Non muori!

Non muori.

Ehi! Sveglia! Non muori se fai un complimento.

Non muori se chiedi scusa o dici che ti dispiace.

Non muori se ammetti un errore.

Non muori se dici – Grazie! – o regali un sorriso.

Non muori, posso giurartelo, non muori!

Sai quando muori?

Quando permetti all’orgoglio di non essere più dignità ma superbia.

Quando alzi muri che, alla fine, sono solo barriere di paura.

E allora sei un debole, uno schiavo, servo dei tuoi stessi timori che hai fatto diventare fobie.

Perché non riesci a vedere la bellezza nel porgere una lode ma ti pare solo un abbassarti, un mostrarti che ti rende vulnerabile.

Se mi complimento con lui/lei chissà poi cosa si crede!”. Ecco a cosa pensi senza focalizzarti invece sulla meraviglia del dono.

Non chiedo scusa altrimenti poi chissà cosa si crede!”. Smettila di pensare a cosa credono gli altri, pensa a te, anzi no, non pensare nemmeno, apri il cuore, semplicemente, agisci con esso se davvero… non vuoi morire.

L’unica domanda che devi porti è – Che cosa farebbe l’Amore al mio posto? – e fai esattamente quello che ti suggerisce. Perché ti risponde ma devi saper ascoltare solo lui.

Se davvero non vuoi che il tuo orgoglio, il tuo nero nascondiglio, inizi a rosicchiarti anche le ossa.

Non celarti dietro a povere giustificazioni – Non sono capace a fare apprezzamenti! -. Impara. Come pretendi che gli altri li facciano a te perché, se sei così, è proprio questo quello che vuoi. Impara.

C’è gente al modo che ha imparato a curare un caro morente, che ha imparato a scalare montagne, che ha imparato a fare da madre e da padre. Penso tu possa benissimo imparare a dire una qualsiasi frase capace di fare del bene nel momento di maggior necessità. Non essere incoerente col tuo tanto saper fare e saper dire del quale ti vanti.

Non muori, anzi, vivi di più e meglio, facendo vivere meglio anche chi ti è vicino, chi accetta il tuo modo d’essere e fa sempre il primo passo.

Non muori e nemmeno ti si stacca la lingua, puoi fidarti.

Scavalca i tuoi ostacoli. Impara la preziosa arte della dolcezza e della tenerezza. Quella leggera eleganza che appare come una carezza. Che ha lo stesso tocco di un bacio lieve. Sii gentile.

E allora prendi quel telefono e scrivilo quel messaggio, falla quella telefonata, vai sotto a quel portone. Non allontanare le persone da te.

Non fa niente se pensi di aver perso punti è solo un tuo pensiero. Non esiste.

Non privarti della possibilità di dire – Io l’ho fatto, ho provato – perché è una sensazione bellissima. E’ la pace dell’animo mentre tu stai coltivando rancore. Attento. Ti stai facendo del male. Stai facendo soffrire qualcuno ma, quel qualcuno, soffrirà solo per qualche giorno, per un mese, per un anno, poi smetterà. Tu no. Il tuo cuore non smetterà mai di tormentarsi perché non gli hai aperto la porta. L’hai rinchiuso in una gabbia buia, nell’oscurità dei tuoi ossessivi turbamenti e lì l’hai lasciato.

Non cedere al demone della presunzione. Apriti, spacca i muri, uccidi quel demone e che accada quel che deve accadere… tu comunque non sei uno schiavo ma un domatore di te stesso. E se sbagli, sbagli per conto tuo, perché l’hai voluto tu, non per il volere di un mostro che ti possiede.

Cerca la felicità oltre alla forza.

Permettiti di dire – io so amare – perché se saprai mettere da parte l’orgoglio, allora sì, potrai dirlo.

L’orgoglio è una maschera e tu la stai indossando. Non stai mostrando ciò che sei. Come puoi pensare d’incontrare volti puliti? E come puoi credere che i pochi visi puri che conoscerai rimarranno per sempre con un qualcosa che non conoscono?

