza. Perché nascere è ovvio e normale, ma ri-nascere no. E’ la seconda possibilità che ci viene data e sappiamo che non possiamo buttarla via. Qualcosa dentro ce lo suggerisce. Perché è dopo la rinascita che si comprende cos’è lo STUPORE.

Perché è dopo la rinascita che ci si commuove davanti alla straordinaria bellezza del mare. Che si riesce a comprendere la lingua delle foglie. Che si vede brillare il mondo in ogni suo angolo. Soltanto adesso non si ha più paura di essere diversi.

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Rinascere, non è una bellissima esperienza. Ma è il dono che si riceve dopo, per la seconda volta, che si capisce come va vissuto.

“ STUPOR VITAE

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La vita ci meraviglia.. poco
perché ci dimentichiamo di ammirarla con stupore.

Serendipity, meraviglia, stupore, la forza della vita, il gancio di salvataggio.

Sono nomi che noi diamo ad azioni della vita, la vita intesa come essa stessa un essere vivente, che ha bisogno di noi e noi di lei per compiersi.

Imparare a vivere con questa consapevolezza, crederci, avere fede, essere nel qui e ora, lasciandosi trasportare fiume e sfruttandone le correnti.

E tante altre parole, ma non bastano ricominciamo a meravigliarci.

Igor Sibaldi ci dice di provarci coscientemente, di guardare un albero e, come un bimbo, alzare il dito e dire – Albero!! – come se fosse la cosa più straordinaria del mondo.

Provateci, io ci ho provato, e dopo un po’ funziona… ed è fantastico.. anzi no.. è semplicemente vitale…

( da Luci di Do – lucidido.wordpress.com https://lucidido.wordpress.com/2014/05/03/stupor-vitae/ )

Rinascere significa passare dalla passività con la quale si è condotta l’esistenza finora, alla collaborazione attiva assieme all’intero Cosmo del quale facciamo parte già dall’inizio ma non ne volevamo e non ne vogliamo sapere. Rinascere, significa trasformare quell’esistenza in VITA. Imparare a comprendere questa VITA in modo nuovo, diverso.

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Permettetevi di ri-nascere. Concedetevi di soffrire. Amate quella sofferenza, quell’immenso dolore, amatelo con tutto il vostro cuore. Non mandatelo via. Accettate la sua presenza. Affidatevi a lui è arrivato per ripulirvi, è arrivato per far spazio ad una novità non ancora assaggiata.

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Lasciategli lacerare le carni è solo una sensazione, straziante, ma è solo una sensazione. Tormentatevi quanto volete ma non perdete la fede, la fiducia nella vita che sta arrivando.

Prosit!

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photo STUPOR VITAE di lucidido.wordpress.com

Durante un periodo di Angoscia ci sono cose fondamentali da fare: queste…

Immagino conosciate tutti il detto “le brutte notizie (e situazioni) non arrivano mai da sole” e, in effetti, è proprio così. Viviamo periodi in cui sembra davvero che qualcosa di grande e misterioso ce l’abbia con noi, ci prenda di mira e… senza pietà, ogni giorno, ci ferisce regalandoci messaggi dei quali avremmo fatto volentieri a meno.

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In realtà, quello che accade è una cosa ovvia. Ho passato ultimamente un brutto periodo e, nonostante gli sforzi che facevo per pensare in positivo e immaginare le mie giornate tinte di un bel colore rosa, nella parte più profonda di me ero addolorata. Come vi ho spiegato molte volte, l’energia non percepisce solo quello che diciamo o pensiamo ma soprattutto quello che veramente siamo dentro.

I giorni passavano e, tra una bella frase e un buon proposito, mi sentivo comunque contorcere lo stomaco.

Quello che stavo emanando intorno a me era quindi angoscia, tristezza, rammarico e, ovviamente, l’Universo, che noi definiremmo “crudele”, ha subito risposto rimandandomi indietro le stesse frequenze.

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Ecco infatti il sopraggiungere di un’altra notizia davvero poco piacevole. E poi un’altra e poi un’altra ancora.

“Meg, devi smetterla” pensavo tra me e me “prova davvero a sentire la gioia dentro”.

Cavoli… era difficilissimo. Non mi reputo il Guru di nessuno ma sento di essere già ad un buono stato di consapevolezza ma, come dicono anche i più grandi maestri, pure loro hanno bisogno di un personal coach di tanto in tanto e questo mi tranquillizzava un po’.

Mi ero lasciata andare. Il dolore aveva preso il sopravvento sulla fiducia che nutro nei confronti della vita e la mia solita frase – Tutto quello che accade è un perfetto disegno divino – così perfetto non riuscivo a vederlo.

Una cosa però di buono facevo: continuavo a chiedere all’Universo, a parlare con lui e a cercare di convincermi della sua grandezza. Continuavo imperterrita a CONSIDERARE (e non a SPERARE) situazioni belle per me come se fossero già avvenute. Cosa non da poco perché anche solo l’intenzione ha un’importanza fondamentale.

