Tratto da una Storia Vera

Siamo tutti Maghi. Nasciamo con la scintilla della Magia dentro noi e abbiamo la possibilità di creare con essa. Nasciamo parte del Creato attraverso le Energie del Cosmo e di quelle stesse Energie siamo formati. Nasciamo in un corpo ma soprattutto siamo Spirito. E lo Spirito non può essere ostacolato da nulla se non dalle nostre stesse emozioni che, se negative, compiono attrito verso l’agire spirituale del Sé Superiore. L’Universo è dentro di noi e noi siamo dentro lui dove il Tutto è Uno ma, in questa vita, essendoci dimenticati tale concetto, viviamo separati da esso. La nostra bacchetta magica si chiama “Intento”. La pozione si chiama “Immaginazione”. La formula “Abrakadabra”.

Intento: lo scopo di una determinata realizzazione

Immaginare: Dal senso esoterico dei latini – In Me Mago Agere ossia In me c’è un Mago in grado di agire

Abrakadabra: Secondo alcune fonti dall’aramaico – Creo quello che dico

Non siamo solo concepiti, a livello chimico, dalle stesse sostanze che formano le piante, gli animali o i minerali. Siamo composti degli stessi elementi, materiali e non, che hanno creato l’intero Universo. Perciò immaginate, come si sono create le stelle, le nebulose, il ruotare dei pianeti e il suo perché, la gravità, lo spazio che siamo abituati a definire “vuoto” ma che vuoto non è.

Dal punto di vista della materia, ogni cosa, dal più piccolo granello di sabbia, alla più grande galassia, è formata da Atomi. Avendo così una massa.

Dal punto di vista dell’immaterialità, spiegando questo in modo semplicistico, ogni cosa, dal più piccolo granello di sabbia, alla più grande galassia, è invece formata da energie (forza gravitazionale, movimento, interazione elettromagnetica, etc…) e da particelle e sub-particelle che gli scienziati chiamano anche Quanti. Godendo così di una potenza energetica.

Il TUTTO. Il concetto dell’UNO.

Era il pomeriggio di un giorno qualsiasi e quel qualsiasi era primaverile.

Forse era più spessa l’angoscia, che rendeva più denso il sentire della solitudine, come una sostanza vischiosa che colava all’interno del mio animo.

Andai per l’ennesima volta Là, in quel luogo così particolare che mi tratteneva sua. Andai perché sola lo ero davvero ma al bordo di quel torrente mi sentivo in compagnia. Sentivo abbracci e carezze impalpabili.

Là era un piccolo Eden, era il mio piccolo Eden, davvero minuscolo, dove il verde accecava, così sgargiante, in quella stagione. Potevo stare assieme agli alberi, ai rovi, al muschio che ricopriva le rocce. Potevo stare assieme all’acqua e ai suoi schizzi esuberanti che, sovente, mi colpivano ma con dolcezza. Potevo sentire il freddo dello scoglio sotto alle natiche e l’umidità bagnarmi i pantaloncini.

Potevo stare assieme al brulichio gradevole della natura.

Stavo ferma, in silenzio. Accarezzavo un filo d’erba, osservavo una pietruzza, ascoltavo i sassi del fiume, acciottolarsi tra loro, emettendo lo stesso suono delle stoviglie che, ogni giorno, quando ero bambina, mia zia, lavava, dopo avermi preparato con infinito amore, qualche deliziosa ricetta. Secondo il parere di quei tempi, era stata l’unica ad avermi voluto bene davvero.

Guardavo un millepiedi affaticarsi tra foglie secche cadute a terra l’autunno precedente. Era lì anche lui, come me. A volte si fermava e forse annusava l’aria, quell’aria bagnata che sapeva di interruzione, di dimenticanza. Di lieta dimenticanza. Quel millepiedi era come me. Sentiva i miei stessi rumori, odorava gli stessi sapori, toccava lo stesso suolo. Forse aveva diverse percezioni ma eravamo la stessa cosa. Come un’unica entità.

Avrei potuto schiacciarlo con un dito ma lui, ignaro di questo, continuava a starmi vicino. Come fidandosi. Era fiducioso o incosciente? Forse semplicemente indifferente. La sua attenzione era attratta, probabilmente, da qualcosa di molto più interessante di me. Potevo scegliere se lasciarlo vivo o porre fine ai suoi giorni ed era bello avere tale grandezza ma, la sensazione che più appagava, era imparare ad usarla al meglio quella potenza. La utilizzai infatti per ben altro scopo. La usai per osservarlo nei suoi minimi particolari, la usai per carpirne le abilità, la usai per sentirmi non solo come lui ma più piccola ancora. Un pelucco di lanugine bruna come quelli che ricoprivano le sue piccole antenne. Fossi lui… come vedrei quei racemi sui quali sembrava volersi arrampicare? Come tasterei quelle chiome morte al suolo?

Solitamente mi fermavo lì, su quella pietra piatta e larga e non andavo oltre. Non andavo oltre nemmeno con i sensi. Mi riferisco ai sensi fisiologici, il gusto, il tatto, l’udito…. Quel giorno invece, non so ben spiegare cosa accadde.

Forse, un mio appello disperato gridò fortissimo nel silenzio più assoluto.

Posso solo dire che lo volevo. Lo volevo con tutta me stessa. Lo volevo con le costole, con i polmoni gonfi e tesi che faticavo a svuotare. Lo volevo protendendo forte la mandibola. Volevo far parte di quella vita perché, quello, era l’unico tipo di vita che conoscevo degna di portare quel nome.

Qualcosa di più sensibile, di più profondo, di più percettivo si sviluppò in me e mi permise di connettermi a quello che mi stava intorno. Un senso nuovo, vibrante, energetico, nacque per diffondersi fino agli ultimi fogli della pelle. La mia capacità cinestetica si moltiplicò potenziandosi.

All’improvviso, ma non di colpo. Piano, piano, sempre di più. Dal mio strato epiteliale andò al di là, mi circondò e si diramò nell’aria risplendendo tutto intorno, ma continuando a pulsare dentro al mio petto assieme al cuore. Sotto ad uno sterno che sentivo rigido. Fu come poter vedere la luce di quello che mi circondava, il battito vitale, l’energia probabilmente. Presumo.

Le foglie sui rami, che tremavano al vento, non erano più le foglie verdi di prima. Erano luminose, brillanti, ancora più tridimensionali, come ad avere un’aura intorno. Avevano  un’aura intorno! Qualcosa di incolore e tremulo accerchiava fremente quella natura. Le cortecce degli alberi si agitavano, tremavano, si moltiplicavano in strati come ologrammi attorno al tronco, l’acqua scintillava lame di madreperla ed io mi sentivo benissimo. Non c’era nessuno vicino a me, ma era come essere circondata da essenze, da fonti riconoscibili. Era come avere una recettività incredibile, sovrumana.

Era come se fossi quella pianta e quella pianta fosse me. Un tutt’uno, senza divisione alcuna. Potevo sentire il vento come lo sentiva lei e guardarmi come lei mi stava guardando.

Sentii nelle viscere movimenti di contorsione e brividi che si possono spiegare nominando lo sbattere delle ali delle farfalle di quando si è innamorati. Sentivo la mia pelle più sensibile, persino i miei capelli lo erano e le sopracciglia. Ero fervida come lo stare del sole sulle mie braccia e tutto… tutto, mi apparteneva. Sentivo il respiro del ramo, il muoversi della piuma dell’uccello, il grattare della foglia secca sul ventre del millepiedi e no, non gli faceva male. La sua corazza la stavo indossando anch’io.

Quello era il Cosmo. Io ero il Cosmo.

Un velo aleggiante e impalpabile mi avvolse. Sentii con il corpo il suo parlare. Mi stava dicendo di non preoccuparmi di nulla, che non ero sola e che nessuno mi avrebbe più fatto del male. Che potevo difendermi, che sapevo proteggermi, dovevo solo imparare ad usare bene, o meglio, i miei strumenti.

I miei occhi si inumidirono e il fiato si fermò in gola. I tendini contratti. La lingua allappata e immobile. Fu bellissimo. E non so quanto durò.

Fu faticoso andarsene ma si stava facendo tardi, sarebbero venuti a cercarmi, prima o poi, mentre quello, doveva essere il mio più intimo e grande segreto.