Impara ad essere tu ad usare l’orgoglio. Come uno strumento. Quando occorre, quando serve. Non accettare mai di essere usato da lui, quando vuole, quando lo brama.

O muori.

Impara a sparare anche fiori. Ad esplodere dal nulla con una sorpresa che toglie il fiato, credimi è stupefacente, e quel fiato poi deve correre veloce per tornare. E lì, in quella corsa agitata, si crea il movimento, l’energia, la vita e allora l’amore.

Perchè solo la staticità conduce alla morte. E muori.

Non pensar di aver già fatto troppo perchè hai detto mezza parola… continua, esagera!

Il mondo ha bisogno di grandi sentimenti, grandi idee, grandi persone!

Vai oltre al comune, fa qualcosa di grandioso, fa sbocciare il sorriso sul viso di una persona.

Divampa nel tripudio dello stupore.

Prosit!

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Empatia o… – Elogio alla Compassione

L’Amore autentico è sempre Compassione e ogni Amore che non sia Compassione è egoismo – (Buddha)

Se per alcuni sono due cose diverse, l’Empatia e la Compassione, per altri sono invece un qualcosa di molto simile ed essendo due sentimenti che mi piacciono tanto ne voglio parlare.

L’Empatia, dal greco empatéia (en + phatos) ossia “sentire dentro un sentimento”, oltre ad essere un sentimento lei stessa, è considerata da molti studiosi anche una forma di intelligenza persino definita “Superiore”. La persona empatica è colei che riesce a mettersi nei panni degli altri e a percepire il loro stato d’animo, di gioia o di tristezza, come se lo stesse provando lei stessa. Si è anche scoperto che, chi è empatico, gode di una salute migliore, è più tollerante nella vita, gli accadono meno situazioni fastidiose da sopportare ed è veramente più felice.

A differenziare l’Empatia dalla Compassione, oltre al fatto che usiamo il termine – compassionevole – per indicare un soggetto che entra in gioco al presentarsi di eventi negativi per altri, c’è l’azione. Infatti, mentre l’Empatia può fermarsi al percepire, avvertire lo stesso stato d’animo dell’altro, la Compassione muove alla ricerca dell’alleviamento della sofferenza o dolore altrui addirittura in totale sintonia con il prossimo.

Da qui si capisce come siano comunque due stati emozionali e come pare strano possa esistere la Compassione senza l’Empatia.

Vedete, la Compassione, va di pari passo con l’Amore.

Compassione significa dal latino cum patior pari a “soffro con” e sym patheya cioè “simpatia – provare con e per qualcuno un’emozione”. Ma sappiamo anche che, all’inizio, era Con – Passione, vivere pertanto con ardente interesse quella determinata situazione/persona. L’emozione che è possibile sentire anche creando un’opera d’arte o nello svolgere una mansione ma, tenendosi per mano con l’Amore, la Compassione, non può ritenersi fuori dall’Uno.

Se vuoi che gli altri siano felici pratica la Compassione, se vuoi essere felice tu pratica la Compassione – (Cit.)

Tutto è Uno. L’altro è me e io sono l’altro. E’ praticamente quasi (metto il quasi perchè l’assolutismo non mi piace) impossibile non percepire lo stato d’animo dell’altro se sono connessa a lui e se sento di vivere nell’Uno. Così come posso sentire il vivere di una pianta, o di un uccello, o di un torrente.

La persona non empatica, la qual cosa non vuole essere vista come un difetto ma semplicemente come una caratteristica (ha sicuramente altre virtù) non si rende conto di quanto male può fare e quando ne fa, quindi, difficilmente sarà propensa a togliere il prossimo da quella situazione di dolore. Non perché non vuole farlo, o è cattiva, o insensibile, semplicemente non se ne rende conto.