“Meg, sforzati, lasciati andare, va tutto bene, tutto va per il meglio” continuavo a ripetermi capendo che se non uscivo da quel vortice in cui mi ero infilata avevo ben poche speranze di ottenere del “bello” dalla mia stessa vita. Che è semplicemente uno specchio.

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Mi concentrai. Mi misi d’impegno per non uscire con la mente dagli argomenti che m’interessavano.

Erano pensieri di gratitudine e di amore. Ringraziavo costantemente quello che avevo persino il letto, il bagno, il cibo, il cane, il figlio, qualsiasi cosa (questo sgombera la testa dai pensieri negativi) e, ogni tanto, chiudevo gli occhi e, con le braccia leggermente aperte a mezz’aria, regalavo alla vita parole di fiducia e serenità. M’immaginavo sorridere e mi ripetevo in continuazione – Io sono felice! -.

In realtà stavo piangendo come una bambina ma non importava, osservavo la mia sofferenza di un bel colore rosa scuro, la ringraziavo, le passavo in mezzo e ripetevo tra i singhiozzi – Io sono felice! -.

Una pazza totale direte voi.

Come ho detto prima infatti, dentro in realtà, non lo ero per niente ma continuando, giorno dopo giorno a dirlo, iniziai così a illudere il mio cervello e piano, piano, iniziai a sentirmi meglio. I problemi sembravano lontani. Ve lo giuro.

Sicuramente qualcuno di voi dirà – Si ma i problemi hanno continuato ad esistere -. E’ vero, ma non li stavo più affrontando con angoscia e tristezza bensì con gioia e positività e, così facendo, anche loro, si risolvevano di conseguenza in modo gioioso e positivo. Ve lo ri-giuro. E’ una questione ovvia di frequenze.

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Di colpo era come se qualcuno avesse preso la matassa e fosse riuscito a dipanarla al meglio.

Tutto quello che chiedevo e avevo chiesto si stava avverando anzi, fin troppo velocemente, non riuscivo a starci dietro e ora piangevo per l’emozione e non più per la tristezza.

Vi sto raccontando questo perché mi piacerebbe che anche voi riusciste a fare come ho fatto io e credetemi se vi dico che i miei problemi di quel periodo non erano bazzecole.

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La vita mi si era trasformata di colpo e la destabilizzazione regnava sovrana. Per di più, la mancanza di una persona che amavo tantissimo mi lacerava il cuore. Tasse da pagare, figlio in bilico perché la mancanza di questa persona l’aveva sentita anche lui, e tutte le varie conseguenze.

Ecco, i soldi, mannaggia a loro, erano proprio una delle cose che mi spaventava di più.

Mi dissi più volte queste parole:

L’Universo non ha mai abbandonato nessuna sua creatura. Se non mi auto-abbandono io, lui farà si ch’io abbia tutto ciò che merito e di cui ho bisogno.
L’Universo non ha mai lasciato senza cibo un uccello o senza acqua una pianta. Abbiamo sempre causato tutto noi.
Lui è un padre responsabile e mai vorrebbe il mio male.
Devo solo crederci. Devo solo imparare ad affidarmi a lui.
E’ difficile. Sembra impossibile.
Ma in realtà in lui c’è tutto in abbondanza per tutti. Per ognuno di noi.
Devo sforzarmi di credere in questo.
Devo farlo, per il mio bene
-.

Fino ad affermare ad alta voce – Io ho tutti i soldi che mi servono -. Parlando al presente come se già li avessi in quanto, per la Legge d’Attrazione, bisogna già vedersi il problema risolto. Se io avessi detto “avrò”, l’Universo non avrebbe capito. Il suo tempo non è uguale al mio tempo, magari me li avrebbe anche dati ma dopo trent’anni e a me servivano in quel momento.

Naturalmente non mi ha fatto trovare i milioni sul comodino l’indomani mattina ma, il giorno dopo, un signore che mi aveva chiesto un anno prima l’amicizia su FaceBook, ebbe da ridire su un articolo che avevo postato sul mio profilo. Non era d’accordo con le mie riflessioni. Bene, ci può stare. Parliamone.

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Scambiammo i nostri pareri con umiltà e intelligenza fino a che, dopo un pò, lui mi scrisse in privato su Messenger chiedendomi di contattarlo telefonicamente per parlare di una nuova attività all’interno della sua azienda. Un’attività ovviamente spirituale.

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Come andò a finire? Vedete, l’importante non è come andò a finire. La cosa fondamentale è il cammino, è la strada giusta. Il fatto che io avessi mosso delle forze energetiche che stavano rispondendo al di là di come finì il rapporto con questa persona. La cosa potrebbe fallire più e più volte ma l’importante è avere ottenuto la possibilità di scelta piuttosto che il nulla e rimanere affranti nell’apatia e nella desolazione.

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Anche se vi sentite stupidi, anche se vi sembra impossibile, anche se vi hanno insegnato che sono solo sciocche illusioni, quando vi sentite giù e un problema vi affligge fate come ho fatto io e credeteci. Crederci di pancia. Vi sentirete meglio ve lo garantisco. Magari non subito, non il primo giorno. Io ho iniziato a sentirmi meglio, e non ancora del tutto, dopo il venticinquesimo giorno. Perciò abbiate pazienza e convinzione… sono davvero le virtù dei forti.

