Il mio Amico Vigile del Fuoco

Voglio molto bene a questa persona, provo per lei un affetto sincero e viscerale. Fa il Vigile del Fuoco e conosce tante cose. Ha sempre una risposta ad ogni domanda. La sua istruzione affascina ma ciò che trovo in lui, capace di stregare, è il saper mischiare tanta cultura ad una tenerezza e una bontà sincere, di fondo. Sa dare valore ai sentimenti e non solo alle riflessioni mentali. Non si preoccupa di quello che è inutile, di quello che è solo un banale orpello ma dà un significato profondo a quello che conta. I sentimenti, per lui, hanno sempre un occhio di riguardo. Non conosce l’orgoglio e questo mi piace tantissimo. E’ con persone come lui che ci si perde, ci si ritrova, ci si riperde ma la consapevolezza delle emozioni non si consuma mai. Rimane. E di conseguenza rimangono le persone, senza fuggire, senza abbandonare. Ci sono, in qualche modo, sempre. Come vuole la sua dignità. Come vuole la sua professione.

E’ un Pompiere e non può abbandonare. Deve esserci sempre. E il suo stare, lo sparge anche nella sfera della vita. E’ un Maestro per me.

E’ stato proprio durante un suo esserci che mi raccontò quello che dapprima mi sembrava assurdo pur avendo sempre avuto molta fiducia in quello che diceva perché non sbagliava mai. Fu un buon insegnante. Sempre. In ogni argomento dell’esistenza.

Un giorno mi disse – Quando accade un grave incidente, di qualsiasi tipo, e che coinvolge numerose persone, occorre preoccuparsi prima di chi può essere salvato. Di chi “sta meglio” degli altri, per così dire -.

Trovai all’inizio questa cosa sconvolgente e assurda. Com’era possibile? Quella persona ha già più probabilità di salvarsi rispetto ad un’altra e i soccorritori si preoccupano più di lei che di uno in fin di vita?

Ovviamente ci sono squadre adatte a tutti e ognuna si occupa di chi deve. Si cerca ovviamente di non tralasciare nulla e nessuno. Ma non si può nemmeno tralasciare una sola possibilità di salvezza

Appunto! – rispondevo io.

Non capivo. Lo trovavo un controsenso quello che mi stava dicendo. Possibile? Possibile che proprio lui, che mi aveva sempre illuminata attraverso il suo sapere e le sue giuste riflessioni, oggi, mi stava dicendo una cosa per me così incomprensibile?

Perché se io ho più bisogno di un altro vengo “messa da parte”?

Preoccupandoci esageratamente e ponendo tutta la nostra energia e il nostro tempo verso chi, ormai, purtroppo, ha davvero pochissime probabilità di sopravvivere, rischiamo di perdere anche chi ce l’avrebbe fatta attraverso il nostro intervento. Alla fine non si risolve nulla. Si perdono troppe vite, mentre così facendo, hai la certezza di riuscire a salvare almeno chi può salvarsi -.

Mi ci volle tempo per comprendere e accettare questa visione. Ma era giusta. Non faceva una piega. Non per altro, era stata studiata e messa in pratica da ogni tipo di Corpo di Soccorso del pianeta. Un motivo ci sarà pur stato.

Oggi, mi occupo di condurre le persone verso un nuovo modo di vedere la vita che io definisco una sorta di “salvezza”. Senza innalzarmi al di sopra di nessuno, sono semplicemente venuta a conoscenza di diverse filosofie che, prima di tutto, hanno fatto bene a me e ora voglio condividerle con altri affinchè anch’essi possano trovare un po’ di serenità e benessere. Si tratta soltanto di vedere la vita e le situazioni in un altro modo, da un’altra prospettiva e, questo cammino, lo faccio ancora io stessa e assieme a chi divide con me questa strada.

Quando incontro qualcuno che non conosce o mi chiede aiuto io divento insegnante ma, all’incontrario, sono allo stesso tempo un’alunna curiosa che può e vuole imparare. E sono ancora io, molte volte, a chiedere aiuto.