Attenzione, molti confondono la Compassione con una miriade di altre cose proprio come accade con l’Amore. Sono linee sottili ed è facile cadere in questi errori. Sappiamo bene che, spesso, scambiamo l’Amore con: bisogno, attaccamento, possessività, dipendenza, sesso, mancanza, paura della solitudine e via discorrendo. La stessa cosa accade con la Compassione.

L’Amore e la Compassione sono necessità, non lussi, senza di loro l’umanità non potrebbe andare avanti – (Cit.)

Anch’essa dovrebbe essere innanzi tutto INCONDIZIONATA ma sovente viene offuscata da diverse… circostanze/condizioni/necessità:

L’educazione ricevuta o la cultura. Ci hanno insegnato (e inculcato) che, se vediamo una persona soffrire, è cosa buona e giusta aiutarla e ci sentiremo così con la coscienza pulita.

Il valore che diamo al giudizio degli altri. Se aiuto una persona verrò giudicata buona ma se non l’aiuto verrò etichettata incivile e crudele.

Il senso d’inferiorità e d’inadeguatezza. Quando ci sentiamo inferiori o inadatti e abbiamo l’autostima sotto alla suola delle scarpe, ci viene spontaneo aiutare l’altro in difficoltà, convinti di sentire ciò che sta provando. In realtà abbiamo bisogno di sentirci utili, di far qualcosa di buono per essere visti, per essere riconosciuti (e ben giudicati), per sentire che valiamo qualcosa anche noi.

Il vanto personale. Poter così dire – è grazie a me se… – una sorta di boria che ci fa sentire veri paladini della benevolenza e questo ci fa stare bene.

Il tornaconto. Ebbene sì, c’è anche questo, e di due tipi persino. C’è quello correlato al senso d’inferiorità e inadeguatezza e quello “a scopo di lucro”. Il primo avviene quando, nella vita, fin da bambini, abbiamo sempre percepito di essere un fastidio o di essere inutili. Poche volte c’è stato fatto un complimento per quello che eravamo e non c’è stato dato Amore. Quindi quel – grazie – che riceviamo in cambio del nostro aiuto offerto diventa fondamentale per noi. Come un elisir quando si sta male. Il secondo, invece, si effettua quando si compie coscientemente un’azione proprio per ricevere in cambio qualcosa: eredità, una somma di denaro, la possibilità di chiedere aiuto a nostra volta, la stima, etc…

Insomma, potrei citare altri mille esempi ma nessuno di questi è Compassione.

Queste memorie inconsce e irriconoscibili dentro di noi, ci portano così a compiere azioni soccorrevoli nei confronti del prossimo ma, ripeto, fino alla nausea, nulla hanno a che vedere con il sentimento di cui stiamo parlando e non è nemmeno altruismo! Non ce ne accorgiamo ma è così. Così come non ci accorgiamo che non è Amore stare con qualcuno ma pretendere al tempo stesso che sia diverso da ciò che è, e giudicare i suoi comportamenti, o stare con qualcuno per non sentirsi soli.

Sono meccanismi veloci, che scattano all’istante, istinti intrinseci, quasi ad essere bisogni viscerali e, se non scendiamo più in profondità, ci sembra di essere stati compassionevoli. Pure la Compassione è un impulso, perciò un ottimo palcoscenico per i moventi che vogliono mimetizzarsi in lei ma lei non ha alcun interesse.

La Compassione si basa sull’Empatia che, a sua volta, richiede l’attenzione agli altri – (Cit.)

Apertura totale del cuore.

La Compassione, e così l’Amore, non è solo un sentimento o un’emozione come molti intendono. E’ uno Stato d’Essere. E’. E, come l’Amore, quando c’è si vede, si sente, si percepisce. Chi la riceve non può non accorgersi dei suoi benefici e così anche chi la prova e la offre.

Il cuore è completamente aperto, totalmente connesso con l’Energia Divina e con l’Entusiasmo perché Entusiasmo significa, formato da en (in) con theos (Dio) “con Dio dentro di sé” ed è unicamente il Dio dentro di noi a muoversi. E’ uno stato difficile da spiegare a parole ma, quando la si prova, è emozionante ed entusiasmante appunto. Si percepisce l’essere un tutt’uno con l’Universo intero e si comprende l’essere creatori e non individui che subiscono ogni scelta dell’andare avanti cosmico. E’ qualcosa di grande, molto grande.

