Osservati dall’esterno per smettere di soffrire

IL MACABRO POZZO

Ogni volta che soffriamo cerchiamo soluzioni sbrigative per uscire da quell’angoscia ma questo modo di fare non è proprio il più adatto. Occorrerebbe entrare in quel dolore e viverlo a fondo, per conoscerlo e trasmutarlo, guarire davvero, non provarlo una seconda volta.

È anche vero però che ci sono malesseri lunghi a finire e assai deleteri per il nostro stato emozionale e fisico, soprattutto in caso di dolore attivo. Il dolore infatti può essere attivo o latente. Quando è latente è molto pericoloso, noi non lo percepiamo, non lo lavoriamo e lui può fare ciò che vuole ma quando è attivo ne sentiamo tutta la furia e questo lacera. Non si può prolungare tanta angoscia. Serve continuare ad osservarla ma, ad un certo punto, bisogna anche stare bene. Stando bene si possono emanare frequenze positive, le quali richiameranno altre vibrazioni positive, e potremmo così riempirci di gioia con più facilità eliminando quella tristezza che ci porta sempre più giù nel suo macabro pozzo.

Un metodo, non facilissimo da applicare all’inizio, ma molto efficace esiste e ora te lo spiego ma, nel riuscire a metterlo in pratica, dovrai essere paziente. Una volta presa l’abitudine però, non farai più fatica ed esso potrà rivelarsi un valido mezzo da utilizzare ogni volta che vuoi.

COME ESSERE SPIRITO

Si tratta di “distaccarti” dal tuo corpo e guardarti dall’esterno. Innanzi tutto devi sapere che ogni tipo di malessere che provi appartiene al corpo e quindi alla mente. È sempre un qualcosa di mentale, cioè materiale, anche se emozionale. È cioè sempre una conduzione mentale che si sviluppa in base al nostro vissuto, diverso, da individuo a individuo. Ebbene sì, anche l’innamoramento, o quello chiamato amore. Nella nostra anima, e nella nostra parte spirituale, il male non esiste. Non esistono emozioni, ne belle ne brutte e, in questo momento, sono proprio quest’ultime a interessarci. In parole povere, tutto il dramma che proviamo appartiene al corpo e quindi, in teoria, basterebbe staccarsi da esso, in qualche modo, ma… come si fa se siamo quel corpo?

Hai presente quelle frasi che ogni tanto si leggono e che intendono insegnare la differenza tra corpo e spirito?

Ad esempio educare i bambini a dire – Il mio corpo ha la febbre – anziché – Ho la febbre -. Oppure – Il mio corpo si è sbucciato un ginocchio – anziché – Mi sono sbucciato un ginocchio – facendosi così carico (troppo carico) di quel dolore, nonché di quella sbadataggine e pure del senso di colpa (in certe situazioni). Se invece è del corpo e non nostra… problemi suoi! Si capisce? Ok, sembra un po’ un modo di dire ma è così. Non capisci quanto il cervello sia schiavo, totalmente dipendente, dalla mente. Se la mente vuol fargli credere che abbiamo un dolore ad una gamba, lui mica controlla se è vero, bensì si muoverà ordinando a varie cellule di attuare tutti vari processi di guarigione, spesso, assai più dolorosi del danno stesso.

Così, per ridere, proviamo a dire al nostro corpo – È un problema tuo io non ne voglio sapere. Non mi riguarda, arrangiati! -.

SONO CAVOLI TUOI

E ora torniamo seri. Sei seduto sulla tua poltrona a elucubrare su quella tristezza che ti sta opprimendo. Puoi chiaramente sentire un peso sullo sterno che non ti permette nemmeno di respirate bene. Le viscere sono rigide e contorte e i tuoi occhi stanno per bagnarsi di lacrime. Stai male e questa condizione sta andando avanti da diversi giorni. Resta seduto lì e prova a chiudere gli occhi.

Ora immagina di uscire dal tuo corpo e vederti dall’alto. Vai su, verso il soffitto, e guardati. Guardati davvero. Vedi i tuoi vestiti, la tua posizione, le tue mani e vedi la tua triste espressione.

