Il segno sui piedi di un trauma alle lombari e agli organi riflessi

Evito di ripetermi dicendo che nulla è assoluto quindi vado subito al sodo mostrando cosa solitamente appare sulla parte interna del piede di una persona che ha, o ha avuto, problemi alla colonna vertebrale.

Osserviamo questa parte del piede che riflette le vertebre lombari e i loro eventuali problemi: un incidente, un’ernia, una malformazione… qualsiasi disturbo viene definito attraverso una linea che in caso di lieve fastidio appare come una piccola ruga, mentre, se il trauma è stato consistente diventa un solco lungo e profondo.

“Magicamente” si disegna sul piede questo tratto (che ho indicato con una freccia verde) ma non solo. Nel caso in cui il trauma abbia interessato di più la parte sinistra della colonna, questa linea apparirà sul piede sinistro e viceversa. Difficilmente sbaglierete nel notare una riga più accentuata delle altre in questa zona, se chiedete cosa sia capitato alla schiena di quella persona. Ma potete andare ben oltre a questo argomento anche se, scendendo più in profondità, la questione si infittisce un pochino.

Ebbene la nostra spina dorsale è lo specchio dei nostri organi interni.

Le vertebre cervicali, ad esempio, riflettono le parti della gola: tiroide, laringe, faringe, corde vocali, etc…

Le vertebre dorsali rispecchiano la salute del cuore, dei polmoni, del fegato, dello stomaco, etc…

Le lombari, come le sacrali, l’apparato riproduttivo, quello urinario, quello digerente…

Quindi, quando abbiamo un problema che ci affligge alle vertebre possiamo anche pensare ad un avviso che vogliono darci in base all’organo che sta loro davanti.

Attenzione però: questo non significa che il nostro cuore, o il nostro intestino, o il nostro pancreas hanno dei seri problemi. Può essere così ma si deve anche pensare che, probabilmente, questi organi sono semplicemente stanchi, o indeboliti, o irrigiditi in base alle troppe emozioni negative provate e che hanno sede in loro.

Se per ipotesi si è persone molto ansiose, e si rovina quindi la natura serena dei propri organi inerenti all’apparato digerente (sede dell’ansia), che si nutrono della preoccupazione e custodiscono il timore esagerato, potrà capitare di sentire dei dolori alle vertebre corrispondenti.

Il solco che vedete nell’immagine si trova sul mio piede. Chi mi segue da tempo conosce bene l’avventura che ho vissuto con la mia amica Ernia, un’ernia che mi ha procurato seri e gravi problemi, ma è a conoscenza anche di un’emorragia all’ovaia che ho subito un po’ di tempo fa.

Come avevo già scritto, e riassumendolo adesso molto brevemente, il significato dei due disturbi (zona lombare: autostima – ovaie: femminilità) se preso in blocco, in un unico finale, mi stava suggerendo che come donna mi stavo autosvalutando, lasciandomi sottomettere e senza far valere chi ero davvero. Non avevo nessun tipo di autorità, ne’ orgoglio visto come dignità.

Abbandonavo, soffocandolo e reprimendolo, il mio lato femminile nutrendo di più quello maschile per avere più forza e poter così arrancare meglio nella vita e sopravvivere.

Non capivo che, in quel modo, stavo solo facendo resistenza ad una forza che si sarebbe fatta ancora più potente. Dovevo solo lasciar andare e nutrire invece la mia vera bellezza. Quella per la quale ero nata. Coltivando ciò che ero e lasciando divampare la mia meraviglia, sarebbe diventata così grande e così piena da eliminare essa stessa, automaticamente, tutti i problemi che derivavano da quel mio vivere. Cioè ho agito all’incontrario.

Quel “mostro”, residente nel mio inconscio, non dovevo ucciderlo, mi bastava non dargli più da mangiare e pensare invece, con tutte le mie energie, all’angelo che c’era di fianco. Il primo sarebbe morto di fame e l’altro sarebbe cresciuto.

