Quarto Dito del piede: i legami affettivi

LA PAROLA AL DITO

Quasi del tutto insignificante, il quarto dito dei nostri piedi, chiamato anche Pondulo (per alcuni Pondolo) o Pongolo, rivela spesso segreti assai importanti sulla personalità dell’individuo.

È il dito che rappresenta gli affetti ma soprattutto i legami famigliari o comunque sentimentali.

Sarà difficile trovare una persona con questo dito “strano” che ha nella sua vita legami senza problemi. Ma cosa si intende per “strano”? Strana sarà la sua forma. Ossia, anziché essere lineare o proporzionato alle altre dita, lo si vedrà sovrastare le dita vicine o nascondersi sotto di esse. Potrebbe anche essere stato ferito e quindi apparire poco piacevole alla vista. Potrebbe avere una forma irregolare, buffa. Ogni volta che qualcosa di lui attira la nostra attenzione possiamo star sicuri che, quella persona, ha problemi di relazione con tutti o con alcuni, oppure con una sola persona. Sapete che non mi piace essere assolutista, e non voglio esserlo nemmeno stavolta, ma di piedi ne ho visti a iosa e mai mi è capitato, finora, di dover ammettere l’incontrario. Per carità però, che sia chiaro, ormai mi conoscete, nulla è standardizzato.

PROPRIO QUEL DITINO LI’

Le dita dei piedi sono, molto spesso, davvero, delle incredibili fotocopie rispetto alle dita dei nostri genitori.

Guardando le dita del giovane Manuel ho trovato parecchio interessante leggerle. Sua madre e suo padre, amici miei, hanno entrambi piedi che si possono definire “belli”. Le dita lunghe, distese, lineari, dalla più alta alla più bassa. Dalla più grande alla più piccola.

Crescendo, a Manuel, il quarto dito del piede destro (la parte destra rappresenta: il padre, la parte sinistra rappresenta: la madre) iniziò ad andare sempre più giù, torcendosi verso il terzo dito (dito dell’ira/energia/aggressività) fin quasi a sparire. Guardando il piede di Manuel dal di sopra, sembrava avesse solo quattro dita.

Ebbene, dovete sapere che quando Manuel aveva sei anni (e piedi ancora perfetti) il padre lo abbandonò così come abbandonò la moglie e non si fece più vedere. Le altre dita di Manuel assomigliano tantissimo a quelle del papà. Sono praticamente identiche ma quel quarto dito non ha niente a che vedere con le dita di suo padre e nemmeno con quelle del resto della famiglia, nonni compresi. A una bizzarra forma tutta sua. E’ rimasto piccolo e si è andato a nascondere. Vedete, a volte, i cromosomi non sono tutto.

LA MANCANZA

Il rapporto/legame di quel ragazzino con il genitore maschio si è spezzato. È venuto a mancare. È morto come morto pare quel suo dito afflosciato sotto agli altri e nascosto. Morto tra tristezza, rabbia, repressione e angoscia. Morto a causa di un legame che doveva essere e non è.

Non mi crederete ma, il quarto dito del suo piede sinistro (madre), è bellissimo e coerente con le altre dita.

Insomma, quello di Manuel, sembra quasi uno scherzo della natura. Un ragazzo sano, robusto, perfetto… tranne quel ditino… quel ditino che se ne è quasi andato come fece suo padre qualche anno fa.

Scavando nell’intimità di chi ha un Pondulo “strano” vedrete che esce qualcosa in base ad un dolore, sopportato dentro, in riferimento ai legami. Cosa che non siete obbligati a fare, voglio dire… potete anche farvi i cavoli vostri, ma tale dettaglio può presentarvi una battaglia interna e silenziosa appartenente a quella persona della quale forse dovreste avere più comprensione. Qualcosa di affettivo la fa soffrire.

Ecco, a questo può servire sapere cosa traduce quel dito. Ad essere amorevoli, provando a dare a quell’individuo ciò che gli manca.

È chiaro che, anche chi ha dita perfette può nutrire un dolore di questo genere ma cambia l’approccio. La rimarginazione, o meno, della ferita. In quale modo viene vissuto quel dolore e quanto peso ha nella vita intima e intrinseca di quella persona.

È il dito dell’affettività in generale. Può indicare, infatti, anche quei soggetti dal modo di fare scontroso o incompresi che non riescono a legare con nessuno.

SEGNALI

Un callo o una ferita su questo dito indicano che ci sono problemi nelle relazioni, o in una relazione soltanto, tra la persona e qualcun’altro.

Ma non è finita qui. Dal punto di vista della Riflessologia Plantare, questo dito, accoppiato al quinto dito, rappresenta la salute delle nostre orecchie (parte superiore) e dei nostri denti (parte inferiore). Chi ha problemi a queste due parti del corpo potrà avere diversi inestetismi su queste due dita e, dal punto di vista psicosomatico, si indica il non voler sentire determinate cose oppure la sicurezza (traballante e poco ferma) che si ha nei confronti della propria esistenza. Spesso, infatti, il mancato rapporto con chi dovrebbe essere un pilastro fondamentale nella nostra vita può causare problemi anche in questo caso.

Una mia amica, tempo fa, mi raccontò che un giorno mentre stava giocando vicino a un cantiere, un tubo in ferro le cadde sul piede deformandogli per sempre il quarto dito del piede sinistro. Era piccolina.

La nonna la curò con del ghiaccio e della pomata non c’era altro da fare. Il dito non era ferito ma divenne viola e gonfio rimanendo poi deforme.

Questa mia amica si è sempre sentita abbandonata dalla madre (infatti viveva la maggior parte del suo tempo con la nonna). Sua madre era una bellissima donna ed era l’unico genitore per lei. Nacque infatti da una relazione clandestina ed era abituata a non avere un papà.

Avrebbe desiderato invece che sua mamma fosse il suo grande punto di riferimento ma, la bella donna, era sovente fuori con amiche e spasimanti, amante di una vita libera e mondana.

Potrei raccontare mille esempi sulle rivelazioni del quarto dito ma ora lascio a voi la bellezza del scoprirne altre. Magari proprio intorno a voi o su voi stessi.

Prosit!

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Le cose che le orecchie dicono di noi

Non siamo portati ad osservare molto le orecchie, nascoste anche spesso da capelli e cappelli. Siamo più propensi a soffermarci sugli occhi o sulla forma del naso. Ammiriamo delle belle labbra, un mento caratteristico ma… le orecchie, a meno che non abbiano strane forme, o non siano decorate a dismisura, attirano poco la nostra attenzione.

