Sono l’Erede di una malattia e quindi uno sfigato – parte 2°

CREA LA TUA MALATTIA

Per molti queste sono solo storiacce, forse perché non si documentano sull’epigenetica (che è una scienza non un movimento hippie) della quale non si è mai sentito parlare. Chissà come mai??? Ah! Sì! Forse perché è più giovane delle altre… però, che strano, alcuni virus appena nati vengono proposti subito al pubblico su tutti i rotocalchi! Vabbè… torniamo alle vittime impotenti. Se ne stanno lì, impassibili e sfigate, in balia di onde dannose date dagli avi senza poter far nulla. Una spada di Damocle. “Mio padre aveva il diabete, io avrò il diabete. Mio padre aveva un tumore, io avrò un tumore. Mia padre aveva la psoriasi, io avrò la psoriasi”. È fatto. Et voilà. E, naturalmente, a furia di pensarlo, accadrà proprio così. Ci hanno e ci siamo già messi una croce sulla schiena. A furia di difendersi da un nemico inesistente lo si realizza davvero.

Nel momento stesso in cui mi preoccupo del mio PROBABILE diabete, che ancora non esiste ma mio padre lo ha avuto, ecco che sto creando il diabete dentro di me. Beh, mi sembra ovvio. Quello che io ordino al mio cervello egli lo esegue alla perfezione. Su questo mi sembra non si possa discutere viste tutte le conferme che ci sono state date. Il pancreas, quindi, diligentemente, inizierà a secernere in modo diverso Insulina e Glucagone, il disequilibrio giungerà e di conseguenza il diabete che diventa cosa ovvia (è più lungo l’ambaradan ma la faccio breve).

Se non ci credete potete provare. Provare a vivere, per un periodo, cercando di difendervi dal diabete e pensando di essere vittime del diabete. Arriverà il diabete. Non lo farete, perché avete paura. Non ci credete, non volete crederci ma intanto evitate di provare. Se le mie sono solo fandonie potete farlo, non accadrà mai. Provate a nutrire il diabete dentro di voi, tanto non arriverà.

Il fatto più grave è che non riuscirete a difendervi dal diabete nemmeno prevenendolo con una sana dieta, in quanto, nessuno ha mai spiegato quali davvero siano gli alimenti sani e quasi nessuno ha voglia di documentarsi. Nessuno ci ha mai educato che possiamo curarci anche con il cibo e la natura tutta e che i farmaci possono sicuramente essere risolutivi e utili ma non l’unica cosa. Quindi… quando un medico nella dieta di un diabetico elimina i dolci ma lascia glucosio elaborato, tanto chissenecapisce, mi chiedo dove sia il cibo sano. Che poi… vabbè, il glucosio è un discorso a sé perché è ovunque ed è un tema assai complesso (molto moltissimo) ma magari limitiamolo. Mi sembra davvero senza senso non mangiare un cioccolatino ma mangiare la pastasciutta, se ho il diabete, ecco.

TRADUCENDO IL MESSAGGIO SI CAPISCE MEGLIO

Non serve essere immune a quella malattia, occorre essere immuni a quelle emozioni, a quelle reazioni, a quelle sensazioni, a quei pensieri, a quel messaggio.

Ma non usciamo dal discorso precedente. Il fatto è molto semplice, le cose sono queste qui:

– Cresco e vivo una vita, o gran parte di essa, conoscendo il diabete di mio padre. Il mio pensiero sarà sempre lì anche se cerco di tutelarmi (creo il mio diabete). La medicina stessa mi dice che sono “portata” ad avere il diabete quindi… ciao Pippo! Mi hanno segnata ormai.

– Se mio padre ha o aveva il diabete significa che mio padre era una persona che provava ben poca gioia nel suo vivere, aveva in sé una sorta di rancore e tristezza verso la società o chi l’ha messo al mondo, aveva poca voglia e grinta di combattere verso i problemi della vita e questo è quello che può avermi insegnato inconsciamente, ossia, una sorta di “arresa” che permea la mia esistenza. Messaggi continui, captati dal mio cervello che, in qualche modo, dicevano: la vita è dura, è difficile essere felici, questo non va bene, questo non mi piace, bisogna fare sacrifici… e lamentele e sospiri e sbuffate (creo il mio diabete).

– Se mio padre ha o ha avuto il diabete è perché si è nutrito con determinati alimenti che anch’io ho mangiato, seduta a quella tavola (creo il mio diabete).

– Se la gente (amici, parenti, medici) continua a dirmi di fare attenzione al diabete perché mio padre… (creo il mio diabete).