In questi casi il segreto risiede nella COSTANZA. Continuate, continuate senza demordere. Continuate con le affermazioni positive, continuate a immaginarvi felici, continuate a ridere, continuate a visualizzare per voi il meglio, continuate a credere, nonostante sia difficile, di avere la piena fiducia nella vita, continuate senza smettere.

E ce la farete.

Prosit!

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ERNIA DISCALE: unica soluzione – intervento chirurgico -, ma forse ci sono altri rimedi – parte 3°

Continuazione…

meteoweb.eu

I SOLDI E L’APPARATO GENITALE

Molto bene, i trattamenti principali da effettuare li abbiamo visti nel precedente articolo ma, come dicevo, non è finita qui. Non è finita qui perché il messaggio della nostra Ernia è davvero molto complesso perché altrettanto complesso è il nostro Inconscio.

Ho parlato la volta scorsa della svalutazione di sè, della mancanza di potere personale, del sottostare e di tutta la parte inerente alla nostra bassa autostima ma, questa zona della schiena, nasconde anche altri temi che si collegano comunque sempre all’autosvalutazione e questi argomenti s’intitolano: I SOLDI e L’APPARATO GENITALE.

Il primo = I SOLDI

Tasto dolente. Attenzione però, non limitiamoci a pensare che chi soffre di questo problema è perché vuole più soldi e basta o soldi non ne ha. Può anche essere questo ma non è detto.

Ad esempio, la mia amica M. che ha avuto il mio stesso problema e non capiva la correlazione con il denaro, raccontandomi la sua vita adolescenziale mi ha portata a comprendere un lato della sua esistenza al quale lei nemmeno aveva fatto caso. M. non era nata in una famiglia agiata e ha dovuto iniziare a lavorare finito le Scuole Medie per aiutare economicamente i familiari. Ai tempi ci si poteva fermare di studiare. Il nervosismo e la rabbia che la mancanza di soldi portava all’interno della sua famiglia, facevano si che M. vivesse sempre in uno stato di latente angoscia. Sua mamma era sempre infastidita e suo padre arrabbiato, suo fratello inquieto. Le uniche volte in cui vedeva un lampo di gioia nei loro sguardi, e la mamma le cucinava il suo piatto preferito festeggiando, era quando M. portava a casa dei soldi. In quei momenti M. era importante, M. regalava serenità ai suoi genitori, M. si sentiva di aver fatto qualcosa di buono, si sentiva utile. Vale a dire che quando non portava i soldi a casa…. non valeva niente. L’inconscio ragiona così.

Vi faccio altri esempi.

– Se sei un uomo, ma a lavorare e a mantenere la baracca è tua moglie, cioè una donna, ti potrà capitare di soffrire di Ernia al disco. A causa delle etichette che la nostra società ci ha inculcato, automaticamente diventi per te stesso un essere spregevole, che poco vale, dovendosi far mantenere dalla propria compagna che invece dovrebbe stare a casa a preoccuparsi della famiglia.

– Fai lo stesso lavoro del tuo collega, conduci una vita simile alla sua, le differenze sono minime, ma lui ha una bella casa e una bella auto e tu no.

– Ti sei sposata con un uomo ricco che ti permette di non lavorare ma, nel tuo inconscio, questa cosa ti fa sentire inutile perché i tuoi genitori ti hanno in qualche modo convinto, con la loro educazione, che solo chi porta a casa uno stipendio può considerarsi utile per la famiglia.

– Hai un’invalidità che non ti permette di svolgere quel lavoro che tanto ami e che sicuramente ti avrebbe fatto diventare molto più ricco di quello che sei perciò ti consideri inferiore ed è colpa del tuo handicap se non hai grandi possibilità economiche.

Ora, da qui si capisce che non significa solo non avere soldi e volerne di più. Le motivazioni correlate al denaro possono essere molte di più e diverse, e soprattutto soggettive. Ognuno ha la sua, ma m’interessava farvi capire che, tale motivo, è da guardare da diversi punti. Naturalmente chi non si preoccupa di tali circostanze non avrà un’Ernia, avrà altri punti deboli, ma il fattore principale è come viene vissuta quella situazione.

Rapporto vissuto con i soldi sotto l’insegna della = SVALUTAZIONE.

Il secondo = L’APPARATO GENITALE

La nostra colonna vertebrale è composta da vertebre tra le quali passano dei nervi che si diramano poi in tutto il corpo. La colonna vertebrale è un punto importantissimo per il nostro fisico e anche molto affascinante. E’ come una specie di linea guida in grado di governare, sostenere e avvisare. Cosa significa? Significa che, molto spesso, il dolore che sentiamo alla schiena in realtà vuole indicare un problema o un affaticamento dell’organo, dell’apparato o del muscolo, che si trova di fronte. Calmi, niente paura, se avete un dolore nella zona dorsale non significa che il vostro cuore è ammalato. Il vostro cuore potrebbe semplicemente avere voglia di vivere in modo diverso, un po’ più passionale e un po’ più folle! Libero!