Mentre ti osservi prova a esprimere frasi compassionevoli nei confronti di quel corpo abbandonato su quella poltrona, avvolto dall’angoscia più totale. Prova a dire – Mi dispiace tanto per te -, – Vedrai che tutto si sistemera’ -, – Ricordati che sei più forte di quel dolore -. In effetti, questa è la verità. Qualsiasi sia l’azione del dolore, il suo comportamento stabilisce che: sa benissimo il tuo essere più potente di lui. Questo non dimenticarlo mai.

Man mano che provi ad attuare questo esercizio di vederti dall’esterno, anche se all’inizio può risultarti difficile, senza rendertene conto, educhi il tuo cervello che tu sei tu e quel corpo (con il suo dolore) è altra roba. Il cervello, col tempo, inizia a scindere, farà tutto lui, tu non dovrai preoccuparti di nulla se non di stare meglio, perché è questa la sensazione che avrai: sollievo. Come sia potuto accadere probabilmente continuerai a chiedertelo ma poco importerà, il benessere che ora ti avvolge, dopo molta sofferenza, ti trasformerà in menefreghista verso certi aspetti, intento solo a goderti quella conquista.

Cerca di concentrarti su quella separazione che hai attuato.

Il tuo corpo e il male sono là, tu sei qua. Allenati in questo. Osservati nella maniera più precisa che riesci. anche subito forse non ce la farai. Guarda le tue più piccole rughe, la tua pettinatura, le pellicine attorno alle unghie. Più la visione di te stesso sarà acuta e più per il tuo cervello sarà realtà. Credimi, in fondo, basta davvero educarlo e fargli credere ciò che vogliamo.

Prosit!

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Va’ che me ne sono inventata un’altra… si chiama O.A.P.A.

Ma che cos’è O.A.P.A.?

Innanzi tutto, e voglio che questo sia chiaro, O.A.P.A. non è e non vuole essere una nuova tendenza, un nuovo metodo per raggiungere il benessere, un nuovo modo di dire e bla bla bla…. No! Ne abbiamo già un mucchio di queste trovate, giuste o sbagliate che siano. Di gente che si alza al mattino e s’inventa cose per divenire i nuovi Guru del 2000 verso i quali non ho nulla in contrario ma O.A.P.A. non è la parola di nessun nuovo Gesù.

O.A.P.A. vuole essere semplicemente uno strumento, di quelli che funzionano “presto e bene”, da usare all’occorrenza in caso di bisogno. Vuole essere soltanto una sigla che riporta a termini molto più complessi e più profondi e, soprattutto, a lavori di trasmutazione alchemica (più antichi del mondo, quindi novità non ce ne sono) ma difficili da ricordare e mettere in pratica quando la sofferenza ci rende vittime e schiavi di se stessa.

 

COME L’APPUNTO SU UN POST IT

Ossia, in breve: – Sto male! – (panico) – Che faccio??? O.A.P.A.!

E funziona? …No.

No perché O.A.P.A. non è un elisir, non è una pillola, non è un sacchettino di sale da mettere sul davanzale della finestra. Qui non si vende niente. O.A.P.A. è solo un appunto veloce, pronto, comodo, scattante ma non fa magolamagamagie… a meno che…..

Continuate a leggere che vi spiego, perché O.A.P.A., in un certo senso, può nascondere il Tutto.

 

UN IMPORTANTE LAVORO ALCHEMICO

Come vi dicevo O.A.P.A. è l’insieme delle iniziali di quattro parole che sono:

O – Osservazione (Tecnica dell’Osservatore – dell’autosservazione)

A – Accettazione

P – Perdono (Perdonarsi)

A – Amare (Amarsi)

Ora direi di spiegarle così poi capite meglio il lavoro da fare.

