Il Bar della mia Amica M.

La mia amica M., poco tempo fa, ha preso un bar in gestione che stava andando a rotoli e nessuno avrebbe scommesso su quel locale neanche 1 euro. Tranne lei, che lo rese molto più confortevole e piacevole rispetto a com’era prima, attraverso interventi di home staging davvero ammirevoli.

Lo ha ripulito e riempito di tante bevande da scegliere affinché gli avventori potessero soddisfare ognuno la sua voglia.

Lo riempì anche d’amore, conoscendola, ne sono certa.

Forse, grazie a tutte queste nuove situazioni e alla sua grande energia, iniziò a lavorare tanto da essere contenta.

All’inizio, si sa, un cambio di gestione e un rinnovo dei locali incuriosisce sempre parecchio ma, grazie all’essersi inventata: “apericena” stuzzicanti e diversi dal solito, così come tante altre cosine invitanti, ha iniziato a lavorare con piacere e soddisfatta.

Ogni volta che, a fine giornata, contava l’incasso, era lieta di quello che era riuscita a fare e ad ottenere e lo riportava con gioia ad amici e parenti curiosi e sulle spine per far vedere loro che era stata brava e che potevano stare tutti tranquilli. Ce la stava facendo. E anche bene.

Vi racconto questo perché, la mia amica M., smise molto presto di dire ad amici e a parenti quanto quel giorno aveva guadagnato e non perché fosse un segreto, anche se è sempre bene tenersele per sé certe cose. Ella smise perché, ogni volta e da chiunque, riceveva la solita frase – Eeeh… ma non sarà sempre così, ci saranno anche i giorni in cui non guadagnerai niente -.

Con la voglia di tirare una testata in mezzo agli occhi a tale profeta veniva da me con il magone raccontandomi che, chiunque, la spegneva, l’abbatteva, e non le era nessuno complice nel suo entusiasmo. Hanno tutti insistito così tanto che – prima o poi non avrebbe guadagnato -, e che – prima o poi avrebbe avuto più spese che ricavi – che, anche lei, alla fine, si stava demoralizzando del tutto.

Vedete, il gestore precedente, traeva ben poco a fine giornata da quel bar. Di certo non poteva tirare sospiri di sollievo. Non so bene per quali strambe dinamiche ma così era e quindi, alla gente, pareva impossibile che ora M., ogni giorno, si portava a casa il suo bel gruzzoletto.

Ora, molti di voi staranno sicuramente pensando che in effetti bisogna stare con i piedi per terra e che chi cade da troppo alto si fa certamente più male… io invece penso che, dopo aver spiegato una sola volta a M. come fare per essere anche una buona formica risparmiatrice, e averle raccontato di tempi morti e quant’altro, visto che ha ben 42 anni, non ha certo più bisogno di essere messa sempre e costantemente su un “attenti” negativo e demoralizzante.

Mai un sorriso. Mai un – Continua cosi! -. Mai un – E domani saranno il doppio! -. Uff! Che noia. Queste paure, sempre al primo posto, davanti a tutto, anche alla gioia.

Esultare ci spaventa. Siamo terrorizzati dalla mazzata che ci scende poi sulle orecchie. Meglio evitare fin da subito di essere felici così almeno non si deve poi star male. Questo è il senso, e non ci rendiamo conto che facendo così, mai e mai doniamo alla nostra vita un attimo di sollievo, un attimo di serenità e allegria.

Questo, badate bene, non vuol dire andarsele a cercare. Essere contenti per un incasso non significa aver fatto qualche pazzia rischiando chissà che cosa, in quel caso lo capirei di più. Qui significa aver lavorato sodo ma, nonostante tutto, non si deve urlare troppo di gioia o arriva sicuramente il castigo.

Meglio privare al nostro cuore di ridere. Meglio farlo vivere una vita intera nella preoccupazione e nella tristezza.

E’ assurdo… si capisce?

Mi chiedo, se tanto deve arrivare l’angoscia (assolutamente e sicuramente), non sarebbe comunque bene esultare un attimo prima, cosicché almeno per un secondo la nostra psiche, il nostro animo e la nostra esistenza sono stati bene? Tanto… il male deve comunque arrivare a sentire le premonizioni dei più. E allora…

Insomma, so solo che la mia amica M., che aveva iniziato con un sorriso sgargiante sempre dipinto sul volto, ora è un po’ più seria perché tutti questi proiettili che arrivano da ogni dove prima o poi colpiscono e provocano insofferenza.

Ebbene sì, chi ha sempre paura e prova preoccupazione, costantemente, non sta soltanto rovinando la sua vita e la sua salute ma anche quella di chi riceve i suoi dardi.

Non demordere M. Io sono qui!

Prosit!

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Sei una donna fantastica!

Ieri mi sono sentita dire da un ragazzo di 17 anni e una ragazza di 14 che sono una donna fantastica.

Vista la loro età, questa cosa, mi ha riempita di gioia.

E’ molto facile sentirselo dire da un uomo al quale piaci, o dalla migliore amica, o da un bambino che pende dalle tue labbra (che per carità fa sempre assai piacere!) ma, da due ragazzi, che hanno ben altro solitamente a cui pensare, rimanere impressa, in positivo, è davvero una gioia. Tocca nel profondo.

Lo stereotipo ci insegna che, a quell’età, vivono nel loro mondo, per non dire di peggio…

Il mio non è un vanto, bensì un essere orgogliosa nell’aver insegnato a due giovani individui, che stanno scalciando per farsi una strada nella vita, che non bisogna mollare mai, nonostante tutto. E che se ne può uscire anche vincitori. Eh si! Questa frase la dedico a tutti i pessimisti e a tutti i pauristi e a tutti i preoccupisti.

Ci insegnano che vincere non è possibile. Che prima di andare bene va sempre male, che bisogna in qualche modo soffrire ma, soprattutto, ci insegnano che niente è facile e bisogna assolutamente avere paura. Sì, perché il pericolo è sempre pronto e nascosto dietro l’angolo. In agguato per noi. Le cose si possono ottenere solo dopo aver lottato duramente e, da una parte è vero ma… c’è lotta e lotta. Un conto è mirare al proprio obiettivo e scavalcare con decisione e fermezza ogni ostacolo anche se ostico. Un altro è prendere schiaffi dalla vita che arrivano da ogni dove come ad essere in balia degli eventi verso i quali non comandiamo nulla.

Ebbene, penso di aver mostrato che questo non sempre è vero, l’ho mostrato a me e a loro e ne sono davvero felice di aver dato a questi ragazzi tale dimostrazione di vita.

Che cosa ho fatto? Vi starete chiedendo. Vedete, non è importante saperlo. Qualsiasi cosa potrebbe essere appropriata a ciò che sto descrivendo se fatta con il cuore, con la grinta, con la centratura di un Guerriero. Con l’ansia forse, perché essere veri Guerrieri è molto difficile, ma con la voglia di farcela e di vincere e di essere oltre, di più. Anche là, anche dove chiunque dice che non è possibile.

Loro, i due ragazzi di cui parlo, mi hanno aiutata, sono stati al mio fianco rispondendo ai miei “ordini” egregiamente. Mi hanno dato una grande mano perciò, l’insegnamento, lo hanno appreso bene toccandolo con la loro stessa pelle.

Ma mi hanno anche insegnato molto. Vedere nei loro occhi quella volontà e quell’energia che si sposavano con le mie, mi faceva venire brividi di entusiasmo lungo la spina dorsale e allora ho capito che nessuno poteva fermarci. I miei occhi nei loro occhi, le mie mani nelle loro mani, le mie gambe nelle loro gambe. A muoversi. Insieme. Il loro affanno era il mio e la mia voglia era la loro, presa, ingurgitata, sentita, tradotta, sviluppata.

