Puoi ricevere solo l’amore che sei in grado di contenere

Quante volte abbiamo sentito dire da diverse persone, o abbiamo pronunciato noi stessi, la triste frase – Io non mi sento amato -. Molto spesso la si esprime in momenti di puro sconforto, quando sembra che tutto il mondo abbia deciso di rifiutarci ma, in realtà, non la pensiamo davvero. Ci sono casi però in cui veramente non si è amati e questo è uno dei più brutti “sentire” che può capitare ad un essere umano, il quale vive d’amore e ne ha bisogno come l’aria che respira.

Arrivare a riconoscere di non essere amati significa mettersi di fronte ad una realtà cruda, dolorosa che fa male e ci annienta.

E’ in questo momento però che occorre agire, nonostante la sofferenza, e creare una nuova realtà, più piacevole per noi. Rendendoci responsabili.

Quando si riesce a riconoscere come stanno le cose e a trarre determinate somme, siamo sempre troppo predisposti a dare la colpa e la responsabilità agli altri, al mondo che ci circonda. Il nostro pensiero, oltre a comunicare – Io non sono amato –, e oltre a suggerire – Io sono sbagliato e quindi non sono amato –, tenta sempre di caricare l’altro della responsabilità di quell’amore. – Sono gli altri che non mi amano -. I motivi possono essere mille, possiamo dare sciocche colpe deleterie a noi stessi, possiamo dire che il mondo è cattivo, possiamo pensarla in tanti modi ma, alla fine, sono sempre gli altri che non ci amano.

Ma le cose, in verità, non stanno così. Gli altri non hanno potere su di noi, gli altri possono soltanto riflettere ciò che noi abbiamo dentro.

Se, per assurdo, misurassimo l’amore che possediamo in quantità e se potessimo dire, per esempio, che dentro di me c’è amore solo al 20% non potrò essere amata al 60% ma soltanto al 20%. Una cifra ridicola, povera, ma è semplicemente la quantità che possiedo io e gli altri non possono darmene di più e neanche di meno.

Per questo, quando qualcuno dice – Nessuno mi ama –, nonostante la tenerezza che questa frase può fare, in quanto tale concetto fa realmente soffrire, occorre insegnare a quella persona a nutrire l’amore dentro di sé anziché restare a piangere incolpando l’esterno.

Se tu non ti ami o non ami il mondo, non puoi pretendere che sia il mondo ad amarti.

Non puoi contenere l’80% d’amore se dentro di te c’è spazio solo per il 20% perché l’altro spazio è già pieno di altro. Ad esempio di altre emozioni come: fastidio, paura, rabbia, svalutazione, tristezza, biasimo, invidia, insopportazione, preoccupazione, bisogno di riconoscimento, etc…

Bisogna svuotarsi di tutta questa “spazzatura”, di queste emozioni negative e fare spazio all’amore. L’amore prenderà immediatamente il sopravvento anche se, arrivare a questo momento è un lavoro arduo ma quando si giunge a questo punto l’amore non permetterà a nient’altro di occupare il suo spazio. Quello spazio che è stato preparato appositamente per lui e, senza bisogno che tu faccia nulla, in quell’istante sarà lui a fare tutto. Riempiendoti di se stesso.

Immancabilmente noterai che anche gli altri inizieranno ad amarti di più. Tu vedrai e comprenderai più amore da parte loro perché vedi solo quello che hai dentro. Nel bene e nel male. Alcune persone se ne andranno dalla tua vita e ne arriveranno altre che ti ameranno moltissimo oppure, dalle solite persone, come ho detto, noterai fuoriuscire più amore nei tuoi confronti.

Con questo discorso, se sei un individuo che non si sente amato, non intendo dire che sei una brutta persona. Intendo consigliarti di guardare dentro di te e notare che non ti ami e non nutri sufficiente amore perché sei troppo preso da altre emozioni che sono tutte meccanismi di difesa che hai mantenuto vivi per sopravvivere. Ora però, forse, è arrivato il momento di vivere anziché sopravvivere e quindi, visto che non hai colpa alcuna e sei un essere perfetto essendo una scintilla di Dio, cioè del Cosmo, dovresti provare a preoccuparti di te stesso da un punto di vista più intrinseco e non della tua esistenza materiale.