Ed è un qualcosa che ha inizio con l’umiltà, con le semplici parole del – Grazie -, del – Scusa -, del complimentarsi con gli altri, del saper mettere da parte l’orgoglio, la superbia e, soprattutto, imparare a far tacere l’Ego. Questi sono i primi passi verso una sana e completa comunione con l’altro e con ogni cosa.

Coltivare la Compassione.

L’Umiltà è una dote fondamentale (e coltivabile!) perché ci permette di comprendere le nostre insoddisfazioni e le nostre sofferenze. Questo fa si che si possa sviluppare, o comunque allenare, l’Empatia e, a sua volta, questo permetterà di aumentare la capacità di provare Compassione.

Infine, vorrei aggiungere una cosa molto importante. La Compassione non ha niente a che vedere con la pena (pietà) che si prova verso qualcuno e non solo da un punto di vista emotivo. Mentre nel provare pena si cerca inconsciamente e automaticamente il distacco da quell’individuo “…mai vorrei essere nella sua situazione…”, nella Compassione si riflette l’anelito del cuore immedesimandosi nel disagio altrui ossia è più istintiva e di cuore che non mentale.

Dove c’è Compassione si sollevano gli animi.

A livello energetico c’è, tangibile, un miglioramento, anche se minimo, a seconda delle occasioni, verso la serenità e la leggerezza. La Compassione aiuta, sempre, anche se un dolore va vissuto personalmente durante un percorso. La Compassione non si limita ad ascoltare, agisce, ti da’ una mano, è lì con te. Trova la strada, come l’Amore. La senti. E’ un bastone forte al quale puoi aggrapparti. Non dice – Non posso – e non abbandona.

La Compassione non fa figli e figliastri, ti colpisce e ti sposa, chiunque tu sia. Non bada ai tuoi difetti nel momento del bisogno ma anzi esalta le tue virtù perché sarà grazie a queste forze che potrai uscire dal tunnel.

La Compassione è una ricchezza. Enorme. Da nutrire caramente e donare espandendola nel mondo. Almeno questo, tutto questo, è quello che io credo.

Prosit!

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Liberiamoci Dei Rompipalle 8° – IL SUPERBO

Sapete che i Superbi tra noi sono davvero molti? Più di quelli che possiamo immaginare.

Si perché, quando si parla di SUPERBIA, si pensa immediatamente ad una persona tracotante e supponente che, guardandoci dall’alto in basso, ci ordina determinate cose, credendosi chissà chi, e ci tratta come poveri mentecatti.

Oh no! Questo è vero, ma il Superbo, in realtà, è anche molto più subdolo e, per questo, sovente, passa inosservato.

Vi faccio subito un esempio che capita spesso tra umani e che lo si può comparare a mille altre situazioni.

All’interno di una comune famiglia, un figlio confessa che amerebbe tanto avere un cane. – Va bene – dicono i genitori e, l’indomani stesso, ecco un bel cagnolino, nuovo membro di quella casa. Uno splendido Bassotto.

Ma io non volevo un Bassotto! – lamenta il ragazzo – non mi piace, volevo sceglierlo io, volevo andare in un canile e guardare quello che più mi piaceva!

Il padre, a quel punto, gli mette una mano sulla spalla attirandolo a sé e, guardandolo come lo guarderebbe un caro amico consigliere, gli dice – Ma come? Volevi un cane e te lo abbiamo preso, alla mamma piace tanto e poi… guarda che occhioni dolci ha! Come può non piacerti?

Stiamo quindi parlando di un padre (e di una madre) convinti di aver fatto la scelta migliore. Il Superbo crede di sapere meglio di voi cosa fa bene a voi o cosa va bene per voi. Questo è alla BASE della Superbia.