Non è stata solo una storia raccontata. Tutto questo lo hanno vissuto assieme a me e assieme a me hanno vinto. Stanchi, spompati ma con il sorriso sulle labbra. – Una squadra fortissimi – come direbbe Zalone. Ce l’hanno messa tutta anche loro. Non si sono lasciati intimorire da niente. Forse lo hanno fatto più per me che per loro stessi ma per qualcosa l’hanno fatto e ne sono usciti fieri e vittoriosi. Mettendo da parte tutto. Mi hanno emozionata.

Non è stato il nulla a regnare in loro. Non è stato il calcio da tirare contro la vita. La voglia di essere compresi e la depressione adolescenziale. Niente di tutto questo. Solo armonia, convinzione e gioia.

E allora permettetemi di dirvi che se io sono stata una donna fantastica, loro lo sono stati cento volte più di me.

Grazie di cuore L. e M., i miei eroi.

Prosit!

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Quando la Mamma è contro il Papà

Senza nessuna voglia di polemica ho deciso di scrivere questo articolo con la speranza che possa aiutare a riflettere su alcuni punti fondamentali nella vita di un bambino.

Da donna e da mamma ho sempre dovuto ammettere che, purtroppo, in caso di separazione, sono molto più spesso le madri, che non i padri, a fare guerra all’ex consorte, utilizzando, ahimè, come strumento, proprio il figlio, il quale si trova così a vivere situazioni drammatiche e davvero spiacevoli.

Alcuni uomini ne fanno di cotte e di crude, mi sembra ne parlino tutti i mass-media, e riconosco il comportamento deplorevole di alcuni padri ma, la mia intenzione oggi è diversa, perciò spero di non attirarmi addosso l’ira funesta delle signore che si sentono accusate.

Anche perché non è mia intenzione accusare nessuno, semplicemente, senza dare colpe a uno o all’altro, intendo spiegare, a modo mio, che cosa un bambino può provare quando si trova a vivere tali vicende e determinate emozioni.

Nessuno è un santo e nessuno è un demone, maschio o femmina che sia ma, purtroppo, alle donne dobbiamo sovente dare il ruolo di – manipolatrici – nei confronti dei figli e dell’ex coniuge.

Naturalmente anche molti padri si comportano così, ma sono in minor numero, in quanto la legge, solitamente, tutela di più la mamma visto il legame che la unisce al proprio figlio e perché l’uomo, predilige altre azioni. Ha un’altra mente, un’altra personalità, un altro comportamento. Grazie al Signore ci sono poi anche genitori, di entrambi i sessi, intelligenti e comprensivi che come strumento usano solo il “buon senso”.

Or dunque, rivolgendomi alle mamme che ho appena descritto, mi sento di dire che sarà inutile partire a spada tratta riferendo che – LUI è uno stronzo, Lui è senza palle, LUI è bugiardo, LUI qui e LUI là… -, tutto questo ad un figlio non interessa. Se anche l’ex marito avesse dovuto apostrofarvi con le peggio parole sappiate che, in tenera età, fondamentalmente, a vostro figlio non può fregargliene una cippa. Perciò, anziché cercare nel piccolo erede un complice e una sorta di spalla alleata sulla quale piangere oltre che cercare favoreggiamento, rivolgetevi agli amici e lasciate al bambino il suo sano menefreghismo ed egoismo.

E’ ovvio che questo che sto scrivendo, non trova senso in caso di situazioni gravi, derivanti da abitudini riprovevoli ed illegali ma, finchè questo non sussiste (e non serve fare il diavolo a quattro per un bicchiere spaccato che lo abbiamo spaccato tutti almeno una volta nella vita – non è istigazione alla violenza questa, ma potrebbe essere uno sfogo personale a patto di non frantumarlo in testa a qualcuno o davanti al minore) finchè quindi, a governare, è soltanto un odio personale, un rancore privato che urla vendetta (spero abbiate capito di cosa sto parlando) mi spiace, ma non è bene allontanare il piccolo bambino dal papà. Si, lo avete capito senz’altro a cosa mi riferisco, perché accade nell’80% delle famiglie.

Solo alcuni esempi tra i tanti:

1) Nonostante siete “mamme”, non potete essere voi in grado di giudicare se un uomo è adatto o non è adatto a fare il padre valutando il comportamento che ha avuto nei vostri confronti. Ci sono diecimila persone che detesto e alle quali io stessa vorrei tirare un calcio nel sedere, alcune molto vicine a me, ma questo non vuol dire ch’io non sia idonea come madre per mio figlio, o che non lo merito, o che non lo amo.

2) Togliere ad un figlio la possibilità di vivere il padre è come amputarlo. E’ la stessa cosa. Prendete pure una sega in mano e tagliate a lui un braccio o una gamba. Davvero, non sto esagerando. Solo che, mentre un arto, oggi, grazie alla tecnologia e ai passi da gigante della medicina, si può sostituire con un pezzo di plastica, purtroppo… senza metà cuore, non si vive ancora. Care mamme, mi spiace deludervi ma no, non potete riempire solo voi il cuore dei vostri amati bambini. Non lo possedete tutto. Fatevene una ragione.

3) Il fatto che sia una madre a parlare male del padre per un bambino è UN TRAUMA! Ossia, la persona che per lui è la fonte della verità assoluta, il Sacro Graal delle relazioni sociali, colei che tutto può creare e tutto può distruggere, gli sta dicendo che….. suo padre è un mostro. E’ nato da un mostro e quasi sicuramente, se porta lo stesso sangue, diventerà un mostro anche lui. (I bimbi crescono e le memorie rimangono… attenzione!). Gli state facendo male. Gli state facendo capire che se ama quella persona, ama una cacca d’uomo e, quando a me dicono che sto amando una cacca d’uomo mi sento piccola come un lombrico e mi sento di non valere niente, perché se valessi qualcosa, amerei un uomo che merita di più. Quindi, è una cacca lui e lo sono anch’io.

4) State privando vostro figlio di quello che voi non potete dargli. Ci sono molte sante madri che hanno fatto anche da padre e hanno fatto un ottimo lavoro ma, qualsiasi cosa abbiano potuto dare al piccolo, non hanno potuto donare alcuni aspetti che solo un uomo può conferire. E’ la natura, non lo dico io. Nel bene e nel male, l’uomo e la donna sono diversi e, diversamente, offrono. Forse anche cose spiacevoli ma che comunque insegnano.

5) Dovreste capire che vostro figlio è dotato di un suo cervello e di sue emozioni che non sono le vostre. Ora, è vero che un figlio va protetto dai pericoli e che un genitore deve scegliere per lui, ma è totalmente sbagliato insegnargli ad odiare il padre o la nonna o lo zio o la cugina solo perché stanno sulle balle a voi. Arriverà il momento in cui il bambino penserà “Boh? Mia madre mi ha sempre detto che questa è una persona disgustosa ma io la trovo invece così simpatica…” e così, partiranno i dubbi nei confronti della mamma stessa, il rammarico per il tempo perso, un boom di seghe mentali infinito, la non-fiducia e… riempiendo la testa dei propri figli di pensieri confusi e poco piacevoli, non si può pensare che questo sia amore.

