L’abito non fa il Monaco ma può farti Imperatore

SEI O NON SEI (ANCHE) CIÒ CHE VESTI? 

Il titolo di questo articolo indica che l’apparenza può ingannare. L’esempio più tipico è quello della persona vestita di stracci che invece possiede in banca un conto corrente invidiabile o ha tre lauree chiuse nel cassetto anche se non le si darebbe la minima goccia di stima.

Questo perché, appunto, non sono l’abito o la pettinatura a definire una ricchezza intrinseca o materiale ma soddisfano semplicemente i canoni che la società vuole vedere attorno a sé. Vero è anche che, per rimanere nel settore – proverbi – “l’occhio vuole la sua parte” ma siamo troppo abituati a guardare solo l’esterno di un pacchetto piuttosto che il contenuto.

Detto questo, però, oggi vorrei sottolineare una cosa che può non venirci in mente.

Per quanto riguarda un lavoro d’amore verso noi stessi e di auto-valutazione anche il modo di vestirsi può avere la sua importanza. Questo non significa che è basilare ma voglio parlare di una specie di strumento.

Immaginiamo una donna, una bella donna, sempre in tuta e scarpe da ginnastica, che poco si valorizza e poco si apprezza. Il suo abito è quasi goffo e spegne la sua sofisticata e femminile figura.

Nel momento in cui decide di realizzare una trasmutazione alchemica, sul proprio valore e la propria considerazione, anche un cambio d’abito può risultare utile. E’ una trasmutazione faticosa questa. Non serve vestirsi in modo diverso per il pubblico. All’inizio, tutto può avvenire tra le mura della propria casa ma risulta ugualmente un valido mezzo.

TRASFORMAZIONE

Quando si tolgono le ciabatte per indossare un paio di ballerine, andando per gradi senza mirare immediatamente ai tacchi a spillo, e ci si accorge di piacere (e di piacere più di prima) questo va a rafforzare il lavoro che si sta facendo su se stessi. È come ricevere un appagamento verso i propri sforzi ma, anche se non si esce fuori, come dicevo, il solo fatto di guardarsi allo specchio e trovarsi più carina, se non addirittura una gran gnocca, aiuta moltissimo. Figuriamoci, poi, se sono gli altri a manifestare opinioni positive.

È come se qualcosa di energetico partisse da quelle vesti e si andasse a impregnare nella nostra pelle, poi, sempre più giù, andasse a toccare il nostro cuore per arrivare allo stomaco e alla pancia e, lì, si comincia a provare una sensazione nuova, strana ma piacevole. Ci si alza di tono, di livello e se ci si sofferma ad osservare bene il comportamento del corpo, si può notare che ora anche le spalle e la testa sono più dritte. Il collo si allunga leggermente e ci si sente un po’ più superiori. Ci piacciamo di più. In quel momento stiamo vibrando in autostima e valore. Stiamo emanando buona valutazione nei nostri confronti e piacere. Due cose che l’Universo accoglierà e, come sempre, rimanderà moltiplicando.

TUTTO STA’ IN QUELLO CHE SI EMANA

Mentre viviamo le nostre giornate è inevitabile vedere i propri piedi, le proprie gambe, la propria figura riflessa in una superficie, le mani poco curate, etc… tutto questo, inconsciamente, va a sottolineare che si vale poco, che si è sciupati, e l’autostima, col tempo, finisce sotto alle suole delle scarpe.

Pensiamo a quante volte, durante il giorno, vediamo le nostre mani. Mille volte! E se queste sono trasandate, senza neanche rendercene conto, emaniamo desolazione. Magari solo una minima quantità ma… l’oceano è fatto di gocce.

Goccia dopo goccia, questa donna (ma vale anche per gli uomini) vive senza amarsi, senza perdonarsi, senza piacersi e la cosa grave è che avrà attorno persone che, in qualche modo, le mancheranno di rispetto come lei manca di rispetto a se stessa. Non perché si veste male ma perché si dona poca valutazione positiva: sarà sfruttata, sarà offesa, non sarà considerata, etc…

L’abito non fa il monaco, ed è vero, ma cerchiamo di non cadere nell’assolutismo e quell’abito usiamolo come strumento a nostro favore se abbiamo bisogno di esercitarci in tal senso. Un domani, quando l’amor proprio e l’autostima avranno preso piede in noi, allora potremmo decidere di vestirci anche solo con degli stracci perché dentro saremo luce ma, fino a quel momento, conviene aiutarsi e usare degli escamotages al fine di vibrare in giuste frequenze.

– Diventa Re e un Regno ti verrà dato – (Gesù)

Prosit!

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Quella Tuta che chiamiamo Corpo

IO E IL CORPO – UNA COSA SOLA

Siamo abituati a pensare di essere un semplice corpo. Crediamo di essere un semplice corpo e viviamo come tale. Ci vediamo fisicamente, muoverci nel mondo, con i nostri limiti segnati dalla pelle che ci riveste e, oltre lei, inizia immediatamente la realtà esterna. Non ci siamo più noi, c’è “il fuori”. Siamo abituati e convinti di questo. Persino la mente la definiamo come una specie di parte del corpo.

