Pizzo d’Evigno: la Pace, i Segreti delle Piante e i Cavalli Selvatici

Deglio Faraldi è un piccolo borgo sopra a San Bartolomeo al Mare (Im) e sarà proprio da qui che partiremo per questo particolare trekking nel quale vi racconterò anche di atmosfere e piante spontanee di questa zona.

Partiremo da qui per raggiungere Pizzo d’Evigno, conosciuto anche con il nome di Monte Torre, 988 mt s.l.m.

Si cammina sui crinali, talvolta aspri, talvolta verdi, sui quali, cavalli selvatici, pascolano in tutta tranquillità.

Strada facendo si possono incontrare anche antiche costruzioni, tipiche della Liguria, chiamate Caselle, piccoli e resistenti ripari che permettono un salto nel passato. Nelle Caselle si trovava protezione dagli eventuali temporali che non davano possibilità di ritorno al paese e si potevano custodire in loro le riserve per tutto l’anno. Si tratta di strutture simili ai Nuraghi sardi, o ai Trulli pugliesi, o ancora alle Casite dell’Istria. Il blocco principale, in tempi ancora più antichi, era denominato Tholos e la più celebre costruzione in questa architettura particolare si dica sia la tomba di Agamennone edificata nel XIII secolo a.C. presso Micene, in Grecia. Il loro diametro può variare e se ne possono trovare modelli con stanze seminterrate. Rare sono invece quelle a due piani. Se la Casella doveva accogliere e proteggere gli animali, era opportuno costruirla con larghe aperture, le stesse che però, impedivano il riscaldamento. Per questo motivo, quando si poteva, la si costruiva con un’unica apertura d’entrata e nient’altro.

Il tetto in terra, in argilla o in ciappe, tipiche lastre di ardesia della mia zona, era realizzato in modo che l’acqua piovana potesse scorrere via e nominato così a semicupola ma, se all’interno della Casella, si riteneva opportuno accendere fuochi, bisognava creare una finestrella anche nel soffitto della casetta per farne fuoriuscire i fumi. Finestrelle alle quali i Celti, anch’essi abitatori di queste dimore, appendevano i teschi dei nemici uccisi, un pò per avvertimento, un pò per scaramanzia: un messaggio per gli ospiti, un’abitudine apotropaica, un simbolo di potere. La Casella è quindi oggi considerata parte integrante del valore architettonico del “paesaggio a fascia” e caratterizzante la geografia, anche umana, del Ponente Ligure.

Talvolta semi nascosta dalla selva appartenente al luogo, la Casella spunta solitamente tra Brughi resistenti e Pruni selvatici che, in questa stagione, con le loro tonde bacche blu, colorano un paesaggio ruvido costituito da roccia e da una vegetazione brusca di rovi e piante aromatiche.

Il Brugo, saggio e impavido, limita le zone silvestri, avvisando il bosco di non spingersi oltre – potrebbe essere pericoloso -. Il Pruno invece, simbolo di speranza e resistenza alle difficoltà della vita, non si fa problemi, e cresce quasi spocchioso senza darsi un freno.

Salendo attraverso un sentiero abbastanza erto a gradini, si lascia infatti il verde argenteo degli Ulivi che popolano le terrazze e s’incontra quello più spento, quasi grigio, del Timo e della Lavanda che profumano in modo persistente l’aria circostante. Un ottimo disinfettante e un grande digestivo. Queste le caratteristiche principali di tali piante, ma posseggono anche molte altre virtù.

Gli occhi però saranno appagati ugualmente dal verde intenso del Prato dei Coppetti e la macchia che lo circonda. Un verde che, a salire, si staglierà contro l’azzurro intenso del mare e del cielo.

Da qui infatti si possono vedere, in un magnifico panorama di 180°, il golfo di Imperia e quello di Savona con, al centro, una splendida Isola Gallinara che si propone mostrando un lato diverso rispetto a quello che si può notare percorrendo abitualmente la via Aurelia, la principale Strada Statale della Liguria a picco sul mare.