E’ chiaro?

Il fatto importante però è un altro. Ho il diabete? Oppure ho una qualsiasi altra malattia? Molto bene. Qualcosa dentro di me ha fatto sì che questa malattia nascesse in me proprio come è accaduto a mio padre e a mio nonno… ma, adesso, – sei MIA malattia, non sei ne’ di mio padre, ne’ di mio nonno e ce la vediamo io e te -.

TU E LA MALATTIA

E ora inizia una piccola storia vera, la mia.

Sono nata da un padre che ha sempre avuto problemi all’apparato respiratorio soprattutto in giovane età. Mio nonno, suo papà, ha sempre avuto, per 95 anni, gravi e fastidiosi problemi all’apparato respiratorio. Bronchiti, asma, sinusiti, etc… erano all’ordine del giorno.

Sono nata da un padre che mi ha insegnato a stare lontana l’aggressività e che l’aggressività – è una cosa brutta -. Mio nonno mi ha educata a non essere aggressiva, mi ha inculcato nella testa, senza neanche rendersene conto, che l’aggressività la si deve usare solo in determinati momenti della vita e, quei momenti, non sono bei momenti se devi diventare aggressiva. Mi hanno insegnato a mandare giù, sopportare e trattenere. A non dire la mia per il “quieto vivere” e perché “chi più ne ha, più ne metta”.

E guarda caso… volete sapere che significato hanno la bronchite e la sinusite (tanto per prendere le principali) come messaggio?

Bronchite – aver paura dell’aggressività, giudicarla come una cosa orribile.

Sinusite – sopportare senza accettare una situazione, o una persona, o un evento.

Ma-che-coincidenza!

Ok. Fu così che decisi di liberarmi da tutto ciò come vi ho già scritto in passato su altri post.

Ho 41 anni e, da quando sono nata, mia madre ha invano combattuto contro le mie bronchiti che ogni anno si presentavano rovinandomi per un mese la salute e l’anno scolastico. Crescendo, la situazione si è aggravata. La bronchite non solo si presentava una volta all’anno, bensì due, e si complicava aggiungendo a sé poi la sinusite. O meglio, sopraggiungeva anche lei e non avevo solo più problemi di catarro e muco nei bronchi ma anche in testa. Piena completamente.

Decisi di dire basta. Potete non credermi ma oggi sono tre anni che non ho più la bronchite e, da due anni, la sinusite è nettamente più lieve, dura pochissimi giorni e non è dolorante. Eliminerò anche lei col tempo.

COME MARIONETTE

Quello che intendo dire è che finché continuiamo a comportarci come schiavi, o succubi, o sfortunati, questo sarà ciò che saremo ma se decidiamo di diventare realmente padroni della nostra vita, per tanto difficile che sia, possiamo crearci un’esistenza diversa anche dal punto di vista della salute.

Non ho niente contro la medicina ma quando la medicina parla dovremmo evitare di pendere totalmente dalle sue labbra, dovremmo accogliere i suoi consigli ma pensare di essere noi stessi e che c’è pieno di uomini e donne morti per una determinata malattia ma i loro figli non soffrono dello stesso disturbo. Sta a noi non coltivare e non nutrire certe paure e sta a noi cambiare strada rispetto agli “errori” dei nostri genitori.

Il nostro DNA è una cosa viva e come vi ho detto a inizio post ogni forma di vita è in continuo movimento. Come già avevo scritto quando siamo sotto stress esso si contrae mentre in fase di serenità esso di distende. Il DNA è composto da una struttura chimica, non sono pezzi di vetro, sono basi azotate. E’ un qualcosa di energetico oltre che biologico ed è meraviglioso. Il mondo che viviamo è meraviglioso. Noi tutti siamo meravigliosi e possiamo avere una vita sana e meravigliosa. Ma forse ve lo spiega meglio lo scienziato Bruce Lipton:

Noi siamo i padroni del nostro futuro e non vittime del passato.

Prosit!

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Sono l’Erede di una malattia e quindi uno sfigato – parte 1°

Dividerò questo post in due articoli perché è un discorso abbastanza lungo e vorrei riuscire a spiegare bene tutto quello che esiste oltre a ciò che crediamo essere scontato. La vita è un continuo movimento energetico, un continuo mutamento perpetuo, nulla è scontato. Tutto cambia e tutto può cambiare.

CHE SFIGA!

