Saluti al Demone dalla Luce alchemica

Ecco giungere il malessere. Pervadere anche i capillari più minuscoli. Eccolo pungere le viscere in uno strizzo che non ha pietà. Ecco il respiro,​ che arriva spontaneo,​ come salvezza, per riprendere quel po’ di vita che pare perduta.

​…​Ed ecco anche lui, vicino a me, dentro di me, in tutta me stessa. Così mio.

Ciao Demone… ti ho visto -. Salutandolo gli dimostravo di averlo veduto ed è bene sottolineare questo avvenimento. È la cosa che più lo fa incazzare.

Ciao Meg, come stai? – sogghignava. La sua voce era stridula pur arrivando dabbasso. In realtà non stava ghignando ma per me era così. Per il momento, almeno, era così.

Lo sai come sto – (bastardo) avrei voluto aggiungere, ma non potevo, non dovevo. Non dovevo nemmeno pensarlo. Ciò avrebbe significato che non avevo capito niente. Proprio nulla.

Stai male vero?

Non risposi.

Lui continuava, come uno stampo incandescente che si conficca sempre di più sotto allo sterno – Oh… lo sento che stai male. Stai soffrendo molto e ne sono lieto

“Merda! Merda! Merda! Resisti Meg!” mi dicevo. Poi mi rivolsi a lui – Lo so che ne sei lieto. È proprio grazie a te, e al dolore che mi infliggi, che posso compiere il mio lavoro

Sapeva bene che il lavoro al quale mi riferivo era quello di eliminarlo da me. No… non dovevo dire “eliminarlo”. Trasmutarlo, dissolverlo.

Non credo tu riesca mai a farlo – ora ghignava davvero, non era solo una mia impressione. E ghignava perché si stava irritando. Ma non abbastanza.

Sei stato visto da me. In fondo, dimmi, non è quello che vuoi? Non batti i piedi, come un bambino piccolo, proprio per essere visto?

Forse lo mandai in confusione ma non intendevo ragionarci su. Aveva una forza potente, a me (s)conosciuta e sempre qualche asso nella manica. Però, probabilmente, non avevo sbagliato di molto perché cambiò discorso pavoneggiandosi.

Lo sai che io sono molto più forte di te vero? – voleva deridermi.

Quel suo “vero?” dopo ogni domanda… che fastidio, come a voler sottolineare l’aver ragione e il mio sconforto. La mia debolezza più avvilente.

Può darsi, ma c’è una cosa che io possiedo ed è più forte di te – cercavo di convincere più me che lui.

Rise di gusto – Sentiamo… cos’ha la piccola Meg che potrebbe sconfiggermi?

Ho l’amore Demone

La sua fragorosa risata adesso echeggiava in ogni mio senso e picchiava in testa.

Ahahhaa! Povera briciola! Non sai nemmeno come si scrive la parola “amore” e pretendi di avere amore dentro di te? Stupida! Se avessi amore dentro di te io non esisterei

1 a 0 per lui. Deglutii prendendo tempo. Un nuovo dolore si stava aggiungendo al vecchio. Ansimavo. Ero senza forze.

Lui si fece ancora più grande, più grosso, più mostruoso. Trovai da qualche parte la determinazione per non togliergli gli occhi di dosso.

Nasconditi Meg, vai via, è ancora troppo forte. Non permettergli di ferirti ulteriormente o ti indebolirai troppo. Respira“. La dolce voce giunse da dietro di me. Era soave e materna. Decisi di seguire il suo consiglio ma dovetti lavorare per il senso di inadeguatezza che ora mi pervadeva. Mi sentivo una smidollata, una paurosa, una codarda.

Mi tenni il dolore e andai avanti. Il demone intanto mi offriva, ogni giorno, tentazioni alle quali era difficile negarsi. Come dosi di droga per un tossicodipendente in crisi d’astinenza ma non cedetti sentendomi molto “Gesù nel deserto”.

Lo rividi qualche tempo dopo.

Devo dire che sei brava, comunque, mi stai facendo faticare

Quel giorno mi sentivo leggermente meglio e decisi di approfittarne. Carpe diem, come si dice.

Ciao Demone… io ti vedo -.

Si fece serio. Quella specie di tessuto impalpabile che lo avvolgeva si irrigidì un poco. Me ne accorsi ma feci finta di nulla. Anche lui fece finta di nulla.

Non sei contenta del complimento che ti ho fatto?

Non gli risposi. Penetrai in lui e lo accarezzai. Divenne duro come l’acciaio ma non si spostò ne’ mi aggredì.

A che gioco stai giocando Meg?

Sai Demone – gli risposi – è vero che dentro di me non ho l’amore che intendi tu ma possiedo la scintilla divina di Dio. Non è vero che in me non c’è amore. C’è eccome, ma io lo soffoco, non gli permetto di divampare. C’è anche dentro di te e il mio amore con il tuo tenteranno di unirsi come magneti. Mi basta solo lasciarli fare. E sai una cosa? – non parlò ma mi guardava con espressione interrogativa e anche preoccupata. Continuai – Io…. io in fondo penso di volerti bene. Pensandoci, mi stai anche facendo compagnia. Siamo solo tu ed io in questo viaggio, capisci? -.

La sua austera e scura sagoma si afflosciò un poco. Io respirai. Respirai come poche volte feci. Poi ripresi – Non puoi nulla contro di me. Esisti solo perché io ti permetto di esistere e sono debole. Ma io ti ho creato e io ho i mezzi per distruggerti. Non riesco perché ho paura. Perché la mia mente è forte e ti nutre. Ma oggi, non sei più un nemico da scacciare, anzi, sei un caro compagno. È come non sentirsi soli avendoti

Non sono mai stata una di quelle che prendono il toro per le corna. Io le cose le ho sempre dovute affrontare adagio, sopravvivendo.

Ciò che provavo era vero. C’era dell’affetto sincero nel mio cuore perché, con il tempo, era maturato veramente. Questo lo ferì.

L’unica cosa che posso dirti – affermai – è… grazie…–

Esplose come polvere da sparo. Una nube nera, chiazzata di scintille dorate brillanti, divampò. Il mio Dio lo aveva visto davvero e preso. Ora c’erano le sue ceneri. Respiravano ancora. Palpitavano di tanto in tanto. Non era morto del tutto. La sua ombra rimaneva. Sfiorai quella polvere che rantolava.

Resta ancora se devi. Arriverà il momento”, pensai, e con un sorriso spontaneo stampato sul viso, m’incamminai verso nuove conoscenze. Una tenera gioia, forte e fragile allo stesso tempo, stava facendo capolino per poi divenire l’emozione più grande.

Prosit!

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Rifornimento di bellezza per i periodi di magra

QUEL CHE SERVE FARE

Chi mi conosce sa bene che non sono qui a dirti di essere sempre felice qualsiasi cosa ti accada. Al massimo parlo del tentativo di accoglienza e accettazione, di quel dramma, tenendo ovviamente conto della difficoltà di questi processi. Una difficoltà che ho conosciuto in prima persona.

È vero però che trovo sia giusto non cedere, anche quando i momenti che viviamo sembrano strazianti e anche quando ci concediamo un totale abbandono, pronti a farci annientare dall’evento.

Occorre sempre tirarsi su, provare a farcela, e comprendere che siamo comunque noi i più forti e che dentro di noi c’è un potere che neanche immaginiamo.

Ma oggi voglio parlarti di un’altra considerazione che ho potuto valutare e comprendere proprio nel mio più intimo sentire. L’ho trovata assai utile e confortante, per questo, intendo rivelartela e potrai farne l’uso che vuoi.

Ho potuto appurare che se si fa rifornimento di positività possiamo averne anche quando questa scarseggia.