OSSERVAZIONE: la tecnica dell’Osservatore implica osservarsi in un’introspezione. Osservare le proprie emozioni e i propri pensieri. Rendersi conto di quello che stiamo provando. Sembra una stupidaggine ma non lo è ed è alla base di un lavoro importantissimo da compiere su noi stessi se si vuole elevare la propria consapevolezza e imparare a vivere meglio come Sé Superiore. Facciamo un esempio molto semplice – Io mi arrabbio. Mi arrabbio e grido, urlo, mi offendo, dico le peggio cose oppure trattengo tutto dentro, etc, etc… Bene. Posso poi dispiacermi, posso poi stare male, posso poi essere soddisfatta della mia crisi di collera ma, tutto questo, non significa essermi osservata. Osservarsi infatti vuol dire “rimanere sull’emozione”. Cioè fermarsi un attimo e rimanere lì, in quella rabbia, concentrarsi su di lei, sentirla, sentirla nelle vene, sentirla fisicamente, riconoscerla. Stare su di lei percependone ogni vibrazione e soprattutto SENZA GIUDICARLA. Ora, è facile non giudicare una sbottata di collera soprattutto se si aveva ragione di manifestarla ma supponiamo che, anziché essermi arrabbiata, io mi sia fatta mettere i piedi in testa da una persona ben poco ammirevole e che mi ha anche fatto fare una pessima figura, immeritata, davanti a molta gente. Inizio a provare la vergogna. Ok, devo osservarla, devo rimanere su di lei, su quella vergogna. Viverla appieno. La sentirò incendiarmi dentro, scombussolarmi le viscere, scuotermi i sensi e mi verrà spontaneo avercela con lei e con me stessa. “Che stupida sono stata! Mi sono fatta maltrattare da quell’individuo ignorante! Non valgo niente!”. Ecco, questo è un giudizio. Un giudizio che nasce spontaneo ma che invece non deve e non può appartenere alla tecnica dell’autosservazione. E’ difficilissimo da effettuare ma occorre provare e riprovare fino a riuscirci se si vogliono ottenere dei risultati. La tecnica dell’Osservatore, così come le altre che vi spiegherò ora, sono molto lunghe da raccontare e consistono in diverse cose ma per comporre un solo articolo non posso dilungarmi più di tanto.

ACCETTAZIONE: Eccola qui. Eeeeh… sembra facile. E che ci vuole? Ok, sì, accetto. E no… attenzione. Accettare non vuol dire sopportare o reprimere. E’ importante questo! Sopportare o reprimere è DELETERIO! Accettare significa accettare anche una cosa brutta che ci capita con la gioia (reale) nel cuore. Significa accogliere totalmente. Significa avere occhi per vedere oltre. Per capire il messaggio profondo di quella situazione. Cosa vuole dirci? Cosa vuole insegnarci? Perché è successa? Guardate che non è facile. Vi voglio vedere accettare, di cuore, il male. E’ tragico. Fa male! (Appunto). Vorremmo liberarcene il più in fretta possibile, scacciarlo da noi, altro che accettarlo! Facciamo un esempio anche qui – Io non riesco a vivere senza il mio compagno. Senza di lui mi manca l’aria ma lui, guarda “caso”, decide di lasciarmi e di me non ne vuole più sapere. Io mi struggo nel dolore e faccio di tutto per riconquistarlo e per continuare ad avere un rapporto con lui. Non posso accettare di perderlo. Gli mando messaggi e lui mi risponde come a rispondere ad una merdaccia, lo chiamo e lui non alza la cornetta, lo aspetto e lui non viene, lo seguo e lui mi offende. Insomma, io sto facendo di tutto per farmi mancare di rispetto da quella persona. Lui mi maltratta ma io continuo, senza dignità, perché è più forte in me il demone dell’attaccamento che non l’amore per me stessa. Ebbene, questo è un vero strazio da vivere. Ci si sente stupidi, senza midollo, ci si sente uno straccio, un lombrico e non si riesce ad accettare una cosa così. Si invidiano quelle donne forti, che non devono chiedere niente, che non sono mendicanti d’amore, che hanno una fila infinita di uomini pronti a fare qualsiasi cosa per loro. Tutto questo è l’esatto contrario dell’Accettazione. E si sta male. Però, a furia di lavorare su noi stessi e soprattutto grazie all’Osservatore, piano piano, dopo lunghi pianti e tanta tristezza, qualcosa dentro inizia a cambiare. Si iniziano a dire frasi come “Mah…. ok, sono fatta così, sarò anche fatta male ma sono io” e poi “Sì, io sono così e sono bella così”. Non è che non si soffre più ma l’essere se stessi, e il suo riconoscimento, e l’accettazione di cosa siamo, iniziano a prendere forma e a diventare più grandi della forma negativa che prima appannava tutta la nostra visione senza permetterci di guardare altro. E, quando questa accettazione è sentita sinceramente, si inizia a stare sinceramente bene. Non è solo un’apparenza perché, se è reale, non si tratta di sopportazione o repressione quindi si percepisce davvero più leggerezza. Il nostro fine è stare meglio. Essere padroni della nostra vita, ripeto. Sentirsi liberi e sereni. Affrontando la nostra esistenza in totale benessere.