Dire che l’ereditarietà nella malattia non esiste è estremo e assoluto quindi non mi piace; non mi piace e non lo dirò. Non dirò neanche, però, che credo di essere l’erede delle malattie/patologie dei miei familiari. È una cosa alla quale io non credo e, nonostante tutte le prove che la medicina ha voluto dare in base a questo argomento, non mi trova personalmente d’accordo. L’ho anche potuto constatare di persona. Questo non significa che dovete essere d’accordo con me, vorrei solo esporre il mio pensiero, e non significa nemmeno che non avrò gli stessi disturbi dei miei predecessori ma, qualora giungessero, la penserò diversamente e, tra un attimo, vi spiego come.

Se questa teoria me l’hanno voluta vendere come fondamenta basilare del mio stato di salute, andando a citare geni e cromosomi, io non ho voluto comprarla. Non ho voluto comprarla perché dietro alla parola – predisposizione – si nasconde un meccanismo ben più profondo rispetto a ciò che si sfoggia in vetrina. È troppo comodo e troppo semplice dare una specie di colpa al DNA che, di conseguenza, include la conclusione – Non puoi farci nulla -, ma soprattutto è deleterio in quanto mi rende schiava della sfiga, cioè di un qualcosa che non esiste. Schiava di un qualcosa che non esiste…

Schiava di una sfortuna… sono nata in quella famiglia lì, con quelle malattie lì… Ebbene, ho scelto di non dipendere il più possibile da niente e da nessuno, pertanto, non dipenderò neanche dai malesseri di genitori e nonni.

Ieri ho letto il commento di una donna, permettetemi di descrivere come dura e volgare, che dopo aver letto un post su FaceBook, inerente a questo discorso, ha proclamato – Io ho l’ipertensione come mia madre e un sangue molto denso, mangio bene eppure ho questa patologia. Il problema quindi è della mia mente? Ma non dite più ca@@@@e! -. Ovviamente il commento diceva altro, di più feroce, ma non serve ch’io lo riporti. Il nesso è questo.

Ora, io comprendo questa donna che in poche parole ha tradotto il pensiero di molte persone ma vorrei scrivere due cose a riguardo.

UN PO’ DI ANALISI

La prima è inerente proprio alla sua risposta. A quel suo tono. A quel suo impeto. Signora cara, si faccia due domande e si dia due risposte se ha l’ipertensione… però è anche vero che non si può mica valutare una persona da un solo commento visto che, magari, in quel momento, il gatto le aveva appena fatto pipì sulle ciabatte. Andiamo alla seconda questione, quel: “io mangio bene”.

Perdonatemi ora se divento tagliente ma l’ultimo che mi ha detto “io mangio bene” era convinto che la cucina di sua nonna calabrese (che adoro) era una cucina sana. Orsù! Il buono e il genuino sono una cosa. Il sano è un’altra. Un’antica riflessione orientale, appartenente alla Mecidina Tradizionale Cinese, afferma – Ciò che sporca il tuo piatto sporca anche i tuoi organismi. Osserva il piatto finita la pietanza e saprai regolarti -. Un conto è mangiare di gusto, un altro è mangiare i prodotti così come natura crea, forse meno golosi per le papille gustative ma sicuramente meno dannosi per il corpo. E non sono qui a fare quella delle “due carotine scondite”. Io non mi faccio mancare niente ma dobbiamo saper valutare. Inoltre, proclamare: – io mangio bene – ingurgitando, nel mentre: coloranti, conservanti, pesticidi, edulcoranti, etc… stona assai. Di questo non abbiamo colpe ma possiamo evitarne molti volendo. Detto questo, vorrei vedere come mangia la signora, figlia di una donna che avrà ben cucinato in un determinato modo nella sua vita e le avrà insegnato una determinata arte culinaria, la quale, probabilmente, tende a rendere il sangue un po’ poco fluido ma soprattutto un pompare del cuore veloce e sofferente.

Dopo l’aver appreso la cucina di mamma occorre anche vedere come mamma (o papà) ci hanno educato e modellato. Cioè plasmato a loro immagine e somiglianza. Mi spiego. Come dico sempre, ogni malattia arriva a noi per portarci un messaggio. In questo caso l’ipertensione significa, in ambito psicosomatico, reprimere le emozioni, avere un eccesso di emozioni dentro che si surriscaldano, trattenere ricordi/segreti che dopo molto tempo riescono ancora a emozionarci in male o in bene. Non sarà difficile quindi capire che anch’io, come mia madre, vivo in questo stato d’animo.

Facciamo un esempio: se in famiglia io, dal temperamento sanguigno, non ho mai potuto sfoderare le mie emozioni come volevo, perché me lo hanno impedito dal momento che loro anche lo facevano ed era giusto così, forse oggi ho qualche problemino. Identico al loro.