Abituandosi al pungente profumo delle spezie nominate prima, ci si accorge abbastanza difficilmente della presenza della Mentuccia selvatica, dalle foglioline molto più piccole rispetto a quella coltivata o che nasce più vicino alla costa ma, una volta giunti quasi in cima al crinale, un naso ben sviluppato, non potrà non rendersi conto di questo aroma ricco di proprietà benefiche. Sto infatti parlando di una pianta dalle grandi caratteristiche terapeutiche oltre che le sue intonazioni perfette in cucina.

Rinfresca, disinfiamma, rilassa i tessuti degli organi interni, purifica, tonifica la pelle, restringe i pori in caso di seborrea oleosa e aiuta in molti altri modi. Ora, è proprio il suo profumo a riempire le narici di fresco e ci fa dimenticare quello del Finocchietto selvatico incontrato più in basso che cresce voluminoso su tutto il bordo strada adatto ai neonati, in caso di coliche, e alle donne in caso di amenorrea.

More, Fichi e Asparagi selvatici sono altri gustosi prodotti offerti da questa particolare natura che occorre saper apprezzare. Una volta giunti sul crinale e potendo così godere di una vista mozzafiato, ci si ritrova circondati da erbetta fresca e massi bianchi. I monti sembrano pettinati e il sentiero si fa ancora più ripido ma dobbiamo raggiungere la vetta quindi, con passo deciso e la meraviglia negli occhi, si prosegue.

Ai piedi avremo ovviamente scarponi adatti, altrimenti sarà davvero impossibile partecipare ad un trekking come questo senza la giusta attrezzatura. Si consiglia infatti di essere un po’ preparati e abituati a camminare prima di avventurarsi in questo cammino.

Dall’altra parte dei monti si prospettano vallate immense, ricche di piccoli borghi che le colorano.

Se ne vedono tantissimi ma lo sguardo viene presto distolto dalla presenza dei cavalli selvatici, esemplari stupendi, i quali, in tutta la loro bellezza, brucano e si riposano all’ombra dei pochi arbusti presenti.

Da qui si inizia a vedere l’arrivo. La meta finale. Pizzo d’Evigno che, essendo alto come ho detto 988 mt., è stato segnalato con la costruzione di una croce di 12 mt di altezza per raggiungere così i 1000 mt.

Un po’ di fatica ma tanta soddisfazione. A regnare è la pace assoluta. Lo sguardo si perde lontano. La brezza a volte è fredda e colpisce con impeto. Gli insetti, in prevalenza grilli, accompagnano senza disturbare e qui si possono incontrare molte persone che hanno deciso di passeggiare come noi o di scalare la cima in mountain bike o con moto da trial. Il divertimento è comunque assicurato e dentro rimane una ricchezza decisamente rasserenante che riempie l’animo.

La discesa, come la salita, risulta leggermente faticosa in alcuni tratti ma ci si annoia di meno cercando di mettere i piedi nei punti giusti aiutandosi con il bastone o i bastoncini da trekking, molto utili per un percorso così.

Stanchi e soddisfatti si ritorna a casa. Abbiamo fatto circa 17 km e, un po’ di riposo adesso, è più che meritato.

Alcune foto mi sono state gentilmente concesse dal mio compagno d’avventura Do ( lucidido.wordpress.com ) mentre, la foto in cui siamo tutti insieme, sopra ad una Casella, è stata scattata dalla Guida Marina. Entrambi li ringrazio per la splendida giornata.

Prosit!

Ad Andagna assieme a Lei

Ci sono luoghi diversi da altri, diversi perché hanno un posticino dentro al cuore, uno spazio che altri non hanno trovato. Nell’arco di una vita, essi possono rimanere pochi oppure diventare tanti ma comunque rimangono lì e nessuno riesce a toglierli.

Io ne ho diversi e tra questi c’è sicuramente un piccolo paese che appartiene alla mia Valle, la Valle Argentina, e che mi ha accolto da sempre, ogni anno. Negli ultimi tempi, le mie visite sono state minori ma ogni volta che penetro nei suoi carrugi o lo osservo da lontano, incastonato tra i monti verdi, l’animo mi si alleggerisce e una sensazione di gioia mi avvolge.