Le orecchie, invece, dicono molto di chi siamo e anche di cosa ci aspetta nella vita o che tipo di infanzia abbiamo passato. Raccontano il nostro stato di salute e il nostro carattere. Non per niente, come già vi avevo detto tempo fa, la loro forma rappresenta ciò che eravamo come feto nella pancia di nostra madre, dove la testa è rappresentata dal lobo e la punta in alto corrisponde alla parte finale della schiena e il sedere. In pratica, tutta la nostra esistenza.

Senza perder tempo, quindi, andiamo a vedere le loro caratteristiche che ci parlano.

POSIZIONE: la loro posizione indica l’equilibrio energetico della persona. Sbalzi d’umore, sbalzi di salute, cambi repentini di azione, etc… Dovrebbero essere corrispondenti alle sopracciglia. Molte filosofie sono d’accordo nel dire che orecchie sopra alle sopracciglia denotano grande intelligenza. Non sono d’accordo, per quello che ho potuto appurare io, si tratta più di un discorso di introversione ed estroversione che non intelligenza. Apertura o chiusura verso il mondo.

COLORE: il loro colore è importante. Il colore della pelle delle nostre orecchie. Il colore che indica intelligenza e successo nella vita è il rosato/biancastro. La norma per capirci. Un colore scuro tendente al nero o al bordeaux, invece, oltre a simboleggiare un sangue “sporco”, troppo ricco di proteine animali, significa anche dover vivere profonde tristezze. Il rosso acceso, colore della rabbia, traduce che quella persona passa diverse rogne nella sua vita ed è una lamentosa, ci sono in lei ristagni emozionali, mentre un colore giallo, indica chiusura, resa, passività nei confronti della vita dove si crede di essere succubi del male e, questo stato emotivo, per nulla salutare, corrode all’interno.

FORMA: la forma indica principalmente come possiamo vivere socialmente la nostra esistenza. Una forma prettamente “rettangolare” dell’orecchio può rappresentare una persona con un buon successo, una bella famiglia, ricchezza e carisma. Orecchie piccole e tonde segnalano dolcezza, affetto e generosità ma anche l’aver poca voglia di assumersi responsabilità e temere molto il giudizio altrui. Orecchie “a punta”, tipo Elfo, denotano intelligenza vivace e piacere verso l’istruzione, acume e sarcasmo, ma anche non approvare gli altri, non accettare, essere intolleranti e spesso infastiditi da tutto. Chi ha questo tipo di orecchie potrebbe essere irascibile e calcolatore.

LOBI – I lobi meritano una particolare attenzione poiché corrispondono alla nostra testa e quindi alla Mente. Questa nostra grande nemica/amica attraverso la quale viviamo la vita e quindi formiamo il nostro carattere e, di conseguenza, il nostro stato di salute che, come dico sempre, è il risultato di come affrontiamo gli eventi della nostra esistenza. Un lobo staccato dalla testa e bello carnoso indica una buona salute e la capacità di difendersi e risollevarsi dagli attacchi esterni. Un lobo sottile e inesistente indica invece una salute cagionevole e un soggetto debole che, probabilmente, nella vita, dovrà sfoderare arroganza e aggressività per essere visto e ascoltato. Sa quello che vuole ma ad accompagnarlo è sempre un po’ di nervosismo.

Ora, prima di correre davanti allo specchio ad osservare con attenzione le vostre orecchie, sappiate, come dico tutte le volte, che un viso deve essere visto nel suo insieme… sempre! Queste possono essere solo indicazioni o spunti di riflessione.

Ma c’è ancora una cosa che desidero comunicarvi: le orecchie rappresentano, ovviamente, il nostro ascolto. Ogni disturbo inerente all’udito, come l’otite, corrisponde a un qualcosa che non vogliamo sentire o vorremmo sentire ancora ma non è possibile (ad esempio la voce di una cara persona che non c’è più).

Ferirsi un orecchio, invece, significa sentirsi in colpa per non aver fatto nulla dopo aver saputo una determinata cosa.

Avete presente il detto – Da un orecchio mi entra e dall’altra mi esce? – ecco, a volte, occorrerebbe metterlo in pratica… lasciando andare. Liberandosi. Cercando così di eliminare diversi disturbi alle nostre orecchie. Ricordate anche però, com’è scritto su varie fonti, che – di orecchie ne abbiamo due ma di bocca una sola, forse perché dovremmo più ascoltare che parlare -.

Prosit!

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Sono l’Erede di una malattia e quindi uno sfigato – parte 2°

CREA LA TUA MALATTIA

Per molti queste sono solo storiacce, forse perché non si documentano sull’epigenetica (che è una scienza non un movimento hippie) della quale non si è mai sentito parlare. Chissà come mai??? Ah! Sì! Forse perché è più giovane delle altre… però, che strano, alcuni virus appena nati vengono proposti subito al pubblico su tutti i rotocalchi! Vabbè… torniamo alle vittime impotenti. Se ne stanno lì, impassibili e sfigate, in balia di onde dannose date dagli avi senza poter far nulla. Una spada di Damocle. “Mio padre aveva il diabete, io avrò il diabete. Mio padre aveva un tumore, io avrò un tumore. Mia padre aveva la psoriasi, io avrò la psoriasi”. È fatto. Et voilà. E, naturalmente, a furia di pensarlo, accadrà proprio così. Ci hanno e ci siamo già messi una croce sulla schiena. A furia di difendersi da un nemico inesistente lo si realizza davvero.

Nel momento stesso in cui mi preoccupo del mio PROBABILE diabete, che ancora non esiste ma mio padre lo ha avuto, ecco che sto creando il diabete dentro di me. Beh, mi sembra ovvio. Quello che io ordino al mio cervello egli lo esegue alla perfezione. Su questo mi sembra non si possa discutere viste tutte le conferme che ci sono state date. Il pancreas, quindi, diligentemente, inizierà a secernere in modo diverso Insulina e Glucagone, il disequilibrio giungerà e di conseguenza il diabete che diventa cosa ovvia (è più lungo l’ambaradan ma la faccio breve).

Se non ci credete potete provare. Provare a vivere, per un periodo, cercando di difendervi dal diabete e pensando di essere vittime del diabete. Arriverà il diabete. Non lo farete, perché avete paura. Non ci credete, non volete crederci ma intanto evitate di provare. Se le mie sono solo fandonie potete farlo, non accadrà mai. Provate a nutrire il diabete dentro di voi, tanto non arriverà.

