Eccessiva Sudorazione: il bisogno di mostrarsi competenti

Dal momento che ci stiamo avvicinando sempre di più all’estate e al caldo torrido che tutti gli anni opprime tantissime persone, ho pensato di scrivere questo articolo sulla sudorazione eccessiva che affligge molti individui.

Non è certo un fenomeno simpatico. La schiena si bagna, la fronte cola così come le guance. Per non parlare delle mani, le parti del nostro corpo che afferrano la vita. Che, se umide, ci fanno vergognare di stringere la mano a qualcuno e, a modo loro, piangono non riuscendo a prendere l’esistenza come vorrebbero. Ci si sente appiccicati e spossati. Se poi, a questo, si aggiunge l’odore sgradevole di un sudore acre, il problema diventa ancora più insopportabile.

Come ho già detto diverse volte, una fuoriuscita esagerata di liquidi dal nostro corpo corrisponde sempre ad uno stato d’Ansia che è la figlia numero uno della Paura. Ovviamente di uno stato d’Ansia si hanno diversi stadi, da quello impercettibile a quello eclatante del panico, ma comunque entrambi esistenti e nascosti o meno in noi. Si cerca di espellere ciò che non ci piace e non vogliamo trattenere. Per questo si suda parecchio, ci si sveglia di notte per fare diverse volte pipì, si perde muco dal naso, si lacrima con facilità, etc… I mezzi possono essere diversi.

Per quanto riguarda la sudorazione, in particolar modo, occorre collegarsi al bisogno di stima e di apprezzamenti. La persona che suda parecchio (e, in alcuni casi, non solo in estate) è una persona che ha bisogno di mostrare che vale e ha bisogno di risultare competente in quello che fa. E, beh… sì, certo… anche competitiva. E’ fondamentalmente irrequieta, a volte persino iperattiva, sa fare tante cose e sa fare tante cose assieme. Ha anche tanti pregi.

Vive però sempre un po’ sull’”attenti”. Attenta a non sbagliare, non sopporterebbe di essere svalutata e non ama neanche compiere errori. Questo pregiudicherebbe la sua “fama”. Una fama costruita nel tempo e che ben la precede e ben parla di lei. Una fama che ha iniziato a realizzarsi fin da quando quella persona era un bambino vittima della nota sindrome del “figlio perfetto”.

Si tratta di individui che soffrono se vengono a sapere di non essere ammirati soprattutto da chi loro considerano importante nella loro vita, che sia un famigliare al quale vogliono bene, oppure in ambito lavorativo può trattarsi del datore di lavoro o della clientela.

Si da’ colpa al caldo ma, in realtà, questo non c’entra nulla. L’unica sua colpa è quella di dilatare i pori dai quali il sudore esce poi ovviamente con più facilità ma quello stato d’Ansia c’è anche durante la fredda stagione solo non è messo in mostra dalla sudorazione. Può colpire quindi lo Stomaco e tutto l’Apparato Digerente, oppure si possono avere problemi nella bocca in: denti, lingua, labbra e gengive. Certo, sì, il caldo aumenta anche la nostra temperatura e “scioglie” in liquidi alcune sostanze. Questo è un meccanismo assai utile per il nostro organismo ma quando si eccede allora significa che può esserci un problema.

A infierire ancora di più sul cercare di sentirsi sempre competenti e all’altezza delle situazioni, causa bisogno di stima, può sopraggiungere un altro fattore: la sensazione di sentirsi “in trappola”. (Questo da’ anche il senso di soffocamento che si percepisce durante l’afa estiva). E’ una sensazione celata che la si può notare con molta difficoltà ma c’è e, da qui, ne deriva l’irrequietezza di cui parlavo prima. C’è un gran bisogno di libertà. Si tratta della voglia di libertà di fare ciò che più si vorrebbe e di ciò che si vorrebbe essere. Tant’è che, ricercare quella sorta di perfezione per ambire all’ammirazione degli altri, induce a indossare costantemente una maschera quando invece ci piacerebbe anche essere imperfetti ma essere amati comunque. Ebbene sì, stima è sinonimo di amore. Essere amati per quello che siamo così come siamo. La voglia del non sentire affetto da parte degli altri per quel che si fa e come si fa ma per quel che si è. Così. Semplicemente. Senza impalcature.

