I nostri piccoli Pronostici quotidiani

Avviatevi a leggere questo post con la giusta dose di sincerità. Quante volte vi capita di pensare a qualcosa che vorreste fare o che sta per accadere e dargli già un esito negativo o, quantomeno preoccupante? Pare quasi impossibile possa andare tutto semplicemente bene, alla perfezione! Molto spesso, anche se alcuni diranno che non è vero, si tende invece ad infilare dietro ad ogni aspettativa anche un pò di inquietudine. Sarebbe altrimenti come non dare il giusto peso alla situazione e… prendere la vita troppo alla leggera. La preoccupazione fa parte di noi, ce l’hanno insegnata, ce l’hanno inculcata fin da bambini dicendoci, giustamente, di guardare bene prima di attraversare la strada altrimenti un’auto avrebbe potuto ucciderci. Ecco, chiamando all’appello le mie amatissime sfumature di grigio le quali, che E. L. James non me ne voglia ma sono ben più di 50, vi posso assicurare che dalla probabile auto assassina siamo andati un pò troppo oltre molto spesso sobbarcandoci persino la negatività e l’ansia delle altre persone a noi vicine: madre, padre, compagna/o, amica/o, paziente, etc… La televisione insegna a preoccuparci, la scuola, la società. fastweb.itViviamo costantemente in un’atmosfera nella quale vaga una vocina che dice “attento… se non fai così, le cose andranno male! Attento… se fai così, le cose potrebbero andar male comunque!”. Attento! Attento! Attento! Il suono di questa parola è ben diversa da altre. Provate a pronunciare ad alta voce e con il giusto tono questo termine e poi, provate invece ad esclamare “Evviva!”. Notate la differenza? Adesso, sottovoce, quasi cullandovi, provate a sussurrare a voi stessi, dolcemente “Va tutto bene…”. Ancora differenza. Questo per farvi capire come cambiano le nostre sensazioni a seconda di cosa sentiamo, di cosa proviamo. Ma soprattutto di cosa noi stessi pensiamo. Vivendo una vita avvolti da parole che segnalano pericolo, capirete bene come sia impossibile ottenere una serena esistenza. Perciò, dobbiamo fare noi un pò di sforzo. Roberto Benigni una volta disse: – Smettila di pensare a cosa potrebbe andare male, inizia a pensare a cosa potrebbe andare bene – e trovo quest’affermazione esatta. Troppe poche volte immaginiamo il risultato dell’azione che sta avvenendo come positivo. Se aspettiamo un voto dal professore, se aspettiamo una diagnosi dal medico, se aspettiamo una telefonata, se aspettiamo l’ok per un nuovo lavoro, in realtà speriamo. Speriamo di ottenere ciò che ci farebbe piacere. Speranza però non è sinonimo di certezza e, il lasso di tempo che intercorre tra l’azione e la risposta, diventa ansia. Un’ansia che rovina le nostre cellule, le nostre emozioni, il nostro esistere. Tempo fa lessi una bella frase sul web che oggi vorrei analizzare con voi in due punti. La citazione in questione è:

svegliatevi ogni giorno con la speranza che qualcosa di meraviglioso possa accadere (cit.)

Il primo punto da affrontare è quella parolina – speranza – che sta nel mezzo, molto bella ma che io sostituirei con – certezza -. Riprovate a leggerla sostituendo i due termini. Cambia vero?

Il secondo punto è il suo significato. Ora ditemi, quante volte aprite gli occhi al mattino e immaginate, quasi per gioco, a cosa di bellissimo, di stupendo, potrebbe capitarvi durante quella giornata che state per vivere? Oserei dire quasi mai. Non occorrerà capire cosa accadrà ma basterà pensare che qualcosa accadrà.  A volte, siamo talmente condizionati dalla nostra morale che non osiamo nemmeno pensarle certe cose! Nel momento stesso in cui idealizziamo un esito positivo ci saltano subito alcuni famosi proverbi alla mente che ci dicevano da bimbi per insegnarci a vivere nell’umiltà e nell’inibizione:

1- Attento che più cadi dall’alto più ti fai male

2- Ride bene chi ride ultimo

3- Non c’è rosa senza spine

4- Non cantar vittoria troppo presto

5- Rimani con i piedi per terra

6- Chi si loda s’imbroda

Tutti modi di dire giusti e utili ma non facciamone il condimento della nostra vita! Impariamo a osare, ad andare oltre. A credere che è possibile. Altrimenti il messaggio che arriva è “fai attenzione, non illuderti, vacci piano… la vita non è sempre rosa e fiori!”. Nel cercare di essere certi che la risposta sarà positiva e sarà quella che vogliamo, subentra l’angoscia. Stiamo aspettando la risposta da un cliente importante e proviamo a dire: – Sicuramente sarà SI! -. Ecco che all’improvviso iniziano a sorgere i dubbi ai quali ci siamo sempre trattenuti e ci riferiscono di non stare così tranquilli. E, guarda caso… il cliente risponde di NO! Penso che la paura, Jack Fifa, come simpaticamente la chiamava Rocky Balboa, debba essere una nostra cara amica da interpellare solo al momento del bisogno. E’ colei che ci vieta di farci del male, c’impedisce di sbagliare, ci aiuta a provare quantomeno, minor dolore. E’ un’emozione come le altre ma dobbiamo trasformarla in emozione sana. Non deve vivere aggrappata a noi, quotidianamente, avviluppandoci la testa e soprattutto il cuore.ilsoledinverno.altervista.org Lasciatevi andare e pensate positivo, senza timore, senza vergogna. Accadrà in voi stessi, non dovrete rendere conto a nessuno.