Non passare più il tuo tempo a fare del vittimismo o a soffrire realmente, cerca di costruire in te tutto l’amore che meriti. Sii il protagonista della tua vita. Permetti a quella fonte divina che ti nutre di invadere ogni centimetro del tuo corpo e permetti poi a quelle vibrazioni amorevoli di spargersi per il Creato. Sarà allora che vedrai arrivare da ogni dove amore per te. Provaci. Ti sembrerà di vivere un miracolo.

Non è vero che gli altri non ti amano. Sei tu che non riesci a vedere più amore da parte loro e non puoi ricevere più amore da parte loro.

All’inverso…. E qui arriva il brutto… una persona non può essere aggressiva con me, o egoista, o invidiosa, o rabbiosa, più di quello che io sono dentro, quindi, se io ricevo una grande dose di rabbia da parte di qualcuno, quel qualcuno mi sta solo mostrando (riflettendo) la grande dose di rabbia, magari celata, che io nutro dentro di me e che probabilmente nemmeno io so di avere ma, grazie a questa particolare lettura delle pagine della mia vita e di chi sono realmente nel mio subconscio, lo posso vedere. E, ATTENZIONE, lo posso MODIFICARE.

Quindi anziché soffermarti ora ad arrabbiarti e chiedermi la solita e ritrita domanda – Ma allora se uno mi maltratta è colpa mia? – preoccupati di arricchire la tua vita, eliminando questa collera ora che hai potuto vederla e riempiendoti di altre emozioni più sane. Te l’ho già detto: non è colpa tua. Quella rabbia che nutri ti ha difeso in qualche modo da quando sei venuto al mondo per tutti gli eventi che hai vissuto e che ti hanno fatto male. Ma la tua Anima, gradisce tu veda di cosa sei fatto e gradisce anche che tu ti renda libero, come individuo, e non schiavo dei comportamenti degli altri. Questo significa essere padroni della propria vita. Cioè evitare che altri possano farci ciò che non vorremmo vivere e ricevere invece solo quello che riconosciamo esistere in noi e nutriamo.

Punta la tua attenzione, la tua preoccupazione, il tuo impegno, le tue forze solo ed esclusivamente su di te e crea la vita che meriti perché di amore ne meriti tanto.

Prosit!

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E ho ricevuto coccole nonostante tutto

RISVEGLI FUMOSI

Quella mattina mi svegliai incazzata. Ero nervosa e di cattivo umore. Non chiedetemi il perché. Presumibilmente, durante la notte, due miei neuroni litigarono di brutto tra loro andando a tirare fuori tracce mnestiche arcaiche non rimosse che ora facevano capolino nella mia mente e una parte di me non le apprezzava.

Mi alzai e andai a prepararmi il caffè. Nell’aspettare che la caffettiera svolgesse il suo ruolo andai in bagno a lavarmi. Mi accorsi che l’acqua calda non c’era e dovetti lavarmi con della neve sciolta che scendeva dal rubinetto. A causa delle imprecazioni contro la caldaia e il mio perder tempo alla ricerca di un tepore inesistente, il caffè fuoriuscì rovesciandosi sul piano di cottura ed emanando un disgustoso odore di bruciato. Odio il caffè tostato e odio non poter bere un buon caffè di prima mattina. La parola “odio” è pronunciata in stile Puffo Brontolone… ve lo ricordate? – Io odio quello… io odio questo… -.

Era il minimo che potesse capitarmi visto l’umore e le frequenze negative che stavo emanando. Lo sapevo. Mi complimentai tra me e me – Meg, lo sai che se continui così oggi sarà una bellissima giornata di merda vero??? -. Sì, lo sapevo, ma proprio non riuscivo a farci nulla. Mi sentivo addosso un’incazzatura incredibile. Come una seconda pelle.

ACCETTAR! MARSH!