Nei momenti in cui mi si chiede di essere “Maestro”, noto le risposte e l’approcciarsi di chi mi è di fronte e, sovente, mi trovo davanti a quelli che, in gergo, vengono malamente considerati “muri”. Alcuni potrebbero dire “ottusi”. Io no. Non mi permetterei mai di giudicarli così.

Penso ci sia solamente un tempo. Un tempo per ognuno. E’ ovvio che ho estrema fiducia nelle filosofie che pratico e insegno e sono convinta riescano davvero a portare benessere ma questo non significa che se non vengono promosse, accolte o capite da un altro, quell’altro sia tonto o abbia i paraocchi come i cavalli. Davanti a queste persone provo ad impegnarmi di più ma quando mi rendo conto che non è arrivata la loro ora, oppure sono ancora loro che devono mostrare a me, oggi, mi fermo.

Un tempo insistevo di più. Era così forte la voglia di aiutare e fare del bene proprio a chi secondo me (superba) ne aveva bisogno. Ma… chi sono io per giudicare se quella persona deve o non deve ricevere il mio aiuto? Chi sono io per giudicare il suo malessere anche se reale ed esistente e ben visibile? Chi sono io per dire – Affidati a me, a quello che ti dico! Esci dal tuo percorso, cambia strada! -. E se quel percorso era stato fatto apposta per lei, affinchè imparasse cose che io mai avrei potuto insegnarle? E se doveva per forza combattere contro i suoi demoni senza la mia intromissione?

Fu così che ripensai alle parole del mio amico.

Quella persona ora, non può essere salvata.

Il discorso è che, all’interno di un gruppo, ci sono persone più propense a certe discorsi e altre no.

Non intendo con questo articolo passare per offensiva, non riuscendo forse a spiegarmi bene, credetemi se dico che nel mio cuore c’è molta umiltà. Quello che voglio dire è che dando troppa importanza e troppa dedizione a chi proprio non vuol vedere si rischia di “perdere” anche chi invece è pronto.

E’ come se si desse forza e importanza (potenza) ai demoni di quel qualcuno, che riescono davvero a ribellarsi di più e con maggiore veemenza andando ad intaccare anche le coscienze degli altri che, piano piano, si perdono. Si sentono meno sereni, meno pronti, meno volenterosi. Basta un solo membro, in un gruppo intero, a portare un’energia negativa sufficiente a tutti e, se questa energia, in qualche modo, viene avvallata, anche gli altri ne patiscono le conseguenze.

Gesù diceva – Non date perle ai porci -. Vedete, non sempre la persona non pronta è un debole che ha bisogno di cure solo perché non comprende. Molto spesso ci si trova davanti persone (sempre deboli per carità) convinte di sapere tutto e che scalciano come muli pur di allontanare la tua visione. Tu diventi uno stupido che non conosce, uno sciocco visionario e diventano persino offensive. Sono molto convinte dei loro pensieri e di essere già dei consapevoli e allora… deve andare bene così.

Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi -. Non è tanto questione di essere poi sbranati è questione che, anche se di perle possono essercene in abbondanza, tutte quelle che vengono date ai “porci” non possono venir raccolte da chi invece ne avrebbe bisogno per andare avanti. Queste parole sono state dette da chi conosceva davvero l’Amore e il Sacrificio. Ciò che diamo con il cuore è prezioso. Ha un valore inestimabile. Non possiamo accettare che venga gettato nel fango obbligando anche altri a rimanerne senza. Significherebbe buttarsi via. Il Sacrificio non è una resa, un qualcosa di scadente da calpestare. La parola “Sacrificio” deriva da “sacrum” e “ficum” e significa FARE QUALCOSA DI SACRO.

Dando “perle ai porci” si sta mettendo sul podio persone di un tipo tralasciandone altre. E’ come se non ci fosse neanche coscienza di noi stessi, è come voler far regnare il disordine, andando un po’ contro le linee universali.

Con questo, ripeto, non significa non dover aiutare anche certi soggetti ma, su 100 individui, è meglio avere la certezza di poterne “salvare” 50 piuttosto che 0.