Fin da quando eravamo piccoli siamo stati educati a dire – Sto male -, – Ho male -, – Mi fa male – ogni volta che provavamo un qualsiasi tipo di sofferenza fisica. Non abbiamo mai detto – Il mio corpo sta male – o – Il mio corpo si è fatto male – come se fosse un qualcosa di distaccato da noi. Questo avrebbe potuto aiutarci molto anche nei confronti delle angosce emotive che ci impiegano un secondo a diventare fisiche: respirazione affannata, pianto, attacchi di panico, senso di oppressione sul petto, mal di testa, nausea…

Questo non significa non essere sensibili al dolore, al caldo, al solletico, etc… siamo dotati di neuroni, di corpuscoli (Ruffini, Krause…) di cellule apposite atte a proteggerci, ad avvisarci, ma viviamo queste situazioni come se fossero nostre e non di un corpo che dovrebbe essere visto, semplicemente, come una tuta apposita che dobbiamo indossare per trascorrere questo tempo terrestre. Sulla luna abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Se andiamo sott’acqua abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Se andiamo sui ghiacciai abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Ebbene, non ci rendiamo conto che anche per vivere i nostri giorni su questo pianeta abbiamo bisogno di un apposito abbigliamento. Il corpo.

Non ci osserviamo, come se fossimo (anche) un’entità esterna, guardandoci. Guardando quel corpo e dicendo – E’ mio ma non sono io. Io non sono lì -.

PALOMBARI TERRESTRI

Perché noi non siamo il corpo. Per la precisione il corpo è soltanto una parte di noi. Importantissima, ma è solo un equipaggiamento.

In effetti non è separato da noi, siamo un tutt’uno, e con esso compiamo la nostra trasmutazione ma quello che intendo dire è che, all’occorrenza, possiamo uscire da esso. Non mi riferisco a viaggi astrali o cose simili ma semplicemente che se riuscissimo di più ad identificarci con l’anima anziché con il nostro fisico e vivessimo come anima la nostra vita, comprese le emozioni subite, esse apparirebbero nettamente differenti. Innanzi tutto perché “subite” non lo sarebbero più. Saremo noi a governare loro e non loro a governare noi.

A farci soffrire è infatti l’attrito che la mente ci obbliga a compiere davanti agli avvenimenti che ci accadono. L’anima va oltre. Vede con altri occhi e soprattutto riconosce la bellezza dell’insegnamento. A lei, gli schemi mentali non interessano. Non sa nemmeno della loro esistenza.

Non avete occhi per vedere (avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?) – (Gesù)

Il problema sta nel fatto che ci riconosciamo come corpo ma nei confronti dell’anima pensiamo invece essere una parte in più che abbiamo. Come un accessorio. Il portafoglio. Chi non ha un portafoglio? Tutti ne abbiamo uno. Un qualcosa che un domani ci permette, in qualche modo, di giungere nel tanto ambito Paradiso visto che il corpo andrà sotto terra. Oh! Bene. Ora che sappiamo che un accessorio nostro andrà in cielo siamo molto più sereni. …E se tu sei cattivo e un’anima non ce l’hai, ti consiglio di andare a comprartene una altrimenti non ci vai, lassù, tra le nuvole...

Quello che si sente dire infatti non è – Sono anima – bensì – Ho un’anima – ed è sbagliato.

Pensiamo l’esatto contrario di quello che è, dando posizioni e meriti a cose che dovrebbero stare un passo indietro. Questo accade perché l’essere umano ha sempre e costantemente bisogno di vedere, di toccare, di constatare. La paura della quale è intriso non gli permette di abbandonarsi alla fede/all’amore. L’immagine che abbiamo di noi è quella di una testa, due braccia, due gambe e stop. Non consideriamo minimamente di essere luce, di essere energia, di essere in realtà una nuvola fluttuante e informe, molto grande, che si sposta per il mondo e agisce attraverso un continuo movimento vibrazionale delle molecole. E cos’è l’energia? L’energia è movimento.

Non consideriamo di essere grandi quanto la stanza nella quale siamo, e qui mi fermo per non essere mal compresa, ma… altro che stanza! Un passo alla volta però. Provate ad immaginare quindi come potrebbe essere una vita passata sotto a quest’ottica. Se solo potessimo vederci come l’Universo ci vede, una volta scoperto ciò che realmente siamo, ce ne daremo tante ma tante che Suor Nausicaa a confronto toglieva la polvere dai petali di rosa.

FATTO A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA

Il corpo è lo strumento principale che possediamo per trasmutarci, ossia per riconoscere che cosa realmente siamo e per mostrarci che, alla fine, ben poco abbiamo a che fare con lui. E’ proprio nel corpo, e attraverso il corpo, che modifichiamo le nostre vibrazioni fino a compiere una vera e propria trasformazione del movimento molecolare potendo così mandare frequenze diverse da quelle che emaniamo e in grado di agganciarsi o incontrarsi con quelle universali.

E’ grazie al corpo che passiamo da uno stato di “sonno permanente” ad un risveglio totale che ci permette una connessione completa con l’energia cosmica, in quanto già siamo energia cosmica ma non lo riconosciamo. E’ ottenere la potenza dell’Universo laddove, l’Universo, vedendo come invece ci comportiamo, si martella esso stesso i gioielli di famiglia gridando nell’atmosfera – Dove ho sbagliatooo???!!! -.

Serve percepire e non capire. La logica e la razionalità appartengono al Tutto ma non sono il Tutto. Serve mettere da parte la mente (che mente) schiava della nostra situazione terrestre e agire d’intenti. Serve non confondere, usare il nostro “sentire”. Comprendere (prendere con – prendere in sé) e quindi accogliere, sentire dentro.

Non finiamo là, dove il nostro strato corneo epiteliale smette d’esistere. Immaginatevi un alone ampio, grande, che ci avvolge e si muove attorno a noi. Immaginate di contenere al vostro interno le altre persone, gli alberi, i luoghi, le sensazioni, le gioie. Questo siete. Scintille luminose. Piccole parti di un’intelligenza senza fine che vi ha portato sin qui dotandovi di un corpo, cioè di qualche atomo, perché in questo particolare ambiente, la condizione obbliga ad averlo.

Prosit!

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