Eccolo il mio Dio, proprio lì, davanti a me, ovunque. Era il Tutto. Era ogni cosa. Non era il vecchio con la barba bianca che sempre avevo creduto essere. Non era una statua, nè una scrittura. Era la Vita. E da quel momento si sviluppò dentro di me la connessione.

Ok. C’era. Qualcosa esisteva davvero. A me, era stato detto in quel modo perché io avevo voluto saperlo. E mai, per nessuna ragione al mondo, avrei più dubitato.

E mai, per nessuna ragione al mondo, avrei potuto sentirmi sola.

E se tutto questo è stata un’invenzione, allora sono un inventore e mi sono creata la Vita.

Non sono una privilegiata, né una visionaria, non ci sono differenze tra noi per questo Dio. La volontà e l’intento sono i nostri, il cuore è il nostro, e sono loro ad aprire la porta che ci collega direttamente a lui. Un uscio che è sempre esistito ma che abbiamo chiuso, noi stessi, trasformati dai messaggi e dagli input sociali che ci hanno educato (da educere = condurre – tirare fuori – formare la personalità di un individuo).

Ero tutt’uno con il Creato e, se quello era Dio, io ero Dio. Fatta a sua immagine e somiglianza. E, riconoscendolo, lo stavo onorando”.

Prosit!

Pizzo d’Evigno: la Pace, i Segreti delle Piante e i Cavalli Selvatici

Deglio Faraldi è un piccolo borgo sopra a San Bartolomeo al Mare (Im) e sarà proprio da qui che partiremo per questo particolare trekking nel quale vi racconterò anche di atmosfere e piante spontanee di questa zona.

Partiremo da qui per raggiungere Pizzo d’Evigno, conosciuto anche con il nome di Monte Torre, 988 mt s.l.m.

Si cammina sui crinali, talvolta aspri, talvolta verdi, sui quali, cavalli selvatici, pascolano in tutta tranquillità.

Strada facendo si possono incontrare anche antiche costruzioni, tipiche della Liguria, chiamate Caselle, piccoli e resistenti ripari che permettono un salto nel passato. Nelle Caselle si trovava protezione dagli eventuali temporali che non davano possibilità di ritorno al paese e si potevano custodire in loro le riserve per tutto l’anno. Si tratta di strutture simili ai Nuraghi sardi, o ai Trulli pugliesi, o ancora alle Casite dell’Istria. Il blocco principale, in tempi ancora più antichi, era denominato Tholos e la più celebre costruzione in questa architettura particolare si dica sia la tomba di Agamennone edificata nel XIII secolo a.C. presso Micene, in Grecia. Il loro diametro può variare e se ne possono trovare modelli con stanze seminterrate. Rare sono invece quelle a due piani. Se la Casella doveva accogliere e proteggere gli animali, era opportuno costruirla con larghe aperture, le stesse che però, impedivano il riscaldamento. Per questo motivo, quando si poteva, la si costruiva con un’unica apertura d’entrata e nient’altro.

Il tetto in terra, in argilla o in ciappe, tipiche lastre di ardesia della mia zona, era realizzato in modo che l’acqua piovana potesse scorrere via e nominato così a semicupola ma, se all’interno della Casella, si riteneva opportuno accendere fuochi, bisognava creare una finestrella anche nel soffitto della casetta per farne fuoriuscire i fumi. Finestrelle alle quali i Celti, anch’essi abitatori di queste dimore, appendevano i teschi dei nemici uccisi, un pò per avvertimento, un pò per scaramanzia: un messaggio per gli ospiti, un’abitudine apotropaica, un simbolo di potere. La Casella è quindi oggi considerata parte integrante del valore architettonico del “paesaggio a fascia” e caratterizzante la geografia, anche umana, del Ponente Ligure.

Talvolta semi nascosta dalla selva appartenente al luogo, la Casella spunta solitamente tra Brughi resistenti e Pruni selvatici che, in questa stagione, con le loro tonde bacche blu, colorano un paesaggio ruvido costituito da roccia e da una vegetazione brusca di rovi e piante aromatiche.

Il Brugo, saggio e impavido, limita le zone silvestri, avvisando il bosco di non spingersi oltre – potrebbe essere pericoloso -. Il Pruno invece, simbolo di speranza e resistenza alle difficoltà della vita, non si fa problemi, e cresce quasi spocchioso senza darsi un freno.

Salendo attraverso un sentiero abbastanza erto a gradini, si lascia infatti il verde argenteo degli Ulivi che popolano le terrazze e s’incontra quello più spento, quasi grigio, del Timo e della Lavanda che profumano in modo persistente l’aria circostante. Un ottimo disinfettante e un grande digestivo. Queste le caratteristiche principali di tali piante, ma posseggono anche molte altre virtù.

Gli occhi però saranno appagati ugualmente dal verde intenso del Prato dei Coppetti e la macchia che lo circonda. Un verde che, a salire, si staglierà contro l’azzurro intenso del mare e del cielo.

Da qui infatti si possono vedere, in un magnifico panorama di 180°, il golfo di Imperia e quello di Savona con, al centro, una splendida Isola Gallinara che si propone mostrando un lato diverso rispetto a quello che si può notare percorrendo abitualmente la via Aurelia, la principale Strada Statale della Liguria a picco sul mare.

Abituandosi al pungente profumo delle spezie nominate prima, ci si accorge abbastanza difficilmente della presenza della Mentuccia selvatica, dalle foglioline molto più piccole rispetto a quella coltivata o che nasce più vicino alla costa ma, una volta giunti quasi in cima al crinale, un naso ben sviluppato, non potrà non rendersi conto di questo aroma ricco di proprietà benefiche. Sto infatti parlando di una pianta dalle grandi caratteristiche terapeutiche oltre che le sue intonazioni perfette in cucina.

Rinfresca, disinfiamma, rilassa i tessuti degli organi interni, purifica, tonifica la pelle, restringe i pori in caso di seborrea oleosa e aiuta in molti altri modi. Ora, è proprio il suo profumo a riempire le narici di fresco e ci fa dimenticare quello del Finocchietto selvatico incontrato più in basso che cresce voluminoso su tutto il bordo strada adatto ai neonati, in caso di coliche, e alle donne in caso di amenorrea.

More, Fichi e Asparagi selvatici sono altri gustosi prodotti offerti da questa particolare natura che occorre saper apprezzare. Una volta giunti sul crinale e potendo così godere di una vista mozzafiato, ci si ritrova circondati da erbetta fresca e massi bianchi. I monti sembrano pettinati e il sentiero si fa ancora più ripido ma dobbiamo raggiungere la vetta quindi, con passo deciso e la meraviglia negli occhi, si prosegue.

Ai piedi avremo ovviamente scarponi adatti, altrimenti sarà davvero impossibile partecipare ad un trekking come questo senza la giusta attrezzatura. Si consiglia infatti di essere un po’ preparati e abituati a camminare prima di avventurarsi in questo cammino.

Dall’altra parte dei monti si prospettano vallate immense, ricche di piccoli borghi che le colorano.

Se ne vedono tantissimi ma lo sguardo viene presto distolto dalla presenza dei cavalli selvatici, esemplari stupendi, i quali, in tutta la loro bellezza, brucano e si riposano all’ombra dei pochi arbusti presenti.

Da qui si inizia a vedere l’arrivo. La meta finale. Pizzo d’Evigno che, essendo alto come ho detto 988 mt., è stato segnalato con la costruzione di una croce di 12 mt di altezza per raggiungere così i 1000 mt.

Un po’ di fatica ma tanta soddisfazione. A regnare è la pace assoluta. Lo sguardo si perde lontano. La brezza a volte è fredda e colpisce con impeto. Gli insetti, in prevalenza grilli, accompagnano senza disturbare e qui si possono incontrare molte persone che hanno deciso di passeggiare come noi o di scalare la cima in mountain bike o con moto da trial. Il divertimento è comunque assicurato e dentro rimane una ricchezza decisamente rasserenante che riempie l’animo.

La discesa, come la salita, risulta leggermente faticosa in alcuni tratti ma ci si annoia di meno cercando di mettere i piedi nei punti giusti aiutandosi con il bastone o i bastoncini da trekking, molto utili per un percorso così.

