Cambia le Sinapsi – parte 1°

Questo è un lungo argomento perciò lo dividerò in due articoli. In questo, il primo, avrete la spiegazione di come stanno le cose e nel secondo degli esercizi per riuscire a diventare padroni di se stessi e vivere decisamente meglio, senza essere vittime dei propri pensieri che, spesso, assillano. Educare la mente ad essere una nostra valida aiutante e un buon mezzo, e non all’incontrario, essere noi, suoi schiavi.

NUOVI PENSIERI

Ma si! Che ci vuole?

Il tuo ragazzo ti ha lasciata? Tua moglie ti ha tradito? Tua madre ti ha sgridato ingiustamente? Uno sconosciuto ti ha fatto fare una pessima figura davanti a tutto il paese? Questi episodi, quando diventano ricordi, assillano e rovinano la vita. Vorremmo dimenticarli, non pensarci più. A volte sono così presenti, tremendi e consueti che vorremmo addirittura staccarci la testa per non pensare. Staccarsi la testa però potrebbe essere pericoloso e allora torna comodo un altro metodo: quello di modificare le sinapsi del cervello. O meglio, modificarne il percorso. Non ci vuole nulla! È un gioco da ragazzi! È semplicissimo! È… è…. è una tragedia! Ecco cos’è! È una delle cose più difficili che un essere umano possa riuscire a fare. Ma, senza scherzare più, andiamo con ordine. Innanzi tutto cosa sono le sinapsi? E perché modificando loro possiamo vivere meglio? Lo spiegherò in modo semplicissimo spero che nessun neurochirurgo legga! Ma voglio sia comprensibile a chiunque.

Le sinapsi sono delle connessioni che permettono una comunicazione tra neurone e neurone o tra neurone e altre cellule. In pratica, il determinato messaggio, riesce a passare nel tessuto nervoso proprio grazie alle sinapsi. Esse sono dapprima elettriche e poi diventano chimiche come se il messaggio diventasse concreto e può così accedere, fisicamente, al luogo che lo sta aspettando. L’input quindi arriva e parte poi l’informazione. Nel cervello, come già vi avevo spiegato qui https://prositvita.wordpress.com/2018/04/20/erezione-maschile-e-cervello-in-vasca/ , la maggior parte dei messaggi prende dei percorsi chiamati “percorsi facilitati” (ossia già vissuti) in modo totalmente abitudinario. Stiamo parlando di informazioni che passano dal quel dato “sentiero neurale” milioni e milioni di volte nell’arco della nostra vita o di un solo periodo di essa. Il cervello non trasforma niente se non siamo noi a cambiare e nemmeno le sinapsi che condurranno quel messaggio sempre nella stessa direzione.

Questo, quando accade troppo spesso, diventa OSSESSIONE ma non è colpa di nessuno, semplicemente un procedimento normale che avviene chimicamente e, possiamo dire, “fisicamente” in noi. Così funziona anche la memorizzazione e quindi i ricordi. Hanno la loro tana, anch’essa facilitata, comoda, e di lì non si schiodano. E’ la nostra reazione ad essere sempre la stessa quando qualche avvenimento lo colleghiamo ad un avvenimento precedente (es. trauma). Avvenimento, o persona, o situazione, o cosa, etc… E’ comunque la nostra volontà, anche se non ce ne rendiamo conto e non lo facciamo apposta, a permettere tutto questo. Possiamo però fare anche qualcosa di diverso ma, ogni cosa a suo tempo, continuate a leggere. Ho affermato il tutto semplificando molto un procedimento in realtà parecchio complesso spero sia stato chiaro.

COME COZZE APPICCICATE ALLO SCOGLIO

Bene. Se ne deduce quindi che un pensiero (un ricordo) rimane lì e siamo noi stessi, nutrendolo, a dargli forza, sostanza e… onnipresenza. Avete presente le ossessioni che citavo prima? Sarà capitato a tutti di dire – Non riesco a non pensarci. Non riesco a togliermelo dalla testa! -.