6) Lo obbligate ad accontentarvi. Mai e poi mai un figlio farebbe qualcosa per rattristare la mamma quindi, “se mamma non vuole che vado con papà, io mi metterò a piangere così mamma è contenta”. Evviva! Complimenti! Avete ottenuto un gran risultato! Ossia un figlio che, al 90% dei casi, quando la gente lo vede con il proprio padre, lo nota sereno e tranquillo ma che al momento della consegna (manco fosse un pacco) sembra l’icona della locandina del film “L’Ultimo Esorcismo”. Mi è capitato, tempo fa, di sentire una bimba di tre anni che, girato l’angolo, ha chiesto a suo padre – La mamma ora non mi vede più? – e finì di versare lacrime già inesistenti. Questo è drammatico, sono rimasta scioccata nonostante la simpatia della piccola.

7) Perché far capire ad un bimbo che deve scegliere? Non è neanche in grado di scegliersi una maglietta. Secondo voi può davvero scegliere tra un padre e una madre? Ma poi che senso ha? I genitori devono essere un tutt’uno non una divisione. Sono le fondamenta e le colonne portanti per un bambino. Se ne manca una, o una non è adatta (questo è quello che gli si fa credere) la destabilizzazione diventa tanta.

Infine: so già che esistono mille e ancora mille situazioni differenti da quelle che ho citato, ed è normale sia così, ed è anche normale che ogni caso sia a sé e che non sta a me giudicarlo o anche solo raccontarlo. Mi auguro solo che questo articolo possa aver semplicemente dato spunti di riflessione a chi agisce e/o reagisce senza probabilmente pensare a qualche tassello in più perchè preso da altre emozioni.

Vedete, dire ad un figlio – Amore papà non ti ha potuto chiamare perché ha lavorato ma so che ti vuole bene e magari domani lo chiamiamo noi – è diverso dal dire – Tuo padre non chiama perché è un menefreghista, non gliene frega niente, non sa nemmeno di avere un figlio -. Avete tolto l’amore dal bambino in questo modo. Ma chi siete per poterlo fare? La madre? La madre riempie d’amore i cuori, non li svuota. E se neanche l’indomani quel padre chiama, e se sparisce dalla faccia della terra, inventatevi la qualunque, fate quello che volete, è vostro dovere proteggere il bambino con tutti i mezzi che avete-e-non-avete ma non dovete immettere, nel figlio, il senso del non-amore.

Si accorgerà da solo, crescendo, nel caso, che quel padre non vale niente. Da solo elaborerà il suo dolore e capirà senza che siate voi ad ergervi a giudici. La natura vuole che un bimbo, per piccolo che sia, abbia i suoi scudi, le sue difese, e solo il vostro infinito amore potrà essere per lui la culla migliore. Non gli farete sentire meno dolore parlandogli male del padre anzi, glielo aumenterete, e non otterrete nulla di buono paragonandolo al padre in senso negativo.

Quante volte si sente dire la frase – Sei come tuo padre! – piena di rabbia e rancore. Siate semplicemente il Sole per lui e il Sole nutre la vita. Se diventate sorgente d’angoscia, con tutto il bene che vostro figlio può volervi, come potrà vivere davvero bene vicino a voi? Vicino alla vostra rabbia e alla vostra tristezza? Un bambino sente il vostro stato d’animo anche se tentate di nasconderlo. Non abbiate paura di perderlo e siate gioia. In questo modo, con tutti gli errori che potete fare, non lo perderete mai. L’alienazione genitoriale non serve davvero a nulla. Molto spesso si agisce così per paura. Una paura intrinseca che neanche si riconosce ma, dare potere a questa paura, è a mio avviso, deleterio.

E per concludere sul serio, rivolgo due parole anche ai papà. Alcuni di loro indietreggiano davanti ad ex mogli aggressive o particolarmente stressate e strambe. E, per non creare casini, e per non far piangere il bambino, e per non sottostare a ricatti vari, evitano il rapporto con il proprio figlio. Queste sono situazioni molto delicate e piene di sfaccettature, controllate da professionisti molto più adatti di me, ma con il cuore, vorrei consigliarvi di essere e rimanere sempre il più presente possibile nella vita dei vostri figli.

Prosit!

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Credere solo per far Compassione – la Psicosomatica e soprattutto la Negatività

Ci sono molte persone che non credono alla Psicosomatica, branca della psicologia che intende correlare un disturbo fisico ad un disturbo di natura psichica, il quale viene somatizzato e poi appunto si concretizza nell’organismo. Fanno finta di crederci solo per smuovere compassione e compatimento negli altri.

Ossia, facendo un esempio, quando la Psicosomatica dice che è subentrato quel tale malanno, perché si era troppo stanchi e stressati a causa del lavoro, alcuni rispondono – Si, si è vero! –, felici di essere stati compresi, in quanto, devono riuscire a fare un po’ di tenerezza ed essere compatiti ma, fondamentalmente, non fanno nulla per rimediare perché non credono assolutamente a questo messaggio. Si gongolano soltanto nel tentativo di potersi riposare un po’ di più, di certo giustificati dalla presenza della malattia.

Ancora più grave invece è chi fa finta di crederci solo quando fa comodo a lui e il messaggio della malattia è pressoché “gradevole” nei suoi confronti, come quello appena citato che definisce, la persona, un gran lavoratore, il quale poverino ora ha bisogno di tanto relax. Se però il significato del disturbo, è contrario ai loro schemi mentali, allora succede un pandemonio. Accade quando dici a questa persona che, oggi, presenta tale malessere a causa di un sentimento provato antecedentemente come…. il rancore…. per dire. Apriti cielo!

Ioooo???? Ma figurati se io provo rancore? Ma cosa stai dicendo?! – è la risposta che si sente dire conoscendo il rancore etichettato come una delle emozioni più spregevoli da percepire. Succede in quanto non si capisce che, molto spesso, quel rancore, non è per forza rivolto verso una persona come odio, ma è una scontentezza di fondo e un motto di rimpianto e/o di rimorso nei confronti di se stessi o di una situazione. Ecco, così piace già di più… “nei confronti di noi stessi” fa già più tenerezza e lo si accetta meglio.

Perché l’importante (e scusate il termine) è fare pena. Fare la vittima. Essere un povero soggetto incompreso che ha bisogno solo di tante pacche sulle spalle.

Ebbene… mi chiedo, continuando a pensare e a vivere in questo modo… queste persone, dove credono di andare? No, non mi riferisco alla Psicosomatica. Certo che no. Nessuno è obbligato a credere in lei o meno, mi riferisco alla conduzione della loro vita. Dove pretendono di andare continuando a piangersi addosso e cercando sempre la commiserazione negli altri?

Perdonate la durezza ma sono una persona che frequenta parecchia gente. Vivo parte delle giornate, all’interno di vari social, per piacere e per lavoro, e mi rendo conto proprio di come alcuni basino tutta la loro esistenza sulla tristezza e sull’angoscia anche quando queste non servono a nulla. Utilizzandole quasi come strumenti atti ad ottenere in cambio un qualcosa di appagante.

Ci sono individui, che sto “monitorando” ormai da anni, posso dire, che mai mai e poi mai, un solo giorno, hanno postato un qualcosa di positivo o dal significato bello e leggero. Ora, io posso capire che una vita può essere davvero difficile da condurre ma, anche per la legge di qualsiasi statistica, non è possibile che nemmeno un giorno, in tutta questa vita, non sia stato un poco più gradevole. Dico tutto questo, fondamentalmente, perché mi dispiace davvero, perché non si capisce il male che si fa a se stessi e quanto può aumentare il dolore così facendo. Continuando ad emanare negatività, tornerà negatività moltiplicata. Che brutto! Che pesantezza!