Stanchi e soddisfatti si ritorna a casa. Abbiamo fatto circa 17 km e, un po’ di riposo adesso, è più che meritato.

Alcune foto mi sono state gentilmente concesse dal mio compagno d’avventura Do ( lucidido.wordpress.com ) mentre, la foto in cui siamo tutti insieme, sopra ad una Casella, è stata scattata dalla Guida Marina. Entrambi li ringrazio per la splendida giornata.

Prosit!

Nati! Un lieto Evento e la Runa Beorc

Quale miglior evento poteva confermare la mia rinascita se non l’apparizione di due splendidi pulcini di Tortora? Esatto, proprio di fronte alla mia finestra, a due metri da me. Non sono fantastici? Che tenerezza! E come pigolano quando hanno fame! Sembrano piccole porticine da oliare.

Oh! E’ stato esilarante ed eccitante osservare, giorno dopo giorno, tutto ciò che ha dato vita a questo gaio dono di Madre Natura. La preoccupazione, ad esempio, verso le Gazze malandrine che volevano distruggere il nido (lo so, è la natura, e ha le sue leggi, ma devo ammettere che mi ero così affezionata a mamma Tortora che mi sarebbe dispiaciuto fosse accaduto qualcosa a lei o ai suoi piccoli). La costruzione della tana, anche da parte di papà Tortora, molto premuroso devo dire.

In principio hanno provato a farlo su un’antenna, sopra al tetto, poi, dal momento che il posto non era probabilmente idoneo, rimaneva troppo scoperto o troppo alto, si sono andati a infilare sotto a questo poggiolo, sopra a dei cavi, in casa della mia amica P.

La zona non è infatti per niente romantica con tutto quel fil di ferro ma la mia dirimpettaia ha un magnifico giardino e la nuova famigliola è felice ed è davvero uno splendore. Non potevano scegliere luogo migliore. P. ha anche contribuito al loro mantenimento offrendo del cibo ai genitori stanchi ed è riuscita a far allontanare tutti i predatori con tanto di scopettone.

Una mattina, mentre ero in casa intenta nelle faccende domestiche, mi arriva un suo messaggio “Ciao! Hai notato il lieto evento davanti alla tua finestra? Le Tortorelle hanno depositato le uova!”. Che felicità! Insomma che siamo diventate zie. Io da davanti, come un vero birdwatcher, lei da dietro, come un addetto alla sorveglianza, passiamo le giornate ad ammirare i piccoli implumi crescere sempre di più.

Dopo che un caro amico mi ha regalato come ciondolo la Runa celtica Beorc, simbolo della Rinascita e collegata alle Stelle, ai Lapislazzuli e alla Sodalite, ecco questa ulteriore conferma di “nuova vita”. Dopo un periodo infatti abbastanza difficile sono davvero rinata e sono tornata ancora più in forma di prima. Ogni volta che la vita ci mette a dura prova, possiamo osservare come il Cosmo attorno a noi, si presti a farci intendere che c’è in atto una nuova origine che ci riguarda.

La parola Beorc significa – Albero di Betulla – e, la Betulla, è proprio l’emblema della Rinascita. Il messaggio di questa Runa pertanto è: LASCIA CHE LA TUA VERA NATURA SCONFIGGA LE FALSE SEMBIANZE. RINASCI A NUOVA VITA. E direi che è davvero bellissimo.

La Tortora, come moltissimi altri animali, ha la sua espressione (meravigliosa peraltro), cioè simboleggia l’eternità del sentimento e, questo sentimento, è l’Amore. L’Amore che dura per sempre, l’Amore che ci arricchisce e ci evolve, che continua a vivere anche dopo la morte perché, come vi dico spesso, una cosa viva non può morire. L’Amore e la fedeltà, sua compagna, che non è da vedere solo nei confronti di un partner ma anche nei confronti di noi stessi. Amare noi stessi sopra ogni cosa, sempre, per poter così donare Amore a tutto il Creato. Amarsi per vivere al meglio, per tuffarsi nella felicità più vera, per co-operare con l’Universo e sentirsi intrisi di entusiasmo.

Occorre osservare gli avvenimenti che ci accadono davanti ogni giorno. Le Grandi Forze del Cosmo utilizzano questi mezzi per comunicare con noi. Siamo un tutt’uno con esse e possiamo comprenderli se prestiamo attenzione. E’ l’unico modo che hanno per permetterci di leggere le pagine della nostra vita che, essendo dentro di noi, e dentro l’inconscio, non riusciremo a vedere.

Ascoltate quello che ha da dire a tal proposito Gian Marco Bragadin, autore di diversi libri e ricercatore spirituale, è davvero stupefacente.

https://youtu.be/kvsFOC0fBHA

A tutto questo ci si può credere come no, ma ciò che è indispensabile è il nostro intento. Che cosa “leggiamo” in quell’avvenimento? Se vogliamo arrivare alla conoscenza e alla comprensione le Grandi Leggi ci aiutano. Ci offrono dettagli, premonizioni, se vogliamo chiamarle così, ci offrono scritte da leggere e da interpretare per poter capire e imparare anche a scegliere la strada giusta.

Reputo questa manifestazione uno splendido messaggio simile a quello dei gabbiani che mi accadde qualche tempo fa e che descrissi qui https://prositvita.wordpress.com/2016/10/27/i-gabbiani-mi-parlano-cosi-sento-il-mio-chiacchiericcio-mentale/

Dobbiamo guardare il mondo attorno a noi, ci appartiene, ne facciamo parte, non ne siamo al di fuori e lui non è al di fuori di noi, palpita assieme al nostro cuore e allo stesso ritmo. Quel mondo siamo noi, è vita, è la nostra vita. Non possiamo sottovalutarlo e considerare gli episodi che si presentano alla nostra vista come situazioni singole e distanti da quello che siamo. Siamo il Tutto con L’universo. Siamo l’Uno. Nel Male e nel Bene.

Se nel prossimo vedi il buono, imitalo. Se nel prossimo vedi il male, guardati dentro – (Confucio).

La stessa cosa vale per gli avvenimenti non solo per le persone come dice Confucio. Se vedi una bella situazione c’è gioia in te ma se ti ritrovi ad essere osservatore di una brutta scena, cerca di capire che cos’hai dentro: Rabbia? Tristezza? Angoscia? Paura? Cosa ti sta mostrando? Qual’ è l’emozione primaria che ti scaturisce dentro?

Quando incontri il buono imitalo. E’ giusto ma, come il negativo, anche il positivo, quando lo incontri è perché ti appartiene, quindi sii gioioso e grato per gli splendidi avvenimenti che la vita ti regala e ti mostra sul suo speciale palcoscenico.

Buona crescita piccole Tortorelle! E buona vita anche a tutti voi!

Prosit!

LA RESPONSABILITA’ NELLA MALATTIA – METAMEDICINA post 1

Uno degli argomenti principali di questo blog è la Psicosomatica ossia una branca della psicologia che vuole mettere in connessione il disturbo fisico con la natura psicologica dalla quale può nascere (emozioni negative). Correlare il corpo alla mente, al pensiero dal quale scaturisce l’emozione, in un tutt’uno, osservando l’essere umano da un punto di vista olistico, completo.

Diversi luminari del passato come Freud, Lowen e Reich, presero in considerazione la Psicosomatica e, ai giorni nostri, una dottoressa, nata come biologa ma divenuta col tempo psicoterapeuta, ha creato un settore ancora più profondo e preciso della Psicosomatica chiamandolo METAMEDICINA.

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Si tratta della Dottoressa Claudia Rainville nata nel Quebec, in Canada, e oggi promulgatrice di questa filosofia di vita.

Cosa significa il termine METAMEDICINA?

E’ composto da due parole:

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META = significa “andare oltre”. Addirittura in sanscrito assume il senso di “amore e compassione

MEDICINA = da ars medica (arte medica) significa “prendersi cura di… (anche di noi stessi) con il mezzo migliore”.

E’ curioso notare come la parola MEDICINA, per i Nativi Americani, non significava “curare” bensì “ottenere il potere dalla conoscenza dei segreti dell’Universo”. Di conseguenza quindi, raggiunto questo livello, “curare” qualcuno, o se stessi, era un gioco da ragazzi.