PERDONO: Accettando di essere quello che si è, con tutte le nostre caratteristiche positive o negative che siano, automaticamente, si ama ciò che siamo e questa è la ricchezza più grande che possiamo donare a noi stessi. Perdonarsi, che meraviglia! Io sono fatta così, io mi sono fatta fare questo, io ho fatto questo, ebbene io mi perdono. Non lo faccio apposta a soffrire. Sono i miei traumi, i miei schemi mentali, i miei demoni che mi provocano sofferenza, per questo mi perdono. Badate bene che questo non significa nascondersi dietro a un dito ma significa pompare un meccanismo strabiliante che, alla fine, darà frutti incredibili per la nostra felicità. Ci si inoltra in una situazione potente che ci permetterà di essere forti, autonomi, gai, liberi e in connessione con il Divino.

AMARSI: E nella connessione con il Divino non può mancare l’Amore. L’amore per il Tutto, per chiunque e per noi stessi. Amarsi. Amare ciò che siamo. Ciò che facciamo. Amarci per come siamo. Infatti, dopo essersi perdonati, dopo aver eliminato tutti i brutti pensieri verso la nostra persona, abbiamo lasciato lo spazio all’amore che ora trionfa in noi permettendoci di vivere in maniera completamente diversa da come vivevamo prima e decisamente meglio. Anche qui occorre fare attenzione. Ci sono appunto dei passaggi. Non bisogna mentire a noi stessi. Non bisogna dire – Io amo quella persona che mi ha maltrattata perché per me è stato un Maestro! Mi ha insegnato quella determinata cosa, grazie a lui ho sconfitto un demone e ora sto bene e mi amo per ciò che sono e sono stata – se non lo si pensa realmente. Perché vorrebbe dire fingere e nuocere gravemente alla nostra salute. Perché è difficilissimo da fare. Perché a questo “caro Maestro”, in realtà, si vorrebbe tirare un bel pugno sul naso! Il che ci può anche stare ma, la cosa importante, è vedere quello che c’è da vedere giù, di sotto, nel fango più fangoso che c’è. Nella nostra spazzatura. Allora si che quel cazzotto può avere un buon fine anziché non servire a nulla! Eh! Ricordatevi sempre che amarsi, riempirsi di Agape, è veramente il regalo più grande che potete farvi e, di conseguenza, attraverso voi, potete fare a tutto il creato. L’Amore, in questo caso, và a collegarsi con l’Accettazione. Amare quindi quella situazione, quella persona e quello che siamo.

 

LA COMPRENSIONE

Adesso potete anche capire quanto sia importante la sequenza di queste parole. Il loro ordine. Ecco perché O.A.P.A. e non, ad esempio, P.A.O.A. Perché non si può perdonare nulla se prima non lo si è accettato. O non si può accettare nulla se prima non lo si è osservato e quindi riconosciuto. Da qui ne deriva l’importanza di questa sigla.