All’inizio del mio percorso verso una crescita personale, la vita rifletteva quello che ero senza filtri e senza pietà. In breve, se stavo bene mi accadevano cose piacevoli, se stavo male cose spiacevoli. Molto semplicemente.

Come star bene e stare male intendo: come si pensa, come si affronta quella cosa, quanta paura si ha, quanto attrito si fa, cosa si dice, quanto impegno ci si mette a vedere la bellezza, quanto ci si ama, etc…

COS’HAI DENTRO AL SACCHETTO?

Col tempo, e con tanto allenamento, attraverso molti esercizi atti al nutrire energia positiva, ecco però che le cose hanno iniziato lentamente a modificarsi. Più riusciamo a mantenerci su frequenze positive e più richiamiamo a noi le stesse frequenze sotto forma di vibrazioni. Inoltre, siamo inconsciamente come dei sacchetti. Che cosa mettiamo dentro a questi sacchi? Quello che mettiamo saremo.

Gli esercizi che ora ti spiegherò e che chiamare “esercizi” forse non è esatto, in quanto si parla di allenarsi a prendere la vita in un certo modo, coltivando cose diverse da quelle che si nutrivano prima, mi hanno permesso di riempire il mio sacchetto di cose belle dalle quali oggi attingo, o ne ho il beneficio, anche quando mi sembra che di “bello” non ci sia proprio nulla. Proprio come la riserva di un animale che va in letargo.

In pratica, coltivando giornalmente la gratitudine incondizionata o cercando di capire l’oltre di una situazione, ho modificato la percezione della mia esistenza. Ma non solo. Provando a evitare parole dannose per me, come ad esempio, – Non ce la faccio – o allenandomi nella preziosa arte della generosità, il mio sacco contenitore continuava a riempirsi di benessere. Osservando le mie emozioni attentamente ho potuto trasmutarle e cercando di rimanere in presenza il più possibile non ero più un automa che compie azioni meccaniche ma ero padrona di me stessa e quindi libera. Rendendomi responsabile degli eventi che vivevo non dipendevo più dagli altri o dalla sfortuna, ma ne ero amministratrice e potevo modificarli. Tutte cose che finivano nel sacchetto.

COME UNA FORMICHINA 

Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, oggi, sono contenta di aver raggiunto il livello che vivo, pur riconoscendo che potrei ottenere molto di più ma, quello che ho notato e volevo esporti, è che anche quando mi capitano dei momenti di sconforto, di bassa energia, di tristezza (perché mi capitano ed è giusto così, oggi voglio un gran bene a questi periodi) mi rendo conto che non solo non soffro più come prima ma mi accadono comunque situazioni splendide. Ciò significa che emano ugualmente frequenze positive.

All’inizio non lo credevo possibile dal momento che mi sentivo uno straccio, o piangevo, o ero nervosissima. Mi aspettavo che lo specchio riflettesse eventi orrendi e, invece, si manifestavano davanti ai miei occhi avvenimenti che gradivo molto. Poi ho capito, anzi, ho com-preso. Nel senso che ho percepito dentro di me. Il mio sacco era comunque pieno di bellezza, tutta la bellezza che avevo messo lì nei giorni precedenti e più felici. Tutta quella bellezza che, quando sei gaio e ne approfitti, è potente come una bomba e risponde doppiamente. Tutta quella bellezza che avevo nutrito, giorno dopo giorno, e lei si era gonfiata, era cresciuta e ora mi riempiva. Così adesso vivevo di rendita. Era lì e solo smettendo di coltivarla e riempiendo il sacco di negatività sarebbe sparita. Cosa che… lungi da me fare…

DOVE L’ ACQUA E’ PIU’ BLU

In pratica è come se avessimo un vaso pieno d’acqua trasparente. Se noi mettiamo del liquido azzurro, dopo un po’ tutta l’acqua sarà azzurra, ma se poi mettiamo di nuovo acqua trasparente, l’azzurro svanira’ e il liquido tornerà incolore. Bene, io ora ero riuscita a tingere la mia acqua di un bel colore azzurro vivo e volevo continuare a mantenere quella tinta vivacizzandola sempre di più. Se anche mi capitava qualche situazione “trasparente” era come mettere solo qualche goccia in quel turchese e non accadeva nulla. L’azzurro rimaneva indisturbato. Qualche stilla non poteva di certo schiarirne il tono.

Perciò, quello che desideravo consigliarti era di fare il possibile per immettere dentro di te energie buone. Quando sei triste questa cosa ti verrà difficile anche se ti consiglio di provare ugualmente, costi quel costi. Ne trarrai vantaggio un domani. Ma approfittane soprattutto quando sei felice. Cerca di moltiplicarle in te.

Fai rifornimento di bellezza per quando andrai incontro a periodi di magra. Inizia ora, non è mai troppo tardi e farai un grande regalo a te stesso.

Prosit!

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Cos’è la Legge dello Specchio e cosa ci impedisce di metterla in pratica – 1° parte

Ehm… caro lettore, confido nel tuo buon cuore mentre guardi i miei disegnini (…di alto valore artistico!)

IL MONDO E’ LA’… DENTRO

Il mondo che ci circonda e tutto quello che viviamo (persone, cose, avvenimenti…) altro non è che il riflesso di quello che siamo dentro. Tutto ci mostra, apertamente e costantemente, quello che siamo nel nostro più profondo.

Ripeto: quello che siamo. Quindi, non quello che vogliamo, che desideriamo o che crediamo di essere.

Il mondo, che comprende ogni cosa, si mostra a noi in base alle emozioni che proviamo e in base alle frequenze che emaniamo. È come se al nostro cospetto non potesse comportarsi differentemente perché riflette soltanto.

Ipotesi: anche apparendo come Madre Teresa verso gli altri, e quindi molto generosa, se in realtà il mio altruismo è dato solo dal bisogno di un tornaconto, come il sentirmi importante per qualcuno, ecco che lo Specchio mi mostrerà il mio non sentirmi importante e quindi vivrò sempre situazioni in cui, ad esempio, non sarò rispettata. Occorre leggersi dentro in profondità.

Ciò che come esterno m’appare, è in realtà il succo del mio cuore – (Conte di Cagliostro)

Per spiegare meglio la Legge dello Specchio, a chi è profano e digiuno, la divido in due sezioni anche se non è proprio esatto farlo ma aiuta chi vuole addentrarsi in questa nuova magnifica e personale realtà.

La divido in “Legge dello Specchio quotidiana – non emozionale” e “Legge dello Specchio eclatante – emozionale”.

LA GIUSTA OSSERVAZIONE

Faccio questo perché, all’inizio, è bene comprendere al meglio e non “impazzire”. Ci sono individui che volendo vivere la Legge dello Specchio consapevolmente e impegnandosi parecchio, rischiano di andare fuori di testa. Mi spiego meglio. Stare a guardare tutto, ma proprio tutto, da quando ti alzi al mattino fino al mattino dopo, dando ad ogni minima cosa un significato, non aiuta. Pensiamo alla miriade di cose che viviamo in un solo giorno. A quante cose il mondo attorno a noi compie in un solo giorno. In un solo minuto! Si diventerebbe matti osservandole tutte, e questo non porta a niente di buono.