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Ora, se io mi prendo cura di: un animale, un figlio, un lavoro, una pianta, etc… se questo lo faccio col cuore e con amore, me ne sento anche automaticamente responsabile. Il mio animale domestico vive grazie a me. Se io invece non me ne occupo, non soddisfo i suoi bisogni primari, lui muore, o sta male, ma io ne sono comunque responsabile.

Questo è il concetto alla base della METAMEDICINA: sentirsi responsabili di quello che accade, dell’evolversi delle cose, perciò anche delle malattie. Se io non mi occupo al meglio di me stessa mi ammalo. Per la nostra natura intrinseca, anche se noi non ne teniamo conto, il nutrimento attraverso le emozioni, del quale ci saziamo ogni giorno, è fondamentale. Un bisogno primario.

Questo è un pensiero fantastico. Si! Perché ciò significa che se ne sono responsabile, ossia se io l’ho creata quella determinata malattia, l’ho fatta crescere e vivere come il mio animale domestico, la posso anche distruggere, eliminare. E’ mio il potere. Sono responsabile del disturbo del quale ora mi prendo cura o meno.

Io, in qualche modo, l’ho creato. Non si tratta di avere delle colpe, si tratta di avere delle responsabilità. Se un’altra persona ha una malattia e viene a chiedermi aiuto, o vengo a conoscenza del suo malessere, io ne sono responsabile, non solo perché lo prendo in cura ma perché nell’unica e grande Energia Universale nella quale viviamo e nel concetto del – Tutto è Uno – io sono anche quella persona e quella persona è anche me.

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Siamo abituati a pensare di essere un qualcosa di immenso. La nostra Terra è grandissima così come i luoghi che visitiamo e il cielo sopra la nostra testa ma, in realtà, non siamo che un puntolino microscopico nell’Universo. Una cosa da niente, una piccolissima cellula.

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In una cellula animale ad esempio, cellula dell’uomo, eucariota, perciò più complessa rispetto alla procariota (batteri), ci sono i mitocondri, i centrioli, i lisosomi, l’apparato del Golgi, il nucleo e molti altri componenti che lavorano assieme, correlati tra loro. Qualsiasi cosa accada ad un mitocondrio ne risentirà il nucleo, così come il nucleo è automaticamente responsabile verso quello che è accaduto al mitocondrio e viceversa. Dal malfunzionamento del nucleo ne risentiranno i centrioli e così via. Nel nostro corpo se i Reni non funzionano bene, ne risentirà il Cuore, se il Cuore non funziona bene, ne risentirà l’intero organismo e avanti così. Volete un altro esempio? In un bosco, se non c’è equilibrio tra i suoi abitanti, se le piante non svolgono bene il loro lavoro, se ci sono più animali di un tipo piuttosto che di un altro (ahimè, solitamente il colpevole di questo è l’essere umano), a lungo andare, quell’habitat si autodistrugge. Tutto è collegato. Tutto è Uno. La stessa cosa vale per noi. Se un individuo si arrabbia con me, sta semplicemente mostrando la mia rabbia interiore, sconosciuta e celata ma esistente. Quell’individuo è collegata a me.

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Se una persona mi fa sapere di avere un forte mal di gola (che può significare da un punto di vista psicosomatico non avere il coraggio di dire quello che si pensa) mi sta praticamente dicendo che, probabilmente, mi sono trattenuta dal dire la mia, o non ho saputo dire di “No”, oppure ancora ho detto cose delle quali poi mi sono pentita. Io non ho il mal di gola, ma lei mi sta avvisando. Se io non comprendo un domani potrei provare un malessere inerente al soffocare le mie parole o al comunicare con gli altri in modo sbagliato. Le sfaccettature della malattia possono essere molte ma il discorso da comprendere è quello della RESPONSABILITA’.

Da qui, si capisce bene come qualsiasi indicazione di malanno ha, in verità, una natura che riguarda me personalmente. Io ne sono la creatrice. Io l’ho fatto nascere. “Ogni sintomo è un messaggio” questa è la citazione predominante della METAMEDICINA.

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Ogni disturbo fisico che percepisco mi sta parlando, mi sta dicendo cosa fare per migliorare la qualità della mia vita. Se si ha spesso mal di gola forse bisognerebbe imparare a tenere meno le cose dentro e farsi rispettare di più. La morale ci ha consigliato giusto, ma la nostra natura sbatte e si dimena offesa per questa decisione. Non sopporta il perbenismo e l’ipocrisia e nemmeno il mandare giù bocconi amari. Non accetta le regole del bon ton o del buonsenso. Quelle sono cose umane e sociali. – Moralismi del piffero! – direbbe la nostra parte viscerale. Si, è vero, ci vuole un equilibrio e quello si raggiunge solo con l’amore. Mi sono fatta del male non dicendo quella determinata cosa che avrei voluto dire, ok, non c’è problema, mi amo e mi accetto comunque così come sono. Amo ugualmente quella situazione. Me ne sono accorta, la prossima volta, magari con diplomazia, cercherò di fare meglio.

Eccola la nostra responsabilità. Ecco il perno che Claudia Rainville vuole insegnare. Quindi, la METAMEDICINA è una filosofia che insegna a migliorare la nostra vita.

Vi racconterò una storiella accaduta veramente proprio alla Dottoressa Rainville.

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Era bambina. Sua sorella più grande e un’amica di sua sorella, decidono di andare a fare un giro in bicicletta. Vuole andare con loro anche Claudia ma la mamma glielo impedisce perché è ancora troppo piccola. Claudia non accetta la motivazione della mamma perché, in fondo, sua sorella è più grande di lei di un solo anno e così decide (di sua iniziativa) di disobbedire a sua madre, prende la bicicletta, e raggiunge le altre due. Sulla strada del ritorno, a causa del ghiaccio e del brutto tempo, un’auto che non riesce a frenare investe Claudia. Fortunatamente non le procura gravissimi danni e dopo qualche giorno di ospedale lei si riprende. Le lesioni riportate da questo incidente interessavano queste parti del corpo: caviglia sinistra, natica sinistra e testa (trauma cranico). Come mai? Innanzi tutto occorre sapere che la nostra parte sinistra è la parte collegata alla mamma (ma non solo, eventualmente qui https://prositvita.wordpress.com/2015/08/20/la-destra-e-la-sinistra-il-padre-e-la-madre/ potete capire meglio la destra e la sinistra) e quindi:

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caviglia sinistra (il ritorno verso casa – le caviglie sono la parte del corpo che ci conducono nella vita verso la strada che vogliamo percorrere – disturbi alle caviglie significano paura nell’incedere, nell’andare avanti )

ematoma alla natica sinistra (la mamma l’avrebbe sculacciata, punita e Claudia sapeva di aver fatto una cosa sbagliata così ha deciso di punirsi da sola “schiaffeggiandosi” il sedere come avrebbe fatto il genitore)

trauma cranico (Claudia ha fatto di “testa sua”, ha formulato un’idea nella sua mente, una mente che ora andava punita. Botta alla testa).

Ovviamente la macchina ha investito Claudia e non le altre due perchè Claudia aveva il senso di colpa. Claudia ha emanato le frequenze della paura, della punizione, dell’ansia. – Io ho disobbedito ma se mamma aveva ragione? Se mi succede qualcosa? Se davvero sono troppo piccola? -.

Molto affascinante questa lettura ma… che prove scientifiche e tangibili abbiamo? Come si può credere fermamente a tutto questo? Penso mi convenga dividere l’articolo, il discorso è lungo e quindi la risposta a queste domande la leggerete nel prossimo post che s’intitolerà PERCHE’ CREDERE NELLA METAMEDICINA – METAMEDICINA post 2

Prosit!

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I Tramonti che regala la mia Valle

E’ durante le mie passeggiate, con amici o in solitaria, che mi capita di fotografare i meravigliosi tramonti della mia valle. Sono tramonti che si adagiano sulle montagne belli quanto quelli che regala il mare. Una luce accesa, infuocata, che colora boschi e panorami meravigliosi. A volte la loro luminosità è più fievole ma sempre seducente. Non mi stancherei mai di immortalarli in immagini che mi piace sovente riguardare.