Quando stiamo male, colti dall’angoscia, e vogliamo esercitare un lavoro su noi stessi, al fine di porre rimedio, può capitare di chiedersi “Cosa devo fare?” e di rispondersi agitatamente “Devo accettare, devo accettare, devo accettare….”. No! Prima bisogna Osservare! Ma la disperazione ci fa arrancare come possiamo. Invece, se quando chiediamo a noi stessi “Cosa devo fare?” rispondiamo “O.A.P.A.!”, ci viene subito alla mente l’ordine giusto delle varie armi che abbiamo in mano e possiamo utilizzare. Naturalmente, senza ipocrisia e falsa accettazione. Tutto però avverrà con calma e col tempo. All’inizio sarà impossibile amare un dolore. Poi inizierà a divenire una cosa solo a livello mentale ma, infine, questo amore, se si continua a nutrire, lo si sentirà nel cuore. E non dico che non si soffrirà più, non sarebbe neanche giusto, ma non si sarà più schiavi, a tempo indefinito, di quella sofferenza senza trarne nulla di buono. Quell’ombra rimarrà un’ombra, mentre invece, esiste al fine di condurre ad una luce, la quale, a sua volta, ha altre ombre e così via, ma si è “padroni” della nostra vita. Co-creatori della nostra esistenza e non pezzi di legno in balia delle onde.

Non si potrà svolgere questo lavoro in un attimo e nemmeno in un giorno. Alcune persone ci impiegano mesi, altre anni. Ognuno ha i suoi tempi e il suo percorso ma, credetemi, ne vale la pena.

Ecco cos’è e a cosa serve O.A.P.A. Un qualcosa di nuovo, antico quanto l’uomo. Semplicemente pronto all’uso! Spero vi sia utile perché, per un buon lavoro su noi stessi, questi sono i passaggi e queste le cose da fare (secondo me). Per chi volesse approfondire ulteriormente questi quattro punti lascio dei video e degli articoli:

OSSERVAZIONE

http://www.salvatorebrizzi.com/2018/03/evadere-dal-carcere-in-10-passi-10.html

ACCETTAZIONE

PERDONARSI

AMARSI

O.A.P.A. può risultare errato per diverse persone. Può essere visto all’inverso. Alcuni possono dire che bisogna prima amare per poter accettare (e questo è anche vero) ma io ho semplicemente voluto parlarvi di una “tecnica” che ho usato e che mi ha aiutato molto. Tutt’ora la utilizzo, è sempre in me, ogni giorno. A mio parere, non siamo solo pieni d’amore; dentro di noi esistono mille altre emozioni che prendono posto al nostro interno e molte sono esageratamente negative. Per questo, a mio avviso, occorre prima riconoscerle e accettarle. Mi sembra più difficile partire dall’amare ogni cosa, perché saremmo già degli illuminati come si usa dire. Rischiamo di trattenere, soffocare, un qualcosa che poi diventa nocivo. Ma, naturalmente, la mia parola non è legge. Provatela, solo conoscendola potrete vederne i benefici o le caratteristiche negative (quest’ultime io non le ho viste) e, perché no, magari potrete realizzare voi stessi un qualcosa di bello che faccia bene al mondo.

Prosit!

Ta-na-na-nà! Sei stato Smascherato!

Ebbene si, questa è una cosa fantastica perché, se è vero, come ho scritto sempre, che la realtà è uno specchio di quello che siamo dentro, poco ci vuole a capire che quello che accade ad una qualsiasi persona è semplicemente il riflesso di quello che essa è al suo interno, vale a dire le emozioni che la compongono. Possiamo quindi fare attenzione e aprire gli occhi per tutelarci, oppure possiamo persino diventare bravi aiutanti.

Se il nostro compagno/a, ad esempio, è una persona che viene sempre imbrogliata dagli altri, o raggirata, o vessata e tradita possiamo iniziare a tirare qualche somma (le sfumature sono sempre molte non si deve essere tecnici calcolatori).

Con noi può sicuramente comportarsi come l’uomo, o la donna, migliore del pianeta ma, se riceve dal resto del mondo ciò che ho elencato prima è perché… quello è ciò che, in un modo o nell’altro, porta dentro.