Quindi, la “Legge dello Specchio quotidiana – non emozionale” la metterei da parte, osservandola in un altro modo, più complessivo e di tanto in tanto. Cosa significa? Significa guardare che vita stiamo conducendo complessivamente. Anche laddove non c’è l’emozione, io sto comunque emanando delle vibrazioni alle quali l’esterno risponde. Per cui osservero’ il tutto e mi chiedero’, ad esempio, – Che tipo di casa ho? Una nobile villa o una catapecchia? Se potessi dare un valore, da 1 a 10 alla mia casa, che voto darei? 6. È bella ma potrebbe essere ancora più dignitosa. Dovrei rifare le finestre, ho un rubinetto che perde, è un po’ umida…

La stessa domanda la farò per tutto il resto:

°Che auto ho? È scassata, è nuova di pacca, è sporca, è piena di borli…

°Che lavoro ho? Mi appaga, lo detesto ma devo farlo, è stancante, non mi permette di spiccare il volo…

°Che partner ho? Mi manca di rispetto, è molto gentile, amorevole, sempre arrabbiato…

°Che amici ho? Sinceri, approfittatori, lontani, molto divertenti…

°Che luogo vivo? Splendido, trafficato, pieno di smog, lugubre…

Se a tutte queste cose, per la maggior parte e grosso modo, continuo a dare un valore di 6, o giù di lì (5 o 7), significa che il valore che do a me stessa è all’incirca pari a 6. Ossia non mi amo molto. Non mi considero una reietta, e ho una certa dignità personale, ma sono ancora lontana dall’amarmi arrivando a 10.

Ecco perché la “Legge dello Specchio quotidiana – non emozionale” la si può osservare in modo generale.

Quella invece “eclatante – emozionale” è diversa. Riguarda le cose che ci capitano, che vediamo, che sentiamo, che viviamo e che ci regalano un’emozione e che durano un tot di tempo. Possono essere emozioni negative o positive, ma ci mostrano quello che abbiamo dentro in modo specifico e non generico: rabbia, gioia, tristezza, fastidio, aggressività, delusione, determinazione, etc… Ognuna è uno spicchio di quello che siamo. Un frammento dello Specchio.

Se ad esempio vedo due ragazzi che si baciano appassionatamente, ciò significa che dentro di me c’è l’amore, la passione, l’energia sessuale. Se invece assisto ad un atto di bullismo significa che dentro di me nascondo la prevaricazione, o la svalutazione, o la tristezza. Cosa mi sta facendo vedere quel determinato atteggiamento che guardo, o quella situazione che vivo in prima persona, o quell’individuo che mi offende, o mi sussurra cose piacevoli? Per saperlo mi basta dare un nome all’emozione che provo. Con sincerità.

Specchio Specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame? – (Strega di Biancaneve)

AD OGNUNO LA SUA REALTA’

Proprio perché tutto è dentro di noi, e da nessun’altra parte, se un cane inizierà a latrare senza smettere, dopo un po’ ci sarà chi proverà fastidio, chi invece tenerezza, chi giudicherà i padroni, chi diventera’ nervoso e chi, invece, non lo sentirà nemmeno quell’abbaiare incessante. Ecco perché è inutile dire – Beh… sfido chiunque a non arrabbiarsi…! -. Ebbene, ti darò una news, esiste anche chi non si arrabbia! Mentre tu invece, probabilmente, ti stai arrabbiando.

Quindi, quale emozione “protagonista” ti suscita questo cane? Supponiamo tristezza. Bene, significa che dentro di te c’è della tristezza e lui te la sta solo mostrando, affinché tu possa vederla.

Questo esempio può sembrarti banale, laddove ognuno di noi può avere tristezza dentro, ma se tu, per una settimana, ti senti come un leone in gabbia a causa di determinati motivi, sarà assolutamente fantastico notare come i tuoi figli saranno più agitati, o sarà incredibile scoprire che nel tuo paese sta arrivando il Circo! O sarà curioso notare come molte cose ti parleranno, in qualche strambo modo, di: prigione, sbarre, ansie, fastidi, oppressione, impedimenti… l’Universo conosce mille lingue! È un abile poliglotta. Può mostrarti la tua belva feroce, chiusa in un carcere, in tantissime modalità. Sta a te saperle tradurre.

Ci vuole tempo, allenamento, dedizione e pazienza perché tutte queste cose appartengono al nostro inconscio e non le conosciamo assolutamente! Appartengono cioè a quel 95% di iceberg che rimane sott’acqua, completamente invisibile a chi naviga. Sono nostre ma non sappiamo di averle, non le vediamo proprio! Ecco perché, con la Legge dello Specchio, possiamo leggere le pagine della nostra vita. Non è bellissimo? Secondo me, e per chi la pensa come me, sì.

Ci vuole pero’ anche un’altra cosa oltre a quelle che ho elencato prima. Un ingrediente basilare: l’umiltà.

Ma qui mi fermo, dividendo in due parti questo articolo che è molto lungo e anche molto difficile da comprendere e accettare per alcuni. L’argomento trattato non è semplice da far proprio, per lo meno questo è quello che mi dicono molte persone, e non hanno torto. Per questo mi blocco. Vi lascio assaporare queste parole e tra pochi giorni vi posterò la seconda parte (Cos’è la Legge dello Specchio e cosa ci impedisce di metterla in pratica – 2° parte) che riprende il discorso raccontando anche il perché, spesso, mettiamo barriere tra noi e la Legge dello Specchio. Mettiamo così barriere alla nostra evoluzione, senza permetterci di crescere, mentre invece meritiamo di innalzarci sopra ogni cosa e scoprirci divini.

Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei – (Oracolo di Delfi)

Prosit!

Epistassi: la Gioia ha trovato una via d’uscita

IL SANGUE – FONTE DI VITA

Cosa rappresenta il sangue in alcune filosofie alternative?

Il sangue, trasportando ossigeno, elemento vitale per noi, è considerato la linfa della vita. Il sangue, inoltre, trasporta sostanza di scarto sostituendole con quelle nutritive in continuazione. Alimenta tutti i nostri tessuti e ci permette di essere vivi.

Molte volte ho parlato della differenza tra il semplice esistere (o sopravvivere) e il vivere pienamente la propria vita e, tra le due cose, c’è una significativa differenza. Il semplice esistere è dato da una prassi quotidiana nella quale si compiono le solite azioni, si formulano i soliti pensieri e si è governati dalle solite emozioni. Non c’è brio, non c’è follia vista come la capacità di vedere oltre. Non c’è un impetuoso sentimento di goduria verso il miracolo più grande tra tutti: quello di essere vivi.

Tutto questo è definito da un’emozione simbolo, emblema della bellezza del vivere e sto parlando dell’amore vista come la forza più potente all’interno di tutto il disegno cosmico e che appartiene anche a noi. L’amore è però rafforzato da una sua importante figlia, forse la prediletta, emozione basilare nello stato di quello che dovrebbe essere il percepire tale miracolo. Sto parlando della gioia. La gioia, vista in questo contesto, è l’ingrediente principale quindi del nostro vivere – appieno – la vita.

Pertanto, riassumendo il concetto, il sangue rappresenta la gioia. La gioia che attraversa ogni nostra parte del corpo, che ci riossigena, che ci nutre, che ci permette di alzarci tutte le mattine e affrontare la nostra giornata. La gioia, antagonista indiscussa della tristezza. La gioia che ci permette di condurre i nostri giorni nell’appagamento totale e nella beatitudine.

LA TRISTEZZA TRASBORDA

È infatti quando coviamo in noi molta tristezza che la gioia, come a non “avere più spazio”, prima o poi, deve uscire. Possiamo tagliarci, ferirci in qualche modo, perdere sangue… perdere un po’ della nostra gioia. Un avviso ben visibile, di un bel rosso intenso, “alarm!”, che ci grida – Alt! Guarda! Stai perdendo felicità! Fa’ qualcosa! -. Un pianto interiore che alla fine fuoriesce.

Nel caso dell’Epistassi, e cioè la perdita di sangue dal naso, occorre osservare in primis che cosa rappresenta il naso per noi. È la parte che ci accomuna al mondo esterno. Percepiamo attraverso esso gli odori del mondo. Di cosa sa quella cosa? Il famoso fiuto animalesco, senza barriere.