Il fatto più grave è che non riuscirete a difendervi dal diabete nemmeno prevenendolo con una sana dieta, in quanto, nessuno ha mai spiegato quali davvero siano gli alimenti sani e quasi nessuno ha voglia di documentarsi. Nessuno ci ha mai educato che possiamo curarci anche con il cibo e la natura tutta e che i farmaci possono sicuramente essere risolutivi e utili ma non l’unica cosa. Quindi… quando un medico nella dieta di un diabetico elimina i dolci ma lascia glucosio elaborato, tanto chissenecapisce, mi chiedo dove sia il cibo sano. Che poi… vabbè, il glucosio è un discorso a sé perché è ovunque ed è un tema assai complesso (molto moltissimo) ma magari limitiamolo. Mi sembra davvero senza senso non mangiare un cioccolatino ma mangiare la pastasciutta, se ho il diabete, ecco.

TRADUCENDO IL MESSAGGIO SI CAPISCE MEGLIO

Non serve essere immune a quella malattia, occorre essere immuni a quelle emozioni, a quelle reazioni, a quelle sensazioni, a quei pensieri, a quel messaggio.

Ma non usciamo dal discorso precedente. Il fatto è molto semplice, le cose sono queste qui:

– Cresco e vivo una vita, o gran parte di essa, conoscendo il diabete di mio padre. Il mio pensiero sarà sempre lì anche se cerco di tutelarmi (creo il mio diabete). La medicina stessa mi dice che sono “portata” ad avere il diabete quindi… ciao Pippo! Mi hanno segnata ormai.

– Se mio padre ha o aveva il diabete significa che mio padre era una persona che provava ben poca gioia nel suo vivere, aveva in sé una sorta di rancore e tristezza verso la società o chi l’ha messo al mondo, aveva poca voglia e grinta di combattere verso i problemi della vita e questo è quello che può avermi insegnato inconsciamente, ossia, una sorta di “arresa” che permea la mia esistenza. Messaggi continui, captati dal mio cervello che, in qualche modo, dicevano: la vita è dura, è difficile essere felici, questo non va bene, questo non mi piace, bisogna fare sacrifici… e lamentele e sospiri e sbuffate (creo il mio diabete).

– Se mio padre ha o ha avuto il diabete è perché si è nutrito con determinati alimenti che anch’io ho mangiato, seduta a quella tavola (creo il mio diabete).

– Se la gente (amici, parenti, medici) continua a dirmi di fare attenzione al diabete perché mio padre… (creo il mio diabete).

E’ chiaro?

Il fatto importante però è un altro. Ho il diabete? Oppure ho una qualsiasi altra malattia? Molto bene. Qualcosa dentro di me ha fatto sì che questa malattia nascesse in me proprio come è accaduto a mio padre e a mio nonno… ma, adesso, – sei MIA malattia, non sei ne’ di mio padre, ne’ di mio nonno e ce la vediamo io e te -.

TU E LA MALATTIA

E ora inizia una piccola storia vera, la mia.

Sono nata da un padre che ha sempre avuto problemi all’apparato respiratorio soprattutto in giovane età. Mio nonno, suo papà, ha sempre avuto, per 95 anni, gravi e fastidiosi problemi all’apparato respiratorio. Bronchiti, asma, sinusiti, etc… erano all’ordine del giorno.

Sono nata da un padre che mi ha insegnato a stare lontana l’aggressività e che l’aggressività – è una cosa brutta -. Mio nonno mi ha educata a non essere aggressiva, mi ha inculcato nella testa, senza neanche rendersene conto, che l’aggressività la si deve usare solo in determinati momenti della vita e, quei momenti, non sono bei momenti se devi diventare aggressiva. Mi hanno insegnato a mandare giù, sopportare e trattenere. A non dire la mia per il “quieto vivere” e perché “chi più ne ha, più ne metta”.

E guarda caso… volete sapere che significato hanno la bronchite e la sinusite (tanto per prendere le principali) come messaggio?

Bronchite – aver paura dell’aggressività, giudicarla come una cosa orribile.

Sinusite – sopportare senza accettare una situazione, o una persona, o un evento.

Ma-che-coincidenza!

Ok. Fu così che decisi di liberarmi da tutto ciò come vi ho già scritto in passato su altri post.

Ho 41 anni e, da quando sono nata, mia madre ha invano combattuto contro le mie bronchiti che ogni anno si presentavano rovinandomi per un mese la salute e l’anno scolastico. Crescendo, la situazione si è aggravata. La bronchite non solo si presentava una volta all’anno, bensì due, e si complicava aggiungendo a sé poi la sinusite. O meglio, sopraggiungeva anche lei e non avevo solo più problemi di catarro e muco nei bronchi ma anche in testa. Piena completamente.

Decisi di dire basta. Potete non credermi ma oggi sono tre anni che non ho più la bronchite e, da due anni, la sinusite è nettamente più lieve, dura pochissimi giorni e non è dolorante. Eliminerò anche lei col tempo.

COME MARIONETTE

Quello che intendo dire è che finché continuiamo a comportarci come schiavi, o succubi, o sfortunati, questo sarà ciò che saremo ma se decidiamo di diventare realmente padroni della nostra vita, per tanto difficile che sia, possiamo crearci un’esistenza diversa anche dal punto di vista della salute.

Non ho niente contro la medicina ma quando la medicina parla dovremmo evitare di pendere totalmente dalle sue labbra, dovremmo accogliere i suoi consigli ma pensare di essere noi stessi e che c’è pieno di uomini e donne morti per una determinata malattia ma i loro figli non soffrono dello stesso disturbo. Sta a noi non coltivare e non nutrire certe paure e sta a noi cambiare strada rispetto agli “errori” dei nostri genitori.

Il nostro DNA è una cosa viva e come vi ho detto a inizio post ogni forma di vita è in continuo movimento. Come già avevo scritto quando siamo sotto stress esso si contrae mentre in fase di serenità esso di distende. Il DNA è composto da una struttura chimica, non sono pezzi di vetro, sono basi azotate. E’ un qualcosa di energetico oltre che biologico ed è meraviglioso. Il mondo che viviamo è meraviglioso. Noi tutti siamo meravigliosi e possiamo avere una vita sana e meravigliosa. Ma forse ve lo spiega meglio lo scienziato Bruce Lipton:

Noi siamo i padroni del nostro futuro e non vittime del passato.

Prosit!

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Tutte le varie fini spaventano

THE END

Abbiamo paura di ogni tipo di “fine”. Paura della fine della nostra vita, paura della fine di un rapporto, paura della fine di un lavoro… c’è persino chi prende male la fine di un anno. La parola FINE, con il significato che l’accompagna, ci spaventa, e questo deriva dal fatto che non riusciamo a vedere oltre. So che questo discorso può apparire banale ma le nostre memorie riportano sempre alla paura della morte, pertanto al – dopo non c’è più nulla -.