Le perle vanno gettate e basta, chi le raccoglie le raccoglie, indipendentemente da chi è. Ma chi usa quelle perle unicamente come arma per attaccarti e si focalizza solo su questo, non merita la tua energia. Inoltre, è come dire loro – Prendetene pure tanto di perle ce ne sono finchè ne volete – mentre invece, di perle, ad un certo punto, è bene se ne sentono la mancanza. Solo così potranno smuoversi nella curiosità di giungere anche ad un altro sapere. Solo così si muoveranno al fine di trovare ciò che hanno perduto. E solo così facendo potranno trovare la luce (perché io ci credo) dentro di loro.

Prosit!

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Hai Occhi Grandi o Occhi Piccoli?

A volte gli occhi sono un gran problema, parlano anche se non dovrebbero farlo

( Anonimo)

Gli occhi, si sa, sono lo specchio dell’anima.

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In molte filosofie orientali, prima fra tutte il Mian Xiang, che spiega come interpretare il carattere e addirittura il destino dell’individuo guardandone il volto, questa teoria si studia come una reale sorgente della verità. Gli occhi, queste nostre speciali e fantastiche “finestre”, costituiscono pertanto un tratto davvero importante del nostro Essere e vanno tenuti molto in considerazione. Lo sanno bene anche i disegnatori dei cartoni animati ad esempio, i tecnici grafici di stili come i famosissimi “Manga” giapponesi, attraverso i quali dovevano, soltanto con l’utilizzo di matite colorate, riuscire a dimostrare i sentimenti provati a chi guardava il video.

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Cosa non facile davvero. E’ proprio grazie alla loro bravura che bastano al pubblico pochi attimi per conferire ad ogni personaggio una certa personalità.

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L’occhio grande, scuro, profondo infatti, appartiene solitamente a chi è buono d’animo e viene riservato al protagonista e ai suoi più cari amici. Ricorderete tutti la piccola Georgie – che corre felice sul prato… -. Aveva occhi enormi e sempre lucidi e frementi, parecchio più grandi rispetto a quelli della mamma adottiva che, se pur non crudele, provava un certo astio nei confronti di quella tenera bimba bionda che le stava dividendo la famiglia. Per non parlare di Candy Candy, della quale si vedevano praticamente solo gli occhi a sottolineare la sua infinita dolcezza.

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Per la persona più “cattiva” invece, il famoso nemico presente in ogni favola, si usava creare occhi più piccoli, solitamente chiari, in quanto più freddi, con un sopracciglio molto vicino alle palpebre in caso di espressione accigliata e questo stava a suggerire una personalità arrogante, superba e arcigna.

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Nella vita reale possiamo vedere bene che ciò non è proprio così. Ci sono assassini senza pietà con occhi enormi e persone di cuore con occhi molto piccoli ma, in verità, nella fisiognomica, anche questo significa qualcosa. In effetti c’è una grande differenza tra le due persone ma non si tratta di cattiveria o bontà bensì di diffidenza. Proprio così. La persona con gli occhi piccoli o stretti è semplicemente, di solito (senza assolutismo), una persona più diffidente nei confronti degli altri o della vita in generale. Una persona cauta quindi, che riflette, che sonda parecchio e rimugina molto prima di fare un passo avanti e prendere una decisione. Non è impulsiva e non si fida ciecamente di chiunque. Rifugge l’estraneo pur non avendone magari una vera e propria paura ma preferisce stare con chi già conosce. Può risultare spesso anche pignola.

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La persona invece con gli occhi molto grandi è forse anche un po’ più ingenua, in senso buono, con una spiccata emotività e dote artistica. E’ aperta al mondo, si fida di più, non teme chi non conosce, difficilmente osserverà, studiando, le persone intorno a se’ nel momento in cui deve sedersi tra tanta gente. Siete sicuramente andati in Chiesa o al Cinema qualche volta. Le persone che entrano in ritardo, quando un pubblico è già seduto e devono prendere posto, hanno tutte un comportamento differente. C’è chi indugia, chi osserva scrupolosamente, chi avanza e poi retrocede, chi si siede senza problema, chi si tuffa per fare prima, incurante di chi può avere di fianco. Ognuno ha il suo comportamento, ognuno ha i suoi occhi.