I pensieri generano le emozioni. Cioè, se io ricordo una violenza subita, rivivro’ le emozioni di terrore, paura e angoscia di quel giorno. Il senso di nullità, la voglia di vendetta, etc… tutto questo ci fa vivere bene? Assolutamente no. Ma non solo. Diversi traumi, subiti da bambini, li riviviamo in eventi che noi consideriamo simili anche nell’età adulta nonostante non abbiano nulla a che vedere con l’evento subito. In qualche modo, per noi, e soprattutto per i nostri meccanismi di difesa, ci “assomigliano” e reagiamo alla stessa maniera. L’emozione madre si scatena sempre allo stesso modo e le pulsioni saranno dello stesso tipo.

Come dicevo, modificare un pensiero e quindi dimenticarlo, è superdifficile. Sta abbarbicato come un koala ad un eucalipto senza smuoversi neanche di un millimetro, ma noi non abbiamo più voglia di fare gli alberi da appoggio e quindi andiamo alla ricerca di soluzioni. Perché sì, ci sono le soluzioni. Finalmente una buona notizia. Il dramma è nel metterle in pratica ma ne parleremo.

Vedete, il nostro cervello è abitudinario a livello cronico, pertanto, se noi gli abbiamo sempre fatto pensare al verde ora sono cavoli amari convincerlo a focalizzarsi sul rosso, o comunque, al verde, non pensare più.

21 GIORNI… ALL’ALBA

I grandi esperti dicono che per modificare una sinapsi ci vogliono 21 giorni. Facciamo un esempio pratico. Se io guido una macchina normale e quindi sono abituata ad usare la frizione, nel momento in cui acquisto un’auto automatica, il mio piede sinistro impiegherà 21 giorni (circa) per disabituarsi dal premere il pedale della frizione. Quindi, se un brutto ricordo mi assilla, dovrei impiegare 21 giorni per eliminarlo, così come l’abitudine del piede sinistro. Ma dobbiamo dargli il nuovo “sistema” ossia dobbiamo dare al nostro cervello una “macchina automatica”. Creare il cambiamento nuovo al quale può aggrapparsi mollando il vecchio.

Se perciò mi viene alla mente quella determinata cosa che mi fa male, per mandarla via, mi dovro’ sforzare a pensarne un’altra. Il pensiero rivolto ad un ex compagno, ad esempio, diverrà il pensiero rivolto ad un blog, o ad un amico, o a una cosa che piace, o ad un lavoro. Dobbiamo cioè creare UN’ASSOCIAZIONE DI PENSIERO. Quella cosa nuova (che dovrà essere “bella”) verrà correlata all’ ex e, man mano che passano i giorni, ogni volta che il pensiero cadrà sul non più partner, automaticamente, si inizierà a pensare a quell’altra cosa. Via il pensiero via il dolore, o il fastidio, o altro. La nuova riflessione può essere dirottata ad un qualcosa di non ancora accaduto, fantasticando attimi magnifici, o a qualcosa di già successo che riporta a splendide emozioni. Praticamente stiamo creando una nuova sinapsi e, piano piano, quella piccola nuova comunicazione scaverà un nuovo percorso da intraprendere e seguire, poi lo inizierà, si abituerà a quello e passerà sempre di lì. Vi dimenticherete così l’ex compagno (certo non del tutto, la memoria l’avrete sempre, ma cambieranno gli stati emozionali correlati al percorso di prima). Non è questione di menefreghismo è un qualcosa di biologico. Il nostro cervello funziona così. So che non è buono essere rivolti al passato o al futuro ma, vivere il “Qui e Ora” e fare la Presenza, lo sospenderei un attimo, per il momento, come discorso. Un passo alla volta. Oggi parliamo di sinapsi, poi parleremo del vivere l'”Adesso”.

Torniamo a prima, insomma che, detta così, sembra semplice ma non lo è per niente. Ricordatevi che sono koala, anzi chewing gum, anzi cozze! E sappiate che, mentre il cervello sta ai vostri ordini, la mente invece cercherà sempre di remarvi contro. Cosa gli abbiamo fatto di male a sta mente poi, un giorno, qualcuno me lo deve spiegare eh?

Comunque, dicevo, non è facile. Bisogna quindi usare al meglio gli esercizi adatti.

ALLENARSI.