Sì, alcuni sanno che c’è un’anima che vaga o che si reincarna, altri credono allo scomparire del tutto, altri ancora pensano che si viaggerà poi su altri pianeti o dimensioni, ma chiunque, inconsciamente, pensa – Eh, ok, ma IO comunque non ci sarò più -.

Ancor più dolorosa è la morte di una persona alla quale vogliamo particolarmente bene e non ce ne frega niente della sua reincarnazione, qualora ci fosse, noi non la vedremo mai più. Non potremmo più percepirne l’odore, parlarle, sentire il suono della sua voce, quindi, questa benedetta FINE non la vogliamo, è una cosa brutta, ci mette terrore. È un terrore dovuto all’educazione che abbiamo ricevuto da parte della nostra cultura e della società che viviamo. Un terrore che, come un polpo con i tentacoli, si è diramato in ogni settore della nostra vita. È diventato così potente che non solo scaturisce nel momento in cui la fine giunge davvero ma è presente, ancor prima, con la pre-occupazione che quella cosa finisca o con l’ansia di non far finire quella cosa. Come dicevo, il problema sussiste perché non si riesce a vedere altro e oltre. Il cambio di una sola vocale per due riflessioni enormi.

Non ne abbiamo colpa, non ce l’hanno mai insegnato questo concetto. Non ce l’hanno introdotto al fine di farlo divenire parte di noi.

SIPARIO

Non vedendo altro guardiamo solo il niente, il buio, il vuoto, la desolazione. La staticità. La staticità è morte. Il movimento è energia e, l’energia, in ogni sua forma, è vita. Quindi vediamo la morte anziché la vita. Una nuova vita. Una nuova creazione, una nuova opportunità.

Non parlerò prettamente della fine dei nostri giorni e dell’al di là, perché non si può sapere con certezza cosa succede e perché, ognuno, dopo essersi documentato nel possibile, deve credere a quello che vuole e quello che il cuore gli suggerisce ma posso basarmi su cose più tangibili, che notiamo ogni giorno e che accadono a noi o attorno a noi.

La fine di una relazione porta quasi sempre dispiacere ed è un dispiacere comprensibile. Spesso però, alcune persone, governate dal demone dell’attaccamento (del quale NON hanno colpa) si disperano di aver rotto un rapporto con chi, in realtà, non era assolutamente adatto a loro e magari maltrattava persino il proprio partner. I primi tempi si passano ore di angoscia e tristezza ma quando si incontra un/a nuovo/a compagno/a migliore del/lla primo/a, allora si ringrazia quella fine. Si ringrazia però soltanto dopo aver avuto la conferma della novità più bella. Non prima. Prima si vive il tutto come una tragedia.

Questo vale anche per il lavoro, laddove non si concepisce l’arrivo di una professione migliore per noi, bensì, si vive come un dramma quel dover cambiare. Ogni cambiamento è un danno. Non per niente, dal termine “cambiamento” deriva la parola “crisi” alla quale abbiamo davo un valore errato.

Accanto ad ogni fine arriva anche la parola – malinconia -, la quale ci avvolge con le sue lunghe e immense braccia, alla quale permettiamo di prenderci e trattenerci suoi, amministrando i nostri stati d’animo.

PERCHÉ ACCADE QUESTO?

Tutto quello che ho detto finora accade perché abbiamo una percezione sbagliata di quello che in verità siamo. Secondo noi siamo quello che vediamo in uno specchio, cioè: un corpo con quattro arti e una testa e… sì, abbiamo anche una mente e un carattere ma… stop. Quello che i nostri occhi non possono vedere non esiste. Se invece comprendessimo l’importanza del nostro Spirito, del nostro Sé Superiore e della nostra energia, tutto sarebbe diverso. Da ominidi diventeremmo, al nostro sapere, grandi nuvole, come volute di fumo, in grado di spostarsi ovunque ma, soprattutto, di com-prendere in noi molte più cose.

Potremmo vedere che in noi e nella nostra vita non c’è solo un partner o quel partner, non c’è solo quel lavoro e non c’è solo quell’esistenza. Comprenderemmo la nostra onnipresenza e la nostra maestosità. Tenendo soltanto conto di queste varie presenze, esse, automaticamente, prendono vita. Ecco perché non si deve parlare di “fortuna”.

PUOI REALIZZARE MATERIALMENTE

Ci sono individui che, inconsciamente, pur non percependo il loro essere “nubi” di energia, tengono conto delle varie possibilità che hanno e le creano senza saperlo. Sono quei soggetti che non rimangono mai senza lavoro, che hanno sempre una relazione e che amano la loro bella vita generosa. Ora provo a spiegare il concetto attraverso un disegnino e che la mia arte venga perdonata dai bravi disegnatori, please

Come si può vedere nel mio “capolavoro” siamo abituati a concepire solo quello che esiste all’interno della linea rossa cioè la nostra parte fisica e materiale. Se concepissimo invece che siamo di più, più grandi, attraverso la parte spirituale e cioè la linea blu, ovviamente, anche nella materia si realizzerebbero per noi più opportunità, più persone, più cose, più situazioni.

Non è semplice da accogliere come messaggio ma è una legge universale e persino appartenente alla scienza che, oggi, può dimostrare che così è.

Si vivrà pertanto senza nessuna “fine” perché ci sarà sempre qualcos’altro dopo e possiamo permetterci quindi di non aver paura.

Provando, anche solo per finta, a dare per scontato che, tolto un lavoro ne arriva un altro, proprio come il susseguirsi del respiro, si sente dentro un’altra sensazione. Solo immaginandolo. Ecco la parola magica: dare per scontato. Immaginiamo davvero di essere abituati ad avere già un posto di lavoro dopo quello finito, come una cosa ovvia. Non fa parte di noi questo sentire ma dovremmo riuscire a vivere così.

Prosit!

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Dovresti tu essere gioia per il tuo animale, non lui il tuo salvagente

UNA VOLTA AVEVO UN CANE, ORA HO UNA VITA

Mi sembra che troppo spesso, molte persone, si aggrappano ai loro amici pelosi in modo morboso come se questi fossero la loro ancora di salvezza. Lo comprendo. Ci sono individui che non amano gli animali o non li vogliono vicino pur rispettandoli e altri, invece, più deboli o tristi, hanno solo il loro grande amico sul quale contare e non sta a me giudicarli (neanche voglio). Vorrei solo spiegare, secondo il mio pensiero, che cos’è un animale.

Un animale non è un ammasso di pelo che fa delle feste, mangia e fa i bisogni come possiamo credere. Non è neanche soltanto colui che ci sta vicino e ci considera la cosa più importante che ha, perché, fondamentalmente, oltre all’amore che prova, da noi dipende.