Fiutare, indagare, conoscere… di primo acchito, quasi senza rendercene conto. Ad esempio, non riconosciamo di percepire i ferormoni di un’altra persona, eppure lo facciamo.

Il fiuto visto come il nostro intuito, ossia la capacità di riconoscere subito un qualcosa e la sua energia. La filosofia alchemica, che racconta come l’esterno sia il nostro interno, ci suggerisce quindi come non accettiamo quello che ci circonda o persino noi stessi e anche come non ci sentiamo accettati (riconosciuti, amati).

ACCETTAMI PER COME SONO

Accettami per come sono! – è il principale messaggio che grida tristemente la persona che soffre di epistassi. Ma le sue urla soffocate possono anche voler intendere: questa non è vita, la vita non mi ama, sono poche le cose che mi rendono felice a questo mondo… etc…

A soffrire maggiormente di epistassi sono infatti i bambini e gli anziani, anche perché hanno dei capillari più sottili e delicati. Per i primi, parecchio sensibili e assorbenti come delle spugne, è molto semplice e assai frequente non sentirsi amati. I secondi, invece, alla loro età, si sentono stanchi della vita che conducono oppure trovano questa vita difficile e faticosa da vivere visti gli acciacchi, la paura della morte che si avvicina, la perdita di persone care, gli impedimenti.

Modificando il proprio pensiero, e di conseguenza l’emozione che ne scaturisce, ossia – sorridi alla vita se vuoi che ti guardi sorridendo -, si può guarire dal fenomeno dell’epistassi soprattutto quando questo si rivela frequentemente.

Finchè non ci si sente amati e non si conducono le giornate nella gioia, purtroppo essa in qualche modo deve uscire per lasciare il posto alla tristezza. Ma si fa bene vedere e quindi possiamo porre rimedio.

Prosit!

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Le Frasi dell’Amore

AIUTI MEGLIO DIVENENDO L’ALTRO

Se si vuole aiutare una persona al meglio occorre anche saper parlare al meglio. Le nostre parole sono importanti mentre qualcuno, davanti a noi, sta soffrendo e ci sta chiedendo aiuto. O, e soprattutto, quando quel qualcuno sta combattendo la sua battaglia con la voglia, la fatica e la speranza nel cuore di vincere.

Quello che esce dalla nostra bocca è ciò che può convincerlo a non mollare o ad avere fiducia in se stesso, perciò, come dei bravi life coach o personal trainer, dobbiamo, senza fare sciocca retorica, saper dire le frasi giuste.

La nostra presenza e il nostro sostegno sono indispensabili ma le parole hanno la loro importanza e possono svolgere il loro lavoro anche a distanza. Al telefono ad esempio. In quel mentre l’individuo che si è trasformato in Guerriero è, sotto un certo punto di vista, sofferente e indebolito dalle batoste della vita, nonostante celi la sua forza in questa difficile prova, pertanto, si “appendera’” letteralmente alle nostre labbra. Noi possiamo davvero essere il bastone al quale si appoggia e trova la forza di ricominciare.

LE FRASI DELL’AMORE

​- Non preoccuparti, non torne​rai più al livello in cui eri prima. Ogni livello che raggiungi, nella trasmutazione, non puoi più perderlo

Ricordati, per tanto che stai soffrendo, non combatterai mai una guerra al di sopra delle tue possibilità è solo che tu non conosci le tue possibilità e quanto sei grande

Fidati di me, tu ora sei inquinato ma io no. Io no e riesco a vedere che tutto sta andando per il meglio e sarà bellissimo

Non sei solo, ci sono io con te

Io lo vedo che ce la stai facendo

Sei semplicemente come il bruco che si sta tramutando in farfalla. Anche lui è destabilizzato e sofferente, non sa che sta per diventare un essere magnifico, ma lo diventa. Così è

Frasi come queste, che qui riportate possono sembrare banali e consuete risultano invece fondamentali e sono da ripetere sovente.

Eliminano una grossa fetta di preoccupazione cosicché può rimanere più spazio per la tranquillità e la possibilità di farcela. Dichiarare – Io lo vedo che ce la stai facendo – è diverso dal dire – Dai che ce la stai facendo – perché in quel “io lo vedo” si riporta un’utilissima testimonianza che appare come vera. È come dire – È proprio così, ne ho io l’inconfutabile prova! -.  ​E la persona che, in quel momento si sta fidando di noi, ci crederà ciecamente.

L’ABBRACCIO CALDO E CONFORTEVOLE

Può infatti sorgere un dubbio a questo punto che è il seguente: anche se non è vero che sta migliorando, devo dirglielo lo stesso per spronarlo a non cedere?

Purtroppo qui forse posso aiutarvi poco perché sarà il vostro cuore a parlare ma posso accendere una luce su diversi aspetti al fine di non farli passare inosservati. Non bisogna essere troppo severi e nemmeno troppo morbidi. L’equilibrio è fondamentale, pertanto dovrete riuscire a valutare voi il progresso dell’individuo e capire cosa merita. Non bisogna raccontargli bugie, neanche quelle considerate “buone” ma non bisogna neanche pretendere troppo valutando con il nostro metro. L’empatia e la compassione sono validi strumenti e, se quell’individuo si è rivolto a voi, continuando a starvi vicino, è perché probabilmente avete queste doti. Mi premeva dirvi, più che altro, le parole da usare in quanto io personalmente le ho ricevute nel momento del bisogno da persone straordinarie e, anche se non siamo tutti uguali, a me hanno fatto un gran bene. Le ricordo tutt’ora e tutt’ora mi regalano serenità e mi incoraggiano nei momenti di cedimento.

Aprono il cuore, letteralmente, e permettono al flusso dell’amore e della meraviglia di entrare. Aprono porte che collegano a potenze incredibili in grado di sollevarci e diventare forti, sereni, grandiosi. Ci fanno stare bene, tanto bene. Sono frasi che cullano, rassicurano e donano grinta. Efficaci. Corroborano come una tazza di cioccolata calda durante una fredda sera invernale. Confortano. Innescano il processo dell’acquisire più sicurezza in se stessi. Oh! Dio, è una bellezza sentirsele dire! Soprattutto quando vengono dette con l’anima oltre che con la voce. Entrano dentro come proiettili ed esplodono nella gioia. So che forse può non sembrare la giusta metafora ma davvero penetrano e subito rimani di stucco incassando quello che dapprima sembra un colpo. Poi… l’entusiasmo. L’abbraccio caldo che ti suggerisce – Andrà tutto bene. Io ho già visto tutto, io lo so, ne sono certo e andrà tutto bene per te -.

EVVIVA! EVVIVA! EVVIVA!

Un’altra cosa importantissima da fare è quella di far notare, a chi sta soffrendo, qualsiasi suo piccolo passo in avanti. Anche il più minuscolo. Il più lieve, il più celato. È miracoloso far riconoscere a chi stiamo aiutando i suoi avanzamenti. E se vi doveste trovare davanti a persone troppo severe con loro stesse e che definiscono quei traguardi delle cose ovvie, e che appartengono alla normalità per gli altri, dovete sgridarli! Sì! Rimproverateli. Devono capire che non è vero. Che non sono cose ovvie e che quello che pensano e fanno gli altri non è interessante, appartiene agli altri. Quei successi, grandi o minimi che siano, vanno festeggiati. Bisogna esultare.