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Il suo nome è Andagna. E’ il paese dei Castagni, delle viuzze ombrose tra le case, delle Madonnine, delle scritte su legno ad indicar la strada. E’ il paese dell’Origano e del Timo e dell’Ardesia, delle More e dei Fiori.

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In questo piccolo paese, di nemmeno 100 abitanti, e nei suoi dintorni, ci sono addirittura sei chiese, una delle quali è ormai solo un rudere, altre usate per cerimonie poche volte all’anno, mentre la principale ospita i fedeli tutte le domeniche. Tanti i luoghi sacri tra edicole e statuette della Madonna in un unico borgo.

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Andagna si appoggia su un monte a poco più di 700 metri s.l.m. e, come spesso capita nei paesi della mia Valle, offre un panorama fantastico. Fa parte del Comune di Molini di Triora, un paese al di sotto dello stesso monte, situato più in giù, nella conca della vallata.

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Andagna è costruito in salita, partendo da una grande piazza si sale su, passando per i carrugi, fino ad arrivare in cima, alle ultime case, dove poi inizia il bosco. All’entrata del paese, ad accogliere chi arriva, c’è “l’Osteria di Andagna”, una trattoria, l’unica presente, specializzata in piatti tipici liguri, come i ravioli con borragini, o cannelloni alle ortiche, o ancora, coniglio con pinoli e olive. Da lì, la chiesa che mi sembra dedicata a Santa Clementina se non ricordo male, è il punto principale dal quale partire e ammirare il borgo e tutti i suoi angoli caratteristici.

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Andagna è un groviglio intricato di carrugi umidi e freschi, affascinanti alcuni, inquietanti altri. Luoghi dove al sole non è concesso entrare. Poche sono le stradine dalle quali, alzando lo sguardo, si può vedere il cielo. E’ come camminare dentro a delle grotte.

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Pietre, appoggiate una sull’altra, formano cunicoli che sfiorano le teste e che, a loro volta, sono i pavimenti delle abitazioni sovrastanti. L’aria è fresca anche d’estate. L’odore percepibile di antico è pungente. Questi vicoli stretti e caratteristici, sono stati creati apposta per giungere in ogni punto del paese. Come se non ci fosse spazio altrimenti.

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Alcuni salgono, alcuni scendono. Gradini larghi e bassi, scalini alti e stretti. Quando di notte sono illuminati da lampioni che emanano una tiepida luce giallognola, incutono anche un pò di timore. Bui, freddi, incurvati, chissà dove vanno a finire. In certi punti sembra quasi un paesaggio scozzese. La pietra fredda che domina è maestosa, ci avvolge da ogni parte e, sotto alle sue volte, i massicci portoni di legno decorati da portali in Ardesia, permettono di entrare nelle case. E’ come entrare dentro a delle cantine.

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Sembra di descrivere un villaggio fantasma, in realtà non è così. Nonostante tutto, la struttura di Andagna, infonde sicurezza. E’ come se stando lì, nessuno possa trovarti e farti del male.

E’ stato realizzato nel tipico metodo di costruzione difensivo. Un tempo, intorno al IX e X secolo, bisognava proteggere il paese e le genti dai Saraceni e, in questo modo, creando tali esempi di labirinti in salita, si rendeva più difficoltoso lo scopo ai pirati. Era questa la forza, la strategia, di chi viveva in Liguria. In questi vicoli stretti e bui, dove pochi alla volta si può passare, ecco i corsari cadere facilmente nei tranelli degli “Andagnini” che, sgattaiolando per il proprio paese conosciuto a memoria, potevano facilmente fuggire o catturare gli avversari.

Da piccola, percorrevo da sola queste strade, sia di giorno che di notte per non so quante volte al dì e, con i miei amichetti, giocare a nascondino, era un vero spasso.