Bene, per il momento mi fermerei qui. Nel prossimo articolo leggerete degli esercizi che io personalmente ho trovato utili e interessanti. Funzionano e quindi ve li racconterò. Intanto provate a pensare se avete anche voi pensieri che, troppo spesso, passano per sentieri che vorreste modificare.

Prosit!

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Semplicemente come io la penso

“Mi hanno insegnato a pregare sperando in una grazia, ad essere buona per non andare all’inferno, ad essere sempre educata perchè “chi più ce n’ha ce ne metta”, che il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi, che se prendi 4 a scuola vuol dire che non hai studiato e -guarda invece la tua compagna di banco com’è brava-, che non dovevo correre sempre perchè le femmine devono essere composte, che dovevo rispettare sempre e comunque una marea di gente dagli anziani ai neonati e tutto il vicinato, anche se mi avessero preso a bastonate perchè gli altri avevano sempre ragione, che il lavoro nobilita e la vita è fatta di sacrifici, che dovevo avere sempre una camicia da notte nuova nell’armadio nel caso mi fossi ammalata e avessi dovuto andare all’ospedale, che siamo tutti vittime del destino e quando meno te lo aspetti può capitarti la qualunque senza che tu possa farci niente.

E io ci ho creduto”.

Questo post l’ho condiviso dal blog L’universo nel mio silenzio e capendo perfettamente cosa intende l’autrice ho deciso di riproporlo e spiegarlo. Bhè, sicuramente anche voi avrete già capito, ma forse non tutti sanno che cosa invece sarebbe meglio fare, almeno a mio parere, anziché rimanere attanagliati a ciò che appunto ci hanno insegnato. Premetto subito che quando si parla di educazione e quindi per la maggior parte, di genitori, non si parla di “persone che hanno sbagliato a dirci o a farci determinate cose”. Essi sono stati prima di noi, delle vittime (perché questo è secondo me il termine adatto in questo discorso) che hanno semplicemente cercato di farci vivere nella miglior maniera possibile. Ma è possibile vivere benissimo anche esattamente al contrario di questi insegnamenti? Ebbene, io credo di si. Partendo dal presupposto che quello che l’autrice scrive è tutto vero per la maggioranza delle persone, e tutti noi ne siamo testimoni, proviamo a stravolgere il tutto e vediamo cosa succede. Iniziamo con il suddividere queste frasi:

  • Mi hanno insegnato a pregare sperando in una grazia.

Ecco. Questo primo metodo nel quale, come prima cosa, ci stanno dicendo – Prega, chiedi pure, ma guarda che non è detto che avvenga -. Gente che passa ore e ore a pregare per una grazia e non la riceve, mentre invece il suo vicino di casa si, lui si, lui l’ha ricevuta. Qui ci sono delle discriminazioni belle e buone! Forse lui è stato più umile di me? Ha fatto più sacrifici? Ha pregato di più? E allora sgraniamo rosari, stiamo ore senza mangiare, evitiamo quel determinato alimento, sacrifichiamo i nostri e non simili, e chi più ne ha più ne metta. Diventiamo pazzi nel cercar di far esaudire il nostro desiderio perché attenzione… è solo un desiderio. Non è una pretesa. Non è una cosa ovvia. E qui casca l’asino. Povero asino. E perché non può essere una pretesa? Io non ho forse il diritto di pretendere un qualcosa di mio, che mi apparterrebbe, che non può nuocere a nessuno? Ma allora scusate, e la nostra infinita potenza di cui vi parlavo giorni fa? La possibilità che noi avremmo di poter ottenere ogni cosa ma inquinati fin dalla nascita da questi pensieri non l’avremmo mai? Vi sembra impossibile quello che dico, lo so. Eppure ci sono casi che confermano ciò che sto dicendo, quelli che ci hanno insegnato a definire “sogni che si realizzano”. Che solo alcuni sono in grado di realizzare. E se invece, anziché chiedere, non chiedessimo nulla e pensassimo semplicemente che così è e così dev’essere? E se invece che desiderare e sperare non dessimo quella cosa semplicemente come certa e poi magari ai nostri Dei, per chi ha piacere di averne, raccontassimo semplicemente cosa ci piacerebbe fare una volta che questa cosa certa si è concretizzata? Deve solo concretizzarsi attraverso forse un milione di passaggi ma c’è già. Sta arrivando. E’ nostra, ci appartiene. E’ nostra perché noi l’abbiam voluta. La grandezza che è in noi l’ha voluta, non un Dio o chi per lui. Un Dio non può far altro che accompagnarci in questa avventura e godere della nostra felicità perché questa è l’unica cosa che un buon Dio, chiunque esso sia, vuole. E’ per questo che non dico a mio figlio “chiedilo a Gesù”. Posso dirgli “raccontalo a Gesù” ma chiedilo a te stesso e l’otterrai. E’ un discorso lunghissimo lo so, ma non posso scrivere un libro oggi, posso solo dirvi che questo meccanismo ha un nome, si chiama “legge dell’attrazione”. A vostro gradimento, ci ritorneremo. Passiamo all’altra frase:

  • Ad essere buona per non andare all’inferno .

Bhè, su questo immagino ci sia davvero ben poco da dire. Si, è così. Se non si è buoni si finisce all’inferno. Un inferno personale che ti aggredisce le viscere dal quale difficilmente potrai liberarti. Il più perfido inferno che esista. Questo è l’inferno. Una coltre di tristezza e infelicità che ti avvolge, ti soffoca, ti uccide giorno dopo giorno. Ti spegne. Questo è l’inferno delle persone “cattive”. Che la mia stessa vita, le mie stesse scelte mi diano sempre la sana forza di stare lontana da certe tentazioni. Mai far del male agli altri, mancar loro di rispetto, approfittarsi del prossimo. Invidia, egoismo, opportunismo, superbia, tutte emozioni che affossano in un baratro buio e profondo. Nessun diavolo ad aspettarci, nessun fuoco, nessun urlo solo ed esclusivamente il vuoto, la solitudine, la disperazione più totale. Questo è l’inferno. Ma mica ce l’hanno detto. Ci spiegavano semplicemente che in punto di morte avremmo dovuto chiedere perdono e tac! Se non ricordo male si poteva finire in purgatorio per essere purificati. E’ questo il punto. L’inferno di cui parlo io non arriva dopo la morte. Arriva molto prima. E’ peggio ancora. Ci devi convivere insieme. E li soffrirai come non mai. L’intenzione però c’era. Bisogna comportarsi bene nella vita.

  • Ad essere sempre educata perché “chi più ce n’ha più ce ne metta” .

Eh… e questa ce la siamo sentiti dire in tanti non ne dubito. La sopportazione. Ecco il vero scopo dell’essere umano. Anche se quella cosa da fastidio bisogna sopportare. Per che cosa? Ah! Si! Per il famoso “quieto vivere”, ve lo ricordate anche voi. Aaah! Il quieto vivere. Io e lui alla fine siamo diventati amici. Eravamo spesso in disaccordo. Non sopportavo il suo vivere opprimente sulle mie spalle giorno e notte, notte e giorno. Per colpa sua, io dovevo farmi andar bene qualsiasi cosa. Altrimenti era come se il signorino se ne andasse offeso da qualche parte e non tornasse più. Se, se ne fosse andato lui, saremmo all’improvviso stati sommersi da uno tzunami di catastrofi come litigate, risse, urla, botte e avremmo vissuto nel bailamme più totale per tutta la vita. No, no, caro “quieto vivere” rimani qua. Farò qualsiasi cosa perché tu rimanga qua. Figlio del gioco dei potenti. Quello che –attento a come parli altrimenti ti buco una gomma– o peggio ancora. Quello della paura. Non abbiate paura. Siate più forti. Non dovete permettere a nessuno di offendervi. Rispondete a tono, urlate, mandate a quel paese. Sapete dove stà il segreto? L’unico grande segreto che non ci hanno detto? Nell’amore. Amate il vostro avversario con tutto il vostro cuore. Si. Mentre lo state insultando perché vi ha veramente rotto, dopo tutto ‘sto tempo, amatelo. Ma non è l’amore che v’insegna il parroco. E’ l’amore che vi fa vincere. L’amore che non vi fa trovare la vostra gomma bucata perché più forte di qualsiasi altra cosa sulla faccia della terra e dell’immensità. E’ davvero la forza che smuove il mondo e il mondo potete farlo smuovere/muovere, come volete voi. Non è per nulla semplice e sembrerà ridicolo ma provateci. Un consiglio: iniziate con un avversario di basso calibro. Quello che ad esempio vi scrolla la tovaglia sopra la testa. Di basso calibro nel senso che vi sta mancando di rispetto ma fondamentalmente non fa nulla di eccessivamente grave. Ossia, sarete d’accordo con me che ci sono cose molto più terribili. Vogliategli bene. Aiutatelo. Sorridetegli. Amatelo realmente con il vostro stomaco. Dopo ovviamente avergli detto quello che si merita. Tutto cambierà. La magia. Così la chiamano.