Se si esulta per un piccolo passettino, e si reca in lui felicità e stupore, lo si nutre. Ed egli diverrà più grande. Crescerà. Alla prossima occasione sarà grande il doppio trasformato in un qualcosa di ancora più meraviglioso. Che cos’è un semino? È solo una piccola pallina. Ne frantumiamo, pestandoli, a milioni ogni giorno. Fermi, indifesi, rotolano solo se gli schiocchiamo le dita contro. Eppure… cosa diventano se nutriti? Alberi stupefacenti e giganteschi. Se si nutre la tristezza essa aumenta. Se si nutre il talento esso aumenta. Per questo, se si nutre il successo, esso aumenta. Occorre rendere indimenticabili quindi quei momenti.

Anche queste vostre “sgridate” diventano così – frasi d’amore – attraverso le quali si mette sul piedistallo cio’ che davvero è significativo.

Prosit!

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E’ Impossibile stare Bene

ESSERE FELICI E’ NORMALE

Lo so che può sembrare assurdo quello che sto per dire ma per molti (quasi tutti)… è impossibile stare bene. Sentirsi bene. Gioire. Soprattutto dopo una sofferenza. Sì, sì… anche se non lo credete. Poi, se mi sbaglio, non posso che essere felice per voi (e per me) ma lasciatemi spiegare che mica voglio fare l’uccellaccio del malaugurio eh?!

Con chi crede questo normale invece vorrei condividere infatti una riflessione che mi è venuta alla mente e  mi ha lasciata alquanto perplessa.

Supponiamo che, quella determinata persona, alla quale io tengo, per esempio, mi tratta male e io soffro a causa del suo modo di fare nei miei confronti. Dopo un po’ mi tratta ancora male e io soffro di nuovo. Poi mi tratta male per l’ennesima volta e io, per l’ennesima volta, soffro. In pratica – dipendo – dal suo modo di fare. Se lei si comporta bene con me io mi sento felice, se lei mi maltratta con sgarbo e superbia, io mi rattristo. Questo accade un po’ a tutti. Pensiamo al rapporto con il nostro partner o con uno dei nostri genitori. Pensiamo ai nostri figli adulti che ci offendono, pensiamo ai nostri colleghi di lavoro. Ci sono persone, nella nostra vita, alle quali “diamo” la possibilità di modificare il nostro stato d’animo.

C’E’ UN VIOLINO DENTRO DI NOI

Bene. Ma, visti gli effetti, io rompo le regole e decido di eseguire un lavoro dentro di me. Se lei riesce a farmi soffrire è perché riesce ad agganciarsi a delle frequenze mie, interne, schiacciando così tasti che io vivo come traumi ma sono miei non suoi. Tant’ è che, il suo medesimo comportamento verso un altro individuo, a quell’altro non comporta nessun disturbo. Ora voi direte – Non c’è lo stesso sentimento – e invece posso assicurarvi che per due fratelli i genitori sono gli stessi e si comportano allo stesso modo con entrambi ma, mentre uno subisce determinati effetti, l’altro non ne subisce alcuno. Al di là di questo però è che dobbiamo vedere quali corde del mio inconscio vengono fatte vibrare.

Detto questo continuo. Come dicevo lei mi tratta di nuovo male e io soffro nuovamente, poi ancora e poi ancora e diventa un loop. Fino al giorno in cui lei mi tratta male, per l’ennesima volta, e io… non soffro per niente. Il lavoro svolto sta dando i suoi effetti e io sono diventata, anche se solo in parte, più padrona di me. Ora, la cosa buffa è che, mentre mi viene da ridere e mi sento felice, mi dico – No… no aspetta… non è possibile. Com’ è possibile ch’io stia bene? Mi ha appena maltrattato e io sto bene? No… è uno scherzo della mente, in realtà sto soffrendo e qualcosa mi illude ch’io stia bene così poi cado e mi faccio ancora più male -. Mon Dieu! Ma vi rendete conto? Vi rendete conto dei giri allucinanti e dei merletti che la nostra mente compie?

TRABOCCHETTO INSIDIATO, DANNO CREATO

Invece occorre comprendere che è proprio l’inverso. È il credere di non essere veramente felici il tranello. Come ad aver paura di toglierci da quella sofferenza. Perché, in fondo, toglierci da quella sofferenza significa effettuare un cambiamento e, i cambiamenti, o più o meno, spaventano sempre. Quei “click!” che partono nel cervello ci lasciano sempre dubbiosi e timorosi. Si sente la gioia e si ha paura a lasciarsi andare perché si ha paura di rimanere poi fregati. Il male è sempre dietro l’angolo, pensiamo, dobbiamo stare sempre in allerta con spade e antenne ben diritte! Abbiamo imparato questo grazie al nostro Istinto di Sopravvivenza. Per poter sopravvivere appunto ma abbiamo esagerato un po’ diramando tale congegno un po’ ovunque nella nostra vita. Senza dimenticare il perverso e celato meccanismo del “io non merito di essere felice”. Uno strano fenomeno che s’innesca già nella prima infanzia e, se non facciamo nulla per cambiarlo, ci accompagna, mortificandoci, per tutta la vita. Non siamo degni di provare quella gioia, di sentirci lievi, senza pesi inutili.

Esiste inoltre il – sentirsi in colpa nei confronti degli altri – cioè: io mi sento bene ma tante persone invece soffrono e non lo meritano di soffrire quindi io sono sbagliata. Toh! Deduzione perfetta!

Ecco, descritti tutti questi balordi tafferugli del cervello, si può stabilire come sia realmente difficile se non impossibile stare bene. Non vi pare? Posso dirvi che a me, tempo fa, è successo. Una sorpresa totale nel momento in cui mi è accaduta quella determinata cosa che da sempre mi faceva soffrire e io invece provavo dentro la gioia. Una gioia piena, grande, reale. Ma appunto così sorprendente da risultare INcredibile.

Continuavo titubante a dirmi – Non è possibile! Non è possibile! Non puo’ essere! – e questa diffidenza non mi permetteva di godere appieno di quell’entusiasmo che voleva pervadermi, non mi permetteva di lasciarmi andare completamente abbandonata in quella pace e in quella soddisfazione. Una sensazione stranissima. Allenarci ad accettare la felicità. Al solo dirlo mi sembra davvero insensato, pazzesco. Eppure… accade anche questo. Ma dobbiamo assolutamente farlo. E’ un nostro diritto. Meritiamo di stare bene.

Prosit!

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La Totale Dipendenza

Il discorso che intendo affrontare oggi mi viene difficile da spiegare. Non so se riuscirò a trasmettere cosa voglio dire per questo vi chiedo di provare a leggere “tra le righe”. Potreste dirmi che dovrei evitare se non so essere esaustiva ma, vedete, questa cosa che ho provato mi ha stupita e mi faceva piacere condividerla con voi. Mi è accaduta qualche giorno fa.

L’INVISIBILE CHIODO FISSO

Uscendo di casa, nella buca delle lettere, ho trovato una busta dell’Enel che mi sollecitava il pagamento di una bolletta. Non mi sono preoccupata più di tanto ma ricordavo quella cifra e ricordavo anche di averla pagata. Non ho potuto cercare subito la ricevuta perché dovevo andare al lavoro e quindi, per tutto il giorno, una parte del mio cervello è rimasta ancorata al pagamento dell’elettricità. Da notare come la mente fa quello che vuole anche se cerchiamo di distrarci o reputiamo quell’avvenimento poco importante.

Alla sera, tornata a casa, mi sono messa alla ricerca della ricevuta e, trovandola, ho sentito un sollievo pervadermi dentro. Ero contenta. È stato proprio in quell’attimo, però, che ho trovato assurdo questo “meccanismo”. E qui inizia la, per me, difficile spiegazione. Ossia, ero contenta, per una contentezza che non esisteva. Che non doveva esistere. Che non doveva esistere come non doveva esistere la preoccupazione precedente. E qui potreste dirmi – Beh… è ovvio! -. Ecco… ma per me non è ovvio. Cioè, siamo totalmente dipendenti dagli agenti esterni.