Vi farò questo esempio: se farete attenzione, potrete notare come le persone che soffrono di Cervicale, sono persone che ingoiano nella vita anche quello che non gli piace (per paura ad esempio) e poche volte dicono – No! -. Hanno troppi pensieri, ragionano molto, si preoccupano in modo eccessivo, sono rigide, non si sentono amate, ostacolano l’amore, non si fidano, non si lasciano andare, non riescono a vedere altre opportunità o non le accettano, si fanno carico di un’infinità di cose pur di ottenere l’amore, o la fama, o la tranquillità. Accettano e non dicono mai la loro, ossia, possono così soffrire di Mal di Gola e… dov’è la Gola? Davanti alle vertebre Cervicali. E’ chiaro?

Torniamo ora alla zona invece lombo-sacrale che stiamo descrivendo in questi articoli. La zona lombo-sacrale della colonna vertebrale, rimane dietro all’apparato genitale. Non solo. C’è anche l’intestino, l’appendice, i reni e altre parti del corpo ma, solitamente il fulcro è quello della zona sessuale. Quindi:

– Pensi forse di non essere una buona madre? Le tue ovaie si atrofizzeranno e invecchieranno prima del tempo. Tu probabilmente nemmeno te ne accorgerai ma la tua colonna vertebrale si.

– Sei una donna che a causa del modo in cui affronta la vita tira troppo fuori la sua parte maschile? Le tue ovaie penseranno di non servire a nulla e soffriranno nel non essere testicoli.

– Sei un uomo ma in casa non riesci a far valere il tuo essere maschile? I tuoi testicoli ne patiranno.

– Mestruazioni abbondanti? Perdita di gioia.

– Ti senti inferiore a causa delle dimensioni del tuo pene? Ti stai sottovalutando. Forse hai paura di diventare papà, paura di certe responsabilità, o uno dei tuoi genitori ti ha schiacciato, oppresso.

Ti stai sempre sottovalutando in qualsiasi di questi frangenti e, come abbiamo visto, l’autosvalutazione, lo ripeto, fa si che arrivi un’Ernia (o un altro problema comunque nella zona lombare e/o sacrale) prima o poi, a spiegarti che invece sei un essere perfetto e magnifico.

Utero, gonadi, pene, tube, qualsiasi problema che risiede in loro, sia energetico che fisico ovviamente (varicocele, endometriosi, infezione, cisti ovariche, etc…) può riportare un dolore alla schiena ma dovete “curare” anche quello e non solo la vostra Ernia.

Nel mio caso, avevo una piccola emorragia capillare all’ovaia, un qualcosa di assolutamente innocuo ma, per il mio corpo, è stato naturalmente riscontrato come un’anomalia. Cosicché ho dovuto lavorare anche su quello ma non intendo ora spiegarvi come e perché in quanto desidero rimanere focalizzata sul problema alla schiena. Sappiate solo che anche quella micro emorragia era dovuta ad una autosvalutazione del mio Essere.

Rapporto vissuto con la vostra parte sessuale sotto l’insegna della = SVALUTAZIONE.

Tenete conto che, purtroppo, non potendo scrivere un poema, sono obbligata a dirvi tante cose tutte insieme e spiegate in modo un po’ asciutto (potete però sempre contattarmi in caso di chiarificazioni) ma credetemi che non è così difficile come può sembrare. Capisco che questo possa apparirvi come un’insalata mista dalla quale non si sa da che parte partire ma basta la pazienza. Fatevi degli schemi su un foglio di carta, prendete ogni punto che ho scritto in questi articoli e valutatelo, datevi delle risposte, come se doveste svolgere un problema di matematica. Una volta fatto questo, potrete iniziare a vivere meglio.

Tenete anche conto che uno degli argomenti da me toccati potrebbe non riguardarvi ma, per spiegare a più gente possibile, ho dovuto parlare di tutti i temi che possono causare questo malessere.

Arrivederci al prossimo articolo con il quale probabilmente concluderò questo discorso.

Prosit!

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ERNIA DISCALE: unica soluzione – intervento chirurgico -, ma forse ci sono altri rimedi – parte 1°

Dividerò questo articolo in 4 post, pubblicandoli di seguito, in quanto è un discorso lungo e complesso

donnaallamoda.it

Luglio 2016 – la mia Ernia Discale avrebbe compiuto due anni.

Avrebbe, ma non essendoci più non li compie.

In realtà, non è che non c’è più del tutto, ossia, fisiologicamente è sparita, i medici dicono che un’Ernia dopo un po’ di tempo si riassorbe, ed è vero, ma è come se rimanesse asciutta e sottile, sempre lì, tra le due vertebre, affacciata alla finestra come una donzella che aspetta il suo amato pronta a sporgersi dal davanzale appena lo vede arrivare da lontano.