Un animale è una FONTE ENERGETICA. È un ammasso di vibrazioni. Questo è e vale per tutto ciò che compone l’Universo. Ha un corpo sì, degli organi, una voce, un istinto, etc… ma è un generatore e un magnete di frequenze energetiche.

Significa, spiegandolo banalmente, che un mucchio di onde elettromagnetiche, lo riempie, lo contorna, lo fa vivere.

Gli animali non sono come noi. Non usano mente o ragionamento. Non parlano come noi. Loro comunicano attraverso vibrazioni. O meglio, loro SONO vibrazioni.

Immaginatevi un branco di lupi che si accorda per cacciare con tanto di furbizia e piano “bellico”. Mica si siedono a tavolino e discutono. Comunicano attraverso le vibrazioni. Voi direte – Ma è l’istinto -; ok, ma da dove arriva l’istinto? I più intellettuali rispondono – Dalle memorie cellulari! -; va bene, ma cosa sono le memorie e da cosa nascono? La risposta unica, a tutte queste domande, la si trova nel lavoro delle VIBRAZIONI.

IO CHE AMO SOLO TE… FORSE HO UN PROBLEMA

Le vibrazioni si emanano e si ricevono in un continuo e perpetuo scambio perfetto e universale sia che lo vogliamo sia che non lo vogliamo. Vale per ogni creatura vivente.

Dopo aver visto cos’è un animale, torniamo al discorso iniziale. Dal momento che, più di noi, egli usa le vibrazioni e vive grazie ad esse, chiediamoci: cosa accade nel momento in cui un animale è obbligato a vivere con una persona triste che riversa su di lui tutta la sua angoscia e si aggrappa a lui pretendendo (inconsciamente) da lui sostegno?

So già che una persona così potrebbe dirmi – Eh, ma io tutti i giorni lo coccolo. Ma io gli do da mangiare. Gli metto sempre la copertina e gli compro giochi nuovi -. Bellissimo.

Però, vorrei chiedere a questo animale, che è una spugna (infatti dite sempre che “loro sentono”) come si sta a dover assorbire tutti i giorni frequenze negative obbligatoriamente, senza poterne fare a meno, doversele tenere dentro e dover, in cambio, cercare di emanare frequenze di supporto.

Beh, ecco, io penso che nonostante tutto l’amore che possiamo provare per i nostri amici animali e nonostante tutto l’amore che loro possono provare per noi non abbiamo nessun diritto di riversare su di loro la nostra stanchezza o la nostra frustrazione ogni momento della loro/nostra vita.

COSÌ NON SI ALIMENTANO LE ENERGIE DELL’AMORE

Basta con le solite frasi – Meno male che ci sei tu – di continuo, ogni giorno, per anni… perché, quel “tu”, in certe occasioni, appare più come un bidone dell’immondizia dove buttare i nostri sentimenti negativi che altro.

Basta con il nostro egoismo e il nostro parassitismo. Dobbiamo noi essere fonte di gioia per loro non solo fonte di cibo e carezze. Gioia, quella vera, quella piena. Se vogliamo fare i San Francesco pensiamo soltanto a dare e non a prendere, proprio come faceva lui. Il “prendere” sarà una conseguenza. Una meravigliosa conseguenza, perché attraverso l’ovvio scambio energetico, dando gioia, si riceverà tutto quello che la gioia comporta moltiplicato per molte volte. E la gioia non ve la da il vostro cane anche se questo può sembrarvi assurdo. Non ve la da nessuno. È un qualcosa che si ha dentro, che ci appartiene, ci deve appartenere, che divampa nel nostro cuore, costantemente. Se c’è.

PER FORTUNA (???) HO TE!

Se non c’è o meno, non è responsabilità di un animale. Non nutrite il vostro animale solo di crocchette. Nutritelo d’amore ma non amore bisognoso. Siate voi fonte di ricchezza per lui.

Venne detto all’uomo – Fatto a immagine e somiglianza di Dio -. Venne detto all’uomo non all’animale. Perché l’uomo è Dio. L’uomo è un essere divino, inteso come colui che racchiude in sé la forza dell’Amore, quello vero. Quello che muove il creato e dona la vita. Quello dal quale tutto il resto… tutto (anche gli animali) dipende.

Tu devi essere àncora. Le creature ti appartengono non appartieni tu a loro. Non è una maestra che impara a scrivere a scuola ma gli alunni. Non invertire i ruoli visto che di ruoli vuoi trattare. Non è vero che non hai nessuno, che non puoi contare su nessuno, che hai solo il tuo animale, che nessuno ti capisce come lui. Tu sei potenza divina. Tu sei il tutto. Amati, cogli la meraviglia dell’essere solo e solo non lo sarai più. Ama te stesso, senza mendicare amore. Perdonati. Coccolati. Rispettati. Stimati. E allora sì, sarai fonte d’acqua fresca e dissetante per chiunque abbia voglia e bisogno di abbeverarsi.

Penso che, se ti reputi infelice e solo, dovresti cercare di fare un lavoro su di te anziché prenderti un animale disposto a ricevere la tua frustrazione, perché secondo me ti farebbe bene davvero diventare più gioioso a prescindere.

Gli animali non sono sacchetti, sono creature da amare. E solo se abbiamo amore dentro possiamo dare amore. E’ meraviglioso il rapporto che alcuni riescono ad instaurare con il loro animale da compagnia ma è sbagliato, secondo me dipendere dal loro affetto. Per tanto grande e ricco sia quell’amore, unico nel suo genere e stupendo, è simbolo di povertà se è l’unica cosa che si possiede. Soprattutto se non si possiede amore per se stessi.

C’è chi invece sceglie nella vita di amare solo ed esclusivamente un animale, condividendo la sua esistenza soltanto con lui ma dentro è un essere colmo di gioia, che ha felicità attorno e la si percepisce. E’ tutta un’altra storia in pratica.

Prosit!

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Io non posso spiegarti i colori

Io non posso spiegarti cosa sono i colori perché se non sai cos’è una cosa colorata non te la posso descrivere. Posso dirti che sono qualità brillanti e vivide che possiede tutto ciò che ci circonda ma tu sai cos’è la vividezza? Questo termine che riporta alla parola – vita -?

Posso però farti assaggiare i gusti del gelato. Sentirai che ognuno ha il suo profumo e il suo sapore e, i colori, sono un po’ questo, ognuno diverso e ognuno ha il suo nome.