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Salite su una collina al tramonto. Tutti hanno bisogno ogni tanto di una prospettiva e lì la troverete – (Rob Sagendorph).

I tramonti della mia valle sono momento di quiete e di unione con lei. Si percepisce la complicità che ci lega e la fiducia che ci permette di amarci e rispettarci l’una con l’altra.

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Sono momenti di bellezza straordinaria nei quali mi sento cullata come un bambino in fasce tra le braccia di un genitore. Abbandonato e nutrito da quella speciale fiducia, da quell’amore.

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Mi piace soffermarmi a pensare, a riflettere, osservandoli. Mi piace ricordare la meraviglia del Creato, la purezza della sua magia e la sua immensità. Dove sta andando il sole? E cosa andrà ad illuminare ora? Quali magnifici paesaggi? Cosa esiste laggiù, oltre quei monti che per me sono già tutto?

Le falesie splendenti sotto a quella luce dorata e il crepuscolo che arriva a creare un’atmosfera ineguagliabile. La linea tra le ombre e la luminosità. Netta, ben delineata. Il Tutto. Il buio e la luce, il giorno e la notte, il male e il bene, il bianco e il nero. Il Tutto nella sua perfezione. Perché tutto deve esserci affinché possa essere considerato tale.

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Sono bagliori. Preludio di pace e sonno durante i quali la natura va a riposo. Durante i quali il bosco si zittisce e lascia spazio al silenzio. Un silenzio vivo, che palpita, che chiama se si sa ascoltare. Che vuole essere osservato. Perché è in quegli attimi che si può andare oltre e non solo con lo sguardo.

L’energia di Gaia si presenta diversa. E’ come se in quel mentre danzasse con il cielo. E’ come se giocasse con gli altri elementi offrendo spettacoli di rara bellezza.

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Soprattutto qui, nella mia valle, dove ogni giorno questo palcoscenico si trasforma in un tripudio che sottolinea la meraviglia. Dove raggi colorati colpiscono alberi e massi come saette. Dove guizzi di chiarore scintillante fanno socchiudere gli occhi e respirare. Dove l’infinito, cambiando tinta ad ogni minuto, si prepara a lasciar intraveder le stelle. Di lì a poco, nella limpida oscurità.

Dove mi sembra di esserci io soltanto mentre, insieme a me e intorno a me, c’è la vita, quella più piena, quella più intensa, quella da vivere.

Corroborante, appagante, mia.

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I tramonti nella mia valle, che mi fanno rincasare con la gioia di attendere l’aurora. Un nuovo giorno, nuovi istanti, un nuovo evento indescrivibile che aspetta soltanto di essere ammirato. Che ha tanto da dire. Che si rinnova di nuova luce e nuovi suoni. Il risveglio.

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Sono i tramonti a consigliare. Mi rendono completa e piena di felicità. Mi fanno ricordare cosa ho fatto quel giorno e che ora posso soffermarmi. Posso quindi capire se l’indomani sarebbe bene fare di più, ancora meglio, o essere soddisfatta della mia giornata appena vissuta. Splendidi resoconti.

Questo è un altro aspetto rasserenante della natura: la sua immensa bellezza è lì per tutti. Nessuno può pensare di portarsi a casa un’alba o un tramonto – (Tiziano Terzani).

Prosit!

Alcune di queste foto sono state scattate da e con Valerio Vivaldi in vallata.

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Quello sporco che adoro

Vorrei spezzare una lancia a favore di Madre Natura… (-Ti piace vincere facile – direte voi, invece così facile non è).

Andiamo nel bosco e pretendiamo che il sentiero sia pulito, andiamo al mare e pretendiamo che l’acqua sia pulita (non parlo d’inquinamento parlo di limpidezza), andiamo al lago e pretendiamo acqua cristallina e di poter vedere il fondale. Voglio dire, avrete sentito anche voi frasi tipo – Bleah! Quell’acqua è verde! -. Ohibò! Certo che è verde!

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Ma è così difficile da capire che la pulizia che intendiamo noi non è la stessa che intende Madre Terra? Per molti si.

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Le foglie esistono e cadono e “sporcano” con il loro humus, prezioso per il suolo che senza morirebbe, le alghe esistono e galleggiano e “sporcano”, la sabbia si unisce all’acqua in una danza sinuosa, spinta dalle correnti, e rende quell’acqua torbida.

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Si, perché l’una è dentro l’altra. Perché è come se facessero l’amore. Perchè in Natura, tutto è amore.

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Quanti batteri vi scambiate voi facendo l’amore? E liquidi organici, mucose vaginali, sperma, saliva… Cosa dovrebbe dire l’acaro che fino a cinque minuti prima se ne stava tranquillo nella polvere del suo materasso e ora si trova un devasto davanti?

Cosa accade durante un parto? Il più bell’evento della vita. Quali sono gli elementi che lo accompagnano? Feci, urina, sangue, liquido amniotico… che schifo vero?

Bisognerebbe ragionare un po’.

Non ce ne accorgiamo nemmeno di quanto bene quelle alghe stiano facendo a noi e a quell’habitat. Possono dar fastidio, non piacere, ma è assurdo, a parer mio, affermare che quell’acqua è sporca. Non è bello nuotare tra quelle piante (si lo so alcune vengono definite tossiche ma non è questo l’argomento di oggi). Non si vede nulla, e chissà cosa ci si nasconde sotto, probabilmente un mostro marino che non si riesce a vedere.

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Le alghe non appartengono all’inquinamento ma purtroppo, ahimè, mi è toccato sentire anche questo.

Il fatto che ne vengano prodotte di più proprio per un equilibrio bio-marino che il mare cerca di ottenere a causa dei devasti prodotti dall’uomo può anche essere ma, le alghe, non inquinano. E’ offensivo a mio avviso stabilire che quell’acqua – fa schifo -.

Noi fondamentalmente facciamo la stessa cosa. Se il nostro organismo, o la nostra pelle, non hanno buoni equilibri, automaticamente si formano colonie di batteri o una grande quantità di sebo in più per cercare di rimediare ad eventuali carenze. Ma non li vediamo e quindi pensiamo di essere sempre lindi e immacolati. Oh no! Sapeste che di “schifezze” e che esseri mostruosi ci sono sopra di noi se si potessero osservare da vicino. Ma sono cose nostre… nostri amici, e li accettiamo.

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Le mucillagini invece proprio non ci vanno giù. Compriamo le creme con i loro principi attivi e, se fa tendenza ci cacciamo anche nel fango (azione molto salutare se non si esagera) ma di fare un bagno dentro a quegli organismi che creano ossigeno e sono ricchi di sali minerali e importantissimi oligoelementi, e persino a gratis, proprio no!

Il troppo stroppia e ne sono consapevole, ma vivo in un paese che si affaccia sul mare e le mie orecchie, ogni anno, in estate, ne sentono di ogni.

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Non parliamo poi dell’erba alta che, come le alghe, può nascondere insidie e pericoli. Pretendere che quell’erba non cresca mi sembra davvero eccessivo. Crescono i vostri figli, i vostri capelli, il vostro cane, le vostre piante sul terrazzo ma quell’erba lì, proprio dove io devo andare a camminare, dovrebbe rimanere al massimo alta dieci centimetri. E quelle vacche poi, che vengono a fare i loro bisogni proprio qui, a 1.500 metri s.l.m., dove io ho deciso di soffermarmi a mangiare un panino… Una maleducazione fuori misura.

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Si ok, sembro intollerante e indisponente, qualità che solitamente non mi appartengono ma, abbiate pazienza se mi giustifico rispondendo che certe esclamazioni alcune persone te le tirano proprio fuori dalla bocca con la forza. Non dovrei cedere, lo so, ma una sola volta concedetemela.

La Natura è anche questo. E tutto questo è sacro. Osserviamola con altri occhi. Proviamo a cercare in noi uno sguardo non edulcorato quando ammiriamo. La Natura non ci vuole male ed è amica dei bambini. Non abbiate paura che i vostri figli giochino con quello che lei offre, che si sporchino della sua materia.

Lo “sporco” della Natura deve esserci. Senza di lui, il nostro pianeta, non sopravviverebbe e nemmeno noi.

Prosit!