Prosit!

photo fastweb.it – ilsoledinverno.altervista.org

Attenzione a quel che Dite!

 

Nonostante i pochi articoli scritti finora, vi ho già spiegato più volte che siamo costituiti anche dai nostri stessi pensieri. Essi sono una parte fondamentale di noi per cui dobbiamo, secondo me, fare attenzione a ciò che pensiamo e abituarci a pensare/immaginare, sempre al positivo e nel miglior modo possibile.

Bei pensieri=Bella persona=Sana.

In seguito al pensiero poi, anche le parole che ne sviluppiamo dopo assumono la loro importanza riflettendosi in noi stessi. Si dice che questa sia una cosa che può avere effetti anche sgradevoli. Ebbene sì. Avete presente le vostre esclamazioni più tipiche? Quelle più usuali? Esse sono le più pericolose perché oltre che notevoli anche ripetitive.

Ogni giorno… come la goccia cinese. Cosa dite, più sovente, quando una vicenda vi fa arrabbiare, o vi rattrista, o vi impaurisce, insomma, vi regala un’emozione negativa?

– Mi sono rotto le paXXe!
– Questa cosa mi fa vomitare
– Tutto ciò è una meXXa!
– Mi fa cagXXe
– Mi si contorcono le budella….
– Miseria, mi mangia il fegato!
– Sempre tutto addosso a me!

E via, via…. Scusate il linguaggio ma è questo che usiamo, si sa. Ebbene, secondo alcuni studi, affermando queste frasi, non state facendo altro che sviluppare/trasformare la cosa pronunciata in sintomo fisico.

Vi voglio raccontare un esempio, accaduto realmente, che la medicina tradizionale definisce come “genetico” nell’80% dei casi. Potrei raccontarvene diversi ma prendo questo perché, sotto un certo punto di vista, mi porta anche ad un ricordo simpatico pur se, ahimè, con risvolto negativo.

Una mia amica aveva l’abitudine di pronunciare sempre la stessa frase per qualsiasi cosa le desse fastidio. Sbuffando, e producendo strane smorfie ridicole con il volto, esclamava – Ecccccche rottura di cogXXXXi! – soffermandosi parecchio su quelle C a inizio frase. Era buffa se vogliamo. All’epoca aveva 28 anni, vi parlo di due anni fa ma, quelle parole, le diceva ormai d’abitudine fin dalla adolescenza. Ebbene, che ci crediate o no, all’età appunto di 28 anni, grazie a diversi disturbi e a delle visite ginecologiche, è venuta a scoprire di essere affetta dalla sindrome dell’ovaio policistico. Sindrome che porta parecchi fastidi. Il sinonimo usato volgarmente per identificare i testicoli maschili, in realtà, si rispecchia sulle ghiandole dell’apparato riproduttivo di ambedue i sessi, colpendo nell’uomo le ghiandole riproduttive o parti dell’apparato, mentre nella donna le ovaie. Gonadi, in entrambi i casi.

Probabilmente ci sarà anche stato un fattore genetico ma la mia amica non lo ha per nulla limitato quindi anzi, mi pare quasi lo abbia aiutato a prender forza e diventare più invadente. Le persone che solitamente ammettono – Mmmmh… che ansia! – e se notate, inconsciamente, portano la loro mano al basso ventre, altro esempio, 99 su 100 avranno problemi all’intestino o allo stomaco. O potrebbero soffrire di herpes labiale. Fateci caso. Non è un dato assoluto ma sovente è così davvero. Altri invece, che sono soliti affermare (lamentandosi in quanto in effetti è un fastidio) di avere tutto addosso a sé come responsabilità, o vivono cercando in continuazione di fare del loro meglio per piacere agli altri, sicuramente riporteranno problemi alle spalle, la parte superiore della schiena.

Come fare allora? E’ molto semplice. Trasformate queste frasi. All’inizio non ci riuscirete data l’abitudine. Ma piano, piano, se ci farete caso, vi verrà più semplice.

Quindi, prendiamo l’esempio della mia amica. La sua frase – E che rottura di cogXXXXi – potrebbe divenire:
– Che rottura di scatole! –
– Porca miseria! –
Non rivolgete mai l’esclamazione a voi stessi tipo – Mi fa incaXXXXe – perché in questo modo vi state comunque auto-colpendo. Fate si che le parole vadano nell’aria, a disperdersi senza poter toccare nessuno. Cambiate il vostro linguaggio ma soprattutto, se riuscite, come seconda tappa, svolgete il tutto al positivo.

Anziché – E che rottura di cogXXXXi – ideale sarebbe dire – La risolverò! -, – Passerà! -, – Adesso basta! Ci sarà il bello dopo! -.

Vi sentirete addirittura stupidi urlando certi contesti ma credetemi che vi sarà di grande aiuto. Pensate a voi stessi. Siete la cosa più importante. Più importante ancora del “modo di dire”. Io per la prima, quando mi arrabbio, espongo diversi turpiloqui ma cerco, ogni volta che posso, di correggermi. Su 10 volte, 6 o 7 ci riesco e penso sia già questo un buon dato.

Un’altra cosa utile, e sicuramente questa è la principale, è quella di insegnare questa tecnica ai nostri figli. Essi non hanno ancora questa abitudine e l’età delle esclamazioni importanti è davvero significativo come periodo. Ma non sono ancora legati a modi di dire dai quali è difficile staccarsi. Non sono ancora “inquinati”. A loro si potrà perciò insegnare a pronunciare la frase migliore per essi stessi. La meno deleteria.
Prosit!