  • Che il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi .

Oh! Bene. Questa mi piace. Mi piace perché se voi sentiste la mia risata vi mettereste le mani nei capelli. Ebbene è con mia grande soddisfazione che gli studi che ho fatto mi hanno portato a comprendere che una risata, quando è veritiera, sana e spontanea è sempre sguaiata. Davvero! Porca miseria non mi ricordo più su quale libro avevo letto questa cosa, devo andare a spulciare la mia libreria. Ma è così! Uno sbadiglio è forse fine? E uno starnuto? E un rutto? Siamo noi che li trasformiamo, ovviamente dal momento che condividiamo le nostre giornate con altri, in esplicazioni più fini e gentili. Ma sono spontanee e, in natura fini non lo sono per niente. Pensiamo agli animali. Mica si fan tanti problemi loro. La risata, quella di pancia, è la stessa cosa. Anzi, vi suggerisco, diffidate da chi ha sempre una risata controllata e da Galateo. E mi dispiace per quelli che non si lasciano mai andare. E poi, cosa vuol dire “riso che abbonda”. Ma santi numi, dovremmo ridere da quando apriamo gli occhi al mattino a quando li chiudiamo alla sera! Tutto il giorno! E anche la notte! Perché saranno i nostri sogni a farci ridere! Il riso allunga la vita, allontana le malattie! Insomma ormai lo avrete letto anche voi da qualche parte. Fortunatamente questa cosa sta diventando famosa negli ultimi anni! Anzi, non fortunatamente, forse se ne sentiva così tanto il bisogno che hanno deciso di dargli il via a ‘sto benedetto riso! Per cui, ridete! Ridete! Ridete!

  • che se prendi 4 a scuola vuol dire che non hai studiato e “guarda invece la tua compagna di banco com’è brava”.

Bhè, io sinceramente, detto tra noi, tutti questi 4 a scuola vorrei proprio studiarli un pò. Si, si è vero, lo so, ci sono i nullafacenti, gli svogliati, quelli che fanno ben altro anziché studiare ma ne vogliamo parlare? Come mai ci sono questi bambini o ragazzi qua? La società ci ha insegnato a identificarli in due modi o asini (povero asino ancora!) o fannulloni. Oh! E basta. Non ti piace studiare? Sei una cacca. Non parliamo poi se rimani bocciato!!! Ho conosciuto madri che per la vergogna non sono uscite di casa per due anni mentre le madri dei primi della classe, quelle si che erano veramente felici. Mmmh… Ecchisenefrega se quel bambino è contento, ha la gioia dipinta sul viso, ha voglia di correre e di saltare! Hai preso 4? In castigo! Prima il dovere e poi il piacere. Perché sennò da grandi diventano dei debosciati. Regole e disciplina. Ho visto con i miei occhi in Africa, bambini felicissimi di andare in una scuola senza voti e felicissimi di poter giocare dopo. E non venitemi a dire che in Africa i bambini non fanno il loro dovere! Eccoli qua, i nostri primi piccoli scarti della società. Quelli che a 6-7 anni capita che la maestra, ahimè, dice ai genitori – E’ intelligente ma non si applica. Non ha voglia di fare niente. E’ sempre con la testa tra le nuvole -. Brutto bambino cattivo. A quell’età ancora con la testa tra le nuvole! E intanto gli altri, i piccoli soldatini, invece vanno avanti. Quelli che realmente amano o lo studio o vogliono solo vedere un sorriso sul viso della loro mamma, vanno avanti e gli altri, rimangono sempre con la testa fuori dalla finestra. E dopo 5 anni, sono ancora lì, su quel davanzale, tra quelle 4 mura e quelle 100 regole. Seduti per 8 ore. In silenzio per 8 ore. Ad ascoltare per 8 ore. Quelli che quando arrivano a casa non si sentono dire – Com’è andata a scuola oggi?- bensì – sei felice?-. Per non parlare della famosissima vicina di banco. Quella che invece lei si che è furba, brava, intelligente, persino bella diventa, perché prende sempre 10. Guardala lì. Struggiamoci già da bimbi, mentre la nostra bocca sta lottando per cambiare tutti i denti che abbiamo, nella disperazione del non essere come lei. Eh no. Io non diventerò mai un grande avvocato, un grande medico, un grande commercialista. D’ora in poi cari bimbi quando vi chiedono – Cosa ti piacerebbe diventare da grande?- rispondete così – Mi piacerebbe diventare felice-. Senza 8, senza 4, senza 10.

