Io non posso spiegarti i colori

Io non posso spiegarti cosa sono i colori perché se non sai cos’è una cosa colorata non te la posso descrivere. Posso dirti che sono qualità brillanti e vivide che possiede tutto ciò che ci circonda ma tu sai cos’è la vividezza? Questo termine che riporta alla parola – vita -?

Posso però farti assaggiare i gusti del gelato. Sentirai che ognuno ha il suo profumo e il suo sapore e, i colori, sono un po’ questo, ognuno diverso e ognuno ha il suo nome.

Si chiamano blu, rosso, giallo, verde…

Il verde, ad esempio, è quel brivido che senti nelle viscere quando ti emozioni. E’ profondo, ti inghiotte e ti avvolge, cullandoti e proteggendoti. Quel brivido che ricopre tutta la tua pelle e ti difende. Ecco, questo è il verde.

E c’è l’azzurro, di quando sei calmo nei tuoi silenzi. Di quando metti la mano dentro a dell’acqua fresca e la senti accarezzarti. L’azzurro è così. E’ la tua pace.

I colori sono tuoi. Sono cose tue che vivono dentro di te. Come se fossero emozioni. A volte si può anche dare un colore ad un’emozione e pare proprio dedicato a lei.

C’è anche il giallo, che ti scalda. Quel tepore che percepisci ovunque e ti fa sentire vivo, ti regala la conferma di esistere. Questo perché il giallo è il colore del Sole, quella sensazione di caldo che senti sulla pelle e, il Sole, non solo corrobora, ma è il Padre della vita. I suoi raggi sono come lame benevole di luce, ossigeno e entusiasmo. Non posso nemmeno descriverti i raggi del Sole ma posso sfiorarti appena, in modo lieve e amorevole, per farti capire cos’è la sua luminosità. Cos’è la sua energia. Il suo lambirti che può essere di calura o di ardore.

Il marrone invece ha l’odore della terra, della Madre, dove tutto prende vita riflettendo le bellezze del cielo. Il marrone è accogliente, pacato e dolce. E’ una tinta che permette la creatività, come un suono piatto e disponibile dal quale si ramificano splendide melodie. E’ armonico e affettuoso riuscendo a farti sentire un tutt’uno con lui.

Il rosso è lo scatto deciso, l’impeto che può far male ma ti regala la sensazione di libertà. Il rosso è come un momento. Il momento in cui senti di esserci ed essere visto. Lo stato che ti sconquassa dal quale rinasci più forte e vibri con il tutto.

C’è poi il viola. Hai presente quando senti di essere connesso a qualcosa di più grande di te? A quando ti sembra di sentire dentro al petto risonanze di un mondo sconosciuto ma che non ti spaventa? Quello è il viola, che reca con sé una fragranza di magia. Che ti trova stupito e attento.

Ti stanno piacendo queste parole? Immagino che a breve amerai gli stessi colori che amo io, ma sei fortunato perché a me piacciono tutti. E’ come se ognuno avesse uno scopo. E’ come se potessimo farli nostri e utilizzarli al meglio. Non possono esserci, per me, colori belli o brutti. Possono, al massimo, essere portatori di ricordi piacevoli o spiacevoli. Perché sì, i colori sono anche questo: messaggeri.

E io spero davvero che tutte queste mie parole possano piacerti.

Molti direbbero: sono solo parole…

Lo so… ma sono comunque un dono, non pensi?

Le parole invece, le uniche cose che potrei raccontarti perché riesci a sentirle, sono anche le sole verso le quali non occorre nessuna interpretazione. Perché, per le parole, quelle vere, non c’è bisogno della voce. Ti basta scendere nel silenzio e ascoltare il cuore.

In ogni suo battito e in ogni suo vibrare potrai percepire le decisioni più giuste e le frasi più belle ma, soprattutto, potrai ascoltare la sua poesia formata dal suono dell’amore, la forza che compone i vocaboli più incantevoli.

Prosit!

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Perché parliamo di Follia come se fosse una cosa Magica

A.A.A. FOLLIA CERCASI

Abbiamo letto spesso varie citazioni riguardanti i folli o la follia. In ultimo, quella di Steve Jobs che immagino tutti conoscete – Siate affamati, siate folli -.

Ne abbiamo fatto una sorta di motto prediletto, volendo andare un po’ contro corrente e comprendendo che, alla fine, molte delle persone considerate “matte” in altri tempi, erano in realtà pionieri di visioni che oggi andiamo ricercando, sgomitando tra schemi mentali e oppressioni che ci ingabbiano.