Vediamo se con un esempio più tagliente riesco ad approfondire.

POTERE DECISIONALE SULLA VITA E SULLA MORTE

Esageriamo un po’. Supponiamo ch’io sia un noto medico della mia città. Tutti mi conoscono come un luminare. Un bel giorno, camminando per strada, incontro Tizio, lo guardo un po’ intensamente negli occhi e poi gli dico – Ehi Tizio, lo sai che stai per morire? Io lo vedo, hai ancora pochi giorni di vita -. Tizio, che mi stima tantissimo, crede ciecamente alle mie parole e vi lascio immaginare come, poverino, inizia a vivere da quel momento. Passa qualche giorno e incontro di nuovo Tizio, naturalmente, con un’espressione tristissima sul viso. A quel punto gli dico – Tizio! Guarda che non stai per morire, ti vedo in ottima forma! -. Al di là che Tizio potrebbe prendermi a colpi, in quel momento, ci ritroviamo con un Tizio ora felice. Ma felice di che? Di una cosa che non è mai esistita. Non lo trovate assurdo? Sto dicendo una cavolata? Ho il dubbio di sì ma, sentirmi così, totalmente in balia di quello che gli altri (o l’esterno) possono dire o fare, è traumatizzante se ci rifletto un secondo.

LA “VUOTEZZA”

Vuotezza – un nuovo termine che “mi” rende l’idea.

Questo ci fa sentire deboli, insicuri, insignificanti. Ci fa vivere costantemente con una spada di Damocle sulla testa. Almeno per me è così e, se ci caliamo nella profondità di questa situazione, ci rendiamo conto come essa riesce a farci rabbrividire fisicamente! Non siamo noi. Siamo quello che il resto del mondo vuole. Non siamo un qualcosa che è qui e che agisce per conto suo. Siamo tronchi vuoti spinti dalla corrente e reagiamo per salvarci assecondando le onde. Reagiamo solo emozionalmente, fustigandoci in base a ciò che succede. Picchiamo contro gli scogli, veniamo rosicchiati dai pesci, facciamo da ancora a qualche naufrago ma non abbiamo una nostra vita, una nostra identità. Siamo spenti come… come a non esistere.

Son riuscita a spiegarmi? Quasi sicuramente tutte queste mie parole sono banali e retoriche, forse anche stupide, ma su questi eventi vi ci siete mai soffermati a riflettere seriamente e profondamente nella loro drammaticità? Io sì, ma non così tanto come oggi e oggi mi ha davvero stupita. E voglio allenarmi affinché non mi accada più o, per lo meno, ridimensionare drasticamente la cosa.

Non dico che non dobbiamo più valutare l’esterno. È normale che una notizia può avere potere su di noi. Può angosciarci o renderci gai. Ma, se ci ascoltiamo totalmente, possiamo notare che: sia come quantità, sia come valore, sono troppe le notizie alle quali diamo la possibilità di governarci.

Vi consiglio un’accurata introspezione su questo (se ancora non l’avete provata). Io l’ho fatta e ho capito che non voglio più essere uno zombi.

Prosit!

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Va’ che me ne sono inventata un’altra… si chiama O.A.P.A.

Ma che cos’è O.A.P.A.?

Innanzi tutto, e voglio che questo sia chiaro, O.A.P.A. non è e non vuole essere una nuova tendenza, un nuovo metodo per raggiungere il benessere, un nuovo modo di dire e bla bla bla…. No! Ne abbiamo già un mucchio di queste trovate, giuste o sbagliate che siano. Di gente che si alza al mattino e s’inventa cose per divenire i nuovi Guru del 2000 verso i quali non ho nulla in contrario ma O.A.P.A. non è la parola di nessun nuovo Gesù.

O.A.P.A. vuole essere semplicemente uno strumento, di quelli che funzionano “presto e bene”, da usare all’occorrenza in caso di bisogno. Vuole essere soltanto una sigla che riporta a termini molto più complessi e più profondi e, soprattutto, a lavori di trasmutazione alchemica (più antichi del mondo, quindi novità non ce ne sono) ma difficili da ricordare e mettere in pratica quando la sofferenza ci rende vittime e schiavi di se stessa.

 

COME L’APPUNTO SU UN POST IT

Ossia, in breve: – Sto male! – (panico) – Che faccio??? O.A.P.A.!

E funziona? …No.

No perché O.A.P.A. non è un elisir, non è una pillola, non è un sacchettino di sale da mettere sul davanzale della finestra. Qui non si vende niente. O.A.P.A. è solo un appunto veloce, pronto, comodo, scattante ma non fa magolamagamagie… a meno che…..

Continuate a leggere che vi spiego, perché O.A.P.A., in un certo senso, può nascondere il Tutto.

 

UN IMPORTANTE LAVORO ALCHEMICO

Come vi dicevo O.A.P.A. è l’insieme delle iniziali di quattro parole che sono:

O – Osservazione (Tecnica dell’Osservatore – dell’autosservazione)

A – Accettazione

P – Perdono (Perdonarsi)

A – Amare (Amarsi)

Ora direi di spiegarle così poi capite meglio il lavoro da fare.

OSSERVAZIONE: la tecnica dell’Osservatore implica osservarsi in un’introspezione. Osservare le proprie emozioni e i propri pensieri. Rendersi conto di quello che stiamo provando. Sembra una stupidaggine ma non lo è ed è alla base di un lavoro importantissimo da compiere su noi stessi se si vuole elevare la propria consapevolezza e imparare a vivere meglio come Sé Superiore. Facciamo un esempio molto semplice – Io mi arrabbio. Mi arrabbio e grido, urlo, mi offendo, dico le peggio cose oppure trattengo tutto dentro, etc, etc… Bene. Posso poi dispiacermi, posso poi stare male, posso poi essere soddisfatta della mia crisi di collera ma, tutto questo, non significa essermi osservata. Osservarsi infatti vuol dire “rimanere sull’emozione”. Cioè fermarsi un attimo e rimanere lì, in quella rabbia, concentrarsi su di lei, sentirla, sentirla nelle vene, sentirla fisicamente, riconoscerla. Stare su di lei percependone ogni vibrazione e soprattutto SENZA GIUDICARLA. Ora, è facile non giudicare una sbottata di collera soprattutto se si aveva ragione di manifestarla ma supponiamo che, anziché essermi arrabbiata, io mi sia fatta mettere i piedi in testa da una persona ben poco ammirevole e che mi ha anche fatto fare una pessima figura, immeritata, davanti a molta gente. Inizio a provare la vergogna. Ok, devo osservarla, devo rimanere su di lei, su quella vergogna. Viverla appieno. La sentirò incendiarmi dentro, scombussolarmi le viscere, scuotermi i sensi e mi verrà spontaneo avercela con lei e con me stessa. “Che stupida sono stata! Mi sono fatta maltrattare da quell’individuo ignorante! Non valgo niente!”. Ecco, questo è un giudizio. Un giudizio che nasce spontaneo ma che invece non deve e non può appartenere alla tecnica dell’autosservazione. E’ difficilissimo da effettuare ma occorre provare e riprovare fino a riuscirci se si vogliono ottenere dei risultati. La tecnica dell’Osservatore, così come le altre che vi spiegherò ora, sono molto lunghe da raccontare e consistono in diverse cose ma per comporre un solo articolo non posso dilungarmi più di tanto.