Si chiamano blu, rosso, giallo, verde…

Il verde, ad esempio, è quel brivido che senti nelle viscere quando ti emozioni. E’ profondo, ti inghiotte e ti avvolge, cullandoti e proteggendoti. Quel brivido che ricopre tutta la tua pelle e ti difende. Ecco, questo è il verde.

E c’è l’azzurro, di quando sei calmo nei tuoi silenzi. Di quando metti la mano dentro a dell’acqua fresca e la senti accarezzarti. L’azzurro è così. E’ la tua pace.

I colori sono tuoi. Sono cose tue che vivono dentro di te. Come se fossero emozioni. A volte si può anche dare un colore ad un’emozione e pare proprio dedicato a lei.

C’è anche il giallo, che ti scalda. Quel tepore che percepisci ovunque e ti fa sentire vivo, ti regala la conferma di esistere. Questo perché il giallo è il colore del Sole, quella sensazione di caldo che senti sulla pelle e, il Sole, non solo corrobora, ma è il Padre della vita. I suoi raggi sono come lame benevole di luce, ossigeno e entusiasmo. Non posso nemmeno descriverti i raggi del Sole ma posso sfiorarti appena, in modo lieve e amorevole, per farti capire cos’è la sua luminosità. Cos’è la sua energia. Il suo lambirti che può essere di calura o di ardore.

Il marrone invece ha l’odore della terra, della Madre, dove tutto prende vita riflettendo le bellezze del cielo. Il marrone è accogliente, pacato e dolce. E’ una tinta che permette la creatività, come un suono piatto e disponibile dal quale si ramificano splendide melodie. E’ armonico e affettuoso riuscendo a farti sentire un tutt’uno con lui.

Il rosso è lo scatto deciso, l’impeto che può far male ma ti regala la sensazione di libertà. Il rosso è come un momento. Il momento in cui senti di esserci ed essere visto. Lo stato che ti sconquassa dal quale rinasci più forte e vibri con il tutto.

C’è poi il viola. Hai presente quando senti di essere connesso a qualcosa di più grande di te? A quando ti sembra di sentire dentro al petto risonanze di un mondo sconosciuto ma che non ti spaventa? Quello è il viola, che reca con sé una fragranza di magia. Che ti trova stupito e attento.

Ti stanno piacendo queste parole? Immagino che a breve amerai gli stessi colori che amo io, ma sei fortunato perché a me piacciono tutti. E’ come se ognuno avesse uno scopo. E’ come se potessimo farli nostri e utilizzarli al meglio. Non possono esserci, per me, colori belli o brutti. Possono, al massimo, essere portatori di ricordi piacevoli o spiacevoli. Perché sì, i colori sono anche questo: messaggeri.

E io spero davvero che tutte queste mie parole possano piacerti.

Molti direbbero: sono solo parole…

Lo so… ma sono comunque un dono, non pensi?

Le parole invece, le uniche cose che potrei raccontarti perché riesci a sentirle, sono anche le sole verso le quali non occorre nessuna interpretazione. Perché, per le parole, quelle vere, non c’è bisogno della voce. Ti basta scendere nel silenzio e ascoltare il cuore.

In ogni suo battito e in ogni suo vibrare potrai percepire le decisioni più giuste e le frasi più belle ma, soprattutto, potrai ascoltare la sua poesia formata dal suono dell’amore, la forza che compone i vocaboli più incantevoli.

Prosit!

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Non aver paura del buio e del silenzio

LO STATO MAGICO

Non aver paura del buio e del silenzio. Non aver paura della tua solitudine. Di questa scura sensazione di essere solo. È la tua amica più grande, é lo stato basilare nel quale rinascerai a nuova vita, fidati di quello che ti dico. Fidati se ti dico che é uno stato magico ed é assolutamente a tuo favore.

Se non usi questo momento per lamentarti, per non accettare, per agitarti, per aver paura, bensì riesci a coglierne la bellezza, nonostante il timore che può far nascere dentro di te, ne uscirai migliore, più forte, più felice, più evoluto, più grande. Più connesso all’infinita e potente energia cosmica della quale siamo emanazione.

Prova a riflettere un secondo:

Un seme germoglia nel buio e nel silenzio.

Un animale, se ferito, per rigenerarsi, cerca il buio e il silenzio, visti come riposo.

In un uovo accade il miracolo della vita nel buio e nel silenzio.

Quando vieni concepito, vieni concepito nel buio e nel silenzio.

Le grandi bellezze nascono dentro, internamente, come sotto terra, per esplodere poi, in tutta la loro meraviglia, al di fuori.

Il buio e il silenzio ti permettono di osservare acutamente e attentamente ciò che va osservato e che, nel caos giornaliero, non riusciresti a vedere.

Nel buio e nel silenzio ci sei soltanto tu e nient’altro, e tu sei il guaritore di te stesso, l’unico e il solo grande Dio al quale devi credere.

Il tuo potere interiore è illimitato e soltanto attraverso la pace puoi comprendere di averlo, anche se ti verrà poi difficile metterlo in pratica.

É quando si cade in fondo al pozzo che si sente la voglia di sopravvivere e, in fondo al pozzo, ci sono il buio e il silenzio. Non odi nulla, non vedi nulla, non parli, non ti muovi, non hai azioni da compiere se non quella di creare la tua nuova vita come un vecchio alchimista chiuso nella sua grotta in totale segreto.

Un tempo, gli antichi saggi, cercavano scuri antri nel tentativo di non essere intaccati nemmeno dalle onde vibrazionali degli altri, per poter lavorare alla propria crescita personale nella più totale solitudine. Non dico che devi fare questo ma voglio solo mostrarti il loro intento e l’importanza che davano all’isolamento.

Lavora… lavora… crea la tua nuova realtà, attraverso le lacrime se vuoi, e la scontentezza, ma sono, in quel momento, gli strumenti che possiedi e puoi renderli utili a tuo favore. Non sei inquinato da nulla, niente ti disturba, niente ti distrae.

TUTTI POSSIAMO GODERE DELLA RESURREZIONE

Non aver paura del buio e del silenzio. Se ti è capitato un periodo assieme a loro è perché probabilmente sei pronto per salire un nuovo gradino. Tutto, in natura, prende vita nel buio e nel silenzio. La vita… – vita -… senti quanto é bella questa parola?

Sei una Fenice. Siamo tutti delle Fenici. “Post fata resurgodopo la morte torno ad alzarmi”

Risorgi dal grembo che ti sta tenendo suo. Non vuole farti del male, il male lo stai percependo tu. Lui vuole solo accudirti, proteggerti e coccolarti.