Può essere perché a sua volta è lui un ingannatore, magari inganna inconsciamente per delle paure, o un approfittatore, oppure può essere che si svaluta moltissimo (anche se con noi magari fa la voce grossa) e così, la realtà, durante la sua vita quotidiana, gli fa incontrare persone che lo sovrastano. Può anche essere che sia una “banderuola”, una persona non capace a prendere una posizione e, tanto galleggia lui nell’aria, quanto verrà fatto galleggiare da altri individui. Comunque sia, noi possiamo avere indizi, direi certi, su cosa si cela al suo interno. Molto spesso infatti, anche il non sapersi schierare da nessuna parte può riguardare la paura, cioè un’emozione negativa (una delle peggiori direi).

Molte volte, e questo accade sovente in caso di innamoramento, gli occhi si foderano un po’ di prosciutto. La persona della quale ci siamo innamorati sembra una Madonna scesa dal cielo o un Santo benedetto. E’ perfetto, non ha difetti, un individuo assolutamente meraviglioso! E’ ovvio, ci fa battere il cuore e ci fa sentire le farfalle nello stomaco, ci fa stare bene, quindi è normale giudicarlo così: l’incarnazione della perfezione.

Tutte queste sensazioni sono bellissime, non lo discuto ma, nel momento in cui iniziamo ad accorgerci che la sua è una vita “triste”, anziché preoccuparci solamente di coccolarlo/a o difenderlo/a, proviamo a farci qualche domanda. Il mio non vuole essere cinismo ma addirittura un consiglio su forse come poter aiutare al meglio quel soggetto al quale ora vogliamo tanto bene. Considerandolo soltanto sfortunato, o poverino, o una vittima delle circostanze non lo aiuteremo. Occorre sì stargli vicino, ma c’è qualcosa, dentro di lui/lei da estirpare. Un’emozione negativa che lo fa vivere male e lo fa divenire succube dei movimenti e decisioni altrui. Le emozioni negative possono trasformarsi e venir presentate in mille modi diversi: credenze, abitudini, gesti, reazioni, etc…

Purtroppo, le nostre carezze, non bastano in situazioni come queste. Possono far del bene subito ma servono a poco. Il male rimane dentro e continua a crescere. Se invece, senza arrogarsi nessun diritto, ma semplicemente con la forza dell’amore e del porsi domande, si riesce ad andare più a fondo, trovo sia nettamente meglio e decisamente più terapeutico.

E’ pressoché inutile coccolare una persona che viene derisa e presa in giro, inutile come cura intendo non come sentimento. I nostri abbracci non possono combattere ciò che lei stessa richiama a sé. Insegnandole invece a considerarsi un essere divino e degno, esattamente grande e forte e all’altezza come chiunque altro, se non di più, allora sarà lei stessa a riflettersi addosso proprio queste conclusioni. Certo, non è facile inculcare questo nella mente e nel cuore di qualcuno che si svalorizza e non si ama ma, se in noi, c’è questa VISIONE importantissima e particolare siamo già a metà dell’opera e soprattutto, a noi, questo allenamento serve per diventare ottimi osservatori. Bisogna assolutamente guardare oltre. Sempre. Guardare tra le righe e non solo l’apparenza. Guardare con gli occhi dell’anima. Con gli occhi di Dio.

Noi umani, così facendo, ci consideriamo severi e cinici; in realtà, questa chiave di lettura è tanta manna e può davvero fare del bene. Un gran bene. Si diventa dei liberatori e se sapremmo anche, nel mentre, condurre per mano chi ha bisogno del nostro aiuto, anche solo con la nostra presenza, allora potremmo dire di aver fatto seriamente un lavoro fantastico.

Ricordiamoci però che tutte queste situazioni, anche se vissute da altre persone, appartengono pure a noi in quanto ne veniamo a conoscenza quindi, anche se in modo più lieve, ci riguardano. Non per niente, le persone non entrano mai nella nostra vita “a caso”, giusto? Ci possono riguardare per diversi motivi: perché quell’individuo sta chiedendo a noi aiuto, o perché dobbiamo imparare, o perché le abbiamo dentro e le nutriamo anche noi.

L’importante è imparare ad osservare, per gli altri, per noi stessi e per la vita in generale.

Prosit!

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