Agendo così, si allontanano gli altri da noi! Non è assolutamente vero che si avvicinano e ci si può così sentire meno soli. Verranno le prime volte, pronti a dare il loro affetto e il loro appoggio ma, prima o poi, scapperanno da questa brutta energia a gambe levate. Solo riuscendo ad essere come il Sole si può attrarre la gente. Solo riuscendo ad illuminare la propria giornata e le giornate altrui si può davvero contare sulla presenza degli altri al nostro fianco. Perché il Sole è fonte di vita, non le tenebre. Perché inconsciamente si ricerca la gioia, lo stare bene, il sorriso e si rifugge tutto ciò che è pianto e tristezza.

Siate per voi stessi e per gli altri fonte di positività. Soltanto così potrete davvero lamentarvi in futuro, ben giustificati, e ricevere di conseguenza un solido aiuto donato col cuore.

E riguardo alla Psicosomatica credeteci oppure no, ma se decidete di farla vostra, senza assolutismo, impregnatevi della sua ricchezza e dei suoi consigli. Cercate di far del bene a voi stessi visto che le malattie, a mio avviso, arrivano per voi e non per gli altri. Cercate di trarne profitto e un valido aiuto. Non sfruttatela per sciocchi scopi egoistici.

Prosit!

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Si può vivere senza un “Ti Amo”?

– Di chi sei tu? – le chiese lui
– Sono tua – rispose lei senza proferire altro
– Di chi sei tu? – le chiese di nuovo lui dopo un pò di tempo
– Sono tua – continuò lei convinta e questa volta aggiunse – E tu? Di chi sei tu invece? –
– Sono di molti e di nessuno – fece lui
– Di chi sei tu? – richiese ancora lui dopo altro tempo
– Sono sempre tua – fu la risposta di lei, imperterrita
– Di chi sei tu? – di nuovo, lui, per l’ennesima volta
– Tua – dichiarò lei instancabile “e continuerò ad appartenerti finchè tu vorrai ch’io appartenga alla tua vita. E anche quando non lo vorrai più, un pezzo di me sarà sempre con te e per te” pensò lei senza dire altre parole.

– Io sono di me stesso, non sento di dover appartenere a nessuno in particolare – spiegò lui.

“Io sento che la parte della mia anima che, per amore, si è amalgamata alla tua, non potrà più scindersi del tutto come accade in una soluzione chimica. Così è e così sarà, al di là di quello che provi tu, perchè l’amore, se è amore, è. E non può essere altro, nemmeno un ritorno” pensò ancora lei, zitta. Amorevole e cocciuta allo stesso tempo.

Il vero amore non chiede di essere contraccambiato. Non domanda nulla in cambio per quello che da’. Si può amare ancora, e di nuovo, e molto più forte, trovando la reciprocità che arricchisce l’animo e trovandosi ancora più felici assieme a chi, quel nostro amore, lo coltiva, lo nutre, lo protegge ogni giorno ma, se un amore a senso unico c’è stato, comunque rimane.
Trovate chi, il vostro amore lo ricambia, per godere appieno e assieme di quella che è la forza più potente, per creare una magia unica e immensa data da due esseri straordinari, ma imparate ad amare a prescindere. A sentire in voi il sentimento dell’amore
”.

Detto questo:

Si può vivere senza sentirsi mai dire “TI AMO”?
E senza mai dirlo?
Ah! Discorso profondo…

Si, si può vivere, certo. Il TI AMO ha un significato stupendo che però può essere detto in mille modi diversi. Attraverso un gesto, un’attenzione, un pensiero, altre parole… e questo occorre davvero impararlo. E’ sano impararlo.

Bisogna riconoscere il TI AMO tra queste cose, lo trovo fondamentale. Altrimenti si è superficiali, a mio avviso, e non si apprezzano i piccoli grandi prodigi davvero importanti. Quelli alla base. Quelli che nutrono. Non si impara a vedere il “bello” e nemmeno la ricchezza di quello che abbiamo.

Ma… che se ne dica, e sapete che io sono quella delle sfumature di grigio, un TI AMO detto, e di conseguenza ricevuto, apre il cuore. Lo spalanca proprio. Questo semplicissimo insieme di lettere appartiene alle nostre memorie. A noi è stato insegnato che fa del bene e del bene lo fa davvero. Le nostre sinapsi si attivano a tale messaggio. Non si può vivere senza. Non serve esagerare e divenire stucchevoli ma nemmeno bisogna cadere nel – Mai – (se il sentimento esiste ovviamente).

Se qualcuno ci offende con un brutto termine, questo ci ferisce e ci rimaniamo male. Quella sua parola ha un valore per noi, e la stessa sensazione, anche se differentemente, accade con frasi belle alle quali la nostra mente associa un meraviglioso senso, avviando poi tutti i processi del caso.

Dire e ricevere un TI AMO, anche a parole, E’ BENEFICO A LIVELLO TERAPEUTICO, perchè permette di rilasciare endorfine, fa sorridere i neuroni che trasmettono così incantevoli impressioni, aumenta la propria autostima e quella di chi abbiamo di fronte, riduce lo stress, fa nascere sorrisi (ottimi rimedi naturali anch’essi) e le nostre più splendide emozioni si destano.

Perciò, non abbiate paura di dire o ricevere, a parole, un TI AMO. In quell’esatto istante, state alimentando il vostro essere e quello dell’altro, di un’energia incredibilmente magica, la quale contribuirà in seguito a farvi vibrare positivamente e ottenere così la meraviglia dalla vita.

Un TI AMO è come l’acqua che si da’ alla pianta, è come il cibo che ci alimenta ogni giorno, è come il sole che permette la vita. L’amore è vita. E un TI AMO può divenire anche il carburante gratuito e perfetto.

Ovviamente sono tanti, e non bisogna trascurarli, i motivi del perché una persona non dice mai TI AMO o non vuole sentirselo dire. Ad esempio non ci si vuole prendere un impegno troppo complesso e gravoso, ritenendo queste parole quasi una trappola, o par di rinunciare alla propria libertà. Oppure ancora, l’imbarazzo è troppo grande per esprimersi in certi modi. O, addirittura, si ha paura a dirlo, o semplicemente non si prova tale sentimento. Vero è, però, che l’Amore, quello vero, quello con la A maiuscola, è in grado di buttare giù tutte queste barriere anche se probabilmente ci vuole tempo.

Se ti vergogni a dire TI AMO, evidentemente vivi un po’ nella vergogna, nel giudizio, nel sentirti accusato. Significa però che giudichi troppo e forse accusi troppo anche tu. Cerca di liberarti da questi ostacoli che governano la tua vita.

Se ti impaurisci, significa che vivi nel timore, e difficilmente la gioia totale potrà permearti completamente.

Se ti sembra inutile, significa che non apprezzi le piccole cose che sono realmente il sale della vita. Stai dando troppo per scontato. Quel sorriso che ricevi ogni giorno ad esempio, non lo stai valorizzando, ma un giorno potrebbe mancarti.

Secondo Rose Marie Charest, psicologa canadese e autrice di “La dynamique amoreuse entre desirs et peurs” (La dinamica amorosa tra desideri e paure) intervistata da Shamiran Zadnich di Più Sani più Belli  – l’amore non ha condizioni, sia che il partner risponda la stessa cosa, “anch’io ti amo”, sia che non lo faccia -. Ma, continua la Charest – Chi è pronta/o a correre il rischio di non essere ricambiata/o con uguale intensità verbale?