Questo significa instillare il senso di colpa introducendolo nell’animo del malcapitato. Dovrebbe suonare un allarme dentro di voi a questo punto. Tutto ciò significa: “Sei un figlio ingrato, noi ti abbiamo accontentato immediatamente e tu non sai apprezzare il nostro gesto. Sei anche un menefreghista perché non consideri i gusti di tua madre che ti è venuta incontro nel prendere un cane. Noi siamo buoni e tu cattivo. Tu non meriti nulla. Etc… etc…”. Ok? E ora pensate bene a quante volte accade, o è accaduto, nella vostra vita. Magari lo avete subito o lo avete commesso. Magari lo avete vissuto, non per forza dai genitori ma da qualsiasi altro.

In parole povere:

– Hai due genitori che ti hanno prontamente accontentato e tu non apprezzi il loro gesto

– Non consideri i gusti di tua madre

– Stai preferendo un essere vivente ad un altro essere vivente; questa è discriminazione

E poi…. attenzione bene…. c’è… l’inganno!

L’inganno dato dalla finta complicità del padre: mano sulla spalla, tono calmo e convincente, sguardo ammaliante.

(Tenete conto, inoltre, che un cane non è un giocattolino che dopo un mese si rompe e lo si cambia; un cane può vivere parecchi anni e, per parecchi anni, il ragazzo dovrà tenersi un cane che non desiderava)

Badate bene: tre sensi di colpa (più il tradimento del papà) in una sola frase, detta con dolcezza, pacatezza e cercando di convincere l’altro.

Questa è Superbia. La Superbia, come dicevo, di credere di saper sempre fare il meglio e meglio degli altri, la cosa più giusta, senza nemmeno ascoltare chi si ha di fronte e i suoi desideri fino in fondo. L’utilizzare le proprie capacità quasi astute (truffaldine) per ottenere ciò che si vuole, incuranti dei sogni e necessità altrui.

Questa è anche manipolazione.

Ora, è vero che palesemente il Superbo è una persona convinta, irremovibilmente, di essere superiore a tutti ma, quello che occorre capire, è che non sempre palesa questa sua convinzione attraverso un agire schietto e ben visibile che urta. La sua Superbia, in realtà, può passare totalmente inosservata ma viene comunque subita dalla nostra percezione, dalla nostra parte più intrinseca e, una volta recepita, rimane lì, e ci fa del male.

Riesce a farci del male perché può portare, all’interno di noi stessi, tanti messaggi ma tutti a sfondo negativo come: l’autosvalutazione, la sottomissione, l’insicurezza, la rabbia, l’avversione, la tristezza…

Adesso, dimenticandoci l’esempio del padre e del ragazzo che vuole il cane, c’è da dire però che, anche se può sembrare strano, spesso, un Superbo non si accorge di esserlo nel senso che stà, egli stesso, così facendo, appagando delle sue necessità. In modo sbagliato certamente ma questo c’è alla radice. La moglie che, ad esempio, manipola il marito, pur non accorgendosene, sente il bisogno di farlo per PAURA. E’ sempre, o quasi, la PAURA a governare. La paura che vada con un’altra donna, la paura di rimanere sola, la paura di venir sottomessa, la paura di non essere amata… e quindi, con Superbia, lo obbliga ad avere comportamenti che, secondo lei, le dimostrano amore. Lo tiene in pugno e, i suoi timori, sono placati. Un giro poco sano certo, ma questo è.

Vedete che meccanismo arzigogolato? Per questo occorre precisare bene cos’è la Superbia, perché non è soltanto quella conosciuta la maggior parte delle volte, ma nasconde anche, e soprattutto, questo aspetto. La Superbia può essere un’azione ma anche un vestito che si indossa e quindi cambia sembianze.

Non è facile riconoscerla prontamente, dal vivo. Siamo molto, troppo abituati a sentirci dire determinate frasi. Ponete attenzione. Ascoltate il vostro intuito. Quel piccolo, pungente, sentire nel vostro stomaco.

Prosit!

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