Non mi rimaneva altro che accettare quella situazione con più gioia possibile (assai ostico) senza voler per forza cambiare gli eventi. Lo sforzo avrebbe reso tutto ancora più difficile e il risultato non sarebbe stato sincero. La resistenza, a quello stato d’animo, sarebbe stata deleteria. E’ l’attrito che ci condanna.

Pertanto pensai – Oggi è così. Sono arrabbiata. Bene, ok, oggi sono arrabbiata. Sono in possesso dell’emozione Rabbia. Lo accetto. È anche lei mia figlia come tutte le altre emozioni. Ci saranno giornate migliori -.

Detto questo, senza migliorare la situazione, uscii di casa per dirigermi al lavoro ma decisi di fermarmi prima in una pescheria che si trova a metà strada tra casa mia e la mia meta. Non vi dico il viaggio in auto. Fu disastroso. Impediti ovunque, coda, gente che si buttava in mezzo alla strada distrattamente o credendosi padrona del mondo, gente che imprecava. La realtà esterna stava manifestando perfettamente il mio stato d’animo, la mia collera, la mia stizza. Il nervoso saliva sempre di più e accettai anche quello. Cercai di viverlo e di lasciarlo sfociare consapevole che era come un bambino che pestava i piedi. Vivevo quel presente provando ad amarlo e solo dopo mi catapultai nel futuro immaginando il domani come un giorno sereno e felice.

QUANTI ETTI D’AMORE LE FACCIO?

Arrivai al negozio davanti al quale, ovviamente, non trovai parcheggio. Dovetti andare a mettere l’auto a Puttemburgo rischiando una multa che quasi sicuramente era già sul mio parabrezza. Nel correre verso la pescheria inciampai realizzando una delle mie solite figure ammalianti per i passanti e iniziò anche a piovere.

Che giornata “meravigliosa”! Ma che cavolo è successo nella mia testa stanotte? La terza guerra mondiale???

Entrai in pescheria mascherando l’ira che mi pervadeva e quando vidi che l’unica specie di pesce che volevo non c’era avrei voluto picchiare la pescivendola (vabbè… scherzo!).

Incarognita come pochi e con un tono per nulla educato (nel bene e nel male non riesco a fingere o trattenermi soprattutto in quello stato) chiesi – Acciughe non ne ha?

La pescivendola, una donna sulla cinquantina, mi rispose con un tono dolce e cordiale che mi destabilizzò – Certo che le ho! Le chiedo scusa ma sono appena arrivate e non sono ancora riuscita a metterle in esposizione -.

Quella signora stava chiedendo scusa a me per non essere riuscita a mettere a posto tutto il pesce. Mi sentii una merdaccia ma ciò non bastò a farmi cambiare tono. Ero colpita dal suo modo di fare gentile e non mi soffermai sulla mia intonazione che uscì uguale a quella di prima – Me ne dia un chilo per favore – proferii piatta.

Subito! – rispose lei e, colmo dei colmi, mi sorrise. Io invece mi sarei presa a schiaffi da sola. Non mi sopporto quando sono così, anche se faccio di tutto per accettarmi. Quel suo sorriso mi fece sprofondare sotto alle piastrelle umide. Mi vergognavo di me stessa e del mio comportamento davanti a quella persona che era l’emblema della gentilezza. Parlai a me stessa immediatamente “Meg? Adesso basta! Vedi di cambiare maniere perché così non va bene per niente!“.

VA TUTTO BENE

La signora tornò dal retro sbucando da una tenda plastificata color verde smeraldo e arricchita di campanellini. “Dlin dlin dlin!” fece al suo passare. Campanelle! Le mie eggregore dell’amore si stavano facendo sentire. Ero circondata dalle mie energie buone (normalmente la gente le chiama “angeli“). Una metaforica doccia fredda mi fece trasalire. Respirai e guardai la donna che mi sorrise ancora e mi chiese – Gliele pulisco? -.

No no no… la ringrazio, faccio io non si disturbi – ora il mio tono era decisamente diverso. Non meritavo tanta reverenza.