Ah! Sembra una splendida storia d’amore, e un po’ lo è, ma credetemi che porta tanta di quella sofferenza che “Uccelli di Rovo”, a confronto, gli fa un baffo.

Insomma, parliamo seriamente. Come già vi avevo spiegato qui https://prositvita.wordpress.com/2016/01/28/il-mio-mal-di-schiena-e-la-mia-camminata-nordica/ , una bella mattina di due anni fa, mi svegliai per andare a lavorare. Ai tempi facevo l’Estetista in un mio centro, professione che ora ho abbandonato per dedicarmi alle tecniche che studio e mi affascinano e poter aiutare chi soffre più da un punto di vista intrinseco che estetico.

Come misi il piede giù dal letto sentii come un pugnale conficcarsi nelle vertebre della schiena (zona L4 – L5 – S1) senza pietà. Inutile dire che ho sentito un dolore che non auguro nemmeno al mio peggior nemico. Per farla breve, alcuni di voi già lo sanno: due mesi immobile nel letto, lesione del nervo che percorre la gamba dx, mancanza di sensibilità nella zona tibiale della gamba, crampi e dolore continuo sul dorso del piede dx, per non parlare del male alla zona lombare, ovviamente, che non mi permetteva neanche di respirare.

Non so dirvi quanto cortisone feci ma posso assicurarvi che il mio sedere è ancora oggi abbattuto dalle innumerevoli penetrazioni degli aghi. Mi gonfiai come un pallone a causa dei medicinali tra i quali, oltre al cortisone, antidolorifici, distensori muscolari, dei nervi, etc… che mi procuravano un tremore generale soprattutto alle mani.

Quando riuscii a muovermi, cioè a settembre, inizia la fisioterapia in palestra, e andai a fare l’ennesima visita medica, quella che avrebbe stabilito com’ero conciata dopo aver subito ciò che avevo subito.

Il medico che mi visitò, in un ospedale molto rinomato della mia regione, mi disse che dovevo assolutamente farmi operare. Non c’erano altre soluzioni e mi diede della sciocca quando mi rifiutai. Lo compresi. Fu allora che gli chiesi di darmi solo un po’ di tempo e lui accettò dicendomi che ci saremmo rivisti in sala operatoria in breve tempo. Stava facendo il suo lavoro, e per questo lo ringrazio, ma andai a casa e dissi tra me e me che – No, la mia schiena non sarebbe stata aperta da un bisturi -. Fu la paura a farmi parlare così non la medicina o l’egregio lavoro di un chirurgo. Avevo il terrore dell’intervento e dovevo assolutamente evitarlo nonostante sia un’operazione di routine che esce sempre bene e dura poco tempo, voglio tranquillizzarvi. Sono io che sono bisturi-fobica.

Andai a casa e, quella notte, mentre mio figlio e mio marito dormivano, inizia a piangere sconsolata, impaurita e maledicendo quel dolore che comunque, nonostante fossero passati due mesi, ancora si faceva sentire, ancora non mi aveva lasciata del tutto.

Gliene dissi di tutti i colori, lo maledii, maledii quell’Ernia che mi stava invalidando e stava per condurmi su un freddo tavolo d’acciaio per farmi tagliare la schiena…, il mio corpo…. no…. no….

Mi alzai, non riuscivo a trattenere le lacrime ma non volevo svegliare mio marito con i miei lamenti che, poveretto, aveva anche lui passato due mesi d’inferno a causa della mia immobilità. Non gli avrebbe fatto bene vedermi ora, dopo quel tempo, ora che stavo meglio, piangere come una bambina.

Mi diressi in sala, davanti alla mia amata libreria, lo feci automaticamente, senza volerlo, penso che qualcosa mi ci condusse e, con lo sguardo appannato dalle lacrime, guardai tutti i miei libri come un automa continuando a piangere. Ho una sezione dedicata ai temi che tratto, pratiche alternative, crescita personale, etc, etc, tutti ordinati e pronti all’occorrenza. Ne ho tanti, e alcuni persino non letti, che mio marito mi regala a Natale o al mio compleanno (in gran quantità) ma che non riesco a leggere o, per mancanza di tempo, o perché in quel momento non trovo interessanti.

Notai come uno di questi libri sporgeva molto più degli altri. Era quasi sul bordo della mensola, veniva in fuori di parecchio e stonava tra tutti i suoi simili posizionati ordinatamente sullo scaffale. Allungai una mano per spingerlo in dentro, allineandolo con gli altri, e fu in quel mentre che qualcosa di inspiegabile mi obbligò ad osservare bene quel libro e leggerne il titolo “LA GUARIGIONE E’ DEI PAZIENTI” di Maria Gabriella Bardelli – con la mappa di Hamer e l’ascolto di Claudia Rainville -*.

Hamer? Claudia Rainville? Santo cielo! Li conoscevo più che bene!

– Ma da quando ho questo libro? – mi chiesi. Quel titolo mi fece trasalire, nel mio cervello e nel mio cuore fu come un boom assordante “….la guarigione è nei pazienti…”. Smisi di piangere e andai a coricarmi con quel tesoro tra le mani. Lessi tutta la notte fino ad arrivare alla storia di una donna, una certa Elena, di anni 35, con un forte dolore nella zona lombo-sacrale. – Sono io! – esclamai.