Vale anche, ahimè, se si decide di intraprendere la strada del tutto contraria ai genitori. Il punto di partenza è lo stesso se l’emozione è la medesima.

Non dimentichiamoci nemmeno che i genitori, quando ci mettono al mondo, non ci danno solo il loro DNA e neanche solo tratti del loro carattere. Ci danno anche le loro emozioni e la loro ENERGIA. I loro flussi energetici.

Devo fermarmi per dividere questo articolo, aspettate quindi la seconda parte, nel mentre, potete provare a riflettere.

Prosit!

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Liberiamoci Dei Rompipalle 3° – L’INVIDIOSO

E rieccoci all’appuntamento con i famosi “Rompipalle”. Si, quelli che vivono tra noi e ci rovinano le giornate. Nella categoria, qui a destra – PERSONE NOCIVE –, potrete leggere gli altri tipi di Rompipalle e le varie presentazioni che ho scritto finora come quella sull’autore che stimo molto, Bernardo Stamateas il quale, nei suoi libri, citati anch’essi, ci spiega come liberarci una volta per tutte da quelle persone che ci distruggono la vita e, dopo averle studiate anch’io, mi sento di consigliarvi questo che state per leggere. Oggi parleremo di una personalità “tossica” davvero particolare ossia: L’INVIDIOSO. Uh! Mi vien già la pelle d’oca.

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Iniziamo subito con una frase che trovo molto significativa per descrivere quello che è considerato uno dei sette peccati capitali – L’invidia è un cappio intorno al collo per chi la prova – (cit.) ma potrei riportarne molte altre come – L’uomo invidioso pensa che se il suo vicino si rompe una gamba, egli sarà in grado di camminare meglio – di H. Schoeck e, insomma, ce ne sono a milioni. Il significato comunque è sempre lo stesso, l’invidioso è colui che cerca il male altrui anziché procacciarsi il proprio bene. E’ una persona che s’intristisce e si arrabbia quando un altro è felice. Un meccanismo comportamentale davvero complicato. Si dice che un po’ di invidia la proviamo tutti nella vita e si dice anche esista l’invidia “buona” e quella “cattiva”, oggi però lo scopo è quello di riuscire a difendersi dalle lame affilate e taglienti che l’invidioso energeticamente ci lancia e percepiamo con dolore.

Une fille sur le pont 1998 réal : Patrice Leconte Daniel Auteuil Collection Christophel

Mettiamoci innanzi tutto bene in testa alcune cose:

– l’invidioso è una persona praticamente malata perché vive in un continuo stato di insoddisfazione causando a se stesso problemi sia fisici che spirituali non da poco.

– capiamo anche che s’invidiano le cose belle e non quelle brutte quindi, sei tu il soggetto bello ossia forte, mentre l’invidioso è il soggetto debole e brutto (così lui si considera).

– l’invidia è come un tumore che mette metastasi e, se non si modifica il modo di pensare, accalappia man mano tutti gli organi uccidendoli, ma non è contagiosa.

L’invidia è una dichiarazione di inferiorità – N. Bonaparte.

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Praticamente dobbiamo guardare all’invidioso come ad un povero malato non in grado di vivere. Questo però non vuol dire che dobbiamo sopportare la sua patologia che lui riversa su di noi e ammalarci noi stessi, ne’ dobbiamo provare pena, in quanto non dovremmo giudicare. E’ molto facile e costa meno fatica sentirsi deboli che non coraggiosi. Dobbiamo solo sconfiggere la sua potenza verso la nostra persona. Crearci uno scudo intaccabile.

Come prima cosa, ricordiamoci che se riceviamo invidia è perché abbiamo bisogno di riceverla. Questa emozione arriva a noi per due motivi principali. O siamo noi i primi ad essere invidiosi e quindi ci stiamo solo rispecchiando nell’altro (questo vale per tutte le sensazioni) oppure la giudichiamo esageratamente, non sopportandola, e finchè non riusciamo ad accettarla e ad amarla lei verrà sempre a trovarci. Giudicandola non la si abbandona.

Una certa quantità d’invidia spinge a volte le persone all’ambizione e al fare per diventare come la persona che ammirano. Ecco, infatti, il giusto termine è proprio ammirazione. In questo caso, non possiamo parlare di quell’invidia che provoca malessere ed è proprio quello che dovrebbe fare colui che pecca di questa caratteristica; trasformare il suo sentimento insano in: ammirazione verso il prossimo. Questo però è un lavoro che deve fare lui ma io che ricevo la sua emozione negativa come posso fare per evitarla?