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Amare l’Ansia più di qualsiasi altra cosa

L’argomento di oggi potrà sembrare assurdo a molti ma è accaduto realmente e per me è stato così emozionante che desidero riportarlo qui.

Sapete tutti ormai che dopo aver avuto la mia amata Ernia alla schiena, l’ho ringraziata e l’ho considerata una delle cose più belle che mi siano accadute (non sono masochista lo giuro!) però mi sono sempre sentita un po’ sola in questa teoria perché non mi era mai capitato di sentire qualcun altro pensarla come me. Fino a qualche giorno fa quando, finalmente, non vidi più un’espressione stralunata sul volto del mio ascoltatore e due occhi sbarrati come se mi fossi completamente ammattita, bensì un accenno di consenso e poi queste preziose parole.

Sai Meg, l’ansia che ho subito per quasi 10 mesi e dalla quale sto uscendo in questo periodo è stata sicuramente la mia migliore amica e lo è ancora! Perché comunque farà sempre un po’ parte di me, perché è la mia guida, la mia consigliera, quella che mi dice “Ehi G.! Così non va bene! Ti stai facendo del male? Rimedi tu o devo agire io?”. Quanto l’ho odiata i primi tempi, quando non mi permetteva più di guidare, non mi permetteva più di avere un rapporto sano e gioioso con mia moglie, quando mi bloccava il respiro e sentivo i polmoni sgonfi che non riuscivano a riempirsi d’aria… e mi sentivo morire. E piangevo e chiedevo a mia moglie di portarmi al Pronto Soccorso… e oggi so di per certo che, se non fosse mai arrivata, avrei continuato a fare una vita misera e chissà come sarebbe andata… -.

A parlare è il mio amico G. che, mesi fa, all’improvviso, dopo una vita che lui credeva “figa”, si è ritrovato ricoverato all’ospedale senza ossigeno, senza forze e senza speranze. Un grave stato di Ansia, che gli ha creato anche forme di ipocondria e agorafobia, lo aveva ridotto ad uno straccio che non trovava più nessun valido motivo per trascorrere le proprie giornate.

E’ stato il periodo più brutto della mia vita Meg… credevo! Mentre invece stavo guarendo! Ti rendi conto? Il periodo brutto in realtà erano stati tutti i miei quarant’anni precedenti! Quarant’anni passati a mascherarmi per farmi bello, ad essere vittima di stupide paure, della forma e del giudizio degli altri. Quarant’anni a prostituirmi per un valido stipendio e la notorietà, perché queste erano le cose importanti. Essere il migliore, il più bello del paese, quello che aveva più donne di un altro in modo tale da soffocare le mie compulsioni, no…. non sessuali… ma di certezze, di affermazioni. La gente mi avrebbe stimato -.

Il mio amico G. Una potenza davvero. Un grande uomo. Pieno, pieno, pieno di cose belle dentro, di una forza incredibile, di un’energia devastante. Tutte cose completamente annientate dalla sua paura. La paura di non essere il numero 1. Perché in questa vita, in questa società, se non sei il numero 1, se non hai una laurea e una bella macchina, non sei nessuno. Questo gli avevano inculcato i suoi genitori, involontariamente, e questo è sempre stato lo scopo della sua vita. Uno scopo che, giorno dopo giorno, in sordina, stava uccidendo la sua vera natura.

Si, G. si rendeva conto che qualcosa non andava, che non stava bene, che non era libero, ma non poteva farci niente anzi, leggeva quei malesseri come “non ho ancora fatto abbastanza per essere al top”. E così, visto che testardo non comprendeva, è arrivata Ansia e si è presentata a lui come una donna che non lascia scampo. Dolce e aspra allo stesso tempo. Imperativa, tenace, senza pietà. Lo ha preso e ha fatto di lui ciò che ha voluto.

Quello che è accaduto a G. accade ad ognuno di noi, sottoforma di ansia o sottoforma di qualsiasi altro malessere ma, mentre solitamente la maggior parte delle persone, in questi casi, si limita a disperarsi e prendere qualche psicofarmaco, G. ha agito diversamente. G. non si è fatto sottomettere da quella austera Signora, ha deciso di affrontarla e di capire perché, tra tutti gli uomini del mondo, aveva scelto proprio lui. Prima ha cercato tutti gli strumenti necessari che avrebbero potuto aiutarlo. Di ogni genere e di ogni sorta: medicinali, dottori, libri. Ha iniziato a coltivare e a condividere le giornate con Madre Terra nel limite delle sue possibilità, visto che la Signora Scura lo immobilizzava a casa. Ha chiesto aiuto ai parenti più stretti e, lentamente, con tutte le sue belle armi in mano, ha iniziato ad avvicinarsi a quella donna che lo guardava dall’alto in basso quasi inespressiva.

Ora la stava vedendo bene. Aveva un’espressione arcigna sul viso. I capelli scuri, le sopracciglia spigolose, le labbra serrate. Uno sguardo che lo trafiggeva come una lama. La paura lo inchiodava ma, per lo meno ora, l’aveva vista. L’aveva vista bene e lei era rimasta immobile, a farsi ammirare, in uno splendore diabolico ma affascinante allo stesso tempo. Era rimasta ferma, non gli aveva fatto del male.

Perché non ti muovi? Perché non ti avvicini, non mi prendi, non fai di me quello che vuoi come stai cercando di fare? Perché non mi uccidi del tutto?! – gridava G. a quella Regina. Ma lei, impassibile, si limitava ad osservarlo e, di tanto in tanto, alzava un angolo della bocca in un sorrisetto sarcastico.

La odiava avrebbe voluto eliminarla ma non poteva nulla contro di lei. E lei, rimaneva sempre lì. Ferma.

Fu quello che G. notò. Che lei non gli faceva ulteriore male. E fu allora che G. decise di avvicinarsi ancora di più. Ora la stava sfiorando, la stava scrutando nei minimi particolari. In quella sua immobilità imperiale era bellissima. La sua pelle era morbida e quelle sopracciglia dalla forma triangolare erano soffici come la seta e tremendamente eleganti. G. le toccò una mano. Non era fredda come aveva immaginato. Quella specie di donna era calda, era piena di passione. Un ardore che incredibilmente sapeva di buono.

“Non mi fa paura” pensò il mio amico. “Non mi fa più paura”.

A G. ormai non interessavano più la bella macchina, i vestiti firmati e la barba sempre fatta. Stava morendo secondo lui. Ora c’era da pensare alla vita; al rimanere in vita. Ecco, ora si. Ora era arrivato il momento di pensare alla vera vita che per anni si era messa da parte.

Fai parte della Natura, ed essa prima o poi viene a riprenderti se vede che ti allontani da lei. Sta a te capire il messaggio. Lei non ha mezzi termini -.

…….

Oggi voglio andare al mare e godere del suo spettacolo – disse un giorno G. alla moglie. Non l’aveva mai fatto, bisognava solo lavorare, anche di notte, anche di domenica.

Oggi ho perso un cliente ma, per uno che se ne và, due arrivano – disse un altro giorno. Solitamente questa vicenda era vissuta invece come il trauma più angosciante dell’intero anno .

Oggi voglio perdonare me stesso per come ho vissuto finora e per il male che mi sono fatto

Oggi voglio perdonare i miei genitori, che ho sempre maledetto, perché mi obbligavano a fare cose che in realtà non volevo

Oggi mi permetto di arrampicarmi su un albero senza aver paura di farmi male

Oggi mi tengo la maglia sudata senza aver paura di prendermi un raffreddore

Oggi dico di “No!”, perchè è quello che sento di rispondere per il mio bene

… LA LIBERTA’

La Grande Libertà. Via dal giudizio e dalle paure.

E girandosi, guardando di nuovo in faccia quella strana donna, ora vedeva che ella stava sorridendo. Era un sorriso buono. Dolce. Materno.

Aveva capito. Aveva capito che nonostante quei modi bruschi, quell’apparente alterigia, quella donna gli voleva bene.

Sei tu che mi hai chiamata – gli disse un giorno quando finalmente si decise a parlare, o meglio, quando finalmente il mio amico G. si decise ad ascoltarla.

Io? – rispose lui incredulo.