Quel sudore che esce dai pori è come se suggerisse un pianto del nostro corpo. Una tristezza che esce, si mostra attraverso il suo particolare grido per farsi vedere e dire – Non vedi quanto sto soffrendo? Non vedi quanto sto piangendo?! -. La sudorazione eccessiva infatti non solo infastidisce chi ne è vittima ma fa sentire spossati, stanchi, innervosisce e ci si sente stufi. Esattamente le stesse sensazioni provocate dall’Ansia.

Quelle lacrime che escono dalla pelle sono l’acqua che spegne il fuoco. Il fuoco della Rabbia. Lo so che ho già nominato molte emozioni: Ansia, Rabbia, Tristezza… ma ditemi, una persona che vive nella – paura di non piacere – non prova forse queste sensazioni assieme?

Alla base c’è l’insicurezza. Anche dietro a chi si mostra sicuro di sé, capace, goliardico. Un’insicurezza perenne lo accompagna. Paura di perdere le persone a lui care, il suo valore, la sua reputazione, il suo lavoro, i soldi… Qualunque cosa. Non ci si sente “un Dio”, in parole povere.

Si tratta di una sensazione particolare perché, in questo caso, c’è come una finta autostima che nasconde il tutto anche all’individuo interessato. Chi si svaluta totalmente, ad esempio, non suda nemmeno. In questo caso, invece, c’è una lotta continua tra una parvenza di autostima, che autostima non è, bensì si tratta di bisogno di auto stimarsi il quale fa diventare quella dignità come reale, la quale a sua volta battaglia contro l’autosalutazione e la preoccupazione di essere svalutati dagli altri. Pre – occupazione cioè occuparsi precedentemente. Scusate il giro di parole.

Non serve a nulla odiare il caldo e bestemmiargli contro. Occorre piuttosto provare a piacersi per ciò che si è, occorre auto-stimarsi, sinceramente e del tutto, sapendo di valere e soprattutto evitare di preoccuparsi troppo del giudizio altrui. Serve la propria valutazione e basta. Serve piacere a se stessi.

Non mi resta che augurarvi buona estate e ricordate: ogni volta che detestate una manifestazione di Madre Natura chiedetevi sempre che cosa vuole suggerirvi. Cosa vuole far uscire da dentro di voi che esiste, in modo ancestrale, e nasconde qualcosa di molto più profondo.

Prosit!

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Ictus – una Vita di Insoddisfazioni, Blocchi e Forzature

L’Ictus è un gravissimo danno, soprattutto cerebrale, per le importanti cellule che muoiono non venendo più nutrite dal sangue. Si tratta infatti di un’interruzione di ossigeno, che può essere causata da diversi fattori, in determinate zone del nostro corpo. L’Ictus al cervello è sicuramente il più terribile in quanto uccide cellule le quali governavano parti del corpo ora immobili o non più funzionanti.

La rottura di un vaso, un ristagno di sangue, un coagulo, una bolla d’aria, sono tutte barriere che impediscono l’arrivo del sangue dove necessita e l’individuo ne subisce le drammatiche conseguenze. Una vita irregolare, non sana, un’alimentazione sbagliata, vizi poco salutari, malattie cardiovascolari, l’utilizzo eccessivo di farmaci e molti altri motivi, che un medico saprebbe spiegarvi meglio di me, possono essere le cause principali di questa bruttissima situazione da subire ma, anche se considerate le più ovvie, non sono le uniche. C’è anche un altro lato da osservare ed è quello del – cosa siamo -.

Siamo troppo abituati ad ascoltare soltanto il nostro corpo. Poco ci importa delle struggenti lotte che la nostra parte mentale e quella emozionale vivono costantemente ogni giorno. Le sopportiamo dicendo – Tanto è così – e tiriamo avanti. Purtroppo per noi però, proprio tutte e tre queste parti che ho citato: corpo, mente e emozioni lavorano insieme, strettamente collegate tra loro. Un disguido in uno di questi settori comporta rischi o danni anche nell’altro e così via. Ma non ci si crede. Dividiamo tutto, archiviando ordinatamente in diversi cassetti ogni nostro Essere.