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Come dicevo prima, non si può assolutamente fare dell’assolutismo, scusate il gioco di parole, soprattutto in questo argomento in quanto, come dico sempre, i tratti somatici non si dovrebbero mai prendere singolarmente ma, grosso modo, questo potrebbe essere un indizio. Un indizio che può aiutare. Tant’è che, se ci troviamo davanti una persona con occhi molto piccoli, dovremmo tener da conto che non si aprirà facilmente a noi soprattutto se ci porgiamo con poco garbo o irruenza. Con lei ci vorrà tatto. Ha bisogno di conoscerci. Probabilmente le stiamo infondendo preoccupazione, quindi cerchiamo di essere educati e umili. Sensibili. Se non vogliamo che si metta sulla difensiva. E’ acuta, e vuole e deve studiarci. Con quelli che hanno occhi invece grandi e profondi possiamo concederci anche più enfasi, ne saranno felici e ci considereranno presto degli amici. Ciò non significa che uno sia meglio dell’altro, c’è solo una differenza, tutto qui. Naturalmente, tanto fa anche cosa una persona ha subito nella propria vita, ma qui entreremmo in un discorso aggrovigliato e psicologico. Scrivendo questo post mi viene alla mente come le donne siano più fortunate rispetto agli uomini grazie alla possibilità di utilizzare del trucco. Attraverso esso possono correggere le imperfezioni, il colorito, rendere la propria pelle come quella di una pesca vellutata e possono anche trasformare le forme del loro viso. Ridimensionare o ampliare il naso, omogeneizzare l’ovalità del volto, incavare di più o di meno zigomi e orbitali. Ingrandire e rimpicciolire gli occhi. Tanananà… Ma certo!

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E di tanto anche! Con un buon make – up artist, specialista del chiaro/scuro e un valido gioco di luci. Perciò, mi raccomando, osservate i visi “acqua e sapone” privi di qualsiasi maschera. Privi anche degli occhiali. Anche questo ultimo accessorio molto spesso inganna. Alcune persone che soffrono di una miopia molto accentuata hanno allo stesso tempo anche preoccupazione per ciò che riguarda il futuro. Per quello che possono perdere o che possono vivere. Da notare che, le lenti che vengono da loro indossate, mostrano occhi più piccoli di quello che in realtà sono (oppure può accadere l’incontrario a seconda del disturbo). E’ vero che si tratta semplicemente di un fenomeno ottico ma mi piace leggerlo anche come un messaggio: “apri di più la tua anima alla vita senza paura, guarda che occhietti piccoli che hai! La tua anima è stretta, chiusa in sè!”.

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Davvero carino, non trovate anche voi che sia un bel aiuto? In fondo, anche gli occhiali servono proprio ad aiutare no? Hanning Hai Lee Yang, scrittore e astrologo norvegese conosciuto nel suo Paese anche come – indovino -, il quale si è concentrato molto sulla lettura del viso, applica alla forma dell’occhio anche la costituzione delle ciglia. Ma è ovvio!

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Suddivide quest’ultime in tre categorie:

Folte e lunghe – per una persona tenera, sensibile e con grandi possibilità spirituali

Folte e corte – per una persona forte, solitamente in salute e anche abbastanza irascibile

Sottili e rade – per una persona prettamente pigra e inattiva e con, probabilmente, una circolazione energetica in se’ poco armoniosa.

Tutto forma i nostri occhi, come le pieghe delle palpebre superiori o il gonfiore di quelle inferiori, il loro allineamento, la loro vicinanza, il loro essere incavati, lo spostamento più o meno arzillo e fluido del corpo ottico, che noi vediamo attraverso le sclere che si propongono a noi. La loro lucentezza, la loro vivacità. Anche le sopracciglia e il colore dell’iride hanno la loro fondamentale importanza, ma non posso dirvi tutto oggi, per queste cose, dovrete aspettare il prossimo articolo.

Prosit!

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