Desideravi altro? – mi diede del “tu” all’improvviso. Per farmi perdonare avrei voluto comprare tutta la sua merce.

Sì grazie. Tre tranci di spada, grazie – “grazie”. Come a volermi far perdonare, quel “grazie”, lo dissi più volte. Sembravo un’ebete.

Pagai e uscii. Un’anziana coppia stava guardando la vetrina indecisa se mangiare pesce quel giorno o che altro. Esclamai in modo che i due mi sentissero – Oh! Finalmente del bel pesce fresco come non si vedeva da tempo! -. Ovviamente, i due, entrarono a comprare mossi dalla mia frase e dalla mia energia. Era il mio modo per ripagare la pescivendola.

Quando salii in macchina ero diversa. La pioggia che mi bagnò durante il ritorno non la sentii nemmeno. Qualcosa di nuovo stava crescendo dentro di me. Un nuovo stato d’animo, più leggero e gioioso, stava prendendo il posto di quello precedente. Non ero felice del tutto ma non importava, il cambiamento era tangibile. Che bellezza! Era come respirare meglio. Una pace bellissima ora mi cullava e mi sentivo come una farfalla. “Grazie signora” pensai dentro di me. Le sue frequenze mi avevano aiutata e “curata”. Erano state terapeutiche. Grazie a lei, la mia giornata si sarebbe migliorata perché adesso anch’io emanavo vibrazioni differenti.

COSA OCCORRE TENERE DA CONTO:

Cosa è accaduto? Come dico sempre, quando si emanano frequenze negative si riceve negatività ma, quel giorno, in quel momento della mia vita, dopo tempo passato a vivere in un certo modo (come potete leggere ogni giorno su questo blog) io avevo dentro di me parecchi mezzi che hanno evitato questo.

1 – dentro di me, nonostante quel brutto risveglio, vivevano onde vibrazionali positive in quanto le coltivo e le nutro ogni giorno. Questo fa sì che, non può una sola giornata rovinare il lavoro di tutti gli altri giorni, mesi, anni passati. Le frequenze negative di quella mattina erano solo una goccia a confronto dell’oceano di positività che mantenevo e mandavo solitamente.

2 – Non feci attrito cercando di accettare quella giornata, me stessa e quelle mie sensazioni.

3 – È l’impegno del cammino a ripagare non il risultato dell’arrivo. La caffettiera, la caldaia, la pioggia, la gente in macchina, mi avevano “fatto torto” ma la pescivendola mi diede il premio che comunque meritavo visto quello che da tempo coltivavo.

4 – I campanelli, o chi per essi, mi hanno detto che non dovevo essere arrabbiata perché c’erano loro con me; che tutto stava andando per il meglio e non dovevo preoccuparmi.

5 – La gentilezza della donna stava rispecchiando la mia dolcezza soffocata quel giorno dalla rabbia e così io potei vederla. Vedendola l’ho potuta afferrare, aggrapparmi a lei come se fosse un aiuto. Mentre una mia figlia (rabbia) quella mattina, stava facendo i capricci, l’altra mia figlia (dolcezza) mi stava dicendo – Non preoccuparti mamma, ci sono io, sono qui, guardami. Penserò io a mia sorella Rabbia e anche a te -. Meno male che Dolcezza l’avevo fatta crescere forte e robusta!

Se si vive coltivando certe emozioni e sviluppando certe frequenze si arriva ad un livello in cui la negatività non ha più potere perché è nettamente inferiore rispetto alla positività. Non dico che non possano accadere più brutti eventi ma, nel nostro quotidiano, c’è più serenità. Avete presente quelle persone che ogni giorno, dovunque vanno, incontrano difficoltà, o maleducazione, o nessun aiuto, o mancanza di rispetto? Quelle che ogni volta che tornano a casa hanno un episodio spiacevole da raccontare? Quelle che gliene succede sempre una? Bene. Per evitare questo tipo di esistenza occorre dar da bere alle piante giuste dentro di noi, facendole crescere più grandi delle altre. E sarà davvero soddisfacente.

Prosit!

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