Ora, infatti, sto benissimo. Non soffro più di questi problemi che per molto tempo mi hanno afflitta ma, quel particolare segno, visto come un simbolo, resta lì, sempre ben visibile a consigliarmi di continuare come sto facendo e non ricadere più in quella brutta trappola che mi ha portato solo angoscia.

Vorrei sottolineare che questa linea (che ovviamente non avevo prima dei disturbi che vi ho descritto) si trova sul mio piede sinistro, guarda caso proprio dalla stessa parte in cui è fuoriuscita l’ernia.

La nostra parte sinistra è la parte femminile quella corrispondente alla femminilità di ognuno di noi (uomini e donne). È la parte corrispondente alla Madre ma anche ad altri ruoli femminili con i quali abbiamo a che fare anche se solitamente più secondari: sorella, migliore amica, figlia… tutto quadrava.

La mia parte femminile non ce la faceva più a vivere nascosta e inibita, e non ce la faceva più neanche quella destra (maschile – parte del Padre) costretta, da anni, a un duro ed esagerato lavoro.

Dall’alluce al tallone, la nostra colonna vertebrale è disegnata lì, lungo la parte interna dei nostri piedi. Provate a leggerla o a tradurla. Reca messaggi assai importanti.

Oggi vi ho parlato esclusivamente della zona lombare la quale meritava un articolo tutto per sé ma ogni parte è fondamentale e ha tanto da dire, perciò non vi resta che attendere i prossimi articoli inerenti a questo affascinante argomento.

Prosit!

È il tuo nome!

Se lo si sa leggere disegna la personalità di chi lo indossa, qualsiasi sia il perché della sua presenza in noi, poichè a sceglierlo, costretti, condizionati o liberi di prediligere sono stati coloro che ci hanno messo al mondo.

Chi non ama il proprio nome alzi la mano.

Le mani sono tante mi sa. Soprattutto quando si è ragazzi. Poche volte mi è capitato di sentire che il nome che ci è stato affidato dai nostri genitori piace.

Avremmo sicuramente voluto chiamarci in modo diverso.

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Quando ero più piccola, nonostante la trasformazione in Meg, assai più carino per me anche se pare essere in realtà il diminutivo di Margaret, il mio nome rimaneva comunque Magda e lo trovavo troppo duro e che poco si addiceva alla mia personalità. Se pensavo ad una donna dal nome “Magda” vedevo una donna che sapeva il fatto suo, anche un po’ fredda e scontrosa all’occorrenza, se vogliamo, di polso e sicuramente poco ingenua. Insomma, una tosta. Bhè… non ero sicuramente io quella. Magari fossi stata un po’ più sicura di me!

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Ma in effetti, se devo essere precisa, il mio vero nome non è Magda ma Magdalena. Ecco si, forse così un po’ si addolcisce. Comunque, stò “Magdalena”, mi sapeva di vecchio e non riuscivo mai ad apprezzare il nome che mi portavo dietro. Me l’hanno dato, come succede a tanti, per ricordare mia nonna. La cosa mi faceva ancor più arrabbiare perché mia nonna in realtà, santa anima, si chiamava Anna Maddalena e continuavo a chiedere perché non avessero scelto “Anna” tra i due; un nome che trovavo meraviglioso. Hanno scelto Maddalena ma, per modernizzarlo un po’ visto che eravamo già negli anni ’70 (vuoi mettere!) ci hanno infilato quella G nel mezzo cosicchè si potesse spezzare e rendere più adatto al periodo. Un giro di lettere che non mi è mai piaciuto. “Anna” era così semplice, così carino, così dolce.

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A girare il coltello nella piaga poi ci si metteva anche mia madre. Ebbene si, la nonna era paterna, era praticamente sua suocera e, nonostante l’adorazione che mia mamma provava per lei, le sarebbe piaciuto chiamarmi Cinzia. Bellissimo. Ossia, oggi sinceramente non è un nome che mi fa impazzire (chiedo scusa a chi lo porta) ma era sicuramente meglio del mio e allora – Perché non mi hai chiamata così?! – le chiedevo.