Se anziché dibatterti ascolti attentamente cosa ti sta dicendo, puoi sentire parole d’amore a te rivolte dentro a quell’oscurità che tanto ti sta spaventando. Quel nero che vorresti allontanare da te ti sta accarezzando amorevolmente. Lo so che vuoi la luce, che vuoi quello che tu consideri realtà ma, la vita, quella vera, si accende nel buio e nel silenzio come una scintilla. Non la vedresti se fosse al chiaro del giorno o tra il vociare chiassoso delle genti e dei tuoi pensieri.

Lì, dove ti pare di non aver più nulla, dove ti sembra di esser giunto alla morte, stai in verità uccidendo una parte di te per trasmutarla in qualcosa di migliore. Una parte di te che non ti ha permesso di vivere come l’essere divino che sei. Quella sensazione di angoscia é  un qualcosa di percepito dal tuo corpo, una macchina prettamente biologica, ma dove lei ha paura, puoi sentire la voce dell’anima che intende aiutarti a riconoscerti spirito. Cioè ciò che sei.

DOPO LA NOTTE ARRIVA SEMPRE IL GIORNO

Perché quando si ipnotizza una persona la si manda in uno stato di buio e di silenzio? Te lo sei mai chiesto?

Per poter riuscire a vedere ciò che in altri modi non si riuscirebbe, attraverso lei stessa.

Non temere, la luce tornerà e tu potrai assaporarla diversamente. Ne trarrai più benefici.

Ti stai trasformando. Una parte di te lo sta facendo e ha bisogno del buio e del silenzio per farlo. Proprio come staresti galleggiando nell’Universo.

In questo momento, attraverso le sensazioni che ti opprimono, sei molto più sensibile e quindi più connesso all’energia cosmica. Sfrutta questa situazione a tuo favore. Come? Ti basta amarla. Amarla anche se non ti piace, anche se pensi ti stia facendo male. Amala e accettala proiettando il tuo sguardo sicuro verso il bello. Cerca di avere fiducia che qualcosa di meraviglioso si sta preparando per te, sta per schiudersi dopo essersi sviluppato nel buio e nel silenzio. Prova soltanto e vedrai che così sarà.

Prosit!

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Dopo i traumi, la malattia – l’Urlo dell’Anima

NON C’E’ PEGGIOR SORDO…

É normale urlare con i sordi. Urliamo verso chi non sente con la nostra parte fisica e urliamo verso il nostro corpo con la parte animica. In modo differente, ma il principio è lo stesso. Perché a volte siamo sordi anche noi, molto più di chi ha seriamente perso l’udito e, come dice un vecchio proverbio – Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire -.

Noi siamo fisico, anima e spirito. L’anima è quella parte di noi che ci comunica la volontà dello spirito ma noi non comprendiamo praticamente mai, per questo deve gridare. É il messaggero della coscienza. É sbagliato dire – Ho un’anima -. Io sono anima. Sono anche anima, non ho un anima. Ma ci sono parti di noi che non vediamo, non sentiamo, non percepiamo. Non sappiamo tutto ciò che pensa la nostra mente, non conosciamo tutto quello che vive il nostro corpo e non capiamo nulla di Sé Superiore o di anima ma tutto è collegato nel formare la splendida creazione che siamo. O, più che creazione, sarebbe meglio dire “emanazione“. Siamo un’emanzione di Dio, inteso come Energia Cosmica, una sua diffusione.

Essendo il tramite, tra l’Io Superior e ciò che crediamo essere, l’anima, come dicevo, prova a parlarci, prova a dirci cosa siamo realmente e lo fa anche quando viviamo situazioni che a noi sembrano difficili prove da superare.

Non riusciamo ad ascoltare la sua voce, ossia, non riusciamo a vedere oltre il Velo di Maya, una nebbia che abbiamo davanti agli occhi e che non ci permette di osservare e comprendere la perfezione divina anche là, dove noi vediamo solo drammi e tragedie. Ogni dramma e ogni tragedia altro non è che la rivisitazione di un trauma che ci portiamo dentro da quando siamo nati.

IL PRIMO IMPORTANTE ANNO

All’incirca durante il primo anno di vita subiamo tutti i traumi che ci porteremo poi avanti per tutta l’esistenza se non elaborati. Questo non vuol dire che durante il primo anno di vita veniamo per forza violentati o dimenticati o abbandonati o derisi come s’intende, ma significa che viviamo le basi emozionali di quelli che sono i primi gradini del trauma. Di tutti i traumi. Sì, anche forme di violenze o abbandono o derisione, in base a come noi li percepiamo.

Per capirci, se oggi soffri perché il partner ti abbandona, è perché durante il primo periodo dopo la tua nascita hai vissuto un evento che ti ha creato dentro lo spavento o l’angoscia dell’abbandono. Tale spavento o tale angoscia, non “curati”, sono aumentati sempre di più in te, formando, ad esempio, il bisogno dell’attaccamento a cose, persone, luoghi, ricordi. Tutto ciò che riesce a non farti sentire solo. Non curato, quel primo accenno di abbandono, che ai tempi ti ha visto soltanto piangere per cinque minuti, oggi è invece fonte di grande tristezza, paura, delusione, frustrazione perché è cresciuto anche lui, assieme a te, quanto te.

Di traumi ne subiamo mille e più di mille. Alcuni si coagulano in noi, altri no, in base agli eventi che viviamo e, più spiritualmente, in base al percorso che dobbiamo compiere e all’evoluzione della nostra anima. Ogni volta quindi che ci assoggettiamo, magari senza rendercene conto, ad uno di questi traumi in modo emozionale, è come se formassimo una ferita nel nostro organismo.

Ogni volta che, anziché evolvere, al fine di vivere liberi e come esseri divini e potenti, continuiamo emozionalmente a reagire allo stesso modo, creiamo un danno fisico. Fisico perché, come dicevo prima, siamo un tutt’uno. Questo danno, se continua in quel punto, un po’ come girare il coltello nella stessa piaga, diventa sempre più grande fino a divenire una malattia. Come malattia intendo ogni tipo di malessere fisico.

TRAUMA DOPO TRAUMA ARRIVA LA MALATTIA

Se abbiamo paura del giudizio degli altri e non ascoltiamo la voce dell’anima, che invece vorrebbe vivessimo senza questa spada di Damocle addosso, a lungo andare, formeremo un malessere al nostro corpo. I malesseri possono essere tanti, di vario tipo e di varia natura ma, a formarli, sono sempre le emozioni negative che proviamo. É come se avvelenassimo il nostro corpo. Dopo una certa dose di veleno, ecco che il nostro corpo inizia a risentirne e, da qui, la nascita del problema. Un dolore, un malanno, una botta, un inestetismo, una patologia… tutti sono il risultato delle emozioni che abbiamo provato perché non abbiamo ascoltato l’anima e non ci siamo fidati di lei nonostante le sue urla. La tossicità emozionale diventa fisica come un messaggio neuronale che da elettrico, per arrivare al cervello dopo aver ricevuto l’input, diventa chimico e cioè tangibile. Concreto.