ACCETTAZIONE: Eccola qui. Eeeeh… sembra facile. E che ci vuole? Ok, sì, accetto. E no… attenzione. Accettare non vuol dire sopportare o reprimere. E’ importante questo! Sopportare o reprimere è DELETERIO! Accettare significa accettare anche una cosa brutta che ci capita con la gioia (reale) nel cuore. Significa accogliere totalmente. Significa avere occhi per vedere oltre. Per capire il messaggio profondo di quella situazione. Cosa vuole dirci? Cosa vuole insegnarci? Perché è successa? Guardate che non è facile. Vi voglio vedere accettare, di cuore, il male. E’ tragico. Fa male! (Appunto). Vorremmo liberarcene il più in fretta possibile, scacciarlo da noi, altro che accettarlo! Facciamo un esempio anche qui – Io non riesco a vivere senza il mio compagno. Senza di lui mi manca l’aria ma lui, guarda “caso”, decide di lasciarmi e di me non ne vuole più sapere. Io mi struggo nel dolore e faccio di tutto per riconquistarlo e per continuare ad avere un rapporto con lui. Non posso accettare di perderlo. Gli mando messaggi e lui mi risponde come a rispondere ad una merdaccia, lo chiamo e lui non alza la cornetta, lo aspetto e lui non viene, lo seguo e lui mi offende. Insomma, io sto facendo di tutto per farmi mancare di rispetto da quella persona. Lui mi maltratta ma io continuo, senza dignità, perché è più forte in me il demone dell’attaccamento che non l’amore per me stessa. Ebbene, questo è un vero strazio da vivere. Ci si sente stupidi, senza midollo, ci si sente uno straccio, un lombrico e non si riesce ad accettare una cosa così. Si invidiano quelle donne forti, che non devono chiedere niente, che non sono mendicanti d’amore, che hanno una fila infinita di uomini pronti a fare qualsiasi cosa per loro. Tutto questo è l’esatto contrario dell’Accettazione. E si sta male. Però, a furia di lavorare su noi stessi e soprattutto grazie all’Osservatore, piano piano, dopo lunghi pianti e tanta tristezza, qualcosa dentro inizia a cambiare. Si iniziano a dire frasi come “Mah…. ok, sono fatta così, sarò anche fatta male ma sono io” e poi “Sì, io sono così e sono bella così”. Non è che non si soffre più ma l’essere se stessi, e il suo riconoscimento, e l’accettazione di cosa siamo, iniziano a prendere forma e a diventare più grandi della forma negativa che prima appannava tutta la nostra visione senza permetterci di guardare altro. E, quando questa accettazione è sentita sinceramente, si inizia a stare sinceramente bene. Non è solo un’apparenza perché, se è reale, non si tratta di sopportazione o repressione quindi si percepisce davvero più leggerezza. Il nostro fine è stare meglio. Essere padroni della nostra vita, ripeto. Sentirsi liberi e sereni. Affrontando la nostra esistenza in totale benessere.

PERDONO: Accettando di essere quello che si è, con tutte le nostre caratteristiche positive o negative che siano, automaticamente, si ama ciò che siamo e questa è la ricchezza più grande che possiamo donare a noi stessi. Perdonarsi, che meraviglia! Io sono fatta così, io mi sono fatta fare questo, io ho fatto questo, ebbene io mi perdono. Non lo faccio apposta a soffrire. Sono i miei traumi, i miei schemi mentali, i miei demoni che mi provocano sofferenza, per questo mi perdono. Badate bene che questo non significa nascondersi dietro a un dito ma significa pompare un meccanismo strabiliante che, alla fine, darà frutti incredibili per la nostra felicità. Ci si inoltra in una situazione potente che ci permetterà di essere forti, autonomi, gai, liberi e in connessione con il Divino.

AMARSI: E nella connessione con il Divino non può mancare l’Amore. L’amore per il Tutto, per chiunque e per noi stessi. Amarsi. Amare ciò che siamo. Ciò che facciamo. Amarci per come siamo. Infatti, dopo essersi perdonati, dopo aver eliminato tutti i brutti pensieri verso la nostra persona, abbiamo lasciato lo spazio all’amore che ora trionfa in noi permettendoci di vivere in maniera completamente diversa da come vivevamo prima e decisamente meglio. Anche qui occorre fare attenzione. Ci sono appunto dei passaggi. Non bisogna mentire a noi stessi. Non bisogna dire – Io amo quella persona che mi ha maltrattata perché per me è stato un Maestro! Mi ha insegnato quella determinata cosa, grazie a lui ho sconfitto un demone e ora sto bene e mi amo per ciò che sono e sono stata – se non lo si pensa realmente. Perché vorrebbe dire fingere e nuocere gravemente alla nostra salute. Perché è difficilissimo da fare. Perché a questo “caro Maestro”, in realtà, si vorrebbe tirare un bel pugno sul naso! Il che ci può anche stare ma, la cosa importante, è vedere quello che c’è da vedere giù, di sotto, nel fango più fangoso che c’è. Nella nostra spazzatura. Allora si che quel cazzotto può avere un buon fine anziché non servire a nulla! Eh! Ricordatevi sempre che amarsi, riempirsi di Agape, è veramente il regalo più grande che potete farvi e, di conseguenza, attraverso voi, potete fare a tutto il creato. L’Amore, in questo caso, và a collegarsi con l’Accettazione. Amare quindi quella situazione, quella persona e quello che siamo.

 

LA COMPRENSIONE

Adesso potete anche capire quanto sia importante la sequenza di queste parole. Il loro ordine. Ecco perché O.A.P.A. e non, ad esempio, P.A.O.A. Perché non si può perdonare nulla se prima non lo si è accettato. O non si può accettare nulla se prima non lo si è osservato e quindi riconosciuto. Da qui ne deriva l’importanza di questa sigla.

Quando stiamo male, colti dall’angoscia, e vogliamo esercitare un lavoro su noi stessi, al fine di porre rimedio, può capitare di chiedersi “Cosa devo fare?” e di rispondersi agitatamente “Devo accettare, devo accettare, devo accettare….”. No! Prima bisogna Osservare! Ma la disperazione ci fa arrancare come possiamo. Invece, se quando chiediamo a noi stessi “Cosa devo fare?” rispondiamo “O.A.P.A.!”, ci viene subito alla mente l’ordine giusto delle varie armi che abbiamo in mano e possiamo utilizzare. Naturalmente, senza ipocrisia e falsa accettazione. Tutto però avverrà con calma e col tempo. All’inizio sarà impossibile amare un dolore. Poi inizierà a divenire una cosa solo a livello mentale ma, infine, questo amore, se si continua a nutrire, lo si sentirà nel cuore. E non dico che non si soffrirà più, non sarebbe neanche giusto, ma non si sarà più schiavi, a tempo indefinito, di quella sofferenza senza trarne nulla di buono. Quell’ombra rimarrà un’ombra, mentre invece, esiste al fine di condurre ad una luce, la quale, a sua volta, ha altre ombre e così via, ma si è “padroni” della nostra vita. Co-creatori della nostra esistenza e non pezzi di legno in balia delle onde.

Non si potrà svolgere questo lavoro in un attimo e nemmeno in un giorno. Alcune persone ci impiegano mesi, altre anni. Ognuno ha i suoi tempi e il suo percorso ma, credetemi, ne vale la pena.