Lessi con attenzione ma non capii subito, rilessi, studiai, m’immedesimai e…. ma certo, ecco la conclusione! Era difficile da mettere in pratica ora, ma teoricamente l’avevo capita.

Tutto nasceva prevalentemente da un problema di svalutazione e dal non sapersi imporre nella vita. Inoltre, la mia Ernia, era fuoriuscita dal lato sx della schiena e poteva aver a che vedere con mia madre, con la mia femminilità, con parenti o amiche femmine nonostante mi avesse poi compromesso la gamba dx: padre, figlio, marito, amico… mmhmm… avrei dovuto lavorare davvero molto, il tutto si stava dimostrando complesso ma iniziai immediatamente. Se non capite di cosa sto parlando leggete anche quest’altro mio articolo https://prositvita.wordpress.com/2015/08/20/la-destra-e-la-sinistra-il-padre-e-la-madre/

Mi fermo qui ma pubblicherò presto il secondo post nel quale spiegherò dettagliatamente quello che ho fatto per guarire non dall’Ernia, che è solo una conseguenza, ma da tutto quello che mi aveva causato l’Ernia. Ossia andrò alla sorgente del mio dolore affinchè non venga più a trovarmi. Ho imparato la lezione! Grazie!

Prosit!

* Se non si conoscono prima le tecniche del Dott. Hamer e della Dott.ssa Rainville questo libro purtroppo è difficile da comprendere ma può condurre ad una nuova filosofia che porta a conclusioni inaspettate e incredibili nonché può incuriosire sul l’istruirsi in nuove materie.

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Sii per te Stesso un Genitore Amorevole

Immagina di essere tranquillamente seduto a guardare la televisione. Di fianco a te, in una splendida culla bianca, c’è tuo figlio che dorme. E’ davvero piccolo. E’ appena nato. Ha pochi giorni di vita. E’ da poco uscito dall’ospedale.

Ti sei assicurato che fosse ben coperto, ogni tanto lo controlli per vedere se respira, se tutto va bene, gli accarezzi una manina, lievemente, per non svegliarlo e quel contatto breve ti emoziona. Ti risiedi attento verso il programma televisivo ma, ad un certo punto, senti un lamento. Un tenue gemito proviene da quel lettino.

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Ti alzi di corsa e vai a vedere che succede. Il piccolo si è svegliato e inizia a piagnucolare. Lo sollevi, lo prendi in braccio e provi a capire cosa lo disturba.

Dovrà essere cambiato? Avrà fame? Si è svegliato ma vuole dormire ancora? Ha male alla pancia? Qualcosa lo ha spaventato? Alla fine, per uno strano e misterioso senso della vita, riesci a capire che vuole il latte. Non basterà proporgli il seno materno, il pediatra ha stabilito che per lui ci vuole del latte artificiale e, questo latte, andrà messo nel biberon, mescolato all’acqua e fatto riscaldare. Tutti minuti che passano e che, in quel momento, mentre il bimbo inizia a piangere con sempre maggiore veemenza, appaiono eterni.

Noterai che, in quel mentre, ti sarà venuto spontaneo appoggiarlo al tuo petto, accarezzarlo, ninnarlo e fare buffi versi con la bocca nel tentativo di rassicurarlo.

Guardi le sue gote tenere, la sua pelle è delicata, morbida e grinzosa allo stesso tempo. E’ così piccolo che persino le sue unghie sono ancora morbide. Quelle lacrime che escono da quegli occhietti strizzati e quelle palpebre stropicciate ti fanno male e quella boccuccia spalancata, senza denti, che ora urla a più non posso ti agita. In quel momento, stai cercando di infondere in quell’esserino tutto il tuo amore, tutta la tua pace, tutta la tua attenzione, tutta la tua protezione.

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Lo avvolgi con le tue braccia e il corpo, lo baci, lo sfiori. E’ un essere innocente, vulnerabile, puro, che in quel momento ha “un problema”.

Ora, dimmi, quando tu hai un problema, probabilmente molto più serio dell’avere fame, ti comporti nei confronti di te stesso allo stesso modo in cui tratti quel neonato? Ti coccoli? Ti culli? Ti accarezzi? Ti baci? No. Sii sincero.

E perché no? Perché è da stupidi vero? Immagina di vedere una persona adulta che si abbraccia con le sue stesse mani, con braccia quasi conserte che arrivano fin dietro alla schiena e con il viso un po’ inclinato verso una spalla si dondola. Poi si accarezza il viso, si bacia quella mano che passa delicatamente sotto al mento e sopra la testa ripetutamente… ti sembra ridicolo ammettilo.

Eppure, se immagini quella stessa persona catapultata indietro nel tempo, durante la sua infanzia, noterai che voleva proprio queste cose da sua mamma e da suo papà. Che le cercava smaniosa. Che, ancora più piccola, in fasce, le reclamava a gran voce come il più sano dei suoi diritti.