Ebbene si, perché queste due microscopiche paroline sono davvero fondamentali per gli esseri umani appartenenti alla nostra cultura. Per noi insomma. Anche il più grande ghiacciolo vivente è in grado di sciogliersi davanti a un TI AMO. Perché anche se solo parole hanno un grande potere. Vi basta pensare all’incredibile potenza delle – affermazioni positive – descritta da Louise Hay, che tanto ammiro. Potete leggerla qui e guardare il video https://prositvita.wordpress.com/2016/09/05/spieghiamo-questa-storia-delle-affermazioni-positive/

Vi ho parlato spesso della gratitudine incondizionata. Del bellissimo effetto che provoca il dire “GRAZIE” senza un motivo specifico. E’ un po’ come “obbligare” l’Universo a donarci qualcosa di bello che già abbiamo ringraziato anticipatamente. La stessa cosa accade per il TI AMO, perché è nell’intenzione che si nasconde la vera magia. Non funziona assolutamente un TI AMO detto senza sentimento, così, tanto per dire. Ma se lo si dice provandolo, si emanano le frequenze dell’amore e… quali migliori frequenze potremmo mai emanare? Stiamo provando e trasmettendo, anche grazie all’energia della nostra voce, strumento in più, e all’emozione che ne avviene, quelle che sono le vibrazioni della Forza più potente di tutto l’Universo. Non è certo cosa da poco!

E allora amatevi! E ditevelo! Con tutto il cuore! E, se ne vale la pena, fate questo piccolo sforzo, pronunciate questi due vocaboli. Farete del bene anche al Cosmo intero che si nutre di queste cose belle e di queste onde efficaci. Anche perchè, nella vita, siete responsabili di ciò che dite ma anche di quello che non dite.

E poi niente… e poi c’è anche un bellissimo film di Ken Kwapis intitolato: “La verità è che non gli piaci abbastanza”! Eh!… Va bene, ok, la smetto…!

Prosit!

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Se apri la Mente non Russi più

E’ davvero fastidioso dormire accanto ad una persona che russa in modo esagerato e, molto spesso, nonostante rimedi di ogni tipo, quella persona continua a emettere versi con il naso e con la bocca come un trombone.

A nulla servono calci e spintoni e sberle sul poveretto che, ignaro, si desta all’improvviso senza capire cosa sia accaduto ma poco dopo torna a manifestare i suoi rumori con virtuosismo.

Ebbene, secondo la psicosomatica, l’unico rimedio è… aprire la mente.

Pare infatti che le persone che russano non riescono a staccarsi dai loro schemi mentali, dai loro pensieri antichi, considerandoli i migliori in quanto infondono sicurezza “Ho sempre fatto così e mi è sempre andata bene, continuerò così”. Mentre, invece, ci possono essere soluzioni ancora più idonee e meno opprimenti. Danno valore a ciò che credono e a ciò che hanno sempre creduto e viene loro difficile vedere nuove soluzioni o pensarla in modo diverso. Il mondo evolve così come evolvono le vedute ma loro rimangono sempre attaccate alle loro fondamenta.

Per quel che riguarda il sesso maschile in particolar modo, ma anche le donne russano, ci sono inoltre esperti di psicosomatica pronti ad affermare che l’uomo che russa è una persona che ha avuto, o ha, un rapporto poco felice con la propria madre (anche se potrebbe non sembrare) o si sente incompreso dalla propria compagna, la quale, viene collegata inconsciamente dal partner al genitore femmina.

Molte volte capita infatti che all’inizio di una relazione l’uomo non russa per iniziare a farlo poi col tempo. E’ vero che l’orologio biologico avanza, la parte fisica è da tenere sempre in considerazione. Si può ingrassare, si può indebolire l’apparato respiratorio e, il nostro organismo, man mano che il tempo passa, si trasforma, ma mentre all’inizio di un rapporto tutto è meraviglioso e funziona a gonfie vele, dopo si possono iniziare a percepire dei bisogni, o delle mancanze anche se la coppia va d’amore e d’accordo. Anche le gioie si percepiranno ma, assieme a loro, sempre inconsciamente, non ci si rende conto di voler soddisfare delle necessità.

E’ inoltre vero che, sovente, si russa a causa di un problema al setto nasale, a piccole deformazioni nella prima parte del tratto respiratorio, o ad altri problemi fisici o post operatori, ed essendo che il naso è la zona del corpo dalla quale entra la “vita”, cioè l’aria che si respira, significherebbe che c’è un blocco del vivere l’esistenza nella più totale serenità.

Quasi come ad aver paura di pensare che tutto, nella vita, può andare sempre bene senza doversi preoccupare di nulla. Sembra impossibile. E’ bene non mollare le briglie ma tenere le cose sotto controllo. E’ bene non fidarsi troppo della bellezza della vita. E’ bene, ad esempio, accumulare denaro perché “non si sa mai”, oppure dare sempre il proprio consiglio perché considerato il migliore per evitare disguidi, è bene avere sempre quattro occhi anziché due, oppure essere più pessimisti che ottimisti, e moralisti, e paurosi. Gli esempi possono essere più di mille e identificano sempre una persona che non è libera. Che fatica appunto ad avere nuove vedute, sicuramente anche più sane per essa stessa, e che apre poco la mente lasciandosi andare con fede.

Purtroppo è molto difficile tranquillizzare una persona che ha paure così intrinseche, tutti quanti abbiamo paure inconsce, ne siamo pieni, così come è difficile far loro cambiare idea soprattutto dopo che vivono così da una vita.

Secondo Louise L. Hay, scrittrice e pioniera del Pensiero Positivo, per cercare di smettere di russare, una valida soluzione sarebbe quella di liberarsi del passato e di tutto ciò che non è Amore avendo fede nella vita e nel futuro senza preoccupazioni. So che è dura ma l’allenamento è davvero utile. Si dovrebbe vivere tenendo a mente che la gioia è il primo ingrediente della vita e, come esercizio, consiglia di dire, anche più volte ogni giorno, ad alta voce, la seguente affermazione:

Mi libero di ciò che è diverso dall’ Amore e dalla gioia nella mia mente. Procedo dal passato verso il nuovo, la freschezza, la vitalità –.

Un esercizio che è da svolgere concentrandosi e credendo, il più possibile, in quello che si afferma. Potete provare. E’ gratis e non ha controindicazioni. Vi auguro notti serene e silenziose.

Prosit!

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Ama e ama e ama…

E’ davvero difficile amare. Amare in modo vero, sincero, puro, quando…. non si è corrisposti.

Quando ad ogni nostro slancio di entusiasmo si riceve una mazzata sulle orecchie che ci rintrona per un attimo moooolto lungo.

Poi ti ripigli, sbatti un po’ le palpebre e ti dici – Ama, non fa niente, tu ama, continua ad amare, ama, oltre qualsiasi cosa, sopra il tutto, ama, spingiti oltre… – e intanto lo stomaco si lacera, il cuore si vena, gli occhi si riempiono di lacrime e vorresti urlare.

Ok, dopo questa introduzione penso sia giusto scrivere anche una premessa al fine di comprendere questo post al meglio anche perché già sento che mi verrà fuori confuso….

Si, mi sto riferendo a quando si decide di amare incondizionatamente. A prescindere. Che già il termine “decidere” è sbagliato perché è una cosa che non la si determina anticipatamente, ma ci sono avvenimenti nella vita che ci accadono, al fine di insegnarci qualcosa, e spesso dovremmo prenderli, nonostante forse la sofferenza che ci regalano e, anziché tenerli come una spada di Damocle puntata sulla nostra testa per tutta la vita, quasi fieri di avere un melodramma triste da raccontare, trasformarli in qualcosa di positivo. In una specie di allenamento, per cercare di riuscire a vivere meglio. In modo più felice. Per evolversi si potrebbe dire.