  • che non dovevo correre sempre perchè le femmine devono essere composte.

Oppure – Non correre che sudi!- (o peggio ancora –che ti sporchi-). Allora, io queste non me le sono mai sentita dire, nessuna delle due. Sfido mia madre a fermarmi quando mi arrampicavo sugli alberi ad esempio o correvo come una pazza. Però si, mi è capitato di sentirle dire ad altri miei compagni e ancora oggi mi capita di sentirle dire agli amici dei miei figli. E qui si litiga. Qui so già che si entrerà in polemica. Questa è un po’ come quella frase che dice così: “Un bambino, per rimanere sano, dovrebbe mangiare ogni giorno 1kg di terra”. Qualche madre vorrebbe già uccidermi. L’igiene prima di tutto. Si, quel bimbo, se suda, poi si ammala. Per cui, caro bimbo, rimani fermo a guardare gli altri tuoi compagni che corrono e si divertono. Ebbene ad alcuni parrà strano ma il sudare è un atto fisiologico del nostro organismo che avviene prevalentemente per eliminare le tossine in eccesso e in seguito, per regolare la temperatura corporea. Si suda quando ad esempio ci si surriscalda. Per raffreddare il corpo, le ghiandole sudoripare si mettono in funzione. E’ tutto calcolato. Si espelle quindi una gran quantità di liquidi che dovremmo rimettere all’interno del nostro organismo con nuove fonti idratanti e pulite. Ossia, non bisogna tenersi i vecchi liquidi ma sostituirli con dei nuovi. Altrimenti non si farebbe nemmeno la pipì. Per cui il problema non è sudare. Il problema è non bere oppure non mangiare alimenti idratanti. Se suda prende freddo. No, non è vero. Prende freddo se non viene coperto e si permette che il liquido sul suo corpo si raffredda. Allorchè le ghiandole cercheranno a quel punto di riscaldare, senza riuscirci perché è troppo per loro, ed ecco prendere i malanni. Aiutiamole con un golfino. Asciughiamo il bimbo. Portiamoci in borsa un asciugamano. – Ma come faccio, devo correre a far la spesa -. Per cui evitiamo a un giovane di giocare perché si deve andare a far la spesa. Finisco dicendo che, potete credermi, tutti i bimbi più malaticci che ho visto nella mia vita, erano proprio quelli che meno potevano correre, meno potevano sporcarsi, meno potevano sudare. Ora ditemi, avete mai sentito di un figlio di nomadi con la febbre?

  • che dovevo rispettare sempre e comunque una marea di gente dagli anziani ai neonati e tutto il vicinato, anche se mi avessero preso a bastonate perchè gli altri avevano sempre ragione .

Bhè, le bastonate mi sembrano eccessive, ma il senso l’ho capito. E gli anziani perché sono anziani, e i piccoli perché son piccoli, e le donne perché son donne, e l’uomo perché è uomo, insomma, ma a me, chi mi rispetta? E questo è un po’ il discorso che ho fatto prima sul “chi più ce n’ha, più ne metta” quindi andrei oltre.