Qui, tutto è ancora come un tempo. I giovani hanno preferito la comodità della città e vengono ad Andagna durante l’estate o le feste natalizie. Ma la sua atmosfera magica, questo borgo non l’ha persa. Anni fa c’erano botteghe, tabaccaio, bar, sala giochi… Ecco, era proprio qui che compravo il ghiacciolo ogni sera, qui invece mi aspettava lei, mia zia, con la quale passavo quelle splendide giornate. Qui mi stava a guardare mentre oscillavo sull’altalena e mi chiamava mille volte per convincermi a rientrare.

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Oggi Andagna, si spegne come una candelina nei mesi invernali ma rimane comunque un luogo bellissimo e affascinante e, i suoi abitanti ospitali, uniti tra loro e pieni di iniziative, attendono la bella stagione.

Ad abbellire Andagna molte piante, ringhierine e dipinti che circondano le case. Le grotte delle Madonnine dove il culto mariano è molto sentito. Particolari cassette per le lettere e battiporta sugli usci rendono questo borgo poetico e affascinante. Pittoresco. Le case sono così attaccate tra loro che affacciandoci da un balcone vediamo i tetti delle altre case e poi ancora altri tetti, in tegole e in “ciappe” (lastre di lavagna larghe e sottili), o in legno.

Arrivati in cima al paese, affacciandoci sul bosco e sulla vallata, dalla quale si può vedere Corte e il suo Santuario, sembra quasi di respirare, dopo aver camminato a lungo sotto a queste strettoie ed è lì che, con gusto, alcuni hanno costruiti bellissime villette. Certe con, in bella mostra, le statuette dei Sette Nani e Biancaneve in giardino, certe con pentole di rame appese fuori alla veranda, altre ancora con persiane o sedie di legno nel quale è stato intagliato il Seme della carta da gioco: quadri, picche, fiori e denari.

Sotto ai carrugi, sul pavimento di cemento, sono state fatte delle righe infossate, a lisca di pesce, per poter far scorrere l’acqua piovana, in modo da non permettere il formarsi di pozzanghere e l’aumentare dell’umidità. Permettono inoltre di non scivolare. Sarà così che ci si potrà fermare e osservare le bellezze che vengono offerte agli occhi.

In questa località, i nomi delle vie sono accuratamente dipinti e colorati su dischi di legno e arricchiti da fiorellini, ciliegie, foglie, ognuno ha il suo decoro come un’opera d’arte.

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La quiete regna sovrana. Il terreno, aspro a tratti, ospita Ginestre sgargianti e solo il battito d’ali di qualche insetto goloso fa eco.

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All’inizio del sentiero del bosco, non posso fare a meno di pensare a lei. Sento la sua presenza. La percepisco che mi osserva e mi sorride. Che ancora è lì. Che ancora mi chiama, mi cerca, che ancora mi guarda oscillare sull’altalena. E insieme ci rechiamo a Santa Brigida e poi a San Bernardo, come facevamo sempre.

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Insieme cerchiamo di raggiungere le farfalle e cogliamo l’ortica strofinandoci prima le mani nei capelli.

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Era nata in questo mese, nel mese in cui la Lavanda tinge i massi di viola e le Api ronzano intorno ai Gelsi. Era nata in Luglio e il suo compleanno lo si festeggiava qui, ad Andagna, io e lei, umilmente, come se fosse un giorno qualunque. Ma quel giorno e ogni altro passato qui, circondata dalle sue braccia e seguita dal suo sorriso, sono rimasti indelebili nel mio cuore.

Buon compleanno Tata.

Buona vita Andagna che non dimentichi chi anche per te ha combattuto.

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Saluto questo gruppo di case, è questo il termine giusto per descrivere questo paese. Un gruppo di case tutte appoggiate una all’altra, dove tutti si conoscono, dove ognuno coltiva il suo orticello al di fuori del paese, e dove puoi trovare tanta pace, serenità e una ricca natura tutt’intorno.

Dove puoi trovare i ricordi e rivivere i momenti più belli della tua infanzia.

Prosit!