Ecco cos’è e a cosa serve O.A.P.A. Un qualcosa di nuovo, antico quanto l’uomo. Semplicemente pronto all’uso! Spero vi sia utile perché, per un buon lavoro su noi stessi, questi sono i passaggi e queste le cose da fare (secondo me). Per chi volesse approfondire ulteriormente questi quattro punti lascio dei video e degli articoli:

OSSERVAZIONE

http://www.salvatorebrizzi.com/2018/03/evadere-dal-carcere-in-10-passi-10.html

ACCETTAZIONE

PERDONARSI

AMARSI

O.A.P.A. può risultare errato per diverse persone. Può essere visto all’inverso. Alcuni possono dire che bisogna prima amare per poter accettare (e questo è anche vero) ma io ho semplicemente voluto parlarvi di una “tecnica” che ho usato e che mi ha aiutato molto. Tutt’ora la utilizzo, è sempre in me, ogni giorno. A mio parere, non siamo solo pieni d’amore; dentro di noi esistono mille altre emozioni che prendono posto al nostro interno e molte sono esageratamente negative. Per questo, a mio avviso, occorre prima riconoscerle e accettarle. Mi sembra più difficile partire dall’amare ogni cosa, perché saremmo già degli illuminati come si usa dire. Rischiamo di trattenere, soffocare, un qualcosa che poi diventa nocivo. Ma, naturalmente, la mia parola non è legge. Provatela, solo conoscendola potrete vederne i benefici o le caratteristiche negative (quest’ultime io non le ho viste) e, perché no, magari potrete realizzare voi stessi un qualcosa di bello che faccia bene al mondo.

Prosit!

Immaginami Felice

Un po’ di periodi fa, per qualche giorno, mi sono sentita triste a causa di una spiacevole notizia ricevuta.

Nonostante il lavoro su di me, che comunque mi aiutava nei confronti dell’accettazione e il veder positivo, non partiva quel “click!” da dentro, atto ad ottenere la pace e l’armonia basilari per il mio benessere.

Stava andando tutto bene, era giusto così, ma dopo un po’ di giorni, più stanca, decisi di chiedere aiuto ad una cara amica, la quale, sapendo bene come agire, si mosse immediatamente.

L’aiuto era stato chiesto quindi lei poteva operare.

Le raccontai che cosa mi aveva buttato giù vietandole di soffermarsi su quel mio dispiacere al fine di non dare potenza alla mia forma-pensiero e al mio malessere ma le dissi di concentrarsi, meno inquinata di me dal dolore, su un risvolto positivo, non della faccenda stessa ma del mio essere in generale, ossia: immaginarmi felice.

Immaginarmi comunque e semplicemente felice.

La sofferenza che doveva esserci c’era stata e, a volte, si ha bisogno di piccole dosi di piacere, ove è possibile.

Come ad aver parlato con me stessa, la mia amica comprese e, in quattro e quattr’otto, eccomi gioiosa ed euforica nelle sue splendide visualizzazioni a me dedicate.

E, se per i primi giorni lo sono stata soltanto nel suo immaginare, dopo poco tempo, lo ero davvero.

Una notizia, questa volta meravigliosa per me, mi rese felice ed entusiasta.

Chiamai la mia amica per raccontarle tutto e la sua risposta fu – Hai esattamente la stessa gioia, lo stesso tono e la stessa soddisfazione che avevi nei miei pensieri! -.

Decisi di ricambiare il favore appena possibile quando fu lei, dopo un po’, a sentirsi spenta e amareggiata.

La vita è una fantastica onda che sale e che scende.

Non passò molto che, anche lei, com’era ovvio accadesse, mi fece trasalire il cellulare attraverso un messaggio pieno di contentezza e allegria.

Molto spesso, possiamo fare del bene agli altri con poco. Basta un’immaginazione.

Le persone devono vivere i loro drammi. Entrare nei loro dolori. Affrontarli. Il volerle salvare non è sempre un’ottima idea, in quanto, quando una prova che la vita ci mette davanti la rifuggiamo, o la evitiamo, o la trasformiamo senza comprenderla, potrebbe tramutarsi in una prova ancora più dura, pertanto, è giusto fronteggiare certe situazioni. Ma se ci viene chiesto aiuto, e dentro di noi l’intento è assolutamente puro e rivolto all’amore, possiamo pensare alla persona a cui vogliamo bene con la voglia di vederla felice. Senza chiedere nient’altro. Che non dev’essere una speranza ma proprio una considerazione.

E allora, se vi dovesse capitare, prendetelo come un gioco. Provate a visualizzare quel soggetto che viene da voi raggiante e vi porta una bella notizia.

Non possiamo intrometterci nel percorso degli altri ma, all’occorrenza, possiamo regalare sorrisi.

Prosit!

Dentro di Te

Prendi una foto di quando eri piccolo/a.

Guardala intensamente.

Guarda quel sorriso, magari a tre denti.

Guarda bene quegli occhi grandi e curiosi.

Guarda quei capelli, quelle gote, quel nasino.

Guarda quel viso, riconosciti.

Sei tu, ma la cosa più importante che devi comprendere è che: sei ancora tu.

Sì, anche se adesso i tuoi capelli sono grigi, anche se forse hai la barba o una fede al dito. Anche se passi la tua vita tra un aereo e un treno, o fai l’uncinetto.

Sei ancora tu.

Continua  a tenere in mano quella fotografia.

Quello che vedi lo sei ancora, è ancora dentro di te. Soffocato, nascosto, mascherato ma c’è.

E devi convincerti di quanto sto per dirti: è la cosa più bella, più grande, più forte e più importante che hai.

Difendila.

Proteggila con tutto/a te stesso/a.

Quella cosa lì è il tuo io bambino e non importa quanti anni tu ora hai, lui è ancora nel più profondo di te.

E non importa quanto hai sofferto all’epoca o quanto stai soffrendo ora, lui è comunque – la gioia e l’amore -.

°°°Ho guardato la mia foto di quando ero bambina. Ho osservato bene e amorevolmente quel viso promettendole che mai, mai più, le avrei fatto del male. Perché le faccio male ogni volta che la opacizzo, che non mi ricordo di lei.

Non permetterò mai più di rendere il giudizio della gente più sostanzioso del mio valore. Non permetterò mai più di rendere l’aggressività degli altri più forte della mia pace. Non permetterò mai più alle situazioni di tristezza di essere più grandi del mio entusiasmo.

Non permetterò mai più, a nessuno, di far del male a lei. La mia bambina.

La mia bambina così pura, così innocente, piena di fiducia verso il mondo.

Mi perdonerò e mi amerò, perdonando e amando gli altri; in questo modo lavorerò su di me e non verso l’esterno.

In quella tanta tenerezza che vedo, c’è già una Guerriera che oggi ha capito il suo compito: salvaguardare e far scoppiare la sua magia.

Senza farlo apposta ho attentato alla sua vita. Con la vergogna, il fastidio, la paura, l’angoscia, la rabbia, la tristezza… tutte emozioni utili e da conoscere ma che bisogna poi saper lasciar andare, in quanto, trattenendole a se, sopprimono quella splendida creatura che vive in noi°°°

E no, non serve a niente sprecare energia per cambiare chi ci sta attorno.

La trasmutazione di noi stessi, e del Pianeta intero, avviene nella nostra parte più intrinseca. Modificando lei, automaticamente, gli altri avranno un altro atteggiamento nei nostri confronti e la gioia dei bambini, che teniamo in grembo, divamperà.

– se gli altri non ti rispettano è perché tu non ti rispetti

– se gli altri ti giudicano è perché tu ti giudichi

– se gli altri ti escludono è perché tu ti sottovaluti o hai paura a mostrarti

– se gli altri si arrabbiano con te ti stanno mostrando tutta la collera che trattieni

Credimi, è davvero tutto dentro di te.

Cambia te stesso/a se vuoi cambiare il mondo.

Fallo per quel visino che stai tenendo in mano. Se lo merita tantissimo. E’ tutta la tua VITA.

Ed è risvegliando il ricordo di quel viso che trovi la forza, la determinazione per andare avanti nelle avversità. E’ in quello sguardo che trovi l’amore da donare anche nelle situazioni più difficili dove verrebbe più comodo nutrire il rancore. E’ in quello che ti suggerisce l’espressione che vedi, che trovi quella vita che oggi ti sta sfuggendo di mano.

Rifugiati in quella piccola figura perchè è lei la tua potenza, la tua immensità. La tua parte Divina.

Prosit!