Quando mi domandavano come mi chiamavo e rispondevo – Magda –, in quanto Meg agli sconosciuti non si poteva dire (chissà poi perché?) mi sentivo quasi sempre rispondere – Magda? Mai sentito! -, ecco, infatti, se non si è mai sentito facciamoci qualche domanda. Quando invece mi andava bene mi dicevano – Ah! Si! Anche la trisavola di una mia amica si chiamava così! –. Che c… ehm… che fortuna! Vabbè, ormai era andata.

E mi era andata anche di lusso! Pensate che se fossi nata maschio mi avrebbero chiamato Quanito! Ma si può? Si, si. Sempre ovviamente per fare un favore a qualche parente. Quanito con l’aspirazione iniziale, mi raccomando, praticamente la Q non si pronuncia, infatti bisognerebbe scrivere Juanito ma sta J ai miei poco piaceva. Quanito significa Giovanni. Dico io, ma chiamatemi Giovanni allora! Perché mai Quanito? Se penso ad un piccolo bimbo in fasce non ce lo vedo proprio con un nome così. Quindi sono anche stata fortunata sul sesso, meno male, almeno quello.

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Ora, al di là del loro significato, stupendo per ognuno, i nomi sono fondamentalmente quasi tutti belli. Ci identificano, siamo noi e, a modo loro, parlano di noi. Si, siamo noi per lo Stato, per dei documenti, per la burocrazia ma siamo comunque noi. E’ nostro. Imparai col tempo ad amare il mio nome. E’ mio, sono io. Magdalena però, non Magda e… bhè, per Meg invece provo un particolare affetto. Gli voglio proprio bene. Quello me lo sono scelto io e tutti quanti hanno “obbedito”! Che rivincita. Ma col tempo, per la grande gioia di mamma e papà mi sono affezionata anche a Magdalena. No, non intendo dire che la gente debba chiamarmi così ma, se devo pronunciarlo, non mi da alcun fastidio anzi…

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Ho anche scoperto, crescendo, che così si chiamava pure la donna che portò la parola di Gesù nel mondo, soprattutto in Europa, direi quindi un qualcosa di importante davvero. No, niente di cattolico ma sapete bene che, al di là della Chiesa, reputo il Vangelo un libro sacro se tradotto come si deve. E quindi insomma, questa donna ha portato la parola della salvezza. Purtroppo con poco successo finora ma penso che il suo operato non sia stato del tutto inutile. “Abitante di Magdala” è praticamente riduttivo, lasciatemi questo vanto.

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Provate ad affezionarvi alla storia del vostro nome, ne scoprirete nuove bellezze e grande importanza. Non sono stati dati a caso, soprattutto un tempo, quando sono nati, quando sono stati inventati. Alcuni portano con se’ dei valori molto profondi e grandiosi che non possono passare inosservati e non può un semplice suono, a seconda di come li sentiamo pronunciandoli, soffocare la loro rilevanza e il loro merito.

Una dote alla quale non si può rimanere indifferenti e che fa innamorare. Proprio come è successo a me.

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La Numerologia inoltre, affiancando numeri alle lettere (per spiegare brevemente un elaborato processo) permette anche un’identificazione ulteriore che va oltre la conosciuta personalità. E’ per questo che, a mio avviso, ci possono essere diversi spunti e stimoli per poter imparare ad apprezzare il proprio nome. E non sarebbe una brutta conquista.

Non si tratta solo di un insieme di lettere, è molto di più, ed è un peso non apprezzarlo.

Il nome è potente. Per alcune filosofie, se si chiama forte una persona con il suo nome, una persona verso la quale si è collegati energeticamente, essa potrà “sentire”, in un certo modo, e pensare a chi la sta chiamando.

Alla fine, per quel che mi riguarda, parlando del mio carattere, devo dire che tra “Magda” e “Maddalena” probabilmente “Magdalena” è stata la scelta più giusta. Una via di mezzo che mi rappresenta abbastanza quindi… vabbè dai, ok, mamma e papà un così brutto lavoro non l’hanno fatto.

Prosit!

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