  • che il lavoro nobilita e la vita è fatta di sacrifici.

Oh! E di qui non si scappa. Ricordate che siete nati per soffrire. Punto. Per lavorare. Per morire per due lire. Siete nati peccatori e partorirete con grande dolore. E se non avete avuto la fortuna di nascere in una famiglia berlusconiana dovete sacrificare tutta la vostra esistenza. I potenti ci sono riusciti e i nostri poveri mamma e papà ci hanno semplicemente insegnato ciò che è toccato a loro fare. E io son l’unica idiota che sta qui a pensare che no, non è così, non deve essere così. Mica possiamo dire che questa vita ce la siamo voluta noi? E ma altrimenti come facciamo a sfamare i nostri figli con uno Stato che ci mangia tutto? Ok. Ma a nobilitare una vita forse è qualcos’altro. E se invece tutti inseguissero i loro sogni? Cosa accadrebbe? Che non si mangia più. Ne siete sicuri? Le mie sono solo utopie. Questo non vuol dire non lavorare. Vorrebbe semplicemente dire farlo in modo diverso. Pensate davvero che sono loro, quelli che oggi si chiamano “i potenti”, ad avere il coltello dalla parte del manico? Certo. Finchè tutti ce lo lasciano per la paura. Immaginiamo per un attimo di togliere tutti i nostri soldi dalle banche ad esempio, così per giocare un po’ con l’immaginazione. Tutti. Ognuno di noi. Cavoli…. Che macello! E poi bhè… poi finchè c’è gente che i “sacrifici” li fa, compresi di mutuo, per comprarsi l’ultimo telefonino uscito, certo, non si va proprio da nessuna parte. Ma c’è gente che si sacrifica anche per un pezzo di pane e non per un cellulare. Ma chi ha voluto tutto questo? Sinceramente, ragioniamoci un po’ su.

  • che dovevo avere sempre una camicia da notte nuova nell’armadio nel caso mi fossi ammalata e avessi dovuto andare all’ospedale.

Antica usanza che si protrae dai secoli dei secoli. Perché prima o poi ti serve. Prima o poi in ‘sto cavolo di ospedale ci devi andare e non c’è santo che tenga. E la camicia da notte dev’essere nuova di pacca mica già usata, scherziamo? C’è gente che ha più calzini bianchi nuovi nel cassetto che desideri. Sarà giusto? Sarà giusto aprire ogni giorno l’armadio e vedere quella borsa li, nell’oscurità, che aspetta solo arrivi il suo momento? Sarà giusto notare quella valigia che in modo subliminale ci dice : – un giorno o l’a’tro dovrai usarmi, perché un giorno o l’altro tu starai male -. Ma che roba! E se starò male vorrà dire che la prima cosa che trovo mi metto e chiamo il 118. Oh bella lì! E se non avrò la tutina nuova e firmata farà lo stesso tanto, in quel momento m’interesserà soltanto che mi facciano stare meglio. In un ospedale non hanno certo solo me da dover guardare e se anche dovessero mai trovar da dire alla mia camicia da notte, bhè, dopo cinque minuti – avanti un altro! -. Non sono Brigitte Bardot, non rimarrò certo nelle loro memorie. E quando apro l’armadio voglio trovarci dentro un cartello che io ho appeso e sul quale ho scritto “Perché tu vali!”. Ecco, questo no, questo non me l’hanno mai detto di prepararlo e tenerlo lì.

  • che siamo tutti vittime del destino e quando meno te lo aspetti può capitarti la qualunque senza che tu possa farci niente.

Su questo penso di aver già dato ampio spazio prima e sul mio articolo riguardante la fortuna, quindi sorvolerei. Userei queste ultime righe di oggi per dirvi che si, lo so bene, molte cose sono probabilmente davvero assurde e fanno sicuramente parte di un mio personale pensiero che ho tradotto qui “ad alta voce”, ma se tutto questo, o anche solo in parte, può servire a toglierci da tante cavolate opprimenti con le quali siamo cresciuti bhè, le riscriverei altre mille volte. Perché in realtà, siamo nati liberi. E sfido chiunque a dire il contrario. E questo non ce l’ha mai detto nessuno.

Prosit!