Si. Senza nemmeno rendertene conto. Io sono semplicemente la manifestazione di quello che tu hai creato. Tu mi hai plasmata e formata. Io sono il nulla senza di te e tu sei niente senza di me. Volevi liberarti da una catena con la quale tu stesso ti sei legato, da una schiavitù che hai concretizzato per te a causa della società in cui vivi e di tutti i tuoi moralismi. Hai avuto paura di me perché hai vissuto sempre come un misero tapino che non si è dato la possibilità di scoprire quanto di meraviglioso c’è attorno a lui, nella sua stessa vita. Sei nato scopritore, scienziato, mago! Ma ti sei ridotto a divenire un servo, uno schiavo, un limitato. Però sei stato bravo. Non sei fuggito. Hai voluto conoscermi, comprendermi, hai voluto amarmi perché hai capito che comunque, nonostante tutto, ero una TUA creazione. Ero una TUA figlia. Un qualcosa di TUO. E non puoi odiare mai qualcosa di tuo. Sarebbe come odiare te stesso. Nemmeno quello che la gente definisce una malattia. Si, siamo malattie, ma nessuno ci comprende. Ci guariscono, ci mandano via, senza parlarci, senza ascoltarci, senza cedere alla curiosità; la stessa curiosità che avevano quando erano piccoli, di due anni, e si mettevano la terra in bocca per sentire che gusto aveva. Perché si limitano ad impaurirsi e ad affidare ad altri il loro male. Alla scienza, alla tecnologia, alla medicina… e la loro energia non la considerano nemmeno. E la uccidono, così come uccidono loro stessi. Mentre tutte quelle tecniche continueranno a vivere inutilmente e morirà altra gente. La bellezza dell’innovazione va presa, tenuta cara e usata come strumento perfetto. Ma senza una mano saggia che regge l’elsa, senza un vero Guerriero che muove quella spada, una lama sfarfallerà semplicemente in aria senza combinare nulla. Ora io non ti servo più. Posso anche andare. Mi hai vista, mi hai conosciuta, hai capito il mio messaggio e un’insegnante non ti serve più a nulla ma… bada bene che tornerò. Alla prima offesa che effettuerai sul tuo essere Dio e parte di questo Universo, al primo limite che metterai a te stesso e alla prima volta che non ti riconoscerai come essere supremo e potente e perfetto quale sei, io tornerò. E questa volta non mi limiterò a farti mancare il respiro in uno spasmo bronchiale o a farti versare due lacrimucce. Non dimenticare mai, nemmeno per un solo secondo CiO’ CHE SEI. Non hai nessun diritto di offendere ciò che l’Universo ha creato -.

brindisi

Dedicato al mio amico G. che voglio stimare ogni giorno di più.

Prosit!

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Cercando il Lago Degno dove le Fate stanno in attesa

E’ proprio come se ci fossero delle fate che, nonostante la loro vivacità e le loro tante cose da fare, stanno ad aspettare l’arrivo di qualche anima sensibile che con esse possa connettersi. Si percepisce la loro presenza.

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Nella valle che vivo, la Valle Argentina, c’è un luogo che si può definire magico vista l’atmosfera che regala. E non è l’unico ma, poco tempo fa, ho avuto modo di conoscerlo e volevo assolutamente descriverlo.

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Questo luogo si trova sul sentiero che porta al Lago Degno ed essendoci stata una frana, anni fa, che ha distrutto la stradina principale, al Lago Degno, io e la mia amica Milly, non siamo riuscite ad arrivare perciò ancora dobbiamo scoprire se il meraviglioso punto nel quale poi ci siamo fermate si trova prima o dopo il famoso Lago arricchito da cascatelle impetuose che trasformano quella zona in un angolo di paradiso.

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Ci ritorneremo quindi, in perlustrazione, ma quella mattina invece ci siamo limitate ad ascoltare la natura e a dissetarci dell’energia potente che ci regalava. Un’energia che penetrava in ogni poro della nostra pelle.

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Posso tranquillamente parlare al plurale perché so che lei, come me, vive la natura nel mio stesso modo e con le mie stesse emozioni ed è molto bello poterle condividere con qualcuno che sa come comportarsi in quei momenti permettendoti di vivere il tuo rapporto con Madre Terra come più desideri.

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In quel momento ci siamo rese conto come null’altro ci sarebbe servito. Avevamo tutto quello di cui potevamo aver bisogno. Com’era possibile? Non c’era nulla di ciò che quotidianamente utilizziamo e viviamo, eppure era proprio così. L’appagamento era totale.

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La natura ci stava regalando la possibilità di non essere giudicate, la meraviglia delle piccole cose, la pienezza del Creato e niente poteva essere più grande.

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Sentivamo la forza universale scorrerci nei più piccoli capillari e tutta questa potenza ci ha reso più energiche, più serene, più vivaci.

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Il verde di questo posto è abbagliante, riempie la vista e l’acqua che scorre sotto di esso riflette sagome luminescenti sulle rocce accompagnando i tuoi pensieri con il suo scrosciare.

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Le foglie si muovono appena, giusto il tempo di dimostrarti che esistono, che vivono, come tutto d’altronde lì è pieno di vita, una vita che trabocca da ogni dove. Ogni tanto, il canto di un uccello, persino assai strano, si alterna attorno a te al ronzio di qualche insetto ma a prevalere sono i silenziosissimi battiti d’ali delle farfalle. A milioni. Di ogni colore, di ogni forma e grandezza. Riempiono gli occhi.

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Anche i raggi del sole giocano ad un andirivieni che incuriosisce e ti chiedi come possa essere tutto così perfetto come in una splendida orchestra proprio dove la perfezione non serve e non è richiesta.

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La pelle vibra come i fili d’erba accanto. Tutto vibra, il cuore, il respiro. Lo strato più superficiale del torrente creando delle mezze lune tremolanti che incorniciano gli scogli.

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E’ la meraviglia. E’ la voglia di vita. Alberi fiabeschi sono ricoperti da un muschio che parla di Celti, di gnomi e folletti, che li nasconde e gli fa da moquette. Quei minuscoli fiori rosa saranno sicuramente per loro come per noi grandi sequoie colorate.

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Il sottobosco è da ammirare, cela una vita tutta sua, un mondo in miniatura dove piccoli esseri tinti annusano, zampettano, si rotolano. Non si è soli. Quell’essenza abbraccia, culla, ti fa suo. Diventi parte di lei, una parte così fondamentale dalla quale percepisci quanto sei un tutt’uno con il pianeta, quanto bisogno hai di tutto questo e quanto lui abbia bisogno di te.

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Sarà per questo che ci ritorneremo, è una promessa, ora, non possiamo più farne a meno. Fa un gran bene. La miglior medicina per tutti i mali, una panacea, qualora se ne avesse bisogno. E se ne ha sempre bisogno.

E le fate ci aspetteranno ancora.

Prosit!

Il mio Amore per la Terra

Potevo secondo voi non festeggiare io la Giornata della Terra? Sia mai.

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Oggi come oggi, ogni giorno si festeggia qualcosa: c’è la Giornata Mondiale del Gatto, quella dell’Acqua, quella dell’Alimentazione e molte altre ma, quella della Terra, è per me come sacra.

Non mi considero un’ambientalista, non mi considero un’animalista e nemmeno nessun altro tipo di “ista”. Amo e basta e non penso di aver bisogno di una definizione.

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Riconosco la Terra, e la Natura in generale, come Madre e come Dio perciò questo per me è un giorno importante. La amo quotidianamente è ovvio ma il fatto di poterla celebrare in un giorno ben specifico nel quale anche altri esseri umani, in altre parti del mondo, lo fanno mi da un senso di unione e di forza. E’ per questo che volentieri mi assoggetto ad una data.

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Penso che amare la propria Terra equivale ad amare il Tutto. Equivale ad amare tutte le forme viventi, equivale a nutrirsi di energie buone e pure, equivale ad elargire gratitudine. A ringraziare i nostri genitori per essere qui, nonostante siamo stati noi stessi a scegliere di esserci, stupirsi per quelle che definiamo piccole cose e vivere il presente, quello che si chiama Ora.

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La Natura insegna la pazienza, la forza, la volontà. Si possono insegnare queste doti? Sembra impossibile eppure, se si sa essere buoni discepoli, essa ce la fa.