Ci siamo così ritrovati a voler essere folli. A voler passare come folli, come originali, irrazionali, unici… ma se mentre la maggior parte della gente collega il folle al pazzo, a colui cioè che non sta alle regole, che non vive guidato da schemi e che abita un mondo tutto suo, è bene comprendere che cosa significa anche, e più in profondità, essere folli. Perché, al di la’ di tutto quello che si può credere su Alda Merini (classico esempio) sarebbe davvero bello se tutti riuscissimo ad esserlo! E qui vi porto a delle mie personali riflessioni, forse un po’… folli.

La parola “folle” deriva dal latino “follem” e significa “pallone”.

Il pallone è un oggetto rotondo che rotola, rimbalza e va via. Può fare salti anche abbastanza alti, oltrepassando ostacoli e potendo così: VEDERE OLTRE.

Vi sarà sicuramente capitato di sentir pronunciare la frase – Avere la testa nel pallone -. Lo si dice a chi sembra confuso, disattento, assente… un folle in pratica! In quel momento più che altro.

DAL GELATO AI PASCOLI INCONTAMINATI

Il folle è proprio colui che riesce a vedere cose che altri non vedono. Un esempio di folle? Un bambino! I bambini sono tutti folli! Come simpaticamente racconta anche il Dottor Mauro Scardovelli in un suo video, un giorno, a un gruppo di bambini venne fatto vedere un cono gelato e venne chiesto loro – Che cosa vedete? -.

Naturalmente, dapprima, i bimbi risposero in coro – Un gelato! – ma quando gli venne chiesto ancora – E cos’altro vedete? – ecco che la loro fantasia iniziò ad accendersi, lentamente, ma mai fuori luogo.

Nessuno nomino’ alieni o sottomarini, ma iniziarono a parlare di gusti… e poi di latte… e poi di mucche… e poi di un prato verde…. andarono oltre, molto oltre, ma arrivando al principio. Al principio di tutto. Al principio di quel semplice, banalissimo gelato.

Ora, se dentro di me porto ad esempio il demone dell’invidia, sarà normale incontrare persone invidiose. Qualcuno dovrà pur farmelo vedere e dovrà pur farmi capire quindi come vivrei meglio senza quel mostro al mio interno.

Sarà così che, anziché prendermela con chi mi invidia, fermandomi lì, proverò anche a guardare oltre. Cosa mi sta suggerendo il comportamento di questa persona? Cosa rispecchia di me? Mi farò diverse domande, andando oltre, appunto. Oltre la banalità e quel che sembra, ma arriverò al principio, cioè dentro di me, dove tutto nasce e tutto si crea. Entrerò nella mia matrix (“matrice” che dal latino significa “madre – utero”). Entrero’ nell’inizio.

In questo modo avrò un sensore (in quanto dire pensiero è sbagliato perché riguarderebbe la mente) animico, cioè dell’anima. Infatti, quando si dice di guardare oltre, si dice anche, utilizzando dei sinonimi, di guardare: con gli occhi dell’anima, o di Dio, o di un bambino.

VIVERE COME SE’ SUPERIORE

Avete occhi ma non vedete, avete orecchi ma non sentite! – (Gesù)

Praticamente, avere un senso animico è  ben diverso dall’avere un pensiero duale e cioè che divide, mentre invece dobbiamo osservare un tutt’uno, perché è il Tutto e l’Uno. Solo.

Perché c’è differenza dal vedere e il percepire, dal sentire e il percepire, dal riflettere e il percepire. Dobbiamo essere. Accogliere. Essere con la pelle, con gli occhi, con le mani, con le orecchie, con ogni cosa… come un folle.

Un folle vive pienamente ciò che percepisce. Non nasconde, come chi non è folle, le sue emozioni. Il suo corpo stesso si muove in maniera diversa. Le espressioni del viso, la sua voce solitaria. Il folle non ha maschere e capisco bene che le maschere possono anche essere utili, a volte, ma non lo sono nei confronti di una personale evoluzione soprattutto perché, molto spesso, le maschere le usiamo addirittura con noi stessi.

La follia è magica perché ci avvicina al divino, ci permette di vivere ciò che siamo realmente, ci permette di essere bambini. Senza “immondizia” sopra i nostri cuori ad affaticarci il respiro.

Togliendo tutto ciò che ci “sporca” non può che divampare la magia che già è in noi e che magia non è, ma così la chiamiamo perché ci appare stupefacente a confronto di quello che siamo obbligati ad affrontare ogni giorno.

Ecco perché dovremmo davvero essere tutti folli. Almeno un po’.

Prosit!

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