Se però parliamo di “interruzioni”, a livello vascolare, dobbiamo comprendere come queste interruzioni siano anche a livello emozionale e di conseguenza (poi) fisico. Mi pare ovvio. Pertanto, se vivo una vita “bloccato”, ossia una vita nella quale non posso avere o non posso fare quello che voglio, a lungo andare, il mio sangue (simbolo e fonte della vita) si bloccherà. Ora, tutti noi viviamo una vita così. Quasi nessuno fa quello che vuole o fa quello che gli piacerebbe fare. Gli impedimenti sono tantissimi. Ma è come si vive questa situazione ad essere importante. Ad esempio, tutti dobbiamo lavorare ma mentre c’è chi in cuor suo non vorrebbe e si ribella e vive con esagerato rancore e risentimento la sua esistenza, c’è chi invece pur essendo magari scontento, si limita a sbuffare ma non prova odio nei confronti della sua stessa vita o profonda e struggente insoddisfazione.

L’Ictus è proprio questo. Il potente risentimento nei confronti della mancanza della propria espressione. Tutti vorremmo avere più soldi di quelli che abbiamo ma c’è chi…. se ne fa una MALATTIA.

Il dolore fisico, per fare un altro esempio, non è percepito da tutti allo stessa maniera, ma soprattutto non è percepita la gravità del fatto alla stessa maniera. C’è chi si taglia un dito e si mette un cerotto e finisce lì, c’è chi per lo stesso taglio ne fa un dramma agitandosi o svenendo. Non ci sono colpe, ne giudizio, ma è per questo che è importante capire come viene percepita la situazione da quel soggetto.

Tutto questo insieme di emozioni negative causa un significativo blocco della gioia (il sangue rappresenta proprio la gioia, ingrediente principale della vita) che, a lungo andare, causa a sua volta il danneggiamento.

Si vive in un continuo e latente stato di tristezza nel quale ci si sente insoddisfatti e infastiditi. Non si vive la vita che si vorrebbe. La scontentezza regna padrona a livello profondo, negli abissi del nostro Essere. Fino al momento in cui, stremati da questa specie di continua lotta, “ci si lascia andare”. L’Ictus giunge senza pietà e con poche avvisaglie, lasciando solitamente strascichi che si portano avanti per tutta la vita nei casi in cui si rimane in vita. La perenne e protratta insoddisfazione nei confronti della propria storia sentimentale/coniugale, la “recalcitraggine” nei confronti del proprio lavoro, l’idiosincrasia nei confronti della società, che colpevolizziamo per via degli impedimenti che ci obbliga a vivere, sono tutti esempi validi in caso di Inctus. Non so voi ma ho conosciuto molte persone vittime di Ictus e nessuna di queste era veramente e sinceramente soddisfatta della propria vita. Non fermatevi ai sorrisi, alla voglia di scherzare, all’essere di compagnia. La tristezza può essere molto ben nascosta in arcane grotte che ci appartengono e quando con essa, ci si convive, la si maschera ancora meglio apparendo persone socievoli e divertenti. Ma, credetemi, raramente, senza assolutismo, una persona che nasconde queste emozioni negative, è portatore di luce nella vita degli altri, anche se ride 24 ore al giorno.

Mi preme dire che, dietro a questo, c’è naturalmente anche una buona dose di rabbia e sovente anche una dipendenza. La dipendenza può essere di mille tipi: donne, soldi, partner, alcool, porno, gioco d’azzardo, divertimento, conoscenza, cibo, ordine, originalità… Quando senza quel qualcosa si vive male questo qualcosa è una dipendenza. Quando non si accetta la diversità si è dipendenti. Possono diventare ottimi palliativi all’insoddisfazione. Possono diventare inconsciamente chances a quelle che dentro di noi reputiamo forzature e non ci permettono di vivere al meglio. Un attimo di godimento in quell’irrequietezza opprimente. Quella frustrazione continua, perpetua.

Sentire addosso l’oppressione di ciò che non si accetta. Questa è la disgrazia.

Prosit!

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