Amare la Terra significa anche amare noi stessi perché siamo i suoi figli e, non amandoci, sarebbe come offenderla. Come vi sentireste voi se qualcuno non rispettasse e sottovalutasse i vostri bambini?

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L’Earth Day, il 22 Aprile, è per me come un giorno di vacanza, è per questo che l’articolo lo posto oggi, e lo passo a contatto di maestri come alberi e animali cercando di avere una sensibilità maggiore che purtroppo, durante il resto dell’anno, ammorbata anch’io spesso da tutto ciò che mi circonda, non riesco a sentire così forte pur riconoscendomi già ad alti livelli.

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No, non è un vanto il mio, è un orgoglio. Sono lieta di avere con Madre Terra questo rapporto e mi piace gridarlo senza vergogna.

Le sensazioni di potenza che infonde sono indescrivibili. Quella potenza che ti permette di non aver paura e di affidarti all’Universo.

La Natura mantiene le promesse che fa. E può fare tutto perché è Dio. Per me essa è Dio.

Conobbi la Terra quando avevo circa tredici anni. Si presentò a me dicendo – Non preoccuparti, io non ti abbandonerò mai – e così è stato. Oggi di anni ne ho 37 e lei ancora non mi ha lasciato.

Buona Vita Terra, ti amo infinitamente.

Prosit!

P.S. – Le immagini che ho postato hanno per me il loro particolare significato riguardo la Madre Terra e la Natura: nella prima posso vedere la sua immensità, ero a quasi 2.000 mt s.l.m. e riuscivo ad ammirare la distesa di monti sotto di me fino ad arrivare con lo sguardo al mare, un cielo immenso e il sole suo compagno. Nella seconda la sua protezione data dai rami degli alberi, che mi avvolgevano, attraverso i quali anche i raggi dovevano quasi chiedere il permesso per entrare. Nella terza la sua meraviglia data dai colori, dalla quiete, dalla vastità. Nella quarta la sua bellezza vista appunto nelle piccole cose come questi fiorellini minuscoli di Senecio Rowleyanus grandi come l’unghia di un mignolo. Nella quinta la sua onnipotenza, un’aquila che ho fotografato due anni fa e che ha impresso il mio obiettivo di maestosità e grandezza. Nella sesta infine, la sua tenacia, la forza della vita, un Fico nato sul tetto di una chiesa sullo spigolo di un campanile, senza terra, senza acqua, ma nutrendosi solo con fiducia di ciò che l’energia universale poteva dargli, senza agi né comfort solo forza vitale.

Quel che ci riserva questa Benedetta Primavera

La Primavera è una delle quattro stagioni dell’anno e la riconoscono prevalentemente le popolazioni che vivono nelle zone temperate.

cecrisiecrisi.blogspot.it

Vivere la Primavera significa notare un cambiamento climatico rispetto alla stagione precedente, significa notare il rinascere della Natura attorno, dopo il riposo invernale, e percepire anche in noi stessi dei rinnovamenti che spesso sottovalutiamo o, peggio ancora, definiamo come disturbi e malesseri.

In realtà li accusiamo proprio così perché non ci sentiamo nel pieno delle nostre forze. Dovremmo però ragionare su una questione molto semplice: quando un neonato nasce ed esce dal ventre materno per affrontare il nuovo mondo, questa sua nuova vita, si sente alla grande e meravigliosamente bene? Direi proprio di no. E’ impaurito, infreddolito, i polmoni iniziano a bruciargli, gli occhi gli fanno male. Sente una nuova aria, una nuova atmosfera intorno a lui. Sente anche il vuoto intorno a lui. Non ci sono più le pareti materne che per nove mesi lo hanno accolto e avvolto. E’ tutto strano.

Noi, ormai adulti, di certo non sentiamo più queste sensazioni ma qualcosa di più leggero e affine si.

Perché la Primavera, è per tutti una specie di Rinascita.

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Per quello che riguarda l’Astronomia e il nostro Calendario (nom. Giuliano), la Primavera inizia il 21 di Marzo con l’Equinozio di Primavera e finisce il 21 Giugno, giorno del Solstizio d’Estate per lasciare il posto appunto alla calda stagione. In realtà, per gli effetti che la Primavera, può regalarci o farci subire, non ci sono date così precise ma, più o meno, possiamo tenerne conto.

Tenerne conto perché? Perché come ho detto, ci stiamo preparando a rinascere e abbiamo la possibilità di farlo al meglio.

lorecalle.it

Bisogna innanzi tutto sapere che proprio il mese di Marzo, prende il nome dal Dio Marte (Mars), o Ares per i Greci, e viene riconosciuto come il mese del Pianeta Marte (Martius).

Il Dio Marte, Dio delle guerre e delle battaglie, di… tempi incerti alla ricerca della sicurezza più vera.

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Può accadere tutto questo anche negli animi, può accadere quindi in noi. E’ una ricostruzione naturale e non solo un “cambio di stagione”.

Il Dio Marte, conosciuto anche come vittorioso modello di conquista attraverso duelli cruenti e uccisioni (e da lì la rinascita per alcune filosofie) era anche, per la mitologia Romana, il Dio della fertilità. Se pensiamo a Marzo pensiamo alla pioggia, pensiamo a ciò che è il liquido seminale per la Terra.

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Persino il simbolico spargimento di sangue di Ares lo era e, non a caso, in alcune culture, il sangue veniva versato al suolo affinchè, attraverso esso, Madre Terra venisse fecondata. E dalla fecondazione si sa, qualcosa nasce.

Tutto avviene attraverso processi che possono impiegare tempo e apparire anche poco simpatici (soprattutto per quello che riguarda il nostro organismo all’interno del quale qualcosa sta nascendo, si sta modificando).

coachdeccellenza.com

Per una pianta, far sbocciare fiori, che noi vediamo come bellissime opere d’arte naturali, è in realtà una gran fatica che eviterebbe volentieri ma, se lo facesse, non avverrebbe la riproduzione. Non ci sarebbero più piante. Questo è il senso.

Ciò che intendo dire è che, quello che percepiamo come sintomo negativo e di malessere non dovrebbe permetterci solo ed esclusivamente lamentele ma anche riflessioni. Cosa stiamo producendo? Cosa in realtà stiamo sviluppando o cosa stiamo “aggiustando”? Eventuali emozioni negative che abbiamo potuto provare durante il pre-Primavera, probabilmente adesso stanno andando via. Ma come vi ho già detto, un’emozione diventa fisica e reale nel nostro organismo solo dopo esser stata elaborata. Perciò percepibile fisicamente dopo averla vissuta. Oppure ancora, si scoprirà in futuro, ne stiamo “partorendo” delle nuove.

E’ inoltre importante sapere che, in questo particolare periodo, regna sovrana la sensibilità. Tutto è più sensibile non solo noi: l’atmosfera, l’emozione, il Pianeta, la forza universale. Saremo più sensibili anche verso gli eventuali benefici (di alimenti, di pensieri, di attività,…) che, se utilizzati al meglio, riusciranno a giovare il doppio. Noi saremo più sensibili verso le loro virtù e loro più potenti verso di noi.

Se abbiamo passato un periodo un po’ brutto ad esempio, concentriamoci sulla nostra ricostruzione. Meditiamo, ragioniamo, pensiamo, sforziamoci di sorridere anche se non dovrebbe essere uno sforzo! Ma svuotiamo però anche la mente da tutto quello che non ci serve. “Pulizie di Primavera” avete presente?

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Prendiamone atto ma soprattutto vogliamolo! E’ come se i nostri pensieri acquisissero potenza. Realizzassero con più facilità ciò che noi vorremmo. Per cui approfittiamone. Così dovrebbe essere vissuta la Primavera. State all’aria aperta, fatevi aiutare dalle forze della Natura. Toccatela la Natura, passateci del tempo assieme. Respirate la sua aria, nutritevi dei suoi prodotti così sani e così portentosi. Riequilibrate il vostro spirito e il vostro fisico.

Desiderate dimagrire o risanarvi? Sconfiggere quella preoccupazione? Allontanare quei pensieri negativi? Ottenere ciò che sognate? Questo è il periodo giusto. E io vi auguro di passarlo al meglio.

Prosit!

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