Prendersela con quella malattia e con quelle urla è come prendersela con uno che sta alzando il volume della voce per farsi sentire da te che sei sordo.

Questa è la malattia. Il sintomo è un messaggio. La ripercussione sul fisico avviene perché, come ripeto, tutte le parti dalle quali siamo composti, sono collegate e comunicano tra loro.

Se imparassimo ad ascoltare l’anima, fin dai suoi primi sussurri, non dovrebbe gridare. È molto difficile ma, proprio grazie al collegamento anima-corpo, è in realtà possibile. Riuscendoci, non solo smetteremmo di soffrire fisicamente ma potremmo anche scoprire tutte le cose belle che ci attendono e afferrarle.

Prosit!

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Tessera punti – la tua vita alla cassa

RINGRAZIA PER LA CORSA AI PUNTI

Ciao! Hai fatto la tessera punti al supermercato? Bravo!

Ma sai cos’è la tessera punti? Ti sei informato bene, prima, dal momento che hai anche messo una firma e hai trascritto su un modulo i tuoi dati personali? Beh, sì, è un rettangolino di plastica rigida grazie al quale possiamo accedere a sconti e accumulare punti per ricevere poi dei premi! Ma wow! È bellissimo! Che generosi questi del supermarket! Ci vogliono bene, vogliono aiutarci in poche parole. Dovremmo ringraziarli!

Dovremmo ringraziarli ma non lo faremo, direi, e ora ti spiego il perché se hai voglia di leggere qualche riga.

Ti sei mai chiesto come fanno a sapere molte cose di te/noi? Non è solo a causa di FaceBook.

Vorrei farti notare una cosa. Un tempo, e parlo di pochi anni fa, mica c’erano sugli scaffali dei centri commerciali tutti i prodotti integrali e biologici che ci sono adesso. Hanno persino tirato fuori, due anni fa circa, il Tè che al posto dello zucchero aveva la stevia. Impressionante. Insomma sì, siamo noi in realtà a comandare ma non lo vogliamo capire, e quindi continuiamo a fare gli schiavi. Comunque… hanno visto che la gente, dopo essere cresciuta mangiando olio di palma, ha deciso di darsi al natural ed ecco pronti i prodotti più naturali che ci siano.

Ma come avranno fatto a saperlo? La gente mica si parla? Ora, è facile dire – Tutti vogliono mangiare bio – ma io ricordo bene il tempo in cui non esisteva il bio nei supermercati e lo hanno dovuto inventare. Oggi, anziché bio, mangiamo plastica e le peggio cose che la chimica possa creare, ma così facendo si accontenta il popolo e il popolo spende (e spende qui, non là) e tutti siamo contenti. Inoltre, la plastica che ci danno da mangiare, meriterebbe un articolo a sé ma non è questo il momento.

Come dicevo, le persone non sono andate dall’amministratore di qualche grande azienda a chiedergli di inventare quel prodotto o di mettere sul mercato lo stesso prodotto della bottega sotto casa, eppure, i grandi managers lo hanno capito lo stesso.

CONFESSA!

Lo sai, ogni volta che dai la tessera punti alla cassa, che cosa stai dando di te?

Innanzi tutto i tuoi dati. Ossia, non fai la spesa in anonimo, proprio come quando paghi con la carta (chiediti perché sempre meno contanti si vogliono in giro). Stai dichiarando anche: a che ora hai fatto la spesa, dove e come ma, soprattutto, racconti agli interessati che cosa hai acquistato. Quali sono i tuoi gusti preferiti e cosa prediligi. Afferri gli sconti? Compri le sottomarche? Carne o pesce? Sei vegetariano? Mi sembra tu abbia almeno due figli! E sicuramente vuoi dimagrire. Ti tingi i capelli e non fai colazione.

Questo e molto molto altro è quello che racconti di te ogni volta che usi la tessera. Si rendono conto, grazie al frenetico lavoro di tanti computer, quello che gli acquirenti vogliono, cercano, comprano o lasciano. Immagina questo lavoro eseguito su tantissime persone. In fondo, lo sai, chi fa girare l’economia siamo noi e, loro, così facendo, conoscono meglio i nostri punti “forti” e quelli più “deboli”.

Le pubblicità saranno mirate e, più facilmente, potrai cedere loro arricchendo di più le multinazionali pronte sempre a darti ciò che desideri. Sanno se sei grasso e vuoi dimagrire, se sei sano oppure no, se sei single e quanti single ci sono in Italia. Se porti la dentiera o se hai mestruazioni abbondanti. Pochi figli? Inventiamo qualcosa per far partorire sta gente. Troppi figli? Inventiamo qualcosa per far passare la voglia di procreare.

SOTTO CONTROLLO

Ora, che sia chiaro, non sono qui a parlarti di complotti o cose simili, voglio solo farti capire che spesso credi di essere controllato solo dove la tua fantasia può arrivare ma la loro, senza offesa, arriva ancora più in là della tua. Il sistema fa di tutto per controllarci e averci in pugno, ecco perché nascono cose come le tessere punti anche se te le fanno passare come un vantaggio per te. E, ovviamente, la tessera punti, non è l’unica cosa.

È proprio vero che non servono la violenza e la rivoluzione, basterebbe molto meno per liberarsi. Immagina se nessuno di noi la usasse.

All’inizio ti invogliavano educatamente a farla. Ti coinvolgevano con un sorriso, da orecchio a orecchio, dimostrandoti tutte le belle cose che avresti potuto ottenere. Ora invece, se non ce l’hai, ti guardano male! È come se fosse d’obbligo! E poi, col tempo, si sono fatti ancora più esperti definendo meglio la loro ricerca attraverso le tessere over 60, le tessere verdi e quelle a pois e via dicendo… ottimo. Mah! Sicuramente, a livello fisico, soffriamo meno degli animali ma, anche questo, mi sa tanto di allevamento.

E’ uno strumento di marketing come molti altri. Ma tu davvero credi che ti regalino qualcosa? Credi davvero agli sconti o ai sottocosto?

Tutte le tue abitudini, e quindi la tua vita privata, gliela stai offrendo su un vassoio d’argento, senza tener conto che dai loro la sicurezza di rifornirti sempre nello stesso punto o comunque nella stessa catena. Pensaci!

Prosit!

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