Quel bambino, eri tu. Quel bambino… sei tu! E rimani sempre tu anche se gli anni passano. Da adulto avrai comunque bisogno di quelle coccole e le cercherai nei figli, nella moglie, nel marito, nell’amico, persino dopo i contrasti con gli altri ma… puoi e devi dartele anche da solo.

Se pensi che questa sia una magra consolazione ti stai sbagliando di grosso. Nel momento stesso in cui ti coccoli, tutto il tuo stato fisico e soprattutto psichico ed emotivo inizia a giovarne e a stare bene realmente.

Se hai un dolore al corpo esso si quieterà, se hai un malessere mentale, esso apparirà meno devastante. Credimi. Cullati, infonditi pace, armonia. Rassicurati. Come faresti con il tuo piccolo figlio che appoggi al tuo petto. Anche tu in quel momento di avvilimento sei come lui, vulnerabile, innocente, puro e soprattutto bisognoso d’amore. Il gesto fisico e concreto della carezza, vale a dire tangibile, aiuta ad avvallare il pensiero positivo che spesso, non basta. Tante volte si prova a scacciare il male con la mente, a vedere il lato bello della medaglia, a considerarsi nonostante tutto, perfetti. A perdonarsi… proprio come le filosofie che insegno ci spiegano ma, tante volte, tutto questo è difficile.

Grazie al contatto delle tue stesse braccia, delle labbra e delle mani sul tuo corpo, sulla tua pelle, sulle tue cellule nervose, questo apparirà più semplice. Chiamati per nome o utilizza un vezzeggiativo proprio come avrebbe fatto la tua mamma, o avresti voluto che facesse. Parlati con tono dolce a rassicurante. Prova a dirti che tutto andrà bene, che passerà, che sta già passando. Potrai anche emozionarti, commuoverti.

Quando diciamo di un animale che “si lecca le ferite” intendiamo proprio questo ma non lo facciamo mai. Non è solo una questione di anticorpi e di virtù della saliva in grado di disinfettare la lesione e uccidere i batteri. E’ molto di più.

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Il cane, o il lupo, o il gatto, o il leone, etc… così facendo, si auto-donano dei benefici incredibili per prepararsi ad affrontare i giorni successivi stando nel miglior modo possibile.

L’animale non ha medici in quel momento, non ha consulenti e, molto spesso, neanche amici, perchè sovente, sono proprio gli altri componenti del branco a fargli male. Non ha che se stesso. Il suo contatto. Il suo angolino silenzioso e nascosto per usufruire di tutta la tranquillità necessaria.

Si è abituati a cercare il conforto in qualcuno, o si spera persino che gli altri evitino proprio di recarci dolore. Magari ci arrabbiamo anche, lamentandoci di essere soli e di non trovare nessuno disposto a consolarci… (quando noi invece, per gli altri, ci siamo sempre stati). Ebbene, impara a consolarti da solo per prima cosa. Devi avere uno strumento, uno scudo. Non puoi confidare sul fatto che nessuno mai ti faccia mai del male. Se accade, devi saper affrontare il momento… volendoti bene.

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Immagina di prendere un esserino appena venuto al mondo, tenero, delicato e impaurito, come sei tu adesso e fagli capire, con tutti i tuoi mezzi, che non deve avere paura di nulla, e che la sofferenza, TU gliela porterai via.

Prosit!

p. s. = ho provato a cercare in internet immagini di persone che si “auto-coccolavano” ma… non ce ne sono! O per lo meno non sono così evidenti visto che non le ho trovate. Dev’essere una situazione, ahimè, non contemplata. Purtroppo! Quello che esce fuori è solo qualche trattamento di bellezza che ci si concede ogni tanto ma non ha nulla a che vedere con il mio argomento. Digitando invece – i benefici della coccola – Google ha trovato – i benefici della…. Coca Cola! …. Ahi! Andiamo bene!

Prosit!

photo alessiodileo.it – haisentito.it – medicitalia.it – amando.it

La Schiena – come viviamo la vita assieme a Sig. Dolore

 