C’è poco da dire, devo convincermi al massimo che possiedo realmente quella forza che mi fa sentire invidiato. Devo sentirmi immensamente grande. Inavvicinabile. Un Dio. Già lo sono, ve l’ho detto più volte ormai. Sono figlia della potenza universale e divina perciò sono parte di Dio alias dell’Universo. E ovviamente lo siete anche voi. Tutti. Sentirsi quindi onnipotenti non significa mancare di rispetto a chi abbiamo davanti o vivere rivolgendoci all’altro con spocchia e sussiego. Anzi, un vero Dio aiuta, sa essere umile, sa fluire assieme agli altri, aggregarsi a loro, amalgamarsi con essi e con la vita stessa, al loro stesso livello ed esistere con tutti in armonia. Purtroppo a noi ci hanno insegnato che chi si loda s’imbroda e quindi…. ciao Pippo!

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Lodarsi è la medicina migliore se equivale ad amarsi e non vantarsi. Attenzione, c’è una bella differenza. Sarà proprio amandomi, oltre misura, che diventerò incredibilmente “forte” e, a quel punto, le baionette lucenti dell’invidioso, picchiando contro il mio corpo, rimbalzeranno a terra prive di vita e di senso. Sarà lodando me stesso che imparerò l’arte della “compassione” (con – passione, come vi spiegai tempo fa), perchè la passione ci fa amare.

Nel momento stesso che soffro per l’invidia provata da un altro nei miei confronti, mi metto automaticamente in una posizione di vittima incompresa, offesa e maltrattata. Magari violentata. Sto esattamente catapultando la realtà a favore suo. Io che sono forte perché invidiato, mi auto-nomino parte debole e lesa donando al mio avversario lo scettro della potenza. Vi sembra che tutto questo abbia un senso? E’ come se un criminale ci desse una botta in testa per rubarci il portafoglio e in Commissariato dichiariamo poi che lo abbiamo malmenato e derubato noi a lui. Capite? E’ assurdo. Non lo fareste mai ma, in realtà, lo fate ogni volta che permettete ad un invidioso di intaccare la vostra giornata, il vostro momento: SIETE DIVENTATI SUOI SCHIAVI.

Quando mai un Re ha permesso ad un suo servo di comandarlo? Invidia o non invidia, odio o non odio, quando mai ha permesso questo?

I romani de Roma, quelli veri, dicono – Me rimbalza! – (cit. mamy) e fanno bene! Il loro è menefreghismo? Lo leggete come tale? Può essere, ma non sto decodificando tutta la loro vita, in questo caso fanno bene! “Rimbalzo” – ciò che faranno le baionette quando vi picchieranno contro.

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Non dev’esserci pietà nei confronti dell’invidioso, ne’ rabbia, ne’ tristezza ma solo una frase che dovete stamparvi bene nella testa:

– Mi stanno invidiando per questa data cosa… che meravigliosissima data cosa che ho! Io la possiedo! E’ mia! Wow! E’ splendido! Come sono felice per me!

Grazie! (E ringrazi quello in cui credi)

Bravo! (E ti complimenti con te stesso)

Ti amo! (E ami la vita. E ami l’invidioso e ami Te) –

Ecco, questa frase, queste parole, sono la tua medicina, il tuo scudo, la tua salvezza. Pronunciate col cuore, con la passione e tutto l’amore che possiedi.

Altrimenti… sapete cosa potrebbe accadervi? E qui prendo in prestito una ben comprensibile storiella di Stamateas, potrebbe accadervi questo:

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“C’era una volta un Re che voleva sapere cosa fosse peggio, se essere avari o essere invidiosi. Allora prese due persone e disse loro – A uno darò tutto quello che mi chiederà ma all’altro darò il doppio! -.

Al che l’invidioso ribattè – Vediamo un po’, se ho capito bene, mio Re: tu mi darai tutto quello che ti chiederò ma all’altro darai il doppio? -,

– Si – rispose il Re.

Allora l’invidioso offrì all’avaro – Chiedi tu per primo -.

– Ci mancherebbe -, si schermì l’avaro – prima tu –.

Andarono avanti così per un po’, finchè l’invidioso si decise a dire – D’accordo, chiedo io per primo: toglietemi un occhio –“.

Capito? Il Re esiste. E’ intorno a noi. E’ l’energia in cui ci muoviamo, in cui viviamo. Non permettiamo all’invidioso di ottenere questo.

Prosit!

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