Il tema che ho scelto, quello dell’amare in tale maniera, è sicuramente il più difficile tra tutti a mio avviso. E’ collegato ad un milione di altre cose.

Detto questo, non intendo affermare che è giusto farsi maltrattare da qualcun altro o permettere a chi ci sta di fronte di mancarci di rispetto, ma vorrei sottolineare quanto è dura accettare i comportamenti dell’altro quando non sono come i nostri, quando non ci appartengono, quando ci fanno più male che bene, quando non rispondono alle nostre aspettative provocano malessere. Mi riferisco ad un altro che non la pensa come noi e che si, è vero che ci reca dolore, ma non lo fa apposta. Non ci pensa. E’ innocente. Ma noi sentiamo male. Questo è il dramma. Un male tremendo e… vorremmo concluderla lì. Certo, sto naturalmente parlando prevalentemente di un rapporto di coppia, ma potrebbe non essere l’unico tipo di legame al quale correlare tali affermazioni. Quando si è in Amore, in modo totale, non c’è sofferenza di alcun tipo e quindi nemmeno le mazzate sulle orecchie esistono, ma arrivare all’amore incondizionato è un percorso di scalini, duri e faticosi, ci sono degli step e, prima di giungere al traguardo, purtroppo, si sta anche male.

Ora, mettendoci tutto il nostro impegno, credetemi che ce ne vuole parecchio, si potrebbe anche riuscire a sorpassare il dolore della fitta nel fianco che subiamo, ma la cosa più importante da fare è chiedersi – Ma sono davvero felice? -.

Riuscendo ad ascoltarsi attentamente, nel più profondo, e producendo una buona dote di sincerità, vedrete che si può rispondere tranquillamente – No -. Perché è difficile dare amore mentre si viene feriti. Perché è difficile essere felici quando per la prima volta, dopo sette mesi di relazione, lui ti chiama “Amore”, tu fai i salti di gioia e poi scopri che è stato solo uno scherzetto del correttore automatico. Sul serio! E’ difficile essere felici dopo che da due giorni si aspetta di sentire la sua voce, poi finalmente riesci a chiamarlo e lui ti risponde di corsa salutandoti di fretta perchè sta iniziando la partita di calcio. E’ difficile essere felici quando lei ha organizzato di andare a fare un viaggio, prospettandolo come uno dei più belli della sua vita, e non ti chiede di accompagnarla. E’ difficile… accettare. L’accettazione è qualcosa che può rodere, che graffia forte come artigli possenti.

A questo punto, tante persone potrebbero iniziare a parlare di mancanza di rispetto ma altre invece potrebbero rispondere che il rispetto nasce proprio nel lasciar libera, al 100%, quella persona che sta assieme a noi. Senza interferire nella sua vita, senza costringerla, senza amputare nulla della sua libertà. Permettergli persino di andare a letto con un’altra. Certamente. L’amore è amore, il sesso è sesso. Due cose completamente differenti.

Nella savana, un leone che si tromba dieci leonesse, mica subisce le angherie della leonessa precedente una volta rientrato in tana. La natura vuole che si prolifichi, noi non prolifichiamo, godiamo solamente, appaghiamo un nostro bisogno, un piacere, ma è comunque sempre un bisogno intrinseco. Ancestrale. Senza nominare gli animali che hanno sicuramente una mente meno sviluppata della nostra e non hanno una morale o una ragione, potremmo prendere popoli di altri Paesi che non temono assolutamente, nè rifiutano, il fatto di andare a letto con più persone contemporaneamente. Quindi, i nostri, sono solo schemi mentali. Quindi siamo praticamente vittime, e soffriamo per questo, di una nostra educazione ricevuta.

Altri ancora invece pensano che se davvero ami una persona non ti viene lontanamente in mente di fare sesso con un’altra. Ma io mi chiedo se questo criterio può continuare per molti anni, anche dopo la famosa “abitudine” o se ha modo di esistere anche in caso di rapporti a distanza. Quei rapporti in cui ti vedi magari solo una volta al mese.

E quindi insomma che, detta così, sembra davvero facile ma non lo è per niente. Non è facile dare a qualcuno un “buongiorno”, al mattino, pieno di gioia e caloroso affetto e ricevere un freddo – ‘giorno – semplicemente perché quella persona non è calda come noi, o non ha mai ricevuto affetto e non sa come offrirlo. Penso altrettanto però che, molte cose, non si debbano imparare. Le abbiamo dentro e nascono spontaneamente. Se si ama davvero.

Il discorso alla fine è un altro. Si ha voglia di continuare così o è meglio andarsi a cercare una persona più simile a noi che ci saluta affettuosamente al mattino o che se va a fare un viaggio ci invita perché ha piacere a stare con noi? Direi la due. Ma, dopo aver detto la due, sorgono i primi dubbi: è allora davvero amore incondizionato, a questo punto, o soltanto l’appagamento inconscio di alcune nostre umane necessità? Umane e più che comprensibili.

Non voglio estremizzare. Ci sono coppie che stanno insieme solo per un vero e proprio ritorno, io non parlo di questo tipo di legame che davvero non mi piace e lo trovo abietto. Mi si perdoni il giudizio. Mi riferisco alla via di mezzo, a quei bisogni umili e che hanno modo di esistere proprio perché… dove sta il limite? E c’è un limite? Quanto posso accettare? Fin dove posso spingermi? Per quanto tempo ancora posso provare quella puntura forte nelle viscere che non mi fa stare bene?

Basta, vaffanculo, non lo sopporto più. Vorrei che facesse… vorrei che dicesse… -. Alt! Dov’è l’Amore in tutti questi “vorrei”?

E quel “basta”, che in verità non riusciamo a dare, è davvero amore o è paura della solitudine? Perché in realtà si può amare comunque anche lontani. Si può amare anche una persona che non è con noi o non lo è più, anche se il vero amore, presumo, riesca a far andare tutto a pennello e il puzzle si crea. Si crea perché l’amore è alla base di tutto. Non c’è niente di più forte dell’amore. Perché se è vero che l’amore move il sole e l’altre stelle pensate davvero non riesca a far combaciare due esseri umani se la loro unione è vita? E’ creazione di qualcosa di meraviglioso? (Non parlo di figli). Se sei amore sei luce e quella luce la si vede. Abbaglia. L’amore è il nutrimento primario della creatività. Quando si è pieni d’amore si crea, deve uscire in qualche modo o scoppieremmo. Se c’è apatia, non c’è amore. O per lo meno ce n’è molto poco. Se c’è paura, insofferenza, tristezza, de-pressione, non c’è amore.

E insomma, sapete bene ormai, se mi conoscete, che io sono quella delle sfumature di grigio e per me ce ne sono ben più di 50 e con meno erotismo.

E allora che si deve fare? Mollare tutto e quindi perdere la possibilità di capire, di provare un qualcosa di nuovo grande come l’amore?

O bisogna continuare rodendosi l’anima perché a tutti i costi occorre spingerci oltre il limite se vogliamo capire qual è, il vero amore di cui parla l’Universo?

Solitamente, in questo mio blog, sono io quella che offre il risultato bell’è pronto su un vassoio d’argento. Lieta oggi di mostrarvi la mia umanità. Non potrei mai, perdonatemi, competere con la maestosa, potente, complessa, o forse semplicissima, forza dell’amore.