L’80% di noi soffre di dolori alla schiena. Dolori causati da indolenzimenti, da ernie, dalla scoliosi, da torcicollo, da vertebre consunte e via discorrendo. I problemi alla schiena possono avere diversa natura ma attenzione, hanno soprattutto una natura psicosomatica. La nostra schiena è quella parte posteriore del torso che inizia dal collo e arriva al deretano attraversata perpendicolarmente da un susseguirsi di ossa brevi, collegate tra loro, chiamate vertebre, allineate tra esse a formare la colonna dorsale. Essa è una parte fondamentale del nostro corpo che ci permette persino di respirare e si preoccupa del nostro sostegno. Bastano semplici disguidi a far si ch’essa subisca dei “danni”. Proprio sul discorso della respirazione, per fare un semplice esempio, posso dirvi che il diaframma, muscolo che ha diverse intersezioni nella nostra colonna dorsale attraverso muscoli e tendini, se soggetto a un respiro affaticato come quello della persona ansiosa può provocare dolori, irrigidimento o difficoltà di movimento. blogyou-ngL’immagine che vi propongo parla da sola. Osservatela attentamente. Come potete vedere, ogni sezione, dall’alto verso il basso, spiega bene come si possa rapportare la zona colpita al nostro stato d’animo. Uno stato d’animo spesso nascosto, intrinseco che potremmo anche non riconoscere. Un trauma, un fastidio, una condizione poco piacevole che possiamo aver vissuto nella nostra infanzia ma che, ogni volta che in un modo o nell’altro lo riviviamo, ecco che ci porta il suo messaggio attraverso il dolore. Esatto. Un vero e proprio messaggio. Un messaggio che dovreste ascoltare, comprenderne il significato e… mandare via. Tranquilli, ora vi spiego! Facciamo una cosa alla volta. Innanzi tutto lasciatemi dire che questo vale per qualsiasi parte del corpo ma oggi, voglio dedicare quest’articolo alla schiena perchè la schiena costituisce il nostro sistema di sostegno non solo dal punto di vista fisico. Il non sentirsi appoggiati e/o approvati, in questa vita, provoca dolori in questa zona. Il non lasciarsi andare, completamente fiduciosi nelle forze dell’Universo (questo vi apparirà assurdo ma è così), non vi farà sentire sostenuti pur non accorgendovene neanche. Ecco che subentrano i problemi alla schiena perchè vi sentiti esauriti, spaventati, impotenti, sottomessi, arrabbiati, tristi… Il blocco, il dolore o l’indolenzimento che giunge, vi sta suggerendo che questo problema inconscio, sta diventando insopportabile. Vi stà dicendo “Ehi! Basta, così ti stai rovinando, lo vuoi capire?!”. Ma in cosa ci stiamo rovinando? Prendiamo come esempio la parte più alta della colonna, nel collo, proprio alla base della nuca e vediamo nel mentre, come cercare di sconfiggere il dolore. Le prime vertebre cervicali sono dolenti, ci stanno facendo venire persino male a tutta la testa, il collo è rigido e ci sentiamo come dentro a dell’ovatta.

SIGNIFICATO (in questo caso della cosiddetta CERVICALE): come da foto – Ho troppi pensieri, penso troppo/ragiono molto, mi preoccupo in modo eccessivo, sono rigido, non mi sento amato, ostacolo l’amore, non mi fido/non mi lascio andare, non riesco a vedere altre opportunità o non le accetto, mi faccio carico di un’infinità di cose….. a che serve in fondo?

ARRIVO DEL DOLORE: cosa fare? Innanzi tutto chiedersi cosa questo dolore ci sta dicendo e le risposte le avete appena lette qui sopra. Vi sta dicendo che siete troppo rigidi nei vostri pensieri? Che vi preoccupate in modo eccessivo? Che vivete la vostra vita in una costante e latente paura? Eccetera, eccetera… Una volta stabilito cosa secondo voi ha fatto scaturire il dolore, cercare di porvi rimedio con il vostro stesso pensiero e le vostre vedute, fare perciò l’esatto contrario: non preoccuparsi più, provare a rasserenarsi, tentare di valutare altre opzioni, affidarsi a quello che la vita ha in serbo per noi, non cercare sempre l’eventuale problema/inganno che può nascondersi dietro… Ehi, la vita può essere anche rosa sapete? Mentre svolgete questo lavoro molto impegnativo, dovete anche ringraziare questo dolore. Si, vi sembrerà strano ma, in realtà, lui è lì solo per avvisarvi e, inoltre, siete stati voi, senza per questo sentirvi colpevoli, che lo avete invitato (formato) nel vostro corpo. Attraverso i vostri pensieri. Lui non ne può niente! E’ umano. Non c’è nessun problema. L’unico nostro scopo ora, dopo averlo ringraziato, è mandarlo via facendogli capire che quindi, ora non abbiamo più bisogno di lui! Abbiamo decodificato il messaggio, Signor Dolore può andare grazie!

Quello che vi ho spiegato in poche righe, è in realtà ostico e difficile da comprendere e mettere in pratica ma, è anche vero che non c’è l’abitudine. Se ho male alla schiena, prendo una pastiglia, faccio un’iniezione e… via! Il fatto è che così facendo, non state mandando via il messaggio che il dolore vi recava, lo state semplicemente facendo stare zitto ma lui continua a rimanere lì, pronto a fuoriuscire al momento opportuno. Pronto a farvi assumere altre pillole e farvi fare altre punture a distanza di settimane, di mesi o di anni. Perchè non provare invece a “sconfiggerlo” e non farlo tornare più? Sarà dura all’inizio ma, posso assicurarvi che dopo esservi allenati, tutto apparirà migliore e vi sentirete come degli Dei. Questo post non sarà l’unico sulla schiena, parte fondamentale del corpo, che si sobbarca tutte le nostre ansie perciò non preoccupatevi, potrete risolvere ulteriori interrogativi in futuro e ovviamente, porre tutte le domande che desiderate abbiano una risposta.

Prosit!