Ma qualche riflessione probabilmente avviene.

Prosit!

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Non alimentare le Energie Negative!

Credimi, non sono cinica, non sono menefreghista. Non avrei aperto un blog come questo con l’intento di aiutare le persone a vivere un po’ meglio, osservando anche altri punti di vista, se fossi una che se ne frega del dolore degli altri (cazzarola). Perciò, il mio appello di oggi, non prenderlo per impassibilità, o per indifferenza. Non ti chiedo di essere d’accordo con me, ti chiedo solo di riflettere.

Ti ho detto, più e più volte, che tutti noi emaniamo un’energia. Quest’energia viene emessa attraverso delle frequenze invisibili che vanno a collegarsi a frequenze simili a loro, attratte da loro, e ritornano a noi attraverso una specie di porta aperta, connessa con l’energia universale che ci circonda. Questi argomenti non li ho inventati io, li spiega la fisica, lo diceva Einstein e molti altri assieme a lui. Scienziati (perbacco!), gente che queste cose le ha dimostrate, puoi vederlo tu stesso attraverso internet. Informati!

Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. “Sintonizzati” alla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere quella realtà. Questa non è filosofia, è fisica – (Albert Einstein).

Cosa accade quindi in parole molto povere? Accade che se noi emaniamo una “brutta” energia attraverso: la sofferenza, la rabbia, il fastidio, la paura e altre emozioni negative, stiamo arricchendo l’energia cosmica di queste sensazioni. Stiamo riempiendo, quello che chiamiamo “vuoto”, attorno a noi, di sofferenza, di rabbia, di fastidio, di paura e di altre emozioni negative. Esse, come dicevo prima, andranno a collegarsi con le stesse frequenze e torneranno indietro.

Non hanno il mirino. Fluttuano nell’aria. Colpiranno poi di nuovo te, ma anche me, e anche l’altro e così via. Così come quelle di quell’altro verranno a colpire me e colpiranno anche te. Una ragnatela.

La stessa cosa ovviamente accade con le frequenze positive. Tanta manna! Questo è importante. Possiamo costruire una ragnatela di frequenze positive. Si! 

Detto questo, immagina ora cosa succede quando sentiamo parlare della guerra, quando accade un fatto tragico nel mondo, inspiegabile e orrendo per noi. Quando ci vanno di mezzo bambini e vittime innocenti. Quando l’uomo mostra il suo lato più disgustoso, o la natura, apparendo senza pietà, distrugge mille vite. Ci rattristiamo, ci arrabbiamo. E’ ovvio, non possiamo farne a meno. E sentiamo di dover dimostrare la nostra tristezza e la nostra rabbia.

Se non facessimo così passeremmo per cinici. Addirittura potremmo sentirci complici dei barbari evitando di provare lo stesso dolore che quelle persone come noi, nostri fratelli, hanno provato. Ci sentiamo connessi empaticamente. Se non facessimo così, la nostra coscienza la sentiremmo sporca. E quindi?

E quindi alimentiamo ulteriormente l’energia negativa che regna sovrana su quel fattaccio. Ce ne prendiamo un pezzo anche noi, e l’ampliamo, cosicché mitighiamo un po’, forse, la sofferenza altrui senza renderci conto però che, così facendo, colmiamo nel mentre l’energia attorno di tutte queste emozioni negative che colpiranno… te, me e anche l’altro. E’ sempre una ragnatela.

E come si manifestano poi queste energie negative colpendoci a loro volta? Come prendono forma? E’ semplice: altre guerre, altre barbarie, altri devastanti regali da Madre Natura. Tutte situazioni scientificamente ovvie, quelle naturali intendo, e che devono accadere come sono sempre accadute negli anni e nei secoli passati. La terra trasmuta, si riforma, è viva, ha i suoi movimenti e poco gli importa di noi, lei fa pulizia. Ma questa terra è anche viva. Facciamo parte di lei. La sua energia è collegata alla nostra come la nostra a quella di lei. Come l’allattamento a un figlio, nel quale c’è uno scambio di latte e amore. E come la nutriamo noi Madre Terra emanando emozioni negative a dismisura? Le facciamo male. La nutriamo nel modo più sbagliato che c’è.

Il fuoco non si spegne con il fuoco. Occorre l’esatto opposto: l’acqua. Punto. Su questo siamo tutti d’accordo. Cosa può combattere e distruggere la sofferenza quindi? Il suo opposto: un sorriso. La gioia.

Sembra assurdo lo so. Muoiono cento vite innocenti e noi sorridiamo. E’ come bestemmiare. In realtà è una soluzione incredibilmente potente. Sorridere non significa denigrare il fatto, fregarsene, godere della morte altrui. Significa soltanto trasmutare quell’energia negativa in positiva affinché le cose migliorino. Trasformare in silenzio, e nel totale rispetto, la tristezza e la rabbia in… Amore.

Trasformandole in amore si avrà amore. Alimentando le altre si avranno le altre. Per l’Universo è molto semplice.

Davanti alla notizia di una guerra prova a scendere nei tuoi silenzi e prova, in modo alchemico, a modificare quella sensazione da negativa a positiva. Esiste un potere infinito dentro di noi e non vogliamo metterci in testa che siamo co-creatori della realtà. Lasciamo la disperazione e l’angoscia a chi è stato toccato da vicino. Noi, tutti intorno, più forti, meno colpiti dall’evento, proviamo a creare una fantastica luce di benessere. Per alleviare i cuori e per bloccare altri fatti tragici.

Ricordi il terremoto di quest’anno? Ricordi Amatrice? Le parole del Sindaco Sergio Pirozzi? – Non so se abbiamo fatto qualcosa di male, me lo chiedo da ieri, un metro e mezzo-due metri di neve e ora pure il terremoto. Che devo dire? Non ho parole. Da settanta anni non nevicava così. Proviamo a rialzarci, tanti sacrifici, poi la scossa del 30 ottobre, poi la più grande nevicata dagli anni 50, le temperature più basse degli ultimi 25 anni. Tutto insieme -.

Esatto. Tutto insieme. Senza sosta.

L’Italia era spaventata dopo gli altri terremoti degli ultimi anni, era afflitta, sofferente e, guarda caso, senza sosta, un accanimento micidiale. E naturalmente mica si poteva gioire a vedere quelle persone senza più niente, senza nemmeno più speranza. No, gioire no, ma potevamo forse donare della sana energia senza ampliare quella infelice. Tristezza sui social da tutto lo Stivale ma soprattutto….. Paura!

Si leggeva soltanto “E se adesso viene anche da noi il terremoto? E se adesso viene anche da noi il terremoto? E se adesso viene anche da noi il terremoto?”

E se quando si dice che creiamo la nostra realtà ci si credesse un po’ di più?

Chiedi e ti sarà dato – …diceva qualcuno molto tempo fa…

Ma io non chiedo un terremoto! – dirà qualcun altro.

Si che lo stai chiedendo. Lo stai immaginando. Lo stai creando. Tu, così come altre mille persone assieme a te. Vuoi mettere la forza che prende un tale pensiero? La potenza che può avere? E’ sotto ai tuoi occhi. Osserva.

Il termine “accanimento” dovrebbe farti ragionare. Attacchi terroristici, piaghe, disgrazie… quando tutto sembra non fermarsi, non avere fine… Rifletti.

Mi verrebbe da dire una frase banale – Tanto non è che pensando in negativo risolvi la situazione… – e non la dico, mi sembra sciocca e fuori luogo. Citerò solo la sua seconda parte – …e allora pensa positivo, mal che vada hai creato dentro di te e in chi ti sta attorno… un po’ di gioia. Che ce n’è sempre bisogno, ed è la cura migliore per ogni male -.

Ogni volta che senti una brutta notizia, modificala dentro di te. Non ingigantirla, non darle potenza. Rendila in qualche modo positiva, riempila di gioia anche davanti alla morte, anche davanti alla violenza. Solo così, a mio umile avviso, puoi fare qualcosa di davvero utile. Hai la magia dentro di te per farlo, tutti ce l’abbiamo. E se vuoi fare ancora di più, datti da fare. Vai da quelle persone, chiedi se hanno bisogno di te, offri anche solo una carezza, ma con l’amore dentro. Senza rancore, senza disperazione, solo amore.

Prosit!

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CREA – TI – VITA’ = CREATI – VITA

Crea la tua Vita

Avete presente quel fuoco che si sente dentro? Quel fuoco che brucia, che cresce, che in un modo o nell’altro ci fa sentire vivi?

Di quale fuoco stiamo parlando? Di quello impetuoso della rabbia? Può essere. Di quello doloroso della tristezza? Si. Di quello sfrigolante della gioia? Anche. Di quello travolgente dell’energia sessuale (vitale)? Si, certo. E’ comunque vita e, questa vita, deve essere sprigionata per non soffocare dentro. Per non bruciare all’inverso, prima di morire, consumando complementi molto utili a noi stessi; gli organi ad esempio. Facciamolo divampare fuori, per non causare danni, anche perché ha bisogno di ossigeno per continuare ad esistere. Come un fuoco vero.

Occorre far uscire questo fuoco e la maniera migliore per ottenere questo è quella di CREARE.

 

CREARE qualsiasi cosa.

In questo caso specifico ho scelto l’arte del disegno, della pittura, e anche quello della manipolazione ma, naturalmente, quando si intende il CREARE si può parlare anche di una passeggiata, di una lettura, di un piano di studi, di un progetto, insomma… è l’apatia quella che non deve esistere. E, quando c’è apatia, non c’è nemmeno fuoco.

Il dinamismo, tutto ciò che si muove, è energia e, l’energia, è vita a cominciare dagli atomi che compongono ogni parte della materia circondati da elettroni sempre in movimento. La staticità invece, è esattamente l’opposto. E’ la morte.

Ma perché la parola CREATIVITA’ significa fondamentalmente CREA LA TUA VITA?

Beh, creo ciò che sento, ciò che immagino. Immaginare – In Me Mago Agere – In Me c’è un Mago in grado di Agire. (Ripeto sempre questo concetto per chi lo legge per la prima volta). Con questo non sto dicendo banalmente che creo nella mia vita i disegni che vedete in foto, bensì che, come creo questi disegni, che nascono prima nella mia mente per poi concretizzarsi, posso creare anche la mia esistenza, vale a dire: il mio lavoro, la mia vita familiare, le mie giornate a scuola o, semplicemente, il mio viaggio in auto, che sarà come io lo immagino comodo, senza intralci, piacevole.

Abbiamo la possibilità di creare ciò che vogliamo ma, mentre con un disegno, o una cena tra amici, o un’escursione in montagna, riusciamo facilmente perché ci sembrano cose possibili da realizzare, nel momento in cui dobbiamo focalizzare le nostre sensazioni verso un qualcosa di più fondamentale (la nostra professione ad esempio) ecco che invece iniziamo a non credere più. A non avere più la fede. La tranquillità che quella situazione avverrà concretizzandosi esattamente come noi l’abbiamo considerata.

Organizzare una serata tra amici di vecchia data è possibile. Basta fare qualche telefonata, mettersi tutti d’accordo… et voilà, l’affare è fatto. Lavorare invece nel nostro campo preferito o avere la casa che da sempre desideriamo è già più difficile da credere.

Eppure è la stessa cosa. Per l’Universo intendo. Non c’è differenza. Siamo noi che poniamo differenze ma sono nostri schemi mentali che a lui non appartengono. Possono esserci per lui disuguaglianze tra un mestiere e un dipinto? Assolutamente no. Tutto sta a noi, al nostro creare. Al nostro agire. Al nostro credere. Al nostro… lasciar arrivare, con fede assoluta. E’ difficilissimo, lo so. E fa quasi arrabbiare capire che, in realtà, sarebbe possibile ma qualcosa ci blocca.

Detto questo comunque è bene aggiungere anche che, tutto ciò, può essere il passaggio successivo. Al principio è bene innanzi tutto fare, progettare, plasmare appunto, far uscire quello che scalda dentro perché se non iniziamo da lì non possiamo ottenere nulla.

Ogni volta che provate un’emozione fatela uscire attraverso espressioni artistiche. Potrebbe anche semplicemente essere quella di cucinare qualcosa di nuovo o addobbare la tavola in maniera particolare.

Se si crea significa che in noi c’è amore. Quando c’è amore in noi, automaticamente, esso esce nelle forme più disparate. Significa che siamo pieni di quel qualcosa che ci riempie. Avete mai notato come spesso accade che quando siamo innamorati non abbiamo neanche fame? Mangiamo di meno. Siamo già nutriti da questo amore e, esattamente come il cibo, che dopo un po’ esce dal nostro corpo sotto forma di sostanze di rifiuto (in realtà preziosissime per altre forme di vita), alla stessa maniera escono le nostre creazioni.

E’ come un ciclo vitale. Amore = Vita.

Creatività = Creati vita = Crea la tua vita

Da non dimenticare.

Beh ma… alla fine, vi piacciono i miei lavoretti o no? Si, lo so, non sono un’esperta ma ce l’ho messa tutta….

Prosit!

The Greatest Journey

barefoot

Prendi quella strada. Sempre dritta. Non voltarti. Non guardare altrove. Vai.

Fai del vento che ti rema contro un alleato.

Ascolta le grida degli uccelli.

Tocca la terra. Assaporala.

Vivi perdio! Ama!

Non sentire altro. Immedesimati nella tua più grande ambizione.

Cammina, ci sei solo tu.

Considera, puoi.

Innalzati, al di sopra di tutto.

Non aver paura di essere l’immensità.

Sii cieco, hai altri sensi per guardare.

Resta muto, non ti serve dire niente.

E sordo, hai il cuore per sentire.

Hai la pelle.

Vai più in là, dove non è mai arrivato nessuno, dove si pensa esista la paura.

Soltanto adesso puoi voltarti e osservare la città, dietro di te, che dorme.

La città ligia ai suoi doveri, concentrata nel suo brulichio.

Soltanto adesso puoi sentirti unico.

Non temere questa sensazione. Ti appartiene. Non fa male.

Spaventa ma non distrugge. Rinnova.

Ascolta l’acqua del mare e quello che ha da dirti.

Ascolta le foglie che ti sussurrano parole incomprensibili.

Da lì a poco capirai.

Potrai tradurre ogni lingua. Persino la tua. Quella che non hai mai compreso.

Amati, come non hai fatto mai.

Senti germogliare in te il seme della creazione, della vita. Quella che non hai mai vissuto.

Ascolta il tuo cuore. Non è più lì. E’ in tutto ciò che vedi.

Sentiti partecipe di quell’infinita bellezza. Ne fai parte anche tu.

Spalanca il diaframma. Respira.

Realizza la tua passione. Ora.

Entra nel divino e non potrai più tornare indietro.

Impara a conoscere chi sei.

Svestiti di ogni turbamento, al tuo interno non ci son tragedie.

Solo gioia. Infinita gioia. Falla uscire.

(